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STRUTTURA DEI GRUPPI UMANI - ARTICOLAZIONI STRUTTURALI DELLA POPOLAZIONE, LE GRANDI DIVISIONI DELL'UMANITÀ

geografia



struttura dei gruppi umani


articolazioni strutturali della popolazione

"Sex-ratio" e struttura per età

L'esame dei tassi demografici evidenzia la contrapposizione tra due frazioni dell'umanità: da una parte i paesi evoluti, ad economia industriale; dall'altra i paesi arretrati o 838b16i in via di sviluppo, appartenenti al Terzo Mondo. Nel Terzo Mondo la natalità è molto elevata, e il rit­mo d'incremento naturale risulta più rapido.

La struttura o composizione per sesso di una popolazione, cioè il rapporto tra il numero di maschi e quello delle femmine (sex-ratio), dipende dalla ripartizione dei nati tra i due sessi, dalle differenze tra la mortalità maschile e la mortalità femminile, dal divario tra l'ele­mento maschile e quello femminile nelle correnti migratorie.



Quasi dovunque nel mondo è più alta la natalità maschile; ma poiché nelle classi giovanili è diffusa una maggiore mortalità maschile, nell'età adulta si stabilisce un certo equilibrio, mentre le classi di età avanzata presentano più donne che uomini, grazie alla maggiore longevità femminile.

I movimenti migratori modificano la composizione per sesso. La mobilità è soprattutto maschile: la proporzione di uomini diminuisce nei paesi di emigrazione e aumenta nelle regioni di immigrazione. Le conseguenze della disparità numerica tra uomini e donne si riflettono non soltanto in un più basso coefficiente di nuzia­lità, ma anche sulle attività professionali.

La distribuzione degli abitanti nelle varie classi di età è di fonda­mentale importanza sia per i suoi riflessi demografici, sia per i suoi rapporti con l'economia.

I censimenti e le statistiche demografiche danno gli effettivi della popolazione ripartiti per classi d'età: con questi dati si può rappresentare graficamente la struttura della popolazione per ses­so e per età con un istogramma a canne orizzontali, nota col nome di piramide delle età. Il nome di piramide si riferisce alla forma teorica che si dovrebbe ottenere dalla rappresentazione di una popolazione "naturale" in cui gli appartenenti a una classe d'età sono sempre più numerosi degli appartenenti a ciascuna delle classi d'età successive.

La "piramide" manifesta a colpo d'occhio la composizione per età della popolazione. Il tipo ad accento circonflesso, con base larga e un progressivo marcato restringimento, esprime il regime demografico con forte natalità e una mortalità impietosa in tutte le classi d'età; è tipico delle popolazioni più arretrate, con un andamento demografico quasi "naturale". Il tipo a campana, dai contorni arrotondati nella parte alta e con una base appena di poco più larga delle classi superiori, indica una situazione stazionaria ed è caratteristico dei paesi demograficamente maturi, nei quali la mortalità è diminuita a tutte le età mentre la natalità è appena sufficiente al rinnovo delle generazioni. Il tipo a mitria o a bulbo, con la parte centrale più larga non soltan­to di quella superiore, che va restringendosi al vertice, ma anche di quella inferiore, rappresenta una popolazione in fase di invecchiamento poiché il numero dei giovani risulta minore di quello delle persone in età adulta: la natalità è in diminuzione oppure i gio­vani sono emigrati in gran numero. Il tipo a salvadanaio, con il restringimento delle età giovanili e un forte allargamento delle età infantili indica la ripresa della natalità dopo un periodo di decadenza demografica ed è tipico delle popolazioni in via di ringiovanimento.

Irregolarità e sbalzi nell'andamento del profilo della piramide posso­no essere dovuti a cause particolari. Una strozzatura si avverte in corri­spondenza delle classi di nati in tempo di guerra, data la generale dimi­nuzione della natalità in tale periodo; è ristretta anche la classe di coloro che all'epoca della guerra erano alle armi. Si ha un allargamento in corrispon­denza delle classi di nati nel dopoguerra, poiché alle nascite normali si sommano quelle posticipate. Si hanno allargamenti delle classi maschili in età di lavoro nei centri minerari e nelle città militari.

Se si conviene di ripartire la popolazione in giovani (meno di 20 anni), adulti (da 20 a 60 anni), anziani (più di 60 anni), la percentuale di ognuna di queste tre classi è rap­presentabile con un solo punto su un diagramma triangolare

L'invecchiamento della popolazione, che si è manifestato soprattut­to nell'Europa Occidentale, è un fenomeno del nostro secolo dovuto alla forte diminuzione della mortalità in parallelo col calo della nata­lità per la limitazione delle nascite; esso investe maggiormente i paesi industriali.

La struttura professionale

La struttura professionale di una popolazione è da mettere in rap­porto col tipo di organizzazione della vita economica.

Una distinzione di partenza è da fare tra popolazione attiva e popolazione non attiva. Per popolazione attiva s'intende l'insieme delle persone in condizione professionale e delle persone in cerca di prima occupa­zione. È un dato significativo la percentuale di attivi sul totale degli abitanti: sarà più alta nelle popolazioni giovani che in quelle invecchiate. Ma può influire molto la diffusione dell'attività femmi­nile: la percentuale di popolazione femminile classificata come attiva è irrilevante nei paesi ad economia arcaica; molto alta, invece, è la proporzione di donne "attive" nei paesi svilup­pati.

Il tasso di attività - cioè il rapporto percentuale tra la popolazione attiva e il totale della popolazione - è tanto più eleva­to quanto maggiore è la proporzione di adulti e di donne attive, quan­to più varie sono le occupazioni, quanto più numerosi sono gli immi­grati e quanto meno numerosi sono gli emigrati.

Sul volume della popolazione attiva influiscono anche l'età in cui i giovani cominciano a lavorare e quella in cui gli anziani vanno in pen­sione. Per analizzare il processo di sostituzione dei lavoratori andati in pensione si usa l'indice di ricambio della popo­lazione in età attiva, cioè il rapporto percentuale tra gli appartenenti alla prima classe quinquennale d'età lavorativa (15-20 anni) e gli appartenenti all'ultima (55-60 o 60-65 anni). Per misurare il rapporto tra attivi e non attivi si utilizza l'indice di dipendenza, che è il rapporto percentuale tra la popolazione in età non attiva e la popolazione in età attiva.

Una prima ripartizione della popolazione attiva riguarda i grandi rami economici. Gli addetti alle attività primarie sono agricoltori, pescatori, minatori. Alle attività secondarie, cioè alla trasformazione dei prodotti, attendono gli addetti alle industrie. Si chia­mano attività terziarie i commerci e i trasporti, i servizi, le li­bere professioni. Più la società si evolve e più diminuisce la proporzione delle attività primarie a vantaggio delle secondarie e delle terziarie.

Sostanziali differenze di struttura dividono le popolazioni arretrate del Terzo Mondo da quelle progredite dei paesi industriali. Le prime sono molto giovani: data l'enorme massa di bambini sotto i 15 anni, il numero di consumatori a carico dei lavoratori risulta sproporzionato e gravoso. La situazione è ulteriormente appesantita dal fatto che molti adulti sono senza un'occupazione stabile e che la produttività di quelli che lavorano è generalmente modesta, a causa dell'arretratezza tecnologica. In questi paesi il settore primario assorbe più di metà della popolazione attiva. Vista l'inconsi­stenza delle industrie, a molta gente non rimane che dedicarsi al pic­colo commercio

Nei paesi industriali, la popolazione attiva è inserita in un sistema ad elevata produttività. Grazie alla meccanizzazione dell'agricoltura e delle miniere, gli addetti al settore primario sono po­chi e tendono a diminuire, mentre la crescente importanza e la di­versificazione delle industrie manifatturiere rinforzano il settore se­condario. Un aspetto qualificante è lo sviluppo del terziario: col progredire dell'economia, acquistano ampiezza gli scambi dei prodotti, i compiti amministrativi e organizzativi, la preparazione dei quadri dirigenti e la ricerca scientifica. La terziarizzazione è un segno di espansione economica e di aumento del benessere: nelle economie più avanzate e mature, il terziario è il settore più sviluppato. Oggi si tende a considerare in un settore a parte, il quaternario, le attività superiori, come quelle della cultura e della scienza, della direzione politica e della dirigenza d'impresa, della ricerca tecnologica e degli studi di mercato.

Ognuno dei grandi rami di attività si può suddividere in diverse categorie professionali, che precisano non soltanto l'attività svolta ma anche la posizione nell'ambito di quell'at­tività.

La struttura sociale

La struttura sociale è connessa alla diversità della posizione nella scala delle attività professionali e alla disparità del livello di vita.

Nel mondo "occidentale" la gerarchia sociale ha basi economiche e le classi sono gruppi differenziati tra loro dalle diverse possibilità finanziarie. Una stessa classe sociale può essere composta da rappresentanti di categorie professionali diverse, ma pari come potere economico e livello di vita.

L'ultimo censimento demografico italiano suddivide gli attivi di tutti e tre i grandi rami in tipi di posizione nella professione: imprenditori e liberi professionisti; dirigenti ed impiegati; lavoratori in proprio; lavoratori dipendenti; coadiuvanti.

La popolazione agricola potrebbe essere raggruppata nelle seguenti categorie: grandi proprietari che non conducono direttamente l'azienda; ricchi proprietari conduttori della loro azienda; grandi affittuari; piccoli proprietari coltivatori diretti; piccoli affittuari e mezzadri; salariati fissi; braccianti.

La popolazione non agricola potrebbe essere ripartita nelle seguenti classi: "capitani" d'industria o di grandi aziende commerciali; dirigenti e liberi professionisti; impiegati; artigiani e piccoli commercianti; tec­nici; operai specializzati; manovali; lavoratori occasionali o senza pro­fessione definita.

I gruppi umani possono essere classificati, in base alla loro struttura sociale, ­in alcuni tipi generalizzati di società

società primitive a struttura tribale;

società rurali a struttura feudale;

società rurali con forte percentuale di braccianti;

società rurali con proprietà appoderate;

società coloniali;

società dei "paesi nuovi" con popolazione rurale ad alto livello di vita e una forte percentuale di popolazione urbana;

società "industriali" a struttura professionale molto differenzia­ta;

società delle democrazie comuniste, con livelli di vita graduati secondo un ordine gerarchico.

Le strutture sociali si modificano in forza delle rivoluzioni o attra­verso lente trasformazioni.

Indici del livello di vita

La disparità della struttura professionale e sociale hanno una stessa matrice: l'ineguale sviluppo dei gruppi umani e il gioco della ricchezza e della miseria. Il valore deI divario può essere misurato sulla base di certi indici, che rispecchiano il livello di vita. La popolazione dell'Europa e dell'America Anglosassone, pari ad un quarto dell'umanità, dispone oggi dei tre quarti delle risorse mondiali.

Gli indici più significativi dello sviluppo di un paese e della promozione sociale degli abitanti sono lo stato sanitario e il grado d'istruzione. Lo stato sanitario quanto più è soddisfacente tanto più mantiene bassa la mortalità. L'alta mortalità nei paesi sottosviluppati è dovuta all'insufficienza di medici e di ospedali, come alla debilitazione organica per carenze alimentari.

Il grado d'istruzione può essere valutato in base alla percentuale di analfabeti e al tasso di scolarità. Nei paesi arretrati gli analfabeti sono numerosi, con punte elevatissime nelle campagne e tra la popolazione femminile. Il tasso di scolarità (numero di studenti per mille abitanti) è superiore a 100 nei paesi europei o a popolamento bianco; è infe­ri ore in quasi tutte le altre regioni. La scolarità rurale e quella femminile sono più basse della scolarità urbana e di quella maschile. Questa situazione oggi si sta evolvendo, nel senso che l'avanzata dell'istruzione femminile contribuisce ad un regresso dell'analfabetismo e all'aumento della scolarità. Lo squilibrio è incolmabile nel campo degli studi secondari e superiori, che in molti paesi arretrati non sono in grado di soddisfare il reclutamento di nuovi insegnanti e di rifornire i quadri dirigenti. Ciò rende difficile la penetrazione dei progressi tecnici e tende a perpetuare il circolo vizioso dell'arretratezza.


le grandi divisioni dell'umanità

Il problema delle razze

Il genere umano è tutt'altro che uniforme: la diversità dei caratte­ri somatici dà luogo alla divisione in razze; la diversità degli elementi culturali contribuisce a differenziare i popoli. Le aree di diffusione dei caratteri somatici non coincidono con quelle dei caratteri culturali.

Per razza umana s'intende "un gruppo di uomini, che hanno in co­mune determinati caratteri somatici ereditari". Il carattere più eviden­te è il colore della pelle, dovuto alla diversa quantità di melanina: questo pigmento può essere abbondante (razza negra), scarso (razza gial­la), assente (bianchi nordici). La misura del rapporto tra la larghezza e la lunghezza deI cranio (indice cefalico) dà luogo alla classificazione in dolicocefali (con testa lunga), brachicefali (con testa corta), me­socefali (con valori intermedi). Il profilo della faccia permette di di­stinguere i prognati, con la regione della bocca molto prominente, e gli ortognati, senza sensibile sporgenza. Sono distintivi anche il colore e la forma degli occhi e dei capelli, le proporzioni deI corpo, la com­posizione deI sangue.

Il razzismo, partendo dal concetto che certi organi eccellono fun­zionalmente più in una razza che in un'altra, era giunto a teorizzare una disparità anche nelle funzioni dell'intelletto. Scienziati di tutto il mondo riuniti dall'UNESCO nel 1964 si sono pronunciati in proposito: "Non si riconoscono relazioni causali tra gli aspetti fisici e il patrimonio culturale. Tutti i popoli della Terra appa­iono potenzialmente capaci di qualsiasi grado di civilizzazione; la di­sparità dei livelli che hanno raggiunto si spiega con la diversa evoluzione storica della loro cultura. Le potenzialità ereditarie di sviluppo culturale non permettono di giustificare la distinzione di razze superiori e di razze inferiori".

In base alle combinazioni dei caratteri somatici, è possibile rico­noscere circa cinquanta razze, che si usano riunire in quattro gruppi razziali primari e in un gruppo di razze derivate. I gruppi primari - rappre­sentati dagli Europoidi (Bianchi), dai Mongoloidi (Gialli), dai Negroi­di (Negri) e dagli Australoidi (Bruni) - sono così chiamati perché costituiscono i rami originari dell'umanità attuale, mentre le razze derivate sono forme intermedie risultanti da incroci.

Gli Europoidi hanno il colorito chiaro, statura media o alta, profilo facciale ortognato. La loro area di diffusione originaria abbraccia, oltre all'Europa, l'Africa a nord deI Sahara, l'Asia sudocci­dentale e l'Indostan. In seguito all'espansione coloniale, i Bianchi han­no soppiantato le popolazioni indigene in gran parte dell'America, in Australia e in Nuova Zelanda.

I Mongoloidi presentano un colorito giallastro, capelli sottili e lisci, occhi allungati e palpebre poco aperte, statura bassa e corpo tarchiato. Sono diffusi dalla Siberia alla Cina, all'Indocina e all'Indonesia.

I Negroidi hanno la pelle molto scura per la forte pigmentazione, capelli neri e crespi, labbra grosse, naso camuso. La loro area origina­ria è l'Africa a sud deI deserto sahariano; la "tratta degli schiavi" Ii ha diffusi nelle Antille, in Brasile e negli Stati Uniti.

Gli Australoidi hanno la pelle bruna, capelli scuri e ondulati, fronte bassa e prominente, prognatismo più o meno accentuato.

Tra le "razze derivate" ci sono l'lndomelanide, con pelle scura ma lineamenti europoidi; l'Etiopica, di colori­to scuro e con tratti europoidi; la Polinesiana e l'Amerinda

Gli incroci fra individui di razza diversa prendono nomi particola­ri: tra questi, i mulatti (incroci tra Bianchi e Negri) e me­ticci (tra Bianchi e Amerindi).

Linguaggi e gruppi etnici

Tra gli elementi culturali che differenziano i vari gruppi umani, il più importante è il linguaggio. Attraverso la lingua ma­terna ogni bambino assimila una "cultura" trasmessa dalle generazioni precedenti e comune a coloro che parlano quella stessa lingua. Per gruppo etnico intendiamo una comunità fondata su una stessa lingua e su una propria cultura spirituale e materiale, cementata dalla coscienza di formare un'unità originale, distinta dagli altri gruppi.

Molte lingue deI passato sono "morte", anche se ne rimangono testimonianze letterarie; alcune di esse hanno trasfuso il loro patrimonio nella formazione di nuove lingue. La parentela consente di raggruppare determinate lingue fra loro, come filiazioni di un'unica lingua madre, e di distin­guere un certo numero di gruppi linguistici. La pa­rentela tra diversi gruppi permette di risalire a grandi famiglie linguistiche

La famiglia indoeuropea abbraccia il 95% degli Europei e si esten­de in Asia, ma con la colonizzazione ha popolato anche le due Americhe e l'Australia. A questa famiglia appartengono il gruppo neolatino, il gruppo germanico, il grup­po slavo, il gruppo indo-iranico, il gruppo indo-ario

La famiglia uralo-altaica occupa tutta l'Asia settentrionale e media­na, dal Mar Egeo alle sponde deI Pacifico. La ferrovia Tran­siberiana, che costituisce l'asse di penetrazione dei Russi nel continente asiatico, separa il gruppo uralico degli Ugro-finni dal gruppo altaico dei Turco-tatari

Meno estesa, ma più numerosa, è la famiglia cino-tibetana, in cui rientrano i Cinesi, i Tibetani e i popoli dell'Indocina, ad eccezione di alcune minoranze, che for­mano la famiglia austro-asiatica. Un'altra famiglia particolare è quella dei Dravida, che occupano il sud della penisola indiana ed il nord dell'isola di Ceylon.

In Asia troviamo la famiglia malese-polinesiana, che dalla penisola di Malacca e dall'Indonesia si estende fino alle Filippine, alla Polinesia e al Madagascar. In contatto con la precedente, è la famiglia delle lingue australiane e melanesiane, parlate dai superstiti gruppi di aborigeni dell'Australia e della Melanesia.

La famiglia camito-semitica è rappresentata dalla lingua araba (semitica), che dalla Penisola Arabica si è diffusa ai paesi circostanti e, attraverso la conquista islamica, ha investito tutta l'Afri­ca mediterranea e sahariana, riducendo in poche aree marginali i pree­sistenti linguaggi camitici.

L'Africa Nera è il dominio della grande famiglia bantu-sudanese. I Sudanesi abitano il Sudan, cioè la fascia a sud deI Sahara fino al Golfo di Guinea; a sud della linea Camerun-foce deI Giuba si parlano lin­guaggi bantu. Le tribù di Boscimani e Ottentotti, che vivono nell'Africa meridionale, formano la famiglia austro-africana

La famiglia amerinda, che rappresenta i popoli precolombiani dell'America, è stata ristretta dalla colonizzazione Europea a poche aree marginali.

Alcune lingue europee si sono estese con la colonizza­zione su territori più vasti della madrepatria. Vi sono taluni linguaggi formatisi coi contatti commerciali: la lingua franca, il pidgin-english, il suaheli

Religioni e ideologie

La distribuzione territoriale delle religioni è il risultato di circo­stanze storiche e si è modificata nei secoli attraverso le conquiste e le conversioni. Le grandi religioni sono tutte originarie dell'Asia; mentre alcune religioni vogliono essere etniche, cioè "proprie di un popolo", altre si dichiarano universali e mirano alla conquista di spazi sempre più vasti.

Bisogna tener conto dei paesi senza religione: l'ateismo ufficiale dei paesi comunisti ha mirato ad abolire qualsiasi forma di religione nell'ambito dello Stato.

L'Ebraismo o Giudaismo, nato nella Palestina del Vecchio Testa­mento e professata dagli Ebrei dispersi ai quattro angoli del mondo, è l'elemento catalizzatore deI nuovo Stato d'Israele.

Il Cristianesimo, nato sul suolo del Giudaismo, è la religione più seguita. Si divide in tre confessioni prin­cipali: cattolica, protestante, ortodossa. La chiesa Cattolica-Romana, che riconosce il Papa quale capo in­fallibile nel suo magistero, è dominante nei paesi neolatini, in Irlanda, in Polonia, nella Germania meridionale, in Austria, in Croazia e Slovenia, in tutta l'America Latina e nelle Filippine; conta forti contingenti negli Stati Uniti e in Canada. Si dicono Protestanti i fedeli di diverse chiese sepa­rate da Roma: la Chiesa Luterana prevale nei paesi scandinavi e nella Germania settentrionale, l'Anglicana è la chiesa nazionale della Gran Bretagna, i Calvinisti sono numerosi in Svizzera e in Francia. I paesi di colonizzazione anglosassone contano varie Chiese protestanti. La Chiesa Ortodossa, staccatasi da quella Romana nell'XI secolo, forma una massa compatta nell'Europa Orientale e Balcanica.

L'Islamismo, fondato da Maometto nel VII secolo d.C., dall'Arabia si è diffuso in tutta l'Africa Settentrionale, fino al Bassopiano Turanico e alla valle dell'Indo e nell'Indonesia. DaI ramo principale, sunnita, si distinguono gli Sciiti della Persia e i grup­pi di Ismaeliti con a capo l'Aga Khan.

Il Brahmanesimo o Induismo, è la religione dell'India. La società è divisa in classi rigidamente separate, le caste, che formano un ordine gerarchico: questo sistema, che costituisce un freno allo sviluppo sociale ed economico, è stato da poco abolito uffi­cialmente.

Tra le altre religioni ci sono il Buddismo, dominante nel Tibet, dove ha sede il suo supremo pontefice, il Dalai Lama; è diffuso in Cina insieme al Confucianesimo, nell'Indocina insieme al Taoismo, in Giappone con lo Scintoismo


Minoranze etnico-linguistiche

Al di là dei tratti fisici, le genti si distinguono per gli elementi culturali trasmessi da una ge­nerazione all'altra, l'impiego di certi strumenti, le tradizioni e i costu­mi sociali: è il tipo di civilizzazione e non la razza a creare i popoli.

La lingua è il principale elemento di coesione tra gli uomini, e la differenza di idioma costituisce l'ostacolo più immediato alla comuni­cazione tra genti diverse: gli elementi culturali che contraddistinguono i popoli sono gli stessi che emarginano le minoranze. Si dice minoranza etnica un gruppo cementato da uno o più caratteri culturali differenti da quelli propri deI gruppo maggioritario. Sono chiamati allogeni i cittadini appartenenti a una nazionalità diversa da quella predominante nello Stato; alloglotti coloro che nell'uso quotidiano parlano una lingua diversa da quella prevalente.

Un tipo di minoranza spontanea è quello dei gruppi di stranieri immigrati in uno Stato a popolazione omogenea. Un secondo tipo è quello dei paesi di formazione coloniale, dove i motivi razziali e culturali sottendono fatti ancora più gravi: una vera e propria discriminazione con barriere giu­ridiche e barriere di fatto. Il più alto grado di emarginazione in base al fattore "razza" è l'apartheid, cioè la politica di segregazione.

Può succedere che il prepotere deI gruppo maggioritario si attenui, così come possono sfumare le disuguaglianze economiche e sociali. Critica è la situazione di certi gruppi senza patria, che sono sempre alla ricerca di una propria unità politica indipen­dente.

Altre sono le condizioni della Svizzera trilingue e deI Belgio bilin­gue, dove non si può parlare di nazionalità contrapposte e di minoranze, ma sol­tanto di diversità di madrelingua: il fattore coesivo è la nazionalità.

Può accadere che la dualità etnica sia parimenti una dualità pro­fessionale, rapportata ad un processo di colonizzazione.

Le minoranze linguistiche sono gruppi che si esprimono normal­mente in una lingua diversa da quella ufficiale dello Stato. Quando le minoranze hanno piena coscienza di costituire entità "diverse", colle­gate a gruppi d'oltreconfine, si considerano minoranze nazionali. Un "gruppo linguistico" viene ad assumere la posizione di minoranza quando il suo idioma determina l'aggregazione di questo gruppo e la sua separazione dagli "altri.

Le differenze etniche e le posizioni delle minoranze hanno dato luogo a innumerevoli conflitti.




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