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FASE DELL'IMPERO UNICO (285/395)

giurisprudenza



FASE DELL'IMPERO UNICO (285/395)

Dopo la vittoria su Carino, Diocleziano si dispose al compito di restaurare l'unità del sistema politico romano così gravemente compromessa dalla crisi del III sec. Si rese conto del fatto che l'immenso impero romano non gravitava più intorno a Roma, ma da un lato vi erano le province orientali, con tutte le loro difficoltà ad acquisire la cultura romana; dall'altro le province occidentali, con tutti i pericoli derivanti dalla pressione dei barbari. Escogitò il c.d.sistema della tetrarchia, costituito dalla correggenza dell'impero da parte di 2 Augusti, dislocati uno in Occidente, un altro in Oriente, e dalla nomina ad opera degli stessi di 2 Caesares che fossero i loro rispettivi collaboratori e successori in pectore. I 2 Caesares furono trovati nel 293, Galerio Massimiano, successore di D., e Costanzo Cloro, erede di Massimiano. La sicurezza ai confini permise a D.di occuparsi del riordinamento dell'amm.dell'impero e dell'org.militare. Le province furono ridimensionate e raggruppate in diocesi, i funzionari imperiali gerarchicament 232h71c e ordinati in una militia civile parallela a quella militare. Per poterle sostenere era necessario risolvere il problema del risanamento finanziario dello stato. Fu ottenuto imponendo ai proprietari terrieri di rendere una dichiarazione dei redditi (indictio) ogni 5 anni che, opportunamente verificata, stabiliva le aliquote d'imposta. L'aspirazione di riportare i valori della tradizione romana, spinse D.a riprendere le persecuzioni contro i cristiani. L'occasione gli fu data dall'incendio del palazzo di Nicomedia, di cui i cristiani furono accusati. Un edictum del 303 vietò il culto cristiano, ordinò la distruzione di basiliche e comminò pene severe per i cristiani confessi. Nel 305 D.abdicò e indusse anche il riluttante Massimiano a fare lo stesso. Galerio e Costanzo, divenuti Augusti, si scelsero i nuovi Caesares, Valerio Severo e Massimino Daia. Ma la tetrarchia fallì. Morto Costanzo nel 306, il suo esercito non riconobbe il suo successore cost, ma acclamò imperatore il giovane figlio di Costanzo, Costantino. Morto Galerio e Diocleziano(313), dovo vari scontri x la successione rimasero Costantino e Licinio. Le ostilità tra loro furono crescenti, anche a motivo della politica di favore che Costantino voleva praticare, contro il parere di Licinio, nei confronti dei cristiani. Nel 323 i 2 vennero a guerra aperta e, dopo averlo ripetutamente sconfitto in Oriente, Licinio fu costretto all'abdicazione e poi assassinato. Costantino I coprì da solo l'impero dal 324 al 337, anno della sua morte. Egli ripristinò il comando unitario dell'età del principato e regnò in un impero con 2 capitali: la vecchia Roma e la c.d.Roma nova costituita da Costantinopoli. Capì che non era più possibile regnare senza aver conto del cristianesimo, perché ormai tutte le persecuzioni avevano chiarito che esso usciva sempre e cmq vincitore. Così, nel 313 fu emanato l'editto di Milano, con cui concesse il culto libero. Egli capì che i cristiani obbedivano in primo luogo a Dio e poi allo stato, qualora la ragione di stato coincideva con la legge divina. Quando nel 337 morì, si aprirono le lotte per la sua successione. Condannato a morte il figlio Crispo, rimanevano altri 3 figli (Costantino II, Costanzo e Costante). Mentre Costanzo, già dal 336 fu impegnato in Oriente, gli altri 2 si contesero l'Occidente fin quando (340) morì Costantino II in battaglia. Così Costanzo e Costante procedettero ad una spartizione formale delle loro attribuzioni; al primo Costantinopoli e l'Oriente, al secondo Roma e l'Occidente. Ci fu quindi una 1°scissione dell'impero, che divenne definitiva 50anni dopo. Quando Costante fu ucciso nel 350 in guerra contro i Gallia, si proclamò Augusto d'Occidente Flavio Magnenzio, ucciso da Costanzo nel 353 che rimase solo al potere. Nominò come Cesare Giuliano, che difese l'Occidente dai barbari. Si fece proclamare imperatore dalle sue truppe nel 360 ma lo scontro con Costanzo non arrivò per la morte improvvisa di costui. Privo di rivali, Giuliano si dedicò al tentativo di restaurazione e ricacciò la religione cristiana. Ma il suo dominio durò poco (363). Fu nominato Valentiniano, che scelse il fratello Flavio Valente come consors imperii in Oriente. Valentiniano provvide alla sua successione elevando il giovanissimo Flavio Graziano (367) al quale si associò (379) lo spagnolo Flavio Teodosio. Teodosio I, morto Graziano regnò con Valentiniano II sino al 383, Quando nel 392 fu eliminato anche Valentiniano, Teodosio affidò subito il poteri ad Arcadio, per l'Oriente; e Onorio, per l'Occidente, e morì poco dopo (395). Teodosio fu più che tollerante nei confronti dei cristiani, tanto che con l'editto di Tessalonica del 380 la proclamò religione di stato.



LA FASE DELL'IMPERO DUPLICE

In Occidente la situazione economica era rovinosa ed era esposto alla pressione dei barbari. Mentre Costantinopoli esercitava le funzioni di una vera capitale, pur se di cultura ellenistica, Roma queste funzioni non le esplicava più. La decadenza economica aveva spostato i centri economici al di fuori dell'Italia, in concorrenza tra loro. Per la 1°volta nella storia dell'impero ad un conflitto armato tra le due partes imperii, conflitto del quale n'approfittarono gli Unni con delle invasioni in Oriente che furono arginate con difficoltà. Onorio morì nel 423 senza lasciar figli. Teodosio II nuovo imperatore d'Oriente (figlio d'Arcadio) nominò al posto d'Onorio la sorella Placidia col giovanissimo figlio Valentiniano III. Di questa confusione n'approfittarono i barbari, guidati da Attila. Così l'impero d'Occidente cadde letteralmente in ginocchio, e chiuse nel 476 per sempre il suo ciclo vitale. Esso rappresentò negli ultimi anni della sua vita, una gravosa palla al piede sul piano economico per l'Oriente, e il suo distacco comportò un più rapido e agevole passaggio a quella nuova formula d'organizzazione civile adeguata ai moduli ellenistici, l'impero bizantino.

LA FASE GIUSTINIANEA (527/565)

Il lungo dominio dell'imperatore Flavio Giustiniano I segnò l'ultima grandiosa ma effimera ripresa della romanità, che non andò oltre la vita dello stesso G, definito l'ultimo imperatore romano ed il 1°bizantino. Il gran disegno di G.fu di cementare la pace religiosa tra Chiesa orientale ed occidentale all'insegna del cattolicesimo, di fondare le strutture dell'impero sui principi dell'antico diritto romano, di unificare Oriente e Occidente sotto il suo imperio, di garantire la sicurezza dei confini sia contro i Persiani sia contro i barbari. Alcune figure furono di validissimo aiuto per G.; Triboniano, Narsete, il generale Belisiario e la moglie e correggente Teodora. Il dominio di G.può dividersi in 3 fasi: la 1°fase (527/534) fu qualificata come quella dell'assicurazione militare dei suoi confini. Fu segnata dalla compilazione del Corpus iuris civilis affidata alle cure di Triboniano. I Persiani furono indotti nel 532 ad un'assai provvisoria "pace eterna". La 2°fase (535/554) fu qualificata come quella della restaurazione territoriale, della pacificazione religiosa. Già dal 535 Belisario conquistò Cartagine, Siracusa e nel 536 Napoli. Marciò poi verso Roma che conquistò nel 537. Dopo aver ristabilito la situazione contro i Persiani, che ruppero la pace eterna, nel 549 Narsete capeggiò l'attacco finale ai Goti.  Battè Totila (capo dei Goti) a Gualdo Tadino nel 551 ed eliminò la potenza dei Goti. Con la morte di Triboniano (542) e Teodora (548) il governo giustiniano si avviò verso l'ultima fase. La 3°fase fu quella in cui G.si rese conto di aver costruito qualcosa di provvisorio. Infatti, la riunione delle 2 parti dell'impero si rilevò possibile militarmente, ma fragile sul piano politico. L'espressione più alta della sua resa si ebbe con la promulgazione di una lgsl, le c.d.novellae constitutiones che contraddisse molti principi romani. 3 anni dopo la morte di G. l'Italia fu invasa dai Longobardi, che aprirono il Medio Evo.

L'IMPERIUM ROMANUM ASSOLUTISTICO

L'imperium romanum assolutistico, fondato da Diocleziano, rappresenta sotto il profilo strutturale, la risultante dello sviluppo dell'imperium romanum dei periodi precedenti. La novità consistette nel totale assorbimento degli elementi del popolo e del territorio della r.romana da parte dell'imperium e l'indebolimento dei valori nazionalistici del popolo e di quelli repubblicani. Roma fu equiparata a qualunque altra civitas, distinta dalle altre solo perché capitale. Costantino le contrappose poi Bisanzio (o Costantinopoli) capitale d'Oriente. L'imperium fu concepito come patrimonio facente capo all'imperatore; questi era titolare di un dominio imperiale, analogo alla proprietà privata, che si estendeva a tutto l'impero. Il princeps poteva, dunque, disporre dell'impero in qualsiasi momento, in particolare trasferendolo mortis causa ai suoi successori. Dopo il breve periodo Diocleziano, gli imperatori designavano già in vita chi sarebbero stati i loro successori, attraverso accordi politici di correggenza.

LA POPOLAZIONE DELL'IMPERIUM ROMANUM



I cittadini erano, a seguito della Constitutio Antoniniana, tutti gli abitanti dell'impero, a prescindere dalla loro nazionalità. I cives romani, invece, continuarono ad essere divisi in honestiores e humiliores, patrizi e plebei, membri dell'ordo equestre e senatorio. La decadenza della schiavitù aveva, poi, esaltato l'importanza dei lavoratori liberi, vincolati alla terra che coltivavano per ragioni fiscali. I barbari erano sudditi dell'impero, ma al loro interno vi erano alcune distinzioni: i dediticii, con caratteristiche di semilibertà; i foederati, che prestavano servizio militare e godevano di alcuni diritti, come il ius commerci ed il ius connubi; i gentiles, impiegati nell'esercito. La distinzione più evidente fu quella fra lo strato dei potentiores e degli humiliores. Dei potentiores facevano parte i grandi latifondisti, potenti sia per ricchezza che per prestigio politico. Negli humiliores facevano parte i borghesi, ma anche artigiani e contadini. In campo religioso, i pagani subirono forti limitazioni, gli ebrei  xseguitati, e la chiesa cattolica riconosciuta ufficialmente.

IL TERRITORIO, IL GOVERNO E IL SISTEMA FINANZIARIO DELL'IMPERO

Il territorio imperiale era articolato in municipia, province, diocesi e prefetture. L'amministrazione si trasferì sulle spalle della chiesa e del suo vescovo. L'Italia fu sottoposta al governo dei 2 vicari, che sovrintendevano rispettivamente le province settentrionali e quelle centromeriodionali. Roma, invece, fu soggetta al praefectus urbi. Il governo era esercitato dall'imperatore la cui sovranità era confermata, a Roma, dall'acclamazione del senato e a Bisanzio dall'incoronazione del patriarca. Gli imperatori si avvalevano di funzionari da lui stesso nominati che rimanevano in carica per 1 anno. I burocrati amministrativi erano ordinati gerarchicamente e svolgevano attività amm. (militia palatina), e militari, cioè i militia armata. Quest'ultima era l'insieme degli impiegati militari, dalle alte cariche fino ai soldati, pagati in natura (!?). Le entrate furono cost.dai tributa e dai munera

IL DIRITTO ROMANO DELL'IMPERO

Presenta evidenti segni di decadenza rispetto al diritto che lo precede, dovuti: alla diffusione del Cristianesimo e al perdurare delle tradizioni giuridiche locali, rese forti dalla crisi dell'impero universale con l'avvento di popoli dai valori assolutamente estranei alla civiltà romana; mutate condizioni economiche. L'evoluzione del diritto fu condizionata dalle scelte dell'imperatore, l'unico in grado di creare diritto; così le uniche fonti furono le constitutiones imperiali. Caratteristiche furono: la riduzione della produzione giuridica alle constitutiones principum; la limitazione della normazione innovativa ai rapporti giuridici privati; il trionfo della cognitio extra ordinem imperiale. La decadenza del diritto si sviluppò nelle 3 fasi del periodo postclassico: nella fase dell'impero unico la decadenza riguardo il ius publicum, data l'apertura di Diocleziano verso gli schemi imperiali ellenistici che comportarono un abbandono ed un allontanamento dallo ius publicum tradizionale. Nella fase dell'impero duplice si assistette alla decadenza dello ius privatum, causata dall'intromissione interpretativa dei giuristi ellenici che alteravano il significato. Nella fase giustinianea fu vano il tentativo di reinstaurare il diritto classico. Infatti, Giustiniano cercò di mantenere inalterato il diritto classico, operando solo le modifiche necessarie e adeguarlo ai tempi. Ma quando fu costretto ad accettare l'apertura verso il mondo ellenico, che inquinava i tradizionali principi giuridici, si rese conto dell'inutilità di quell'opera. Le fonti furono le leggi pubbliche, i senatus consulta, le cons.principium, gli edicta e i responsa prudentium. In concreto le uniche vere fonti furono solo le cons.p., equiparate alle leggi e definite leges novae. La maggior parte di esse ebbero efficacia normativa, sulla base di una lex regia de imperio, con cui si attribuiva all'imperatore il potere lgsl (leggi generali). Le leggi generali si riferivano a casi tipici e a categorie di sudditi. Erano efficaci fin quando non erano abrogate da altre leggi. Altre ebbero efficacia ordinativa (leggi speciali). Le leggi speciali erano rivolte a casi o sudditi singoli. Non potevano essere applicate per analogia. Intermedie tra queste leggi ci furono le sanzioni, che contenevano disposizioni amministrative ed erano emanate da appositi funzionari. Il rapporto tra queste nuove leggi e i vetera iura (cioè le norme del tradizionale diritto romano) si riconobbe nel fatto che i vetera iura contenevano principi generali, mentre le novae lege potevano integrarli, modificarli o addirittura abrogarli. Insieme costituivano il diritto scritto. Fonte non scritta fu la consuetudine, cioè atteggiamento ripetuto nel tempo dalla generalità dei consociati di fronte a determinate circostanze, con la consapevolezza della sua giuridica rilevanza.



LA GIURISPRUDENZA POSTCLASSICA

In questo periodo conservò una notevole importanza ma perse d'indipendenza: le principali funzioni svolte dai giuristi furono: quella burocratica, consistente nella preparazione delle fonti normative imperiali; quella curialesca, consistente nello svolgimento dell'attività forense, relativa all'attività giudiziaria; quella didattica. Si ebbe la definitiva scomparsa dello ius publicum respondendi. Nel 426 in Occidente fu promulgata una Costituzione chiamata legge della citazione destinata a regolare la consultazione e l'utilizzazione delle opere giurisprudenziali del passato, utilizzabili in giudizio. Avevano valore di legge solo le opinioni di 5 giuristi e, in caso di divergenze tra esse, bisognava seguire alcuni criteri prefissati per risolvere le controversie.Il diritto postclassico ebbe vari oggetti: 1)la repressione criminale dove trionfò la c.e.o. I crimina e le pene furono disciplinati e previsti dalle nova leges. La procedura fu semplificata: venuto a conoscenza di un crimen, il giudice indagava nel modo più opportuno e valutava secondo criteri assai elastici. Fu previsto anche il crimen sacrilegi, offesa alla religione cristiana; 2)il processo privato. La cognitio imperiale si estese anche alle liti private, con la sola differenza che, in questa sede, il giudizio iniziava su impulso di parte, a seguito della notifica della litis denuntiatio al convenuto. In giudizio, le parti, assistite dai loro avvocati, esponevano le loro tesi. La sentenza condannava alla restituzione della cosa e non a prestazioni pecuniarie. Era prevista l'appellatio all'autorità gerarchicamente superiore rispetto al giudicante; ma erano previsti anche mezzi di ricorso straordinari, quali la supplicatio all'imperatore. 3)La famiglia perse la posizione di centralità che aveva assunto per tanti anni. Furono sviliti i poteri del pater e ampliate le facoltà dei figli, cui fu riconosciuta la titolarità di patrimoni familiari. L'ideologia cristiana influenzò anche il matrimonio che si considerò vincolo eterno. Il divorzio fu consentito solo in ipotesi eccezionali, col consenso di entrambi i coniugi per colpa grave. La dote fu ritenuta patrimonio della moglie amm. dal marito, con il conseguenziale obbligo di restituzione in caso di scioglimento del matrimonio. 4)Il negozio giuridico fu considerato come manifestazione di volontà delle parti, dalla quale si faceva dipendere la qualificazione giuridica dell'atto, la valutazione della sua validità ed efficacia.

LE OPERE GIURIDICHE POSTCLASSICHE

Si dividono in opere pregiustiniane e giustiniane. Esse consistettero nella rielaborazione d'opere preclassiche e classiche, modificate per rispondere alla trasformazione della compagine sociale, politica ed economica. Esse furono raccolte di vetera iura, di novae leges e di leges e iura insieme.

LE ELABORAZIONI GIURIDICHE PREGIUSTINIANE: il Codex Gregorianus (292?) è un testo ricostruito sulla base di citazioni. Fu compilato in oriente da un certo Gregorio e fu una raccolta d'ampie costituzioni di vari imperatori messe a confronto tra loro. Il Codex Hermogenianus (295?), compilato in Oriente da Termogene costituì un completamento del codex G. La prima raccolta ufficiale di cost.fu fatta fare dall'imperatore Teodosio II ed ebbe il nome di Codex Theodosianus (438/9). Egli nominò una commissione affinché raccogliesse tutte le leges generales da Costantino in poi, ordinandola in 3 libri, in ordine cronologico, con il nome dell'imperatore che le aveva emanate e quello del destinatario, rappresentando una completa opera di diritto vigente. Il lavoro fu portato a termine dalla 2°commissione, dato che il lavoro della 1°fu fiacco. Così, il codex fu pubblicato nel 438 ed entrò in vigore in Oriente l'anno dopo (439) fino all'emanazione del Codex Iustinianus in Occidente. Con la spaccatura dell'impero, ogni imperatore aveva il potere di confermare o no le leggi pronunciate dall'altro. Nacquero così le legislazioni separate, secondo cui ogni imperatore era libero di accogliere o no le leges generales dell'altro, pubblicandone alcune per conto proprio. Le leges generales emanate tra il C.Theod. e quello Iust. sono dette novellae constitutiones, cioè costituzioni nuove rispetto alla raccolta di teodosiano, emanate sia Oriente sia Occidente. Le raccolte di vetera iura furono: i tituli d'Ulpiano, le sentenze di Paolo, ordinate secondo lo schema dei Digesta.



DIFFERENZA TRA CODEX E IURA: C:raccolta di leggi I:raccolte di digesta

LE OPERE GIUSTINIANE

Furono: Corpus Iuris Civilis, i Digesta, le istituzioni di Gaio, le novelle, il nuovo codex Iustinianum. Giustiniano I ideò e realizzò una serie coordinata di 3 compilazioni di iura e leges, denominato Corpus iuris civilis. La grandiosa opera di compilazione giustiniana ebbe inizio nel 528 con una raccolta di leggi organizzata dal suo ministro Triboniano. Nel 528, G.emanò una Cost., Haec quae necessario, con la quale nominò una commissione composta da 10 suoi collaboratori, tutti esperti in diritto, con il compito di provvedere alla compilazione di un Codex, nel quale doveva confluire tutto il materiale che faceva parte dei C.Greg., Hermogeniano e Teodosiano, che doveva differire da questi perché erano escluse le cost.che non fossero più in vigore e abrogate da cost.successive. l'opera fu pubblicata nel 529, con il divieto assoluto di utilizzare in giudizio leggi non comprese nella raccolta. G.pensò poi di procedere ad una gran compilazione di iura, ma per fare ciò era necessario rivedere i vetera iura secondo orientamenti adeguati ai tempi. Quest'opera preparatoria dei Digesta si distinse in 2 tempi: una 1°serie di Cost.preparatorie riunite in una raccolta sistematica contenente le decisioni adottate dall'Imperatore in ordine a problemi controversi, e un'altra serie di cost.richieste di volta in volta dalle difficoltà che sorgevano nel corso dell'opera. Così, terminati i lavori preparatori, G.il 15/12/530 con una cost.indirizzata a Triboniano ordinò una compilazione di Iura; i Digesta Seu Pandectae, dove furono indicate le direttive principali per l'attività dei compilatori e gli scopi della raccolta. Essi dovevano, da una parte, raccogliere i brani degli scritti dei giureconsulti, senza alcun ordine di preferenza; dall'altra, modificare le parti di questi brani ormai non più attuali ed eliminate tutte le eventuali contraddizioni. L'opera si compose di 50 libri, ognuno diviso in titoli. G.divise i Digesta i 7 parti per esigenze di didattica. Il periodo breve per la compilazione fu dovuto alla scorciatoia delle c.d.masse bluhmiane, operata da Federico Bluhme, il quale osservò, studiando i titoli dei Digesta, che essi non sono inseriti secondo le esigenze di un discorso da svolgere, ma si presentano come 3 o 4 gruppi distinti, facenti capo ognuno ad una certa opera classica. 1) massa sabiniana, (commentari ad sabinium d'Ulpiano, Paolo e Pomponio). 2) massa edictalis, commentari ad edictum d'Ulpiano, Paolo e Gaio. 3) massa papinianea, i responsa e le quaestiones di Pepiniano. Mentre era ancora in corso il lavoro per il Digesto, G.ordinò a Triboniano e ai suoi collaboratori di ampliare il trattato elementare di diritto, in sostituzione delle istituzioni di Gaio, per uso scolastico. Anche quest'opera fu eseguita rapidamente (533) G. si dedicò anche alla pubblicazione di nuove cost. (Novelle), delle quali alcune veramente vaste ed innovatrici. Fondamentali furono quelle emanate in materia di successione legittima e di matrimonio. Il notevole numero di cost.emanate dal 530 rese necessario un perfezionamento del primo Codex Iustinianus; così, nel 534, G.incaricò di nuovo Triboniano e gli altri giuristi di rimuovere il precedente Codex. L'opera si concluse nel 534, abrogando il primo codex e le sostituzioni posteriori, e si chiamò Nuovo Codex Iustinianus, diviso in 12 libri, ognuno dei quali contiene un certo numero di cost.ordinate cronologicamente. Anche se G.pose il divieto di rielaborare le sue opere, la giurisprudenza bizantina violò tale divieto per soddisfare le esigenze delle popolazioni di lingua greca ed adeguare i principi del diritto romano al mondo bizantino.






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