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LE FONTI DEL DIRITTO - Le fonti del diritto italiano sono (ART 1 C.C.)

diritto



APPUNTI DI DIRITTO PRIVATO


LE FONTI DEL DIRITTO


Le fonti del diritto italiano sono (ART 1 C.C.):


La COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA sta prima nella gerarchia delle fonti del diritto sia per il carattere intrinseco di norma fondamentale che regge la comunità degli italiani, sia perché esprime i principi fondamentale dell'ordinamento giuridico italiano. Essa detta le norme fondamentali di organizzazione dello Stato.

Accanto ad essa, aggiungiamo le leggi costituzionali, unico modo a disposizione del Parlamento per modificare la Costituzione, e approvate con un procedimento particolarmente complesso (a causa della rigidità della Costituzione).




Le LEGGI ORDINARIE DELLO STATO basti ricordare che le norme fondamentali del diritto privato sono contenute nel codice civile emanato nel 1942.


Le LEGGI REGIONALI emanate a norma degli artt. 116 e 117 Cost. in alcune circoscritte materie. Esse devono restare contenute nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, e non possono essere in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni.

Le regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta) hanno un'autonomia legislativa più accentuata.


I REGOLAMENTI essi si distinguono in diverse categorie a seconda della materia regolata e secondo il fondamento della loro efficacia


Gli USI (o consuetudini) nascono impersonalmente dalla tradizione, formatasi attraverso la pratica costante degli interessati .


Per l'esistenza di una consuetudine occorre:

a)  Un elemento materiale (oggettivo), cioè una pratica uniforme e costante, tenuta per lungo tempo dalla generalità degli interessati.

b)  Un elemento psicologico (soggettivo), che consiste nella convinzione che la pratica sia obbligatoria.

L'INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE (art 12)


Innanzitutto l'interpretazione va condotta in relazione al contesto in cui è inserita la parola.


Quindi, bisogna tenere conto dell'intenzione del legislatore.


Può capitare, però, che una certa situazione che si verifica nella realtà, non sia disciplinata dalla legge. Allora si può ricorrere al procedimento analogico, per colmare le cosiddette "lacune del diritto".


Non sempre, però, esistono norme così prossime al caso non previsto da consentire un'applicazione analogica immediata. Occorre allora decidere secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico.


Ricordiamo, inoltre, che nelle leggi penali e in quelle eccezionali non è applicabile l'analogia.



DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PUBBLICO


L'ordinamento giuridico si divide in due grandi settori: il diritto privato e il diritto pubblico.


a)  DIRITTO PUBBLICO Ha per oggetto, in primo luogo, l'organizzazione dello Stato, degli enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni) e di altri enti pubblici. In secondo luogo, rientrano in esso i rapporti reciproci tra questi enti, quando riguardano l'esercizio delle loro funzioni pubbliche, e i rapporti di questi enti con i privati, quando in essi si manifesta la supremazia dell'ente pubblico e la soggezione del privato.


Appartengono al diritto pubblico:

il diritto costituzionale

il diritto amministrativo

il diritto tributario

il diritto penale

la procedura penale.


b)  DIRITTO PRIVATO Regola i rapporti reciproci degli individui, sia nel campo personale e familiare, sia in quello patrimoniale. Regola, inoltre, la organizzazione e l'attività di società, associazioni e altri enti privati.

Inoltre, al di fuori della zona in cui è ammissibile l'esercizio di poteri di supremazia, trovano applicazione le regole del diritto privato anche quando operano lo Stato e gli al 949h79j tri enti pubblici.


La distinzione tra diritto privato e diritto pubblico, quindi, dipende dal tipo di rapporto, secondo che esso di svolga su un piano di parità giuridica e in base a un principio di autonomia dei soggetti, o invece organizzi o manifesti l'esercizio di poteri di supremazia.


ASPETTI GENERALI DEL DIRITTO PRIVATO


Divieto dell'autotutela privata


La regola giuridica ha la funzione di assicurare nell'ordine la pacifica convivenza e lo sviluppo dei consociati.

A questo fine, occorre disciplinare il procedimento di attuazione del diritto e perciò tutti gli ordinamenti più progrediti vietano al privato di farsi giustizia da sé.


Il diritto soggettivo


Il complesso di pretese, facoltà, immunità e poteri crea varie posizioni giuridiche.


Nel diritto privato un posto del massimo rilievo spetta al diritto soggettivo.

Essenziale in questa posizione soggettiva è la libertà nel suo esercizio da ogni intervento o direzione esterna.


La disciplina legislativa non può essere che generale e tipica, e realizza l'esigenza che i diritti soggettivi siano delimitati preventivamente in modo certo, il che costituisce anche una garanzia di uguaglianza giuridica.



I RAPPORTI GIURIDICI


CONCETTI ELEMENTARI:


NORMA GIURIDICA: Consiste in un comando.


Se ad un soggetto è comandato di tenere un certo comportamento, diciamo che questo comportamento è oggetto di un suo DOVERE.


Il DOVERE giuridico può avere per oggetto un'azione oppure un'astensione.


DOVERE: è sempre imposto per la realizzazione di un interesse.


Se di questo interesse è portatore un soggetto, al quale sia attribuita la possibilità di pretendere l'adempimento del dovere, diciamo che questi è titolare di una PRETESA.


Negazione del concetto di pretesa è la FACOLTA'.


OBBLIGO: è dovere corrispondente a una pretesa.  


Negazione del concetto di obbligo è la MANCANZA DI PRETESA.


POTERE: è la possibilità, che il diritto attribuisce, di modificare situazioni giuridiche mediante atti di disposizione.


La situazione di chi subisce le conseguenze dell'esercizio del potere giuridico si chiama SOGGEZIONE.


La negazione del concetto di potere è l'IMMUNITÀ, mentre la negazione del concetto di soggezione è la MANCANZA DI POTERE.



DIRITTO SOGGETTIVO: insieme di pretese, facoltà, immunità e potere riconosciuti al singolo per la soddisfazione di un suo interesse secondo il suo libero apprezzamento.


I diritti soggettivi di dividono in:


a)  RELATIVI e ASSOLUTI.


Diritto relativo attribuisce ad una persona pretese che questa può far valere solo nei confronti di una o più persone determinate.

Diritto assoluto attribuisce ad una persona pretese che questa può far valere nei confronti di una moltitudine di persone indeterminate.


b)  DIRITTI DELLA PERSONALITA' e DIRITTI PATRIMONIALI


Diritti della personalità diritto alla vita, all'integrità fisica, alla libertà di movimento, al nome, all'onore, alla riservatezza, e altri. Vi appartengono anche i diritti che hanno per oggetto interessi non patrimoniali derivanti da vincoli familiari. Tutti i diritti della personalità sono intrasmissibili.

Diritti patrimoniali sono quelli che hanno per contenuto una utilità economica. Di regola sono trasmissibili.


I diritti patrimoniali assoluti comprendo la PROPRIETA' e gli altri diritti assoluti sulle cose (DIRITTI REALI) e i diritti sulle opere dell'ingegno e sulle invenzioni.

I diritti patrimoniali relativi si dicono DIRITTI DI CREDITO (o diritti personali) e i rapporti che ne derivano si dicono rapporti obbligatori.



Diritto ASPETTATIVO: l'acquisto di un diritto può dipendere dal verificarsi di un fatto che consti di più elementi. Se alcuni di questi si sono già verificati, e gli altri potranno verificarsi successivamente, di determina un'ASPETTATIVA ad acquisire il diritto.

L'aspettativa si può dunque definire come un diritto in formazione.


DIRITTO POTESTATIVO: è il potere di determinare, mediante un proprio atto di volontà, una modificazione della sfera giuridica di un altro soggetto, il quale non può che subirla.


ONERE: è un comportamento non obbligatorio, ma richiesto come presupposto per l'esercizio di un potere.


ATTI E FATTI GIURIDICI


Rapporto giuridico: è la relazione fra il titolare di un interesse giuridicamente protetto (soggetto attivo) e che è tenuto a realizzare o a rispettare quell'interesse (soggetto passivo).


Fatti giuridici: sono quelli che, in base alla norma di diritto, concorrono a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici. Nel loro ambito si distinguono FATTI in senso stretto e ATTI umani.


Gli ATTI GIURIDICI si possono distinguere in:


- ATTI LECITI, conformi alle norme dell'ordinamento giuridico.

- ATTI ILLECITI, compiuti in violazione dei doveri giuridici.


- ATTI NEGOZIALI, sono manifestazioni di volontà con le quali i singoli, nell'esercizio dell'auto-nomia privata, intendono costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici così da regolare i propri interessi nei rapporti con gli altri.

ATTI NON NEGOZIALI, sono rivolti a produrre un risultato di fatto. Si distinguono in atti materiali e comunicazioni


LA PERSONA FISICA


Capacità giuridica è la capacità di una persona di essere soggetto di diritti e di obblighi.


Capacità di agire è la capacità di disporre dei propri diritti e di assumere impegni mediante manifestazioni di volontà.


Nel diritto moderno la capacità giuridica generale spetta a ogni uomo.


Nascita e acquisto della capacità giuridica


La capacità giuridica si acquista, di regola, al momento della nascita (art. 1 CC).

Tuttavia la legge prende in considerazione anche il concepito, e ammette che possa ricevere per donazione o per successione a causa di morte, alla condizione però che successivamente egli nasca e sia vivo.


Diritti della personalità e libertà civili


A tutela della personalità umana il diritto riconosce a ciascun uomo alcuni diritti e libertà fondamentali:


Inviolabilità fisica;


Libertà fisica di movimento;


Libertà di fare o non fare;


Libertà di religione, parola, opinioni politiche;


Diritto al nome;


Diritto all'onore;


Diritto alla riservatezza della vita privata;


Diritto alla verità personale.


La capacità di agire. Le incapacità di protezione.


Le cause principali per cui la capacità di agire può essere esclusa o limitata attengono alla mancanza o a una riduzione della capacità di intendere e di volere.

Il diritto intende proteggere l'incapace contro il pericolo che egli rechi danno a se stesso (annullamento dei negozi giuridici stipulati).

Le cause che possono limitare o escludere la capacità di intendere e di volere sono:


LA MINORE ETA'


La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno, e con essa si acquista la capacità generale di agire (art. 2 CC).


L'ALTERAZIONE DELLE FACOLTA' MENTALI


L'abituale infermità di mente che rende incapace di provvedere ai propri interessi dà luogo a una sentenza di interdizione.

L'interdetto è privo della capacità di agire ed è affidato ad un tutore.


ALTRE MINORAZIONI


Se l'infermità mentale non è così grave da giustificare la privazione totale della capacità di agire, si può pronunciare una sentenza di inabilitazione, che limita la capacità di agire e attribuisce all'inabilitato l'assistenza di un curatore.


Minori, interdetti e inabilitati sono in stato di INCAPACITA' LEGALE: assoluta, per minori e interdetti, relativa per minori emancipati e inabilitati.


(L'incapacità legale va distinta dall'incapacità NATURALE, che è l'effettiva capacità di intendere e di volere dell'individuo).


Quando vi è incapacità legale, le norme protettive dell'incapace trovano applicazione anche se questi abbia la capacità naturale di intendere e di volere.

Quando, invece, vi è solo incapacità naturale di intendere e di volere, la buona fede dell'altra parte può essere giustificata.


v Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato di INTERDIZIONE LEGALE.


La minore età. La potestà dei genitori.


La cura della persona del minore e l'amministrazione dei suoi beni è affidata normalmente ai suoi genitori, i quali hanno a questo scopo un insieme di poteri che costituiscono la potestà dei genitori.

La potestà sui figli è esercitata di comune accordo da entrambi. In caso di contrasto fra i genitori su questioni di particolare importanza, è previsto l'intervento del giudice.


Per quanto riguarda la cura della persona del figlio, la potestà dei genitori comprende, oltre al dovere del MANTENIMENTO, il potere-dovere di SORVEGLIANZA e di EDUCAZIONE.

Inoltre si aggiunge il potere-dovere di AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO e di RAPPRESENTANZA LEGALE dei figli negli atti che non presuppongono scelte strettamente personali.


Se entrambi i genitori sono morti, il giudice tutelare nomina un tutore, con poteri analoghi a quelli dei genitori.



L'emancipazione.


Il minore che abbia compiuto i sedici anni di età può, per gravi motivi, essere autorizzato a contrarre matrimonio (art. 84 CC). Sposandosi, egli acquista l'emancipazione.

Questa gli attribuisce la capacità di compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, per gli altri occorre l'assistenza di un curatore.(come inabilitato)


Sede della persone: DOMICILIO e RESIDENZA (art. 43 CC)


Il luogo in cui una persona vive e opera costituisce il punto di riferimento per lo svolgimento di numerosi rapporti giuridici.

La legge distingue:


a)  Dimora: luogo in cui la persona si trova attualmente.

b)  Residenza: luogo in cui la persona ha la dimora abituale.

c)  Domicilio: luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.



Scomparsa, assenza, morte presunta (artt. 48 e segg CC)


SCOMPARSA: Quando una persona non è più comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o della sua ultima residenza e non se ne hanno più notizie, il Tribunale può nominare un CURATORE e dare gli altri provvedimenti necessari per la conservazione del patrimonio della scomparso.


ASSENZA: Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, il Tribunale può dichiarare l'assenza e immettere nel possesso temporaneo dei beni dell'assente coloro che ne sarebbero eredi.


MORTE PRESUNTA: Trascorsi dieci anni, il Tribunale può dichiarare la morte presunta. I presunti eredi acquistano la libera disponibilità dei beni e il coniuge può contrarre nuovo matrimonio (se torna, il matrimonio è nullo).



LE PERSONE GIURIDICHE


L'autonomia patrimoniale


Perché si possa parlare di una "persona giuridica" occorre essere in presenza di una PATRIMONIO (inteso come un insieme di rapporti giuridici attivi e passivi) che sia staccato dal patrimonio di qualsiasi persona fisica e sia sottoposto a vicende autonome, dirette a realizzare un determinato SCOPO.


L'AUTONOMIA del patrimonio della persona giuridica significa che, finché questa dura, esso è stabilmente destinato allo scopo dell'ente ed è insensibili alle vicende che riguardano i soggetti in qualche modo interessati all'esistenza e all'attività dell'ente stesso.


Gli organi


Elemento essenziale in tutte le organizzazioni è la presenza di una o più persone, alla cui amministrazione il patrimonio è affidato.

Queste costituiscono l'organo amministrativo dell'ente.


Alcune organizzazioni a carattere associativo, si propongono di realizzare interessi di cui sono portatrici persone operanti all'interno della loro struttura organizzativa. In esse i partecipanti (soci o associati) deliberano riuniti in assemblea generale.


Infine, in alcune persone giuridiche, sono presenti anche organi di controllo.


X CLASSIFICAZIONE DELLE PERSONE GIURIDICHE PRIVATE


Le persone giuridiche possono presentare la struttura di ISTITUZIONI oppure di CORPORAZIONI.


A)  Le istituzioni sono vincolate a uno scopo che è prestabilito nell'atto costitutivo ed è relativamente immutabile.

Fra le istituzioni del diritto privato hanno importanza preminente le FONDAZIONI.


B)  Le corporazioni, invece, sono gruppi di persone che gestiscono sovranamente la propria organizzazione e dispongono liberamente del patrimonio comune.

Gli enti a struttura corporative prendono il nome di:


Associazioni, se il loro scopo diretto non è l'esercizio di un'attività produttiva;


Società, se lo scopo è lucrativo o mutualistico;


Consorzi, se lo scopo è il soddisfacimento in comune di un bisogno economico dei partecipanti.



I BENI


L'OGGETTO DEI DIRITTI PATRIMONIALI


Il diritto soggettivo attribuisce e garantisce al suo titolare determinate utilità.

Queste derivano talvolta dall'utilizzazione di una COSA o di un'ENERGIA naturale che abbia valore economico; altre volte, invece, derivano da un comportamento altrui (PRESTAZIONE).


A questa diversità di oggetto si ricollega la distinzione tra diritti reali e diritti di credito.


Accanto ai diritti reali e ai diritti di credito vi è un'altra grande categoria di diritti patrimoniali: i diritti sulle opere dell'ingegno, ossia su creazioni intellettuali, quali diritto d'autore, brevetti per invenzioni o modelli.


L'opera dell'ingegno si può concepire come un BENE IMMATERIALE.



BENI MATERIALI: definizione e classificazione delle cose.


Sono beni materiali le cose e le energie suscettibili di appropriazione e che possono perciò formare oggetto di diritti (ART 810 e 814 CC).


A)    COSE MOBILI e IMMOBILI (ART 812 CC)


Sono beni IMMOBILI i terreni e tutto ciò che sia materialmente incorporato al suolo. Si aggiungono i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti.


Sono MOBILI tutti gli altri beni.


L'esercizio dei diritti di proprietà immobiliare è assoggettato a maggiori restrizioni di diritto pubblico. La staticità degli immobili e la maggiore facilità di individuazione rende più facile annotarne i trasferimenti e le altre vicende giuridiche in pubblici registri (pubblicità  immobiliare, ART 2643 CC).

Un'analoga pubblicità si è potuta istituire per alcuni beni mobili, quali le navi, gli aeromobili e gli autoveicoli (beni mobili registrati).


B) COSE FUNGIBILI e INFUNGIBILI


Cose FUNGIBILI sono quelle che possono sostituirsi indifferentemente le une alle altre, perché del tutto equivalenti ai fini dell'utilizzazione.


INFUNGIBILI sono invece le cose prodotte in esemplari unici, gli originali delle opere d'arte non multiple, e tutte le cose usate.

Sono infungibili, di regola, gli immobili.


C)    COSE CONSUMABILI e NON CONSUMABILI


Sono CONSUMABILI le cose insuscettibili di un uso continuativo o ripetuto, perché vengono consumate dal primo atto di utilizzazione (a questa categoria appartiene anche il danaro).


INCONSUMABILI sono le cose suscettibili di utilizzazione ripetuta, anche se questa finisca, prima o poi, per deteriorarla.


D)    PERTINENZE


Sono PERTINENZE le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa, senza esserne parte costitutiva. (ART 817 CC)


La pertinenza può formare oggetto di un atto separato e perdere così tale sua qualità (ART 818 CC).


E)  UNIVERSALITA' DI MOBILI


UNIVERSALITA' DI MOBILI è una pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria.


F)  FRUTTI


I FRUTTI si distinguono in due categorie: frutti naturali e frutti civili.

Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa e appartengono al proprietario della cosa che li produce.

Sono frutti civili quelli che si ritraggono da una cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia (es. interessi di un capitale dato a mutuo).



DIRITTI REALI E DI CREDITO


Diritto reale


Il diritto reale è il diritto di trarre da una cosa le sue utilità economiche legalmente garantite o alcune di esse. Correlativo al diritto reale è il dovere di chiunque di astenersi dall'impedirne o turbarne l'esercizio.


Classificazione dei diritti reali


PROPRIETA'


DIRITTI REALI 

di GODIMENTO

DIRITTI REALI MINORI

di GARANZIA



Fra i diritti reali ha una posizione preminente la PROPRIETA'. Essa consente di godere e di disporre delle cose in modo pieno e ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico. (ART 832 CC).


Gli altri diritti reali incidono su cose altrui e hanno un contenuto più limitato (diritti reali minori).


Essi si dividono in due gruppi:


I DIRITTI REALI DI GODIMENTO, che sono quelli di trarre determinate utilità dall'uso della cosa altrui, e sono:

usufrutto

uso

abitazione

superficie

servitù

enfiteusi


I DIRITTI REALI DI GARANZIA, che attribuiscono un potere di disposizione preferenziale del valore pecuniario della cosa, qualora il diritto di credito, che con essa si è voluto garantire, non venga soddisfatto dal debitore, e sono:


pegno

ipoteca.


Diritto di credito


Il diritto di credito attribuisce al creditore la pretesa di esigere una prestazione da una o più persone determinate.

Il rapporto tra il creditore e il debitore è detto OBBLIGAZIONE (o rapporto obbligatorio).


La prestazione dovuta può essere positiva, se contiene un'azione, o negativa, se contiene un'astensione.


Il contenuto dell'obbligazione può essere il più vario. Occorre, però, che si tratti di una prestazione suscettibile di VALUTAZIONE ECONOMICA, cioè di una prestazione di carattere patrimoniale (ART. 1174 CC).

Il carattere necessariamente economico della prestazione non implica affatto che questa debba essere rivolta a soddisfare un interesse patrimoniale del creditore.


Accanto alla prestazione principale, che costituisce l'oggetto centrale dell'obbligazione, se ne collocano altre con funzione complementare.

Ad esse si riferisce l'art. 1175 CC, che impone al debitore e al creditore di comportarsi secondo le regole della CORRETTEZZA.

Ciò significa che il debitore è tenuto anche a quelle prestazioni strumentali o accessorie che appaiano dovute, secondo un criterio di correttezza appunto, al fine di realizzare pienamente l'interesse del creditore alla prestazione.

Si tratta di doveri di:

rispetto

protezione

informazione

custodia

collaborazione.


Va sottolineato che obblighi di correttezza sono imposti anche al creditore, il quale pure è tenuto a quel minimo di cooperazione che è usuale fra persone corrette per facilitare al debitore l'adempimento o, quanto meno, evitargli inutili aggravi.


Se il debitore non adempie, il creditore può rivolgersi all'autorità giudiziaria perché gli procuri coattivamente ciò che gli spetta.

Questo potere si chiama AZIONE.


L'obbligazione, nella sua pienezza, ha una duplice rilevanza giuridica: è giusta causa della prestazione e dà azione al creditore per conseguire ciò che gli è dovuto.


Vi sono però anche delle OBBLIGAZIONI IMPERFETTE, come ad es il debito di gioco, in cui il creditore non ha potere di azione. In questa categoria rientrano anche i debiti che non derivino da un comando giuridico, ma esclusivamente da un imperativo di coscienza o di onore (art 2034 CC), chiamate OBBLIGAZIONI NATURALI.



FONTI DELLE OBBLIGAZIONI


L'articolo 1173 CC indica, come fonti delle obbligazioni:


il contratto,

il fatto illecito,

ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico.


La formula del punto 3) comprende fonti disparate, tra le quali ricordiamo:


le promesse unilaterali

la gestione di affari

la ripetizione dell'indebito

l'arricchimento senza causa



ACQUISTO E TUTELA DEI DIRITTI PATRIMONIALI


Acquisti a titolo originario e a titolo derivativo.


I diritti patrimoniali si possono acquistare a titolo originario, oppure a titolo derivativo.


Il diritto si acquista A TITOLO ORIGINARIO quando non è trasmesso da un'altra persona che ne fosse titolare.


L'acquisto è, invece, A TITOLO DERIVATIVO quando l'acquirente succede a un precedente titolare e il diritto gli spetta come e in quanto spettava a colui dal quale lo ha acquistato.


Ad esempio, il trasferimento di beni e di crediti dal defunto all'erede è a titolo derivativo e si chiama SUCCESSIONE.


Talvolta l'acquisto derivativo ha per oggetto un diritto nuovo, che però deriva da un diritto del dante causa, perché lo suppone e ne assorbe una parte del contenuto. Si parla in tal caso di successione costitutiva (contrapposta alla successione traslativa).


Perché possa verificarsi un acquisto a titolo derivativo occorre un valido titolo d'acquisto e occorre che il dante causa sia titolare del diritto che deve venire trasmesso.


Il principio della tutela dell'affidamento si specifica in una serie di regole destinate a diverse situazioni e a diversi settori, e congegnate in modo da assicurare alle ragioni del vero titolare del diritto la massima tutela compatibile con le esigenze della sicurezza dei traffici.



ATTI ILLECITI E RESPONSABILITA' CIVILE


Atti illeciti


L'art.2043 CC definisce l'atto illecito come  "Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto".


Principali figure di atto illecito:


a)  ILLECITI CONTRO LA PERSONA


Sono illeciti, innanzi tutto, gli atti lesivi della vita, dell'integrità fisica, della saluta e della libertà altrui.


La libertà è tutelata contro la costrizione fisica, la minaccia e l'inganno.


b)  ILLECITI CONTRO L'ONORE, LA RISERVATEZZA E LA VERITA' PERSONALE


Costituiscono diffamazione, e sono illecite, le comunicazioni di notizie, voci, apprezzamenti che offendono la reputazione altrui.


La tutela dell'onore presenta però spesso un problema assai delicato, perché può venire in conflitto con l'esigenza della libertà di parola. La comunicazione di notizie vere può costituire un illecito solo quando sia fatta indipendentemente da ogni giusto interesse, al solo scopo di esporre una persona al disprezzo, all'odio, al ridicolo o all'umiliazione.


Diffondere sul conto di una persona notizie NON vere, anche se non diffamatorie, costituisce lesione del suo diritto all'identità e verità personale.


Ogni persona, infine, ha diritto alla riservatezza della vita privata, cioè ad una sfera di intimità sottratta alla curiosità degli estranei.


L'inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono principi solennemente enunciati dalla Costituzione (ART 14-15 Cost).


c)  LESIONI DI DIRITTI REALI


Nel campo degli interessi patrimoniali la tutela più intensa spetta a i diritti reali.


Sono illeciti, innanzi tutto, gli atti che danneggiano materialmente la cosa o la distruggono.


Il diritto reale altrui si può violare anche attraverso l'impossessamento o la disposizione della cosa, che la sottragga all'avente diritto; in queste ipotesi la piena responsabilità per il danno si ha solo in caso di malafede e di colpa grave.


d)  DANNI ALL'AMBIENTE

e)  CONCORRENZA SLEALE E ILLECITI CONTRO L'IMPRESA


Commette concorrenza sleale l'imprenditore il quale compia atti idonei a creare confusione della propria attività e dei propri prodotti con attività e prodotti del concorrente, oppure diffonda notizie ed apprezzamenti idonei a determinare il discredito dei prodotti e dell'attività del concorrente, oppure si appropri di pregi dei prodotti o dell'impresa del concorrente.


f)    FALSA INFORMAZIONE

g)  ILLECITI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA


La denuncia penale dell'innocente è colpita da sanzione solo se vi è malafede del denunciante; questa limitazione della responsabilità ha lo scopo di non scoraggiare la collaborazione dei cittadini per l'attuazione del diritto.


L'agire o il resistere in un giudizio civile avendo torto sono fonti di una piena responsabilità per i danni solo se risulta che la parte soccombenti era in malafede o colpa grave.


h)  RESPONSABILITA' PER OMISSIONE


L'omissione diventa giuridicamente illecita quando costituisca violazione di uno specifico dovere giuridico ad agire: questo può derivare dalla legge, da un contratto o da un precedente comportamento attivo.


Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte


Il padre e la madre sono congiuntamente responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati che abitino con essi (ART. 2048 CC).


È importante osservare che il figlio minore può non essere personalmente responsabile se si tratta di un bambino (ART. 2046 e 2047 CC); se invece si tratta di un giovane che abbia già la capacità naturale di intendere e di volere, allora egli è personalmente responsabile, in solido con i genitori.


La responsabilità dei genitori è fondata sulla presunzione di una colpa nella sorveglianza: questa presunzione può venire eliminata con la prova di non aver potuto impedire il fatto.


La stessa regola si applica al tutore, ai precettori e a coloro che insegnano un mestiere o un'arte.(2048)


Le cause di giustificazione

Comportamenti che sono generalmente antigiuridici possono essere, in alcuni casi, giustificati da particolari circostanze.


La prima causa di giustificazione generale è l'esercizio di un diritto.


Esistono, poi, alcune cause tipiche di giustificazione, che sono:


CONSENSO DELL'AVENTE DIRITTO: non è responsabile chi lede un diritto con il consenso della persona che può validamente disporne.


LEGITTIMA DIFESA: non è responsabile che ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa (art. 2044 CC)


Agisce in STATO DI NECESSITA' chi compie un fatto dannoso costrettovi dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, se il pericolo non è stato da lui volontariamente causato, né altrimenti inevitabile.


IL DOLO


Il divieto di danneggiare altri ingiustamente si riferisce, di regola, tanto agli atti diretti a cagionare danno (atti dolosi), quanto agli atti che non intendono cagionare danno ma determinano il pericolo del suo verificarsi (atti colposi) (ART 2043 CC).


Il DOLO consiste nella coscienza e nella volontà di cagionare l'evento dannoso.



LA COLPA


L'illecito è COLPOSO quando l'evento dannoso non è voluto dall'agente e si verifica a causa di:


negligenza,

imprudenza,

imperizia.


(Ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline).


La capacità di intendere e di volere


Il presupposto perché l'atto illecito possa venire imputato all'agente è che questi avesse la capacità di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso (ART. 2046 CC).

In questo caso ci si riferisce alla capacità naturale e non a quella legale.



LA RESPONSABILITA' OGGETTIVA


La responsabilità oggettiva è la responsabilità per i danni causati da attività dannose o rischiose consentite, compiute anche senza imprudenza o negligenza.


IPOTESI DI RESPONSABILITA' OGGETTIVA PER RISCHIO


La legge prevede in una serie di ipotesi una responsabilità senza colpa.


ART. 2049 CC: "I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti".

La legge non ammette che il datore di lavoro si possa liberare provando di essere esente da colpa, avendo usato la dovuta diligenza nella scelta e nella sorveglianza del dipendente.


Analogo fondamento oggettivo ha la responsabilità oggettiva del proprietario di un veicolo per i danni cagionati dal conducente (ART. 2054 CC)


Vi è poi una serie di norme che dispongono una responsabilità oggettiva per i danni cagionati da cose.

Sia nel caso della rovina di edificio come nel caso di danno da circolazione di veicoli, è stabilito che il proprietario, o gli altri soggetti indicati dalla legge, sono responsabili se l'incidente è dovuto a "vizio di costruzione" o a "difetto di manutenzione" (ART. 2053-2054 CC).


Un'altra applicazione del principio si ha nel diritto aeronautico, in caso di qualsiasi danno cagionato dall'aeromobile.


Oggettiva è pure la responsabilità per gli incidenti nell'impiego dell'energia atomica. L'esercente di un impianto nucleare è infatti responsabile di ogni danno alle persone o alle cose.


Infine, il codice civile contiene due norme che dispongono la responsabilità per il danno causato da cose o animali, salva la prova del caso fortuito (ART. 2051-2052 CC).



RESPONSABILITA' PER IL FATTO DEI DIPENDENTI


a)  Rapporto di preposizione


L'art. 2049 CC esprime il principio che ciascuno deve rispondere dei danni cagionati a terzi dalle persone che impiega al proprio servizio.

Perché operi questa responsabilità occorre un  rapporto di preposizione tra l'autore del fatto dannoso e il responsabile; occorre inoltre che il danno sia stato cagionato dal preposto nell'esercizio delle incombenze alle quali è adibito.


Normalmente il rapporto di preposizione coincide con un rapporto di lavoro subordinato.


Viceversa, chi si vale dell'opera di soggetti esterni e autonomi non risponde dei danni che costoro possono illecitamente cagionare a terzi.


b)  L'esercizio di incombenze


Il fatto illecito del preposto impegna la responsabilità oggettiva del preponente solo se è stato compiuto nell'esercizio delle incombenze a cui egli è adibito.


RESPONSABILITA' PER IL DANNO CAGIONATO DA COSE O DA ANIMALI


a)  Determinazione del responsabile


A proposito del danno cagionato da animali l'art. 2052 CC dispone che la particolare responsabilità in esso prevista, estesa fino al limite del caso fortuito, grava sul proprietario dell'animale, o su che se ne serva per il tempo in cui lo ha in uso.


La disposizione sul danno cagionato da cose designa come responsabile colui che le ha "in custodia" (ART. 2051 CC)


b)  Il "caso fortuito" quale limite della responsabilità


Tanto la responsabilità per il danno cagionato dalle cose, quanto quella per il danno cagionato da animali, si estendono fino al limite del "caso fortuito" (ART. 2051-2052 CC).

Provare il caso fortuito significa provare che il danno è dovuto ad un evento imprevedibile e inevitabile, estraneo alla cosa o all'animale e alla sfera del "custode".


RESPONSABILITA' PER L'ESERCIZIO DI ATTIVITA' PERICOLOSE


Se si tratta di un'attività pericolosa, concorre l'applicazione dell'art. 2050 CC: "Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno".

Se si tratta di attività pericolosa, quindi, il danneggiato è esonerato da provare la colpa dell'agente, mentre starà a chi esercita l'attività pericolosa a dimostrare che sono state adottate tutte le misure idonee ad evitare l'incidente.



DANNO, CAUSALITA', RIMEDI

Danno patrimoniale e non patrimoniale. Danno emergente e lucro cessante.


Il danno patrimoniale può consistere nella perdita, nella distruzione o nel danneggiamento di un bene patrimoniale, nella perdita di un guadagno o nella sopravvenuta necessità di compiere determinate spese.


Nell'ambito del danno patrimoniale si distingue:


DANNO EMERGENTE consiste in una diminuzione del patrimonio.


LUCRO CESSANTE consiste nell'esclusione di un incremento patrimoniale che si sarebbe verificato in mancanza del fatto dannoso.



Il danno non patrimoniale consiste nella perdita o lesione di un bene personale, che non possa essere oggetto di scambio e di valutazione economica.


Causalità di fatto


il danno è risarcibile sono se è conseguenza dell'atto illecito (o del fato previsto dalla legge come fonte di responsabilità oggettiva).

Occorre dunque un rapporto di causalità (causalità di fatto).


Concorso di responsabili


Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate al risarcimento del danno. La loro responsabilità è solidale: ciò significa che il danneggiato può pretendere anche l'intero risarcimento da uno solo dei danneggianti; colui che ha risarcito il danno potrà poi rivalersi nei confronti dei corresponsabili (ART. 2055 CC).


Concorso di colpa del danneggiato


Il risarcimento può venire ridotto o escluso quando la negligenza o l'imprudenza del danneggiato abbia concorso a cagionare il danno.

Ciò significa che il diritto non solo impone a ciascuno il dovere di astenersi dal danneggiare ingiustamente altri, ma impone anche l'onere di usare una ragionevole diligenza per tutelare se stessi e il proprio patrimonio eliminando, riducendo o, quanto meno, non aggravando il pericolo creato da altri.


Il risarcimento del danno per equivalente


Il danno cagionato da un atto illecito o da un fatto che sia fonte di responsabilità oggettiva deve essere risarcito dal responsabile.

Per lo più il risarcimento si fa pagando al danneggiato una somma di danaro equivalente al danno patrimoniale che egli ha subito sia come diminuzione del patrimonio (danno emergente) sia come mancato guadagno (lucro cessante).


Il lucro cessante va determinato in base al calcolo degli utili che il danneggiato avrebbe conseguito, secondo il prevedibile corso degli eventi, se il fatto dannoso non si fosse verificato.


Oltre al danno già verificatosi può essere risarcito il danno futuro, alla condizione che sia ragionevolmente certo.


La determinazione del risarcimento pone problemi particolarmente delicati e difficili quando si tratta di danni alla persona.


La reintegrazione in forma specifica


Il risarcimento per equivalente costituisce un surrogato.

Il danneggiato non è tenuto ad accontentarsene e perciò può chiedere che venga ricostituita, a spese del responsabile, la situazione che si sarebbe avuta in mancanza del fatto dannoso (reintegrazione in forma specifica).


Assai spesso la reintegrazione in forma specifica non è possibile.


La riparazione del danno non patrimoniale


La perdita o la lesione di un bene personale che non possa essere oggetto di scambio e di valutazione economica costituisce per se stessa un danno.


Per definizione il danno non patrimoniale non può essere risarcito per equivalente.

Tuttavia il pagamento di una somma di danaro al danneggiato gli attribuisce un beneficio che può valere a sollievo o a compenso del torto subito.


Nel diritto italiano la riparazione dei danni non patrimoniali non è imposta in generale, ma solo nei casi determinati dalla legge (ART. 2059 CC). Si tratta delle ipotesi in cui il danno deriva da reato.


Azione inibitoria


La reazione che l'ordinamento giuridico offre contro l'atto illecito mira preventivamente a impedirne il compiersi, e successivamente a eliminarne le conseguenze.

Un soggetto minacciato, però, ha il potere di compiere un'azione inibitoria, un'azione, cioè, con la quale si chiede giudizialmente che venga impedito il fatto lesivo.


Per la concessione dell'azione inibitoria, la legge richiede che un atto illecito sia già stato compiuto, e se ne tema la ripetizione o la continuazione in futuro.



L'AUTONOMIA PRIVATA E IL NEGOZIO GIURIDICO


NOZIONE


AUTONOMIA PRIVATA significa possibilità, per i singoli di regolare da sé, nel modo voluto, i rapporti giuridici con altre persone.


Strumento per la realizzazione dell'autonomia privata è il NEGOZIO GIURIDICO. Questo consiste in un atto, o in un insieme di atti di più persone, rivolto a produrre effetti riconosciuti e garantiti dall'ordinamento giuridico.


Gli atti negoziali consistono normalmente in dichiarazioni.

Talvolta, però, essi possono consistere anche in comportamenti che diano materialmente attuazione a un assetto negoziale di interessi.


Il negozi giuridico ha la finzione di consentire ai singoli di regolare in modo autonomo i propri interessi, dando ad essi un assetto voluto. Ma la volontà non basta a giustificarne l'efficacia.

Ciò che crea il vincolo è invece la posizione di un regolamento di interessi nei confronti di altre persone attraverso la dichiarazione o l'attuazione negoziale.


Normalmente la dichiarazione negoziale corrisponde a ciò che il dichiarante vuole.

Questa corrispondenza può mancare in diversi casi:


Riserva mentale (quando il dichiarante abbia nel proprio intimo un'intenzione diversa)

In casi di gioco, recitazione, scherzo o esempio palesemente manifestati.

Errore nella dichiarazione.

Espressioni equivoche

Volontà turbata da: minaccia, inganno, errore.


NEGOZI UNILATERALI E CONTRATTI


P Il negozio giuridico si dice unilaterale quando è costituito dalla dichiarazione di volontà o dal comportamento negoziale di una sola parte (es testamento).


P Se il negozio è costituito dalle dichiarazioni di volontà o dai comportamenti negoziali di due o più parti, si dice bilaterale o plurilaterale.


PP "Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale" (ART 1321 CC).


P Le deliberazioni sono dichiarazioni negoziali approvate, dall'unanimità o a maggioranza, dall'organo collegiale di una persona giuridica o di un gruppo organizzativo.



LE MANIFESTAZIONI DI VOLONTA'


DICHIARAZIONI RECETTIZIE E NON RECETTIZIE


Le dichiarazioni si distinguono il recettizie e non recettizie, secondo che la loro efficacia giuridica sia subordinata o meno alla ricezione nella sfera di particolari soggetti.


Negozio bilaterale: la dichiarazione di volontà è sempre recettizia.

Negozio unilaterale a dichiarazione recettizia: recesso unilaterale da una società o associazione.

Negozio unilaterale a dichiarazione non recettizia: testamento, accettazione di eredità, promessa al pubblico.


La dichiarazione recettizia produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della persona alla quale è destinata. Essa si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia (ART. 1334-1335 CC).


DICHIARAZIONE ESPRESSA E MANIFESTAZIONE TACITA DI VOLONTA'


P La volontà può essere dichiarata espressamente, per mezzo della parola, parlata o scritta, o anche con qualsiasi altro segno che, secondo l'uso comune o per una particolare convenzione fra gli interessati, valga come mezzo per comunicare un messaggio.


P La volontà può venire manifestata anche in modo tacito, attraverso un "comportamento concludente" o, in casi particolari, col silenzio.


ELEMENTI DEL NEGOZIO GIURIDICO


L'ART 1325 CC elenca quattro elementi essenziali del contratto:

l'accordo delle parti;

la causa;

l'oggetto;

la forma, quando è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.


Questi elementi sono detti essenziali, perché la loro mancanza o i loro difetti influiscono sulla validità del negozio giuridico.


Vi sono poi modalità del negozio la cui presenza è solo eventuale e che vengono perciò designati come elementi accidentali e sono:

condizione;

termine;

modo.



LA SIMULAZIONE


La dichiarazione negoziale è simulata quando il dichiarante e il destinatario di essa sono d'accordo nel non volerne gli effetti.


Dietro a questa dichiarazione apparente sta una controdichiarazione occulta, che esprime la volontà effettiva delle parti.


La SIMULAZIONE può essere:

ASSOLUTA: quando le parti fingono di porre in essere un negozio, ma in realtà non ne vogliono nessuno.

RELATIVA: quando le parti fingono di porre in essere un negozio, ma in realtà ne vogliono un altro, risultante dalla controdichiarazione.


La diversità tra negozio apparente e quello effettivo può stare nella natura del negozio oppure può riguardare i soggetti (interposizione fittizia di persona).


Lo scopo della simulazione è, per lo più, quello di recare pregiudizio ai diritti di terzi o di occultare la violazione di norme imperative. Spesso è usata anche per frode fiscale.

Talvolta, però, la simulazione può avere anche scopo lecito.


EFFETTI DELLA SIMULAZIONE TRA LE PARTI


L'atto simulato non produce nessun effetto tra le parti (ART 1414 CC), perché esso non è effettivamente voluto.

Se si tratta di simulazione relativa, fra le parti ha effetto il diverso contratto che esse hanno voluto effettivamente concludere.


EFFETTI DELLA SIMULAZIONE RISPETTO A TERZI. TERZI INTERESSATI A FAR DICHIARARE LA SIMULAZIONE


Ai terzi è sempre concesso di far valere, nei confronti delle parti, la realtà nascosta dal negozio giuridico simulato (ART 1415 CC).

In questi casi si tratta di terzi che hanno interesse a far prevalere la realtà sull'apparenza.


Ma vi sono anche terzi che hanno interesse a far prevalere l'apparenza:

a)  terzi aventi causa;

b)  terzo creditori;

c)  altri terzi.


a)  Opponibilità della simulazione ai terzi aventi causa


La legge dispone che la simulazione non può essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente.


La regola generale che fa salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede si esprime anche dicendo che la simulazione non può essere opposta ai terzi di buona fede aventi causa dal simulato acquirente.


b)  Opponibilità della simulazione ai terzi creditori


Il creditore del simulato acquirente ha interesse a far prevalere l'apparenza sulla realtà, in modo da potersi soddisfare sul bene che apparentemente appartiene al suo debitore.


Se il creditore ha acquistato in buona fede un diritto di pegno o di ipoteca sul bene, il suo affidamento è tutelato.

Ma se non ha acquistato nessuna garanzia reale (creditore chirografario), la simulazione gli può essere opposta, salvo che egli abbia già iniziato, in buona fede, l'esecuzione forzata (ART 1416 CC).



NEGOZIO FIDUCIARIO


Nel negozio fiduciario il fiduciante trasferisce al fiduciario la proprietà di una cosa o un altro diritto, imponendogli, però, il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto, o di trasferirlo a un terzo, o di farne, comunque, un uso determinato.


La caratteristica essenziale del negozio fiduciario sta in questa limitazione obbligatoria di un più ampio effetto reale.

Notevole è anche la fiducia a scopo di garanzia.


Se il fiduciario non rispetta gli impegni assunti, il fiduciante potrà agire giudizialmente nei suoi confronti.


Se il fiduciario, abusando della sua posizione, trasferisce la cosa a un terzo fuori dei casi in cui ciò gli è consentito, l'acquisto del terzo è salvo ugualmente: il diritto del fiduciante che viene così leso è infatti un diritto di credito nei confronti del fiduciario, e non un diritto reale, e perciò è, di regola, inopponibile ai terzi.

Il fiduciante potrà solo agire contro il fiduciario per ottenere il risarcimento del danno.


I VIZI DELLA VOLONTA'


I vizi della volontà consistono in:

a) ERRORE

b) DOLO

c)  VIOLENZA.


ERRORE


L'errore consiste in una falsa conoscenza o nell'ignoranza di situazioni, qualità, rapporti.

L'errore può influire sulla formazione del negozio giuridico in diversi modi.


Innanzi tutto esso può cadere sulla dichiarazione (errore ostativo).

Ciò accade quando si dichiara cosa diversa da quella che si vorrebbe.

Oppure l'errore può cadere su circostanze che influenzano la formazione della volontà negoziale (errore vizio).


Di errore in senso tecnico-giuridico si può parlare solo quando la falsa rappresentazione si riferisce a fatti PREESISTENTI o PASSATI. L'erronea previsione di sviluppi futuri è, di regola, irrilevante.


La tutela dell'affidamento


L'errore determina la formazione di un negozio inidoneo alla funzione che gli è propria; di qui l'esigenza di negare efficacia al negozio viziato da errore.


Occorre considerare, d'altra parte, che il dichiarante non è solo: con il negozio egli regola i propri interessi nei rapporti con altre persone, le quali fanno affidamento sull'assetto negoziale e si regolano di conseguenza.

Negando l'efficacia al negozio si possono deludere questi affidamenti, i quali pure meritano di essere tenuti in considerazione.


La legge italiana risolve questo problema facendo prevalere la tutela dell'affidamento nei contratti a titolo oneroso, mentre prevale la tutela del dichiarante nei negozi a titolo gratuito.


Questa diversità di trattamento si giustifica considerando che la mancata tutela dell'affidamento e la conseguente insicurezza dei rapporti nei contratti a titolo oneroso incepperebbe dannosamente i traffici.


La tutela dell'affidamento nei contratti A TITOLO ONEROSO non significa peraltro che il dichiarante caduto in errore sia sempre vincolato dalla sua dichiarazione.

Se l'errore è stato rilevato dall'altra parte, non vi è nessun affidamento da tutelare e il contratto può essere annullato.

La stessa soluzione vale per l'ipotesi che l'errore non sia stato rilevato dall'altra parte, ma fosse da questa conoscibile con la normale diligenza. Ciò significa che la legge impone a ciascun contraente un onere di attenzione di eventuale vizi della volontà o della dichiarazione dell'altra parte.


Il contratto a titolo oneroso è dunque ANNULLABILE di l'errore è riconoscibile dall'altro contraente (ART. 1428 e 1421 CC).


Non basta. L'errore deve essere anche essenziale (1429) cioè deve cadere sulla natura o sull'oggetto del contratto, sull'oggetto della prestazione o, infine, sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente.


L'errore nei contratti a titolo oneroso: essenzialità


Vediamo ora i diversi tipi di errore essenziale secondo la definizione data dall'art. 1429 CC.


Errore sulla natura o sull'oggetto del contratto.

Errore sull'identità o sulle qualità dell'oggetto della prestazione.

Errore sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano state determinanti nel consenso.


L'errore, inoltre, può cadere su circostanze di fatto (errore di fatto) oppure sull'esistenza o sull'interpretazione di una regola di diritto (errore di diritto).

Anche l'errore di diritto può essere causa di annullamento del contratto (purché, trattandosi di contratto a titolo oneroso, sia essenziale e riconoscibile).

L'errore di diritto non rende annullabile il contratto se cade sulle conseguenze previste dalla legge e applicate al contratto indipendentemente dalla loro volontà.


Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione


L'errore-vizio e l'errore sulla dichiarazione sono assoggettati al medesimo regime giuridico (ART. 1433 CC).

Anche l'errore sulla dichiarazione deve essere essenziale  e riconoscibile, per rendere invalido il contratto a titolo oneroso.

La legge parifica l'ipotesi che l'errore sia commesso direttamente dal dichiarante all'ipotesi che la dichiarazione sia inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio da lui incaricato.


L'errore nei negozi a titolo gratuito


La tutela dell'affidamento non opera nei negozi a titolo gratuito.

Ne segue che l'errore può essere causa di annullabilità dei negozi a titolo gratuito anche se non è essenziale, né riconoscibile.


Occorre però che l'errore sia determinante nel consenso.

La legge richiede inoltre che il motivo, sul quale cade l'errore, risulti dall'atto di donazione (ART. 787 CC).


Conseguenze dell'errore


Il negozio viziato da errore giuridicamente rilevante è ANNULLABILE.

Tuttavia, la parte in errore non può domandare l'annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l'altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere (ART. 1432 CC).


IL DOLO


In tema di formazione del negozio giuridico, il termine "dolo" significa inganno.

Costituiscono dolo:

il raggiro,

l'artificio ingannevole,

la semplice menzogna, se impiegata per indurre una persona in errore e determinarla così a stipulare il negozio,

il silenzio.


Il silenzio può essere considerato come dolo, ma solo quando costituisca violazione intenzionale di un obbligo di chiarire all'altra parte la realtà della situazione (obbligo generalmente derivante dalla correttezza nelle trattative -ART. 1337 CC-). In questi casi è chiamato sleale reticenza.


Il dolo vizia la volontà negoziale in quanto determini un errore.

Perché il dolo sia giuridicamente rilevante occorre che sia idoneo a indurre in errore una persona sensata.


Effetti del dolo determinante


Il dolo si dice determinante quando è tale che, senza di esso, il negozio non sarebbe stato stipulato.

In tal caso il negozio è ANNULLABILE.

Trattandosi di un contratto occorre però che il dolo provenga dall'altro contraente.

Se invece il dolo proviene da un terzo, può darsi che l'inganno non sia noto al contraente che ne ha tratto vantaggio.

La legge fa prevalere la tutela dell'affidamento, perciò il contraente ingannato dal terzo potrà impugnare il contratto per dolo solo se la controparte è stata in collusione con il terzo o, quanto meno, è stata a conoscenza dell'inganno (ART. 1439 CC).


La maggiore intensità della tutela contro il dolo, rispetto a quella contro l'errore, sta in questo: il dolo rende INVALIDO il contratto A TITOLO ONEROSO anche se ha provocato un errore NON essenziale, e rende invalido il contratto A TITOLO GRATUITO anche se ha provocato errore su un motivo non risultante dall'atto.


Le conseguenze del dolo non si esauriscono nell'invalidità del negozio; si aggiunge la responsabilità dell'autore del dolo, tenuto a risarcire il danno.

Se l'inganno proviene da un terzo, con la responsabilità di questo concorre la responsabilità del contraente che ne ha tratto vantaggio.


Il dolo incidente


Il dolo si dice incidente quando non determina la stipulazione del negozio, ma si limita ad influire sul suo contenuto.

Il soggetto, cioè, avrebbe comunque concluso il contratto, ma a condizioni diverse se non fosse stato ingannato.

In questi casi il contratto è VALIDO, ma l'autore del raggiro deve risarcire il danno (ART. 1440 CC).


LA VIOLENZA


Nel linguaggio giuridico la parola violenza ha due significati:

Essa designa l'impiego diretto della forza per costringere gli altri: violenza fisica.

In questi casi il contratto è privo di effetti, NULLO.

Oppure può essere interpretata come la minaccia ingiusta esercitata allo scopo di costringere un soggetto ad emettere una dichiarazione negoziale che altrimenti non avrebbe emesso (estorsione).

In questi casi il negozio è ANNULLABILE per vizio nel consenso.


Va rilevato che la violenza psichica è assoggettata al medesimo trattamento giuridico anche se è esercitata da un terzo (ART. 1134 CC), l'esigenza di tutela dell'affidamento qui cede di fronte all'esigenza di tutela contro l'estorsione.


Caratteri della violenza


La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male notevole.

La violenza è causa di annullamento del negozio giuridico anche quando il male minacciato riguardi la persona o i beni del coniuge, di un discendente, di un ascendente o anche di un'altra persona (ART. 1436 CC).


È necessario, poi, che la minaccia sia ingiusta.

L'OGGETTO del CONTRATTO


Requisiti


L'oggetto del negozio consiste nella prestazioni negoziali.




Occorre che esso sia, secondo l'art. 1349 CC:


Possibile: l'impossibilità iniziale dell'oggetto rende NULLO il negozio (ART. 1418 CC). Si deve trattare di un'impossibilità oggettiva e assoluta, nel senso che la prestazione non possa essere resa da nessuno.

Se non vi è un'impossibilità oggettiva e assoluta, ma semplicemente un'impossibilità soggettiva del promittente, il negozio è VALIDO: questa regola rende ciascuno responsabile e garante di una giusta valutazione delle proprie capacità e possibilità.


Lecito: le prestazioni contrattuali non devono essere contrarie a:


norme imperative

ordine pubblico

al buon costume.


Determinato o determinabile: è determinato quando è definito direttamente dalle parti, mentre è determinabile quando le parti si sono limitate a definire il criterio per la sua determinazione o ne hanno rimesso la determinazione ad un terzo (arbitratore).


LA CAUSA del CONTRATTO


Causa e motivi


L'operazione negoziale costituisce lo scopo immediato di chi pone in essere il negozio, e va distinta dagli scopi ulteriori, in dei quali il negozio viene stipulato.

È chiaro che si può e si deve sempre attribuire rilevanza giuridica alla possibilità di realizzazione dello scopo negoziale immediato, perché senza di esso la disposizione negoziale perde ogni giustificazione.

La rilevanza giuridica degli scopi ulteriori, invece, è assai più limitata.


La distinzione si pone anche in relazione al giudizio di LICEITA'.

L'illiceità dell'operazione negoziale impone una reazione che si ripercuota sul negozio stesso o sui suoi effetti.

Quando, invece, l'operazione negoziale sia in sé e per sé lecita, e illecito sial solo uno scopo ulteriore ed estrinseco, una reazione siffatta non è sempre necessaria.

Di qui la distinzione tra causa del negozio e motivi.


CAUSA è lo schema dell'operazione economico-giuridica che il negozio realizza immediatamente: essa è la ragione giustificatrice del negozio, sia dal punto i vista dei soggetti che lo pongono in essere, sia dal punto di vista dell'ordinamento giuridico.

Per la maggior parte dei negozi, la causa consiste nella sintesi dei loro effetti giuridici essenziali.


MOTIVO è ogni scopo ulteriore che è estraneo alla causa.


Mancanza di causa


Se uno degli effetti essenziali del negozio non può assolutamente verificarsi, per mancanza di un suo presupposto logicamente necessario, l'operazione negoziale risulta mutilata o, comunque, ingiustificata.

Si dice allora che il negozio manca di causa.

In particolare, si avrà la mancanza di causa ogni volta che sia inesistente l'obbligazione che il negozio intende eseguire, garantire o modificare.


Causa illecita, causa non degna di tutela. Negozi tipici e atipici.


L'ordinamento giuridico non riconosce la validità del negozio, se non quando esso abbia causa LECITA e DEGNA DI TUTELA.


La causa del negozio è ILLECITA quando sia contraria a:

norme imperative

ordine pubblico (cioè ai principi fondamentali e inderogabili del sistema giuridico)

buon costume (cioè alle regole di comportamento sociale, la cui violazione è ritenuta immorale e scandalosa dalla generalità dei consociati)

(ART. 1343 CC).


Non basta che la causa sia lecita.

Può accadere, infatti, che l'operazione negoziale sia di un tipo non illecito, ma non abbia un'utilità sufficiente a giustificare che lo Stato cooperi alla sua attuazione.

In tale ipotesi il negozio è NULLO perché la causa non è degna di tutela (es scommessa).


Nel campo dei negozi unilaterali gli schemi causali leciti e degni di tutela sono definiti dalla legge.


Ne campo dei contratti invece si è proceduto diversamente, perché la grande varietà delle forme contrattuali in uso non ne consente un'elencazione tassativa e una disciplina analitica.

Perciò il legislatore ha bensì considerato in modo specifico alcuni schemi più importanti e diffusi (contratti tipici, o nominati).

Ma alle parti è consentito anche di concludere contratti atipici o innominati, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico (ART. 1322 CC).


Negozi causali e negozi astratti


Alla mancanza di una causa degna di tutela l'ordinamento giuridico reagisce sempre.

Per lo più la reazione consiste nel negare al negozio ogni effetto giuridico. I negozi sottoposti a questo regime si dicono causali.


In alcuni casi, però, la reazione giuridica non colpisce il negozio, il quale produce i suoi effetti. Colpisce, invece alcune delle conseguenze che ne derivano e che, costituendo arricchimenti e impoverimenti ingiustificati, devono essere eliminate mediante opportuni aggiustamenti.

Questi negozi, che producono effetto indipendentemente dalla validità della causa, si dicono astratti.


Negozio in frode alla legge


Accade sovente che si cerchi di realizzare un risultato equivalente a quello di un negozio illecito ricorrendo a una combinazione di negozi in sé leciti, oppure ricorrendo ad un negozio non vietato, ma elaborandone il contenuto in modo tale da portarlo a una funzione diversa dalla sua nomale ed equivalente a quella del negozio illecito.

In tal caso il negozio è "in frode alla legge" ed è NULLO (ART. 1344 CC).


LA FORMA del CONTRATTO


Nel diritto moderno la volontà negoziale può essere manifestata, di regola, in un modo qualsiasi: il solo requisito è che la dichiarazione risulti comprensibile ai soggetti ai quali è destinata.


Talvolta, però, la legge prescrive, per la validità del negozio, che questo venga espresso in una forma determinata.

Per lo più la forma richiesta è quella scritta, la quale può consistere in una scrittura privata o in un atto pubblico.


Va osservato che il requisito legale della forma scritta può essere soddisfatto anche da un documento informatico, purché sia munito dei requisiti a garanzia della sua autenticità.


In ipotesi eccezionali la semplice scrittura privata non è sufficiente, e si richiede la solennità dell'atto pubblico: in tal caso la dichiarazione negoziale deve essere espressa davanti ad un notaio il quale ne redige un documento (rogito) destinato ad essere conservato a disposizione di chiunque ne voglia prendere visione.


Negozi formali


La legge richiede la forma scritta per la validità dei negozi che trasferiscono la proprietà di beni immobili, o che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti reali su beni immobili, o che su tali beni costituiscono diritti personali di godimento per una durata superiore a nove anni.

La stessa regola vale anche per il contratto preliminare che impegni a stipulare successivamente uno dei contratti anzidetti.


È richiesta la forma scritta per i contratti con le banche  e le società di investimento.


Analogamente devono essere stipulati per iscritto i contratti di vendita di "pacchetti turistici" e i contratti di diritti di multiproprietà immobiliare.


La forma scritta è richiesta anche per i titoli di credito.


I contratti con enti pubblici richiedono forma scritta.


Va ricordato, inoltre, che la donazione va fatta per atto pubblico con la presenza di due testimoni.


L'atto pubblico è necessario anche per la costituzione di società per azioni e di società a responsabilità limitata.


Per determinate clausole, considerate particolarmente onerose, predisposte da una parte per la stipulazione di un contratto in serie, la legge richiede la specifica approvazione iscritto.


Il testamento va redatto in forma olografa (scrittura tutta di mano del testatore), oppure in quella dell'atto pubblico, oppure in forma segreta.



LA CONDIZIONE


Il negozio giuridico può disporre che i suoi effetti si producano o vengano meno al verificarsi di un avvenimento futuro e incerto. Questo costituisce una CONDIZIONE (ART. 1353 CC).


P La condizione si dice sospensiva se l'effetto negoziale ad essa subordinato manca in un primo tempo, ed è destinato a prodursi nel caso che la condizione si avveri.


P Se, invece, l'effetto negoziale si produce immediatamente, ma è destinato a venir meno nel caso che la condizione si avveri, questa si dice risolutiva.


Attraverso l'inserzione di clausole condizionali, il negozio può venire adattato nel modo più vario a circostanze ancora incerte.


Condizione causale e condizione potestativa


La condizione si dice causale se è indipendente dalla volontà delle parti.

È potestativa se dipende dalla volontà di una delle due parti.

Mista se il suo avveramento richiede il concorso della volontà di una parte e di circostanze indipendenti da tale volontà.


Condizione illecita o impossibile


La condizione è ILLECITA quando rende immediatamente illecita l'operazione negoziale.

L'illiceità della condizione rende NULLO il contratto (ART. 1354 CC).

Per quanto riguarda l'IMPOSSIBILITA' della condizione, le sue conseguenze sono diverse, secondo che si tratti di condizione sospensiva, oppure di condizione risolutiva.


La condizione sospensiva impossibile rinvia l'efficacia di un negozio a un momento che non verrà mai. Il negozio è quindi NULLO.

La condizione risolutiva impossibile dispone che gli effetti del negozio debbano cadere in un momento che non verrà mai. Dunque gli effetti del negozio sono definitivi: la condizione si ha come non apposta.



IL TERMINE


Il termine limita nel tempo l'efficacia del negozio.

Può essere iniziale o finale, secondo che stabilisca il principio o la fina dell'effetto negoziale.


Il termine può riferirsi anche a uno solo degli effetti negoziali: tale il termine di adempimento, o di scadenza, che determina il momento in cui l'obbligazione deve essere eseguita.

Questo è stabilito normalmente a favore del debitore, cioè il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza del termine, mentre il debitore può pretendere di adempiere anche prima del termine fissato.



IL MODO


Il modo (o onere) è una disposizione che può essere apposta solo ai negozi a titolo gratuito.

Essa limita il vantaggio economico del beneficiario, imponendogli un obbligo.



LA RAPPRESENTANZA


La rappresentanza è l'istituto giuridico per il quale la volontà negoziale è formata e dichiarata da un soggetto (rappresentante), mentre gli effetti del negozio fanno capo a un soggetto diverso (rappresentato).

La rappresentanza può essere volontaria o legale.

La rappresentanza è ammissibile in tutto il campo dei contratti e dei negozi patrimoniali tra vivi, mentre è esclusa per il testamento e per i negozi di diritto familiare.


Distinzione da altre figure


a)  Rappresentante e nuncius

Il rappresentante ha un potere di decisione, più o meno ampio, circa la stipulazione del negozio: egli perciò forma e dichiara una volontà propria.

Il nuncius, invece, si limita a trasmettere una dichiarazione altrui, già completa, senza intervenire con alcuna dichiarazione propria.


b)  Interposizione gestoria

L'interposizione gestoria (chiamata anche rappresentanza indiretta)è una forma di cooperazione giuridica nella quale il gestore agisce per conto altrui, ma stipula il negozio in nome proprio.

Gli effetti del negozio si producono in capo al gestore, il quale dovrà poi trasmetterne il risultato economico nel patrimonio di colui per conto del quale ha agito.


c)  Agenti senza rappresentanza, procacciatori di affari

È d'uso designare come "rappresentanti di commercio" certi collaboratori dell'imprenditore, anche quando essi non stipulano contratti ma si limitano a promuoverne la conclusione, cercando clienti. Questi sono agenti o procacciatori di affari.


Fonti della rappresentanza


il potere di rappresentanza può venire conferito dall'interessato con un atto che si chiama procura.

Si parla, in tal caso, di rappresentanza volontaria.

La nomina di un rappresentante è, in generale, un atto facoltativo.


Vi sono poi le ipotesi in cui il rappresentante è scelto ed imposto dalla legge o dal giudice.

Si parla quindi di rappresentanza legale.


Di regola, comunque, nessuno può attribuirsi da sé il potere di rappresentare altri.


La procura e il rapporto sottostante


La procura è il negozio unilaterale con il quale una persona attribuisce ad altri il potere di rappresentarla.

Questo potere è strumentale per la realizzazione di un interesse, che è per lo più del rappresentato ma che talvolta, può essere dello stesso rappresentante o anche di terzi.


La natura di questo interesse, il modo in cui esso va realizzato, la ragione della sua attuazione da parte del rappresentante, l'eventuale compenso a quest'ultimo, dipendono dal rapporto di base, al quale la rappresentanza accede.


La procura va nettamente distinta dal contratto che è fonte del rapporto di base.

In particolare, essa non va confusa con il mandato, che è il contratto con il quale il mandatario si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto del mandante, mentre questi si obbliga a rimborsare le spese e a pagare il corrispettivo eventualmente pattuito.


Il MANDATO, proprio perché crea obbligazioni a carico di entrambe le parti, deve essere consentito da entrambe: è dunque un contratto.


La PROCURA, invece, conferisce al rappresentante un potere, ma non gli impone alcun obbligo, si tratta, infatti di negozio unilaterale.


Mandato e procura possono essere collegati nel mandato con rappresentanza, nel qual caso il mandatario tratta con i terzi in nome proprio.


Conferimento della procura


Per la validità della procura non si richiedono forme particolari, a meno che sia conferita per la stipulazione di un negozio formale: in questo caso la procura deve avere la stessa forma che è prescritta per la validità del negozio da stipularsi.


Quando vi è libertà di forma, la procura può venire concessa anche tacitamente, per fatti concludenti.


Estinzione della procura

La procura si estingue:

per la scadenza del termine, per il verificarsi della condizione risolutiva, o per il compimento, da parte del rappresentante dell'affare per il quale è stata conferita;

per l'estinzione del rapporto di base al quale essa accede;

per la morte, interdizione o l'inabilitazione del rappresentante;

per rinuncia del rappresentante;

di regola, per la revoca del parte del rappresentato;

di regola, per la morte, l'interdizione o l'inabilitazione del rappresentato;

di regola, per il fallimento del rappresentato.


La procura conferita nell'interesse del rappresentato può venire revocata in qualsiasi momento.

La revoca è un negozio unilaterale, che non richiede forme particolari.


La procura è invece irrevocabile quando sia stata conferita nell'interesse (o anche nell'interesse) del rappresentante o di terzi (può essere revocata solo per giusta causa).


Va rilevato, infine, che la procura non può essere destinata al compimento di atti da eseguirsi dopo la morte del rappresentato.


Procura apparente e tutela dell'affidamento


Le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.

Se il rappresentato non provvede a ciò, la legge tutela l'affidamento di quei terzi i quali, ignorando la modificazione o la revoca, abbiano continuato a trattare con il rappresentante: perciò i negozi stipulati dal rappresentante apparente sono pienamente efficaci e vincolanti per il rappresentato (ART. 1396 CC).


Considerazioni analoghe valgono per le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza: esse non sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate.


Conflitto di interessi e contratto con sé stesso


Il diritto tutela il rappresentato contro il pericolo che il rappresentante approfitti del potere conferitogli per realizzare abusivamente interessi, propri o di terzi, estranei al suo compito.

Si parla perciò di conflitto di interessi.

Il conflitto di interessi è una situazione oggettiva, ravvisabile ogni volta che dalla stipulazione di un determinato contratto possa derivare un profitto anche indiretto del rappresentante con danno del rappresentato.

In tal caso il negozio è viziato indipendentemente dalla prova che il rappresentante abbia effettivamente sacrificato gli interessi del rappresentato stipulando un contratto dannoso: la legge reagisce qui a una semplice situazione di pericolo (ART. 1394 CC).


In questo campo, però, un limite all'annullabilità del contratto deriva dalla necessità di tutelare l'affidamento dell'altra parte.


La legge considera poi un'ipotesi estrema di conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante: il contratto con sé stesso, che si ha quando nel contratto, concluso dal rappresentante in nome e per contro del rappresentato, la controparte non altri che il rappresentante medesimo, operante in proprio o come rappresentante di un terzo.

Il contratto con sé stesso è senz'altro ANNULLABILE (ART. 1395 CC).


Rappresentanza senza potere


Può accadere che taluno agisca come rappresentante senza esserlo, o eccedendo i limiti del potere conferitogli.

In tal caso il negozio non vincola il rappresentato.

La legge consente però al rappresentato di assumersi il negozio attraverso la ratifica (ART. 1399 CC).


Se l'interessato non ratifica il negozio stipulato in suo nome, questo rimane inefficace.


Dall'inefficacia del negozio può derivare un danno del terzo, se questi, confidando senza sua colpa nell'efficacia del negozio stesso, abbia affrontato spese per la sua stipulazione, abbia rinunciato ad altre occasioni, abbia assunto impegni consequenziali.


Tali danni dovranno essere risarciti dal preteso rappresentante secondo le norme relative alla responsabilità precontrattuale.



INVALIDITÀ DEL NEGOZIO GIURIDICO


Nullità e annullabilità


L'invalidità di un negozio può essere di due specie: la nullità e l'annullabilità.


Nelle ipotesi di NULLITA' il negozio è privo dei suoi effetti e non può essere convalidato.


Nelle ipotesi di ANNULLABILITA' gli effetti del negozio si producono, ma possono essere eliminati se (e solo se) il negozio stesso è tempestivamente impugnato dalla parte nell'interesse della quale l'invalidità è stabilita, sempre che essa non lo abbia successivamente convalidato.


Il negozio è nullo quando:

a)  il regolamento di interessi manchi del tutto, o sia irrealizzabile, cioè quando manca una dichiarazione negoziale che possa essere presa sul serio nel traffico giuridico. Si dice, allora, che il contratto è inesistente;


b)  analogamente, nelle ipotesi di simulazione il negozio simulato non è voluto e il regolamento di interessi che esso apparentemente esprime è nullo;


c)  è nullo il contratto con oggetto che non sia determinato o determinabile;


d)  il regolamento negoziale è irrealizzabile quando l'oggetto sia impossibile o quando manchi la causa;


e)  quando non sia rivestito della forma richiesta dalla legge a pena di nullità;


f)    o, infine, quando sia illecito o immeritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico.


Il negozio è annullabile quando, trattandosi di tutelare interessi disponibili di una parte del negozio, si ritiene opportuno far dipendere dalla sua iniziativa l'eliminazione del negozio stesso, e quindi in ipotesi di:

errore nella stipulazione;


violenza morale;


dolo;


incapacità di agire;


conflitto di interessi nella rappresentanza.



Trattamento giuridico della nullità e dell'annullabilità


Di regola la nullità può essere fatta valere da qualunque interessato (ART. 1421 CC): dunque non solo da ciascuna parte del negozio, ma anche da terzi (nullità assoluta).

Si deve trattare però di terzi che vi abbiano interesse.


Inoltre la nullità può essere rilevata d'ufficio dal giudice.


L'annullamento, invece, può essere domandato solo dalla parte a protezione della quale esso è stabilito dalla legge (ART. 1441 CC), sempre che essa non abbia convalidato il negozio.


A differenza della nullità assoluta, dunque, l'annullamento non può essere provocato da chiunque vi abbia interesse: non può, infatti, essere domandato dai terzi, e neppure dalla controparte, né può essere pronunciato d'ufficio dal giudice.


Convalida del negozio annullabile


Poiché l'annullabilità è disposta a tutela di un interesse privato disponibile, il titolare di questo può rinunciare all'azione di annullamento convalidando il negozio.


La convalida è un negozio unilaterale.


Essa può farsi in modo espresso, con un atto che contenga la menzione del negozio e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che si intende convalidarlo.


Oppure può avvenire in modo tacito, se il titolare dell'azione di annullamento ha dato volontariamente esecuzione al negozio conoscendo il motivo di annullabilità (ART. 1444 CC)

Non è ammissibile, invece, la convalida del negozio nullo.


Prescrizione


Il negozio nullo è automaticamente privo di effetti, il che può essere accertato e dichiarato dal giudice in qualsiasi tempo.


Se il negozio nullo ha avuto esecuzione, le prestazioni, essendo prive di causa, vanno restituite secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito (ART. 2033 CC).


Con il decorso di un termine di prescrizione  di 10 anni si estingue il credito per la restituzione delle prestazioni eseguite senza causa (ART. 2946 CC). Tutto ciò limita il significato della formula secondo la quale l'azione di nullità è imprescrittibile (ART. 1422 CC).


L'azione di annullamento è invece soggetta a un termine di prescrizione di 5 anni.

Ma se il negozio annullabile non è stato eseguito, la parte in favore della quale l'annullabilità è disposta potrà rifiutare l'esecuzione sempre, senza limiti di tempo (si prescrive l'azione, ma non l'eccezione di annullamento).

Conseguenze della nullità e dell'annullamento: FRA LE PARTI


Il negozio nullo non produce alcun effetto negoziale: non costituisce, non trasferisce, non modifica e non estingue diritti reali o di credito, e non costituisce causa giustificatrice delle prestazioni eseguite, le quali vanno restituite.


Lo stesso è a dirsi del contratto per il quale sia intervenuta la sentenza di annullamento.

Questa rende prive di causa anche le prestazioni già eseguite: il che si esprime dicendo che l'annullamento ha effetto retroattivo.


Opponibilità della nullità e dell'annullamento ai terzi


La nullità è sempre opponibile ai terzi.


Il negozio annullabile, invece, ha efficacia, se non fino a quando questa non venga eliminata con una sentenza di annullamento.

Il problema è se la pronuncia di annullamento debba operare retroattivamente anche nei confronti dei terzi subacquirenti.


L'affidamento del terzo prevale se egli ha acquistato in buona fede e a titolo oneroso (ART. 1445 CC).

La tutela dell'affidamento del terzo non opera, se l'annullamento dipende da incapacità legale (ART. 1445 CC).


Nullità parziale


La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità (ART. 1419 CC).


Nel caso che le clausole colpite da nullità non siano essenziali nella stipulazione del contratto, esse vengono tolte.


Nel caso, invece, che nel contratto non siano contenute alcune clausole, si assiste al fenomeno dell'inserzione automatica di clausole, stabilite da norme contenute nel codice civile.


Conversione del negozio nullo


"Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità" (ART. 1424 CC)


Si parla, in questo caso, di conversione del negozio nullo.


La conversione determina il prodursi di effetti giuridici diversi da quelli del negozio che le parti hanno stipulato, e tuttavia tali da realizzare totalmente o, più spesso, parzialmente, il risultato economico che le parti si proponevano.


STRUTTURE CONTRATTUALI


P Contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito

Il contratto è oneroso quando al sacrificio patrimoniale di ciascuna parte fa riscontro un vantaggio corrispondente.

Altrimenti è a titolo gratuito.


P Contratti unilaterali, contratti a prestazioni corrispettive (sinallagmatici), contratti a struttura associativa

Nei contratti unilaterali solo una parte esegue o si obbliga ad eseguire una prestazione nei confronti dell'altra (es. la donazione).


Il concetto di contratto unilaterale non va confuso con quello di negozio giuridico unilaterale: nel primo l'unilateralità attiene agli effetti, nel secondo essa attiene alle dichiarazioni di volontà che costituiscono il negozio stesso.


Nei contratti a prestazioni corrispettive (sinallagmatici) la prestazione di una parte è corrispettiva di quella della controparte.

Il rapporto tra le prestazioni corrispettive si chiama sinallagma.


Il concetto di contratto a prestazioni corrispettive non va confuso con quello di contratto a titolo oneroso.

È vero che ogni contratto sinallagmatico è a titolo oneroso; ma non è vero il reciproco.


Il rapporto sinallagmatico fra le prestazioni corrispettive si manifesta sia alla conclusione del contratto (sinallagma genetico), sia nella sua esecuzione (sinallagma funzionale).

Al momento della conclusione del contratto, l'illiceità o l'oggettiva impossibilità di una prestazione rende nulla anche la promessa o l'attribuzione corrispettiva.


Nei contratti a struttura associativa più persone conferiscono beni o servizi per uno scopo comune.


Il rimedio concesso al singolo nel caso di irregolare svolgimento del rapporto sociale consiste nel recesso per giusta causa.


P Contratti commutativi e contratti aleatori

(suddivisione di contratti sinallagmatici)


Sono contratti commutativi quei contratti che non implicano l'assunzione di un rischio.


Sono contratti aleatori, invece, quelli in cui l'esistenza, l'estensione o il valore di una almeno delle prestazioni corrispettive dipende da eventi incerti, così che ne derivano per ciascuna delle parti possibilità di guadagno e rischi di perdita, che esse intendono accettare.


Un contratto può essere aleatorio per sua natura o per volontà delle parti.


P Contratti ad esecuzione continuata o periodica

Sono contratti la cui esecuzione si protrae nel tempo, con prestazioni continuative o ripetute, per soddisfare un bisogno del creditore che si estende nel tempo.


Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, la risoluzione o il recesso non estendono i loro effetti alle prestazioni già eseguite.


Spesso questi contratti sono conclusi a tempo indeterminato: in tal caso il rapporto può cessare per recesso unilaterale di una delle parti.


P Contratti consensuali, formali, reali

Sono consensuali i contratti che si perfezionano con il semplice consenso, comunque manifestato.


Sono formali quelli per la conclusione dei quali occorre che il consenso sia manifesta in forme particolari.


Contratti reali, infine, sono quelli che non si perfezionano con il semplice consenso, poiché si richiede anche la consegna della cosa.


LE PROMESSE UNILATERALI

Per le promesse unilaterali l'art. 1987 cc enuncia un principio di tipicità, opposto a quello che vale in tema di contratti: la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge.


I casi indicati nelle norme successive sono:


la promessa rivolta al pubblico


la promessa che, essendo incorporata in un titolo di credito, è destinata ad operare nei confronti delle persone, attualmente indeterminate, che acquisteranno il titolo.


Fuori di questi casi, la promessa di una prestazione è vincolante solo se si inserisce nel contesto di un contratto: occorre, cioè, il consenso, espresso o tacito, del promissario.


P La promessa al pubblico è la promessa, rivolta al pubblico, di una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione.


Si possono distinguere premesse al pubblico a titolo oneroso, nelle quali la prestazione a carico del promittente è il corrispettivo di una prestazione in suo favore, e promesse al pubblico a titolo gratuito, dettate da spirito di liberalità.

Si tratta di promessa unilaterale, e perciò essa p vincolante non appena sia resa pubblica.

Se alla promessa non è apposto un termine, e questo non risulta dalla natura o dallo scopo della medesima, il vincolo del promittente cessa qualora entro un anno non gli sia stato comunicato l'av-veramento della situazione o il compimento dell'azione prevista nella promessa (ART. 1989 CC).


La promessa può venire revocata per giusta causa, purché la revoca sia resa pubblica nella stessa forma della promessa.


IL CONTRATTO: FORMAZIONE ED EFFETTI

I diversi modi di conclusione del contratto


Il modo più ovvio e frequente di concludere un contratto consiste nello scambio di dichiarazioni.


Oppure un regolamento negoziale può essere posto attraverso un comportamento concludente.


Se poi si tratta di un contratto con obbligazioni del solo proponente, esso si conclude, di regola, senza necessità di accettazione dell'altra parte.


La conclusione del contratto mediante la proposta e l'accettazione


La proposta deve essere tale che possa bastare l'assenso dell'altra parte per concludere il contratto.


Perciò essa deve determinare gli elementi essenziali del contratto stesso.

Se l'indicazione del prezzo mancasse, saremmo di fronte non già ad una proposta, bensì ad un semplice invito a proporre.


L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi.


Il contratto si conclude nel momento e nel luogo in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (ART. 1326 CC).

È sufficiente anche che l'accettazione sia giunta all'indirizzo del proponente, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne conoscenza (ART. 1335 CC).


Conclusione del contratto mediante un comportamento concludente


La volontà negoziale può essere manifestata anche in modo tacito, attraverso un comportamento concludente, un comportamento, cioè, che presuppone e realizza una volontà, e così indirettamente la manifesta.

Questo comportamento può consistere nell'esecuzione di un contratto.


Talvolta è il proponente stesso che chiede all'atra parte di eseguire subito la prestazione, senza una preventiva risposta.


Altre volte l'esecuzione immediata, senza una preventiva accettazione, è richiesta dalla natura dell'affare.


In questi casi il contratto si conclude nel tempo e nel luogo in cui ha inizio l'esecuzione (ART. 1327 CC).


Ciò implica, fra l'altro, che il proponente non potrà revocare la proposta dopo che l'altra parte abbia incominciato a eseguire la prestazione richiesta.


Revocabilità della proposta e dell'accettazione


Finché il contratto non sia concluso, la proposta può essere revocata.


Tuttavia, se l'altra parte ha già intrapreso in buona fede l'esecuzione, il proponente è tenuto a indennizzarla delle spese e delle perdite subite.


Anche l'accettazione può essere revocata prima che il contratto sia concluso: a tale scopo è necessario che la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione.


Proposta irrevocabile e opzione


La proposta è irrevocabile, oltre che nei casi previsti dalla legge, ogni volta che il proponente si sia obbligato a mantenerla ferma per un certo tempo.


L'irrevocabilità della proposta può derivare non solo da una dichiarazione unilaterale del proponente, ma anche da un accordo tra le parti, chiamato patto di opzione.


Condizioni generali di contratto


Spesso le imprese elaborano condizioni generali di contratto, destinate a operare nei confronti della generalità delle controparti contrattuali.

Esse sono efficaci nei confronti del singolo cliente o fornitore, non solo se questi le ha espressamente accettate, ma anche i mancanza di un'espressa accettazione, se egli le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza (ART. 1341 CC).


Poiché le imprese potrebbero approfittare della disattenzione di clienti o fornitore per porre loro, senza che se ne rendano ben conto, condizioni particolarmente gravose, l'art. 1341 cc dispone che determinate clausole, chiamate clausole vessatorie, non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto.


La mancanza della specifica approvazione per iscritto determina la nullità.


Il contratto per persona da nominare


Nel momento della conclusione del contratto una parte può riservarsi di nominare successivamente la persona che deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso (ART. 1401 CC).


La dichiarazione di nomina deve essere fatta entro il termine stabilito dalle parti, o altrimenti entro 3 giorni dalla stipulazione del contratto (ART. 1402 CC).

Se la nomina non è fatta validamente entro questo termine, il contratto produce i suoi effetti tra i contraenti originari.


Il contratto per persona da nominare è un contratto con soggetto alternativo.


La correttezza nelle trattative


Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportasi secondo correttezza (ART. 1337 CC).

La violazione di questo dovere determina una responsabilità per i danni che ne derivano all'altra parte.


Vi sono ipotesi macroscopiche di illecito precontrattuale: l'inganno e la minaccia. L'uno e l'altro prevedono l'annullabilità del contratto.


Accanto a queste sono possibili tante altre forme di comportamento sleale, scorretto o comunque illecito in sede di trattative: e si può trattare di fatti non solo dolosi, ma anche colposi.


Un'ipotesi tipica ed importante di responsabilità precontrattuale deriva dalla violazione dei doveri di informazione.

La legge prevede l'ipotesi che una parte, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne abbia dato notizia all'altra parte; da questo comportamento deriva una responsabilità per i danni che quest'ultima abbia risentito per aver confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto (ART. 1338 CC).


La responsabilità precontrattuale può derivare anche da un ingiustificato recesso dalle trattative.


Il danno nella responsabilità precontrattuale


Per intendere bene la misura del danno risarcibile nell'ipotesi di responsabilità precontrattuale, occorre distinguere tra interesse positivo e interesse negativo.


L'interesse contrattuale positivo rappresenta i vantaggi che sarebbero stati ottenuti e i danni che sarebbero stati evitati ottenendo l'esecuzione del contratto.


L'interesse negativo rappresenta i vantaggi che sarebbero stati ottenuti e i danni che sarebbero stati evitati non impegnandosi nelle trattative contrattuali.


Se le trattative, che una delle parti abbia condotto scorrettamente, non hanno portato ala stipulazione di un valido contratto, l'altra parte, come non può pretendere l'esecuzione del contratto, così non può pretendere il risarcimento dell'interesse positivo.

Può pretendere invece il risarcimento dell'interesse negativo.


EFETTI DEL CONTRATTO

Efficacia del contratto fra le parti. Il recesso. La caparra penitenziale.


Una volta concluso, il contratto vincola le parti.

Non può essere sciolto che con un nuovo accordo delle parti stesse, oppure per cause ammesse dalla legge (ART. 1372 CC).


Di regola, dopo la conclusione del contratto non è consentito il recesso unilaterale, cioè il diritto di sciogliersi dal vincolo contrattuale mediante una dichiarazione comunicata all'altra parte, tranne nei casi previsti dalla legge (es. contratti ad esecuzione continuata o periodica).


Ricordiamo, poi, che il diritto di recesso, da esercitarsi entro un breve termine, è stabilito in favore di consumatori e risparmiatori, principalmente nelle ipotesi di vendite a domicilio, per proteggerli contro il rischio di acquisti non meditati.


La facoltà di recesso può anche essere stabilita d'accordo dalle parti (recesso convenzionale).

Se non si tratta di un contratto ad esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può venire esercitata solo prima che si inizi l'esecuzione del contratto, salvo patto diverso (ART. 1373 CC).


Sovente, la parte alla quale è stata attribuita la facoltà di recesso dà all'altra parte, al momento della conclusione del contratto, una caparra in denaro.


Se il contratto avrà esecuzione, la caparra dovrà essere restituita, oppure sarà considerata come un acconto e sarà imputata alla prestazione dovuta.

Se invece la parte che ha dato la caparra recede, l'altra parte tratterrà la caparra stessa come compenso.


Può darsi che la facoltà di recesso sia attribuita anche alla parte che ha ricevuto la caparra: in tal senso, se questa recede,  dovrà restituire il doppio della caparra ricevuta (ART 1386 CC).


Questa caparra è detta CAPARRA PENITENZIALE e costituisce un compenso attribuito alla parte che subisce il recesso.


Se la somma non è consegnata al momento della conclusione del contratto, ma è semplicemente promessa come corrispettivo, è detta multa penitenziale.


Il contratto preliminare


Con il contratto preliminare le parti si impegnano a concludere un futuro contratto.

In questo modo sorge, a carico di entrambe, l'obbligo di concludere successivamente un contratto definitivo alle condizioni prestabilite.


Poiché il contratto preliminare vincola le parti all'affare che sarà oggetto del contratto definitivo, è naturale che esso vada stipulato nella stessa forma che la legge eventualmente richiede per la validità di quest'ultimo (ART. 1351 CC).


Se la parte che è obbligata a concludere il contratto definitivo si rifiuta di farlo, e tale rifiuto è illegittimo, l'altra parte può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.


Contratto preliminare unilaterale e patto di prelazione


Il contratto preliminare unilaterale vincola una parte sola, l'altra restando libera di non concludere il contratto definitivo, se non vorrà.

Esso di distingue dall'opzione perché richiede una nuova manifestazione del consenso della parte obbligata, mentre nel caso di opzione basta l'accettazione dell'altra parte perché si producano gli effetti voluti.


Nello schema del contratto preliminare rientra il patto di prelazione, con il quale una parte promette all'altra di preferirla a qualsiasi terzo nella stipulazione.


Il contratto a favore di terzi


Talvolta può accadere che un contraente abbia interesse ad ottenere che l'altra parte esegua una prestazione a un terzo beneficiario, attribuendo a quest'ultimo il diritto ad esigerla.


Per queste ipotesi la legge detta la regola generale che la stipulazione a favore di un terzo è valida e determina l'acquisto di un diritto da parte del terzo beneficiario (ART. 1411 CC).

Di regola tale acquisto si verifica automaticamente, senza necessità che il terzo dichiari di aderire al contratto in suo favore.

La legge riserva però al terzo la possibilità di rifiutare l'acquisto.


In questa situazione, il contraente che si impegna ad eseguire la prestazione a favore del terzo viene designato come "promittente"; la controparte, che richiede l'impegno in favore del terzo, prende il nome di "stipulante".


La causa dell'acquisto del terzo beneficiario


L'interesse che spinge lo stipulante a inserire nel contratto la clausola a favore del terzo è spesso quello di soddisfare un credito del terzo, o quello di attribuire al terzo un beneficio gratuito.


Il rapporto fra stipulante e promittente, costituito dal contratto da essi concluso, viene designato come rapporto di provvista.


Il rapporto tra lo stipulante e il terzo beneficiario prende il nome di rapporto di valuta.


L'acquisto del diritto da parte del terzo avviene automaticamente, al momento della conclusione del contratto.

Da questo momento il terzo ha la possibilità di esercitare il diritto, anche in via giudiziale.


Il suo acquisto, però, non è definitivo, fino a quando egli non dichiari, tanto allo stipulante, quanto al promittente, di volerne profittare.


Fino a questo punto, infatti, come egli conserva la possibilità di rifiutare l'acquisto, così lo stipulante conserva una correlativa possibilità di revocare o modificare la stipulazione in suo favore.


LA RESCISSIONE DEL CONTRATTO

Contratto concluso in stato di pericolo


È rescindibile il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (ART. 1447 CC).


Nel pronunciare la rescissione il giudice può, secondo le circostanze, assegnare un equo compenso all'altra parte per l'opera prestata.


Contratto concluso in stato di bisogno


È rescindibile il contratto concluso in stato di bisogno.


A differenza dall'ipotesi del contratto concluso in stato di pericolo, non basta una qualsiasi sproporzione fra le prestazioni corrispettive: occorre che la lesione ecceda la metà  del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto (RT. 1448 CC).


La legge aggiunge, inoltre, che l'altra parte deve averne approfittato.


L'azione di rescissione


La rescissione è pronunciata dal giudice su domanda della parte danneggiata.

Si tratta dunque di un'azione analoga a quella di annullamento.

Vi sono però alcune differenze:


non è ammessa la convalida del negozio rescindibile (ART. 1451 CC)

la prescrizione si compie, di regola, in un anno (ART. 1449 CC)

la prescrizione colpisce sia azione che eccezione


la rescissione non è opponibile a terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda (ART. 1452 CC).


L'INADEMPIMENTO E LA RESPONSABILITA' CONTRATTUALE


L'inadempimento


L'inadempimento, l'adempimento tardivo, incompleto o inesatto della prestazione dovuta, procura normalmente danni al creditore.


Il debitore dovrà risarcire questi danni, ma solo se l'inadempimento è dovuto a una causa della quale egli debba rispondere.


In questo tema ha un'importanza centrale l'art. 1218 cc: "Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile".


A questa si affianca un'altra regola di grande importanza, per la quale il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (ART. 1228 CC).


Impossibilità e difficoltà di esecuzione della prestazione dovuta


Perché sia esclusa la responsabilità contrattuale, l'art. 1218 cc richiede la prova della sopravvenuta impossibilità della prestazione. E non basta, perché il debitore resta responsabile qualora l'impossibilità sia sopravvenuta per una causa che gli sia imputabile.


La prestazione può essere divenuta fisicamente impossibile.

Inoltre, si considera impossibile quando sia sopravvenuto un divieto di legge o della pubblica autorità.


La prestazione si considera divenuta impossibile anche quando la sua esecuzione richiederebbe mezzi o sforzi del tutto irragionevoli in relazione alla natura o all'oggetto del contratto.


Lo stesso vale nel caso in cui siano sopravvenuti ostacoli così gravi, che il loro superamento richiederebbe un'attività tale da mutare la natura della prestazione.


Impossibilità oggettiva e impossibilità soggettiva; responsabilità oggettiva e responsabilità per colpa


Anche da un altro punto di vista il concetto di "impossibilità" non imputabile al debitore, perciò liberatoria, può essere variamente inteso.


P Si può adottare il criterio rigoroso di responsabilità, che faccia carico al debitore di ogni evento (anche incolpevole), che attenga alla sua persona o rientri nella sua sfera di influenza e di organizzazione aziendale, ossia la responsabilità oggettiva.


POppure si può adottare un criterio meno rigoroso, che tenga il debitore responsabile solo per negligenza, imprudenza o imperizia (oltre che per dolo, naturalmente), considerando liberatoria qualsiasi impossibilità incolpevole, anche quando sia meramente soggettiva.

Si dirà allora che sul debitore grava solo una responsabilità per colpa.


Responsabilità contrattuale per colpa


In larghi settori della materia contrattuale la responsabilità è fondata sulla colpa.


OBBLIGAZIONI DI FARE

OBBLIGAZIONI DI CUSTODIRE

OBBLIGAZIONI DI DARE.


L'inadempimento si dice colpevole, quando la mancata soddisfazione del creditore dipende dal fatto che il debitore abbia tenuto un comportamento diverso da quello che si sarebbe dovuto e potuto tenere nella concreta situazione.


Ciò può dirsi tanto nelle ipotesi di inadempimento cosciente e volontario (dolo), quando nelle ipotesi in cui l'inadempimento sia dovuto a negligenza, imprudenza o imperizia (colpa).



La COLPA, in generale, può venire intesa in senso soggettivo oppure in senso oggettivo, a seconda che venga giudicato un soggetto individualmente oppure se di generalizza.


Solitamente, nel diritto penale si ricorre esclusivamente al concetto di colpa in senso soggettivo, mentre nella campo della responsabilità contrattuale può venire preso in considerazione il concetto di colpa in senso oggettivo, in quanto vi è l'esigenza di consentire a ciascun contraente di fare assegnamento su uno sforzo debitorio non inferiore per intensità e per qualità a un livello considerato tipico per il contratto in questione.


La responsabilità per l'inadempimento delle obbligazioni di dare cose determinate soltanto nel genere


Un'importante ipotesi di responsabilità oggettiva riguarda l'inadempimento dell'obbligo di fornire una certa quantità di cose determinate soltanto nel genere.


Questo principio si giustifica considerando che, fino al momento della consegna o dell'individuazione delle cose generiche, il debitore ha tutta la libertà di predisporre l'adempimento nel modo che gli sembra più opportuno.


Di contro, il creditore non ha alcuna possibilità di controllo e di interferenza su tali decisioni.


Per analoghe ragioni il debitore non è liberato quando gli siano venuti a mancare, anche senza sua colpa, i mezzi finanziari per procurarsi le cose oggetto della sua obbligazione (impotenza finanziaria).


Le stesse regole vengono applicate nelle ipotesi in cui le cose di genere non costituiscono l'oggetto immediato dell'obbligazione, bensì il mezzo per eseguire un'obbligazione di fare.


La responsabilità per l'inadempimento di obbligazioni pecuniarie


Il debitore di una somma di danaro, che non paghi puntualmente, non può esonerarsi sa responsabilità adducendo la sopravvenuta mancanza di messi finanziari, quand'anche questa sia incolpevole.


Il rischio delle conseguenze dannose di queste crisi di liquidità è posto a carico del debitore, in correlazione con la sua piena libertà di organizzazione finanziaria delle proprie attività.


La responsabilità per ritardo nel pagamento potrà invece essere esclusa nelle ipotesi eccezionali in cui il ritardo stesso sia dovuto a cause oggettive.


La responsabilità per custodia in alcune attività di impresa

Nelle obbligazioni di custodire la responsabilità è normalmente fondata sulla colpa.


Il criterio di responsabilità è però nettamente diverso in alcuni rapporti, nei quali la custodia è tipicamente prestata da un'impresa per un gran numero di clienti.


Qui la responsabilità è indipendente dalla colpa.


Essa può venire esclusa dalla prova che la perdita o il deterioramento è derivato dalla natura o dai difetti delle cose stesse, o dal fatto del creditore.


Inoltre, la responsabilità può essere esclusa dalla prova del caso fortuito: un evento eccezionale ed estraneo al rischio tipico dell'impresa esercitata dall'imprenditore.


La responsabilità per il fatto degli ausiliari

Per adempiere l'obbligazione il debitore si vale spesso della collaborazione altrui.

Egli è responsabile dell'operato dei suoi ausiliari (ART. 1228 CC).


Talvolta il fatto dannoso dell'ausiliario può essere imputato a colpa del debitore, ma per lo più una colpa del debitore non è ravvisabile.


Tuttavia il debitore è responsabile in ogni caso: non gli è consentito di liberarsi provando di non essere personalmente in colpa.

Questa responsabilità, infatti, non è fondata sulla colpa, bensì sull'idea che il debitore deve garantire per l'operato dei suoi ausiliari.


L'esigenza di tale garanzia è rafforzata dalla considerazione che il creditore non ha azione contro gli ausiliari del suo debitore, perché questi non sono obbligati nei suoi confronti.


Onere della prova

Il diritto del creditore al risarcimento del danno presuppone:


a)  che egli abbia subito un danno;

b)  che tale danno sia stato causato dall'inadempimento;

c)  che l'inadempimento sia dovuto a una causa della quale il debitore debba rispondere.

Al creditore è sufficiente provare il danno causato dall'inadempimento, mentre spetta  al debitore di provare che l'inadempimento sia dovuto a una causa della quale egli non debba rispondere (ART. 1218 CC).


Questa parziale inversione dell'onere della prova si giustifica considerando che il creditore ha scarsa possibilità di accertare le vicende che hanno condotto all'inadempimento, poiché queste si sono verificate nella sfera di attività e di organizzazione del debitore.


LA MORA DEL DEBITORE


La  mora del debitore è il ritardo della prestazione, del quale il debitore debba rispondere.

Perché vi sia mora (e dunque responsabilità) del debitore, non è sempre sufficiente che questi abbia indugiato ad adempiere pur essendo il debito già esigibile.


Se, per esempio, non è stato fissato un termine per l'adempimento, la prestazione è immediatamente esigibile (ART. 1183 CC); tuttavia un eventuale indugio del debitore non lo espone a responsabilità fino a quando il creditore non lo costituisca in mora richiedendogli l'adempimento per iscritto: fino a questo momento l'inazione del debitore è in qualche modo giustificata dalla tolleranza del creditore.


La costituzione in mora è atto formale: consiste in un'intimazione o richiesta fatta per iscritto (ART. 1219 CC).


Essa non è necessaria, e la mora si verifica automaticamente:


quando il debito deriva da fatto illecito extracontrattuale;

quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l'obbligazione;

quando è scaduto il termine, se la prestazione essere eseguita al domicilio del creditore.

La mora del debitore determina i seguenti effetti:


a)  Dal momento della mora il debitore è responsabile dei danni derivanti dal ritardo.

Se l'obbligazione ha per oggetto una somma di danaro, dal giorno della moro sono dovuti in ogni caso gli interessi moratori.

b)  Fino all'inizio della mora, se la prestazione diventa impossibile per una causa non imputabile al debitore, l'obbligazione si estingue.

Se invece l'impossibilità sopravviene durante la mora, il debitore resta sempre responsabile del mancato adempimento (ART. 1221 CC).


Ciò si esprime dicendo che la mora del debitore sposata su quest'ultimo il rischio dell'impossibilità sopravvenuta per causa incolpevole. La legge presume che, se il debitore avesse adempiuto tempestivamente, il creditore non avrebbe subito la perdita.


Il debitore può peraltro liberarsi da questa responsabilità, se prova che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore.


Le disposizioni sulla mora non si applicano alle obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di questa costituisce di per sé inadempimento.


COOPERAZIONE E MORA DEL CREDITORE


La cooperazione del creditore all'adempimento


L'attuazione del rapporto obbligatorio richiede spesso anche la cooperazione del creditore.

L'adempimento delle obbligazioni di dare non è possibile se il creditore non si presta a ricevere la consegna della cosa.

E anche l'adempimento delle obbligazioni di fare richiede, di regole, una certa cooperazione da parte del creditore.


Questa cooperazione è prestata dal creditore nel proprio interesse.


Il rifiuto di ricevere la prestazione può essere giustificato di fronte a un'offerta inesatta, o parziale, o fatta anzitempo, se il termine è stabilito nell'interesse del creditore (ART. 1197 CC).

Fuori da questi casi, la mancata cooperazione determina la mora del creditore.

Le conseguenze giuridiche della mancata cooperazione del creditore


Poiché la cooperazione è prestata dal creditore nel proprio interesse, essa non costituisce oggetto di un suo obbligo nei confronti del debitore.

Perciò il creditore non può venire obbligato a cooperare.


È evidente che, quando l'adempimento è impedito o ritardato per la mancata cooperazione del creditore, il debitore non risponde dei danni: l'inadempimento, infatti, non gli è in alcun modo imputabile.


Egli resta però obbligato ad eseguire la prestazione, finché questa rimane possibile.


E se l'adempimento va rinviato, ciò implica, di regola, maggiori spese per la prolungata custodia e conservazione della cosa dovuta, e altri danni.

Spese e danni sono tutti a carico del creditore in mora (ART. 1207 CC).


La cooperazione mancata per causa non imputabili al creditore


La legge pone a carico del creditore ogni aggravio e ogni maggior rischio derivante dalla sua mancata cooperazione, salvo che il rifiuto della cooperazione sia giustificato di fronte a un'offerta inesatta, o parziale, o fatta anzitempo.


Fuori di queste ipotesi di rifiuto legittimo, non ha importanza che il difetto di cooperazione sia volontario o dovuto a negligenza, oppure invece dovuto a cause del tutto indipendenti dalla volontà del creditore e sottratte al suo controllo.


L'offerta

Perché la mancata cooperazione del creditore produca gli effetti giuridici della mora, occorre che il debitore offra di eseguire la prestazione in modo tale che la mancata attuazione del rapporto obbligatorio dipenda esclusivamente dalla circostanza che il creditore non riceve il pagamento o non compie quanto è per parte sua necessario a tale scopo.


Ciò presume che il debitore sia in grado di compiere quanto è da lui dovuto


Se concorrono la mancata cooperazione del creditore e, indipendentemente da questa, l'impossibilità della prestazione del debitore, prevalgono le regole relative alla impossibilità della prestazione del debitore.


Se il debitore offre la prestazione e il creditore senza motivo legittimo non la riceve, o non presta la cooperazione che fa carico a lui, il debitore ovviamente non potrà essere considerato inadempiente.

A tale scopo non è necessario che l'offerta sia fatta con forme particolari (ART. 1220 CC): basta che essa sia seria e che il debitore sia effettivamente in grado di adempiere.


Quanto invece agli effetti specifici della mora del creditore, l'offerta non formale non è sufficiente a determinarli.


L'offerta dovrà essere fatta nella forma solenne prevista dalla legge (offerta reale o intimazione).

È importante osservare che l'offerta solenne, sia essa reale o per intimazione, deve essere fatta per mezzo di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.


Il deposito e la liberazione del debitore

La mora del creditore non determina la liberazione del debitore.

Quando però si tratta di obbligazioni di consegnare cose, il debitore può liberarsi depositando le cose mobili, o sottoponendo a sequestro le cose immobili, che resteranno così a disposizione del creditore non appena questi vorrà riceverle.

Le spese del deposito o del sequestro saranno a carico del creditore.


RISOLUZIONE DEL CONTRATTO


La risoluzione del contratto, in generale, avviene per anomalie nel funzionamento del sinallagma, e dunque per cause che si verificano dopo la conclusione.

E precisamente il contratto si può risolvere:


a)  per inadempimento;

b)  per impossibilità sopravvenuta;

c)  per eccessiva onerosità sopravvenuta.


RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO


Quando una parte manca alle sue obbligazioni, l'altra può agire in giudizio per ottenere l'adempimento oltre al risarcimento del danno, oppure può trovare preferibile sbarazzarsi del contratto, determinando la risoluzione.


Risolto il contratto, viene meno la causa giustificatrice delle prestazioni contrattuali.

Esse, perciò, non sono più dovute; quelle già eseguite vanno restituite secondo le regole relative alla ripetizione dell'indebito.

Inoltre, la parte inadempiente è tenuta al risarcimento del danno, con riferimento all'interesse positivo, al vantaggio patrimoniale, cioè, che sarebbe derivato da un'esatta e puntuale esecuzione del contratto.


Importanza dell'inadempimento. Clausola risolutiva espressa.


Non ogni inadempimento giustifica la risoluzione del contratto.

Se si tratta semplicemente di una piccola inesattezza della prestazione, o di un ritardo non grave, o dell'inadempimento di una prestazione accessoria di scarsa importanza, la risoluzione è esclusa (ART. 1455 CC); il creditore potrà agire solo per ottenere la condanna del debitore a completare l'adempimento e a risarcire il danno.


Il giudice dispone di un certo potere di valutazione per quanto riguarda l'importanza dell'inadempimento.

Se le parti vogliono limitare l'ambito di questa valutazione giudiziale, possono inserire nel contratto una clausola che ne disponga la risoluzione nel caso che una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto, o comunque non venga eseguita rispettando le modalità stabilite (clausola risolutiva espressa).


Può accadere, tuttavia, che il creditore della prestazione non adempiuta finisca per preferire ugualmente di tenere fermo il contratto: la legge gli offre questa possibilità, stabilendo che la risoluzione si verifica solo se, in seguito all'inadempimento, egli dichiara all'altra parte che intende valersi della clausola risolutiva (ART. 1456 CC).


Termine essenziale

Il termine per l'adempimento viene detto essenziale nelle ipotesi in cui la prestazione sarebbe inutile per il creditore se eseguita dopo la scadenza.


Il mancato adempimento entro il termine essenziale determina automaticamente la risoluzione del contratto.


Diffida ad adempiere

Se il termine per l'adempimento non è essenziale, il ritardo del debitore può dar luogo alla risoluzione giudiziale, ma solo se è sufficientemente grave (ART. 1455 CC).

Inoltre, la risoluzione non può venire pronunciata se il debitore adempie prima che essa venga chiesta in giudizio.


Per precludere al debitore l'adempimento tardivo, senza peraltro affrontare l'onere di un'azione giudiziaria, il creditore può intimargli per iscritto di adempiere in un congruo termine, avvertendolo che, in mancanza, il contratto si intenderà senz'altro risolto.

Decorso inutilmente questo termine, il contratto si risolve di diritto.


Effetti della risoluzione

P Conseguenze tra le parti

La risoluzione elimina la causa giustificativa delle prestazioni contrattuali e perciò obbliga a restituire ciò che si è ricevuto in esecuzione del contratto.


La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti.


Questa espressione, però, non può essere intesa nel senso che il contratto si debba considerare a tutti gli effetti come non mai concluso: la responsabilità del debitore inadempiente è fondata proprio sul contratto risolto.


P La risoluzione e i diritti dei terzi

La risoluzione non è opponibile ai terzi, i quali abbiano acquistato prima che si sia verificata la risoluzione di diritto, o prima che si stata proposta la domanda giudiziale di risoluzione (ART. 1458 CC).


Risoluzione giudiziale e risoluzione di diritto

Il contratto può risolversi per effetto della sentenza del giudice, e in tal caso si parla di risoluzione giudiziale.


Ma la legge ammette anche la risoluzione di diritto in tre ipotesi:

a)  Clausola risolutiva espressa: la risoluzione avviene nel momento in cui il creditore insoddisfatto dichiara che intende valersi della clausola stessa.


b)  Termine essenziale: il contratto si risolve se, alla scadenza del termine contrattuale, la prestazione non sia stata ancora eseguita.


c)  Diffida ad adempiere: il contratto si risole se l'inadempimento persiste alla scadenza del congruo termine fissato dal creditore.


B) RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER IMPOSSIBILITA' SOPRAVVENUTA


Conseguenze giuridiche dell'impossibilità liberatoria; il problema del rischio della controprestazione


Se la prestazione diventa impossibile per una causa non imputabile al debitore, l'obbligazione si estingue (ART. 1256 CC) e il debitore va esente da ogni responsabilità per i danni.


Se si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive, resta da stabilire se il contraente liberato conservi il diritto alla controprestazione, oppure no.

Quando si adotta la prima soluzione, il valore della prestazione divenuta impossibile è perduto per la parte che resta costretta a pagarne il corrispettivo: si dice che il rischio è a carico del creditore.

Quando invece si adotta la seconda soluzione, si dice che il rischio è a carico del debitore, poiché perde il diritto al corrispettivo.


Il problema del rischio della controprestazione si pone non solo nell'ipotesi di impossibilità totale, ma anche in quella di impossibilità parziale.

La risoluzione per impossibilità sopravvenuta

Nei contratti a prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta perde, di regola, il diritto alla controprestazione (ART. 1463 CC).

Ciò dipende dal rapporto sinallagmatico tra le prestazioni.


La prestazione rimasta possibile non dovrà essere eseguita, se già eseguita dovrà essere restituita.


Contratti con effetti traslativi o costitutivi

Il principio che, attraverso il meccanismo della risoluzione per impossibilità sopravvenuta, pone a carico del debitore il rischio della controprestazione, incontra un'importante eccezione nel campo dei contratti con effetti reali.


Si ricorderà che in questi contratti l'effetto reale si verifica al momento del consenso, se si tratta di una cosa determinata, e con l'individuazione se si tratta di una cosa determinata solo nel genere.


Può accadere che la cosa perisca dopo questo momento, ma prima di venire materialmente consegnata all'acquirente, diventando così impossibile eseguire l'obbligo di consegna, che pure grava sull'alienante.

Nondimeno, l'alienante conserva il diritto al corrispettivo, se il perimento non gli è imputabile (ART. 1465 CC): il rischio è a carico dell'acquirente.


Impossibilità di prestare e impossibilità di ricevere

La risoluzione del contratto è esclusa anche quando l'impossibilità della prestazione sopravviene durante la mora del creditore, o dipende dall'impossibilità, per il creditore, di dare la cooperazione che è a suo carico.




In ogni caso in cui la prestazione non abbia potuto essere eseguita per causa del creditore o sia divenuta impossibile durante la mora di questo, il creditore è tenuto a pagare il corrispettivo, ma può detrarne quanto il debitore abbia risparmiato o guadagnato altrimenti per non aver dovuto eseguire la prestazione.


Risoluzione per impossibilità sopravvenuta e risoluzione per inadempimento

Per consentire al creditore la scelta fra manutenzione e risoluzione del contratto, la legge esclude che la risoluzione per inadempimento sia necessaria e automatica: il creditore dovrà chiederla in giudizio o dichiarare stragiudizialmente ce intende valersi della clausola risolutiva espressa o provvedere alla diffida ad adempiere.


Quando invece sopravvenga un'impossibilità totale e liberatoria per il debitore, il mantenimento del contratto non ha senso. Il contratto è risolto necessariamente e di diritto.


C) RISOLUZIONE PER ECCESSIVA ONEROSITA' SOPRAVVENUTA


Un eventuale squilibrio di valore tra prestazione e controprestazione non costituisce in sé e per sé causa di invalidità del contratto, né determina, di regola, l'applicabilità di correttivi giuridici.


Ma quando si tratta di rapporti contrattuali che si svolgono nel tempo (contratti ad esecuzione continuata o periodica o a esecuzione differita), può accadere che avvenimenti straordinari, successivi alla stipulazione del contratto e anteriori alla sua esecuzione, modifichino profondamente il rapporto di valore tra prestazione e controprestazione.

In questi casi il diritto concede rimedi alla parte per la quale l'esecuzione del contratto è divenuta eccessivamente onerosa.


Ovviamente, nessun rimedio è concesso se l'eccessiva onerosità è sopravvenuta durante la mora del debitore.


I rimedi di legge

Nei contratti a prestazioni corrispettive, la sopravvenuta alterazione del rapporto di valore tra le prestazioni corrispettive potrebbe essere corretta:

imponendo ad una delle parti di pagare un conguaglio in denaro;

consentendo all'altra parte una riduzione della sua prestazione;

modificando le modalità di esecuzione.


Per modificare le condizioni contrattuali è necessario il consenso di entrambi i contraenti, in mancanza di questo, il solo rimedio concesso è quello della risoluzione del contratto.


Se si tratta di contratti con obbligazione di una sola parte, la soluzione di ricondurre il contratto ad equità è sempre attuabile.

La legge non dispone che il contratto con obbligazioni di una sola parte possa venire risolto per eccessiva onerosità sopravvenuta, ed ammette solo che l'obbligato possa chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficiente per ricondurla ad equità (ART. 1468 CC).


Cause dell'eccessiva onerosità sopravvenuta

L'eccessiva onerosità sopravvenuta deve essere dovuta ad avvenimenti straordinari e imprevedibili (ART. 1467 CC).


Le evenienze prevedibili vengono normalmente considerate dalle parti stesse al momento della conclusione dell'accordo: si ritiene perciò che il contenuto del contratto sia stato adeguato fin dall'inizio al rischio di tali sopravvenienze.


La causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta deve essere sottratta alla possibilità di controllo del debitore.

Inoltre deve avere carattere di generalità.


GESTIONE DI AFFARI ALTRUI

Si ha la gestione d'affari quando una persona compie un atto nell'interesse e per conto altrui, senza averne ricevuto l'incarico dall'interessato e senza essere comunque obbligata a farlo.


In questi casi la legge deve, da una parte, riconoscere e tutelare le iniziative altruistiche; ma deve anche proteggere l'individuo contro ingerenza che possono essere dannose, o indiscrete, o che possano limitare la sua autonomia.


Perciò la gestione di affari è riconosciuta solo:

a) Quando l'interessato non sia in grado di provvedere da sé (ART. 2028 CC).


ES. il vicino che fa una riparazione urgente mentre il proprietario è assente


b) Quando il gestore non sia obbligato ad intervenire.



c) Occorre, inoltre, che il gestore intervenga con la consapevolezza di agire nell'interesse e per conto altrui.


La gestione di affari produce effetti obbligatori a carico del gestore e a carico dell'interessato.


P OBBLIGAZIONI DEL GESTORE:

Il gestore deve continuare la gestione e condurla a termine, finché l'interessato non sia in grado di provvedervi da sé stesso (ART. 2028 CC).

La gestione va condotta con diligenza.

Se la gestione ha per oggetto atti giuridici, questi possono essere compiuti in nome dell'interessato: la legge attribuisce al gestore un potere di rappresentanza diretta.


P OBBLIGAZIONI DELL'INTERESSATO

In ogni caso l'interessato deve rimborsare al gestore tutte le spese necessarie o utili con gli interessi dal giorno in cui le spese stesse sono state fatte (ART. 2031 CC).

La legge non riconosce la gestione di affari altrui eseguita contro il divieto dell'interessato.

È salvo però il caso che tale divieto sia contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume.


PAGAMENTO DELL'INDEBITO E ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA


Gli spostamenti patrimoniali richiedono una "causa" che li giustifichi giuridicamente.

Spostamenti patrimoniali ingiustificati possono essere dovuti ad appropriazioni illecite, oppure a violenze, minacce o inganni, con i quali si siano ottenute prestazioni non dovute.


Può accadere però anche che spostamenti patrimoniali ingiustificati si verifichino in conseguenza di fatti che non solo illeciti e non sono fonte di responsabilità per i danni.


Può trattarsi, ad esempio:

di un atto dello stesso impoverito, che esegua prestazioni non dovute;

di fatto di natura, come l'avulsione;

oppure di un fatto dell'arricchito, che però non sia fonte di responsabilità civile per danni.


In questi casi il diritto non impone all'arricchito innocente il pieno risarcimento del danno; gli impone però di pagare all'altra parte un'indennità contenuta entro i limiti del proprio arricchimento.


Esecuzione di una prestazione priva di causa e ripetizione dell'indebito

La causa giustificatrice di una prestazione consiste per lo più in un precedente rapporto obbligatorio tra colui che esegue la prestazione e colui che la riceve; essa può consistere però anche in un accordo contestuale alla prestazione, o successivo ad essa, oppure può consistere in un contratto concluso attraverso l'esecuzione della stessa prestazione.


Una prestazione senza causa può venire eseguita per errore, oppure anche consapevolmente.

Spesso si tratta di prestazioni in esecuzione di un negozio nullo.


Chi ha ricevuto un pagamento non dovuto di una somma di danaro dovrà restituire, di regola, un'uguale somma.

Chi ha ricevuto indebitamente una cosa determinata è tenuto a restituirla.


L'azione concessa a chi ha pagato l'indebito si chiama ripetizione dell'indebito.

Essa è preclusa a chi abbia eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca offesa al buon costume.


Obbligazioni naturali

Vi sono doveri morali e sociali che non sono muniti di sanzione giuridica. Tuttavia questi doveri sono riconosciuti come giusta causa di pagamento.

Si tratta quindi di obbligazioni giuridiche imperfette.

La legge attribuisce questo parziale riconoscimento giuridico a tutti i doveri morali e sociali che abbiano un contenuto patrimoniale sufficientemente determinato (ART. 2034 CC).


In questi casi è esclusa la ripetizione, purché il pagamento sia stato fatto da una persona capace di agire. Occorre, inoltre, che il pagamento sia stato spontaneo.


Indebito soggettivo

Può accadere che una persona paghi un debito altrui credendosi erroneamente debitore.

In tal caso il pagamento è indebito perché, mancando la volontà di adempiere un debito altrui, questo non può costituire causa giustificatrice del pagamento.


Di conseguenza è ammessa la ripetizione.


Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato può rivolgersi contro il vero debitore surrogandosi nei diritti del creditore (ART. 2036 CC).


LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE

La moneta è un bene destinato a costituire mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi di ogni genere. Correlativamente, le unità nelle quali essa si esprime possono costituire una misura di valore dei beni e servizi stessi.


Gli strumenti monetari sono cose mobili sulle quali è impresso un numero di unità monetarie che ne esprime il valore nominale.

Altra cosa è il potere di acquisto della moneta, correlato col libello dei prezzi della generalità dei beni e servizi, e variabile nel tempo in dipendenza della situazione economica.


Questi fenomeni economici pongono il problema del modo di estinzione dei debiti che hanno per oggetto some di denaro determinate fin dall'origine (debiti di valuta).


Vale qui il principio nominalistico: il debitore si libera pagando la somma originariamente determinata, anche si il suo potere di acquisto si è modificato nel tempo intercorso tra la nascita del debito e la sua scadenza (ART. 1277 CC).


Vi sono rapporti nei quali al creditore deve essere attribuito il valore di un bene o di una quota di patrimonio.


Nello svolgimento di questi rapporti occorre procedere alla liquidazione, cioè alla determinazione numerica della somma dovuta.

La liquidazione avviene sulla base del valore del bene in un certo momento, assunto come tempo di riferimento. Fino a questo momento la somma dovuta non è fissa.


Si parla perciò di debiti di valore.


Con la liquidazione il debito di valore diventa debito di valuta.


Adempimento delle obbligazioni pecuniarie

I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.


Il pagamento per contanti è usuale solo quando si tratta di somme modeste.

Per pagamenti di maggiore importanza è d'uso ricorrere all'accreditamento bancario o all'assegno.


OBBLIGAZIONI SOLIDALI, INDIVISIBILI, ALTERNATIVE, FACOLTATIVE

Obbligazioni solidali

Nella sua forma più semplice, il rapporto obbligatorio lega un solo debitore ad un solo creditore.

Ma può anche accadere che vi siano più creditori o più debitori.

a)  PLURALITA' DI DEBITORI

Se la prestazione dovuta è divisibile sono possibili due diversi regimi giuridici:

il creditore può chiedere a ciascuno dei debitori solo una quota del totale (obbligazione parziaria)

il creditore può pretendere l'intero da uno qualunque dei debitori, il quale, dopo aver pagato, dovrà rivolgersi ai condebitori per ottenere da ciascuno il rimborso della sua parte (solidarietà passiva).


La solidarietà passiva rafforza il credito, attribuendo al creditore due vantaggi:

egli può riscuotere uno solo, anziché più soggetti;

l'insolvenza di alcuni condebitori non gli nuoce.


La solidarietà passiva costituisce la regola, salvo patto contrario con il creditore (ART. 1294 CC).


Il debitore che abbia pagato al creditore l'intero eserciterà contro gli altri obbligati un'azione di regresso.


L'obbligazione solidale pone il problema delle conseguenze, rispetto agli altri condebitori, dei fatti giuridici verificatisi fra uno dei condebitori e il creditore.


Il principio generale è che si propagano agli altri condebitori solo le conseguenze favorevoli, non quelle sfavorevoli.


b)  PLURALITA' DI CREDITORI


Quando vi è una pluralità di creditori, si ha solidarietà attiva se ciascuno di essi ha diritto di chiedere l'adempimento per l'intero, salvo il suo obbligo di riversare agli altri la parte che spetta loro (ART. 1292 CC).


Se invece ciascuno dei creditori può pretendere solo il pagamento della sua quota, il credito si dice parziario.

La solidarietà attiva è eccezionale.

Essa si può avere solo per volontà dei creditori, o in rari casi previsti dalla legge, ma non costituisce la regola.


Obbligazioni indivisibili

Alcune obbligazioni, per la natura della prestazione o per il modo in cui esse vengono considerate dai contraenti, sono dette indivisibili.

A questi non sono applicabili le regole di solidarietà e di parziarietà.


Obbligazioni alternative

L'obbligazione è alternativa se al creditore o al debitore è attribuita la scelta tra diverse prestazioni, poste sullo stesso piano di importanza (ART. 1285 CC).

La scelta, se non è stato stabilito diversamente, spetta al debitore.


Obbligazioni facoltative

L'obbligazione è facoltativa se prevede come oggetto una sola prestazione, ma attribuisce al debitore la facoltà di liberarsi eseguendo un'altra prestazione in funzione di surrogato della prima.


ADEMPIMENTO E ALTRE CAUSE DI ESTINZIONE DELLE OBBLIGAZIONI

Adempimento in generale

L'adempimento consiste nell'eseguire la prestazione dovuta, qualunque ne sia la natura.


L'adempimento del debitore è un atto materiale, non un negozio giuridico.

Ciò implica, fra l'altro, che il pagamento eseguito dal debitore incapace non può essere impugnato (ART. 1191 CC). Il motivo è semplice: essendo una prestazione dovuta, poco importa la volontà del debitore.

Anche la volontà del creditore non ha importanza, se egli ha materialmente ottenuto ciò che gli spettava.


L'obbligazione può essere adempiuta dal debitore personalmente, oppure per mezzo di un ausiliario. Questa possibilità è esclusa quando la prestazione stessa abbia carattere personale.


Il pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante, oppure al soggetto indicato dal creditore o autorizzato dalla legge o dal giudice a riceverlo (ART. 1188 CC).


Di regola, il pagamento fatto a un terzo non legittimato a riceverlo non libera il debitore, a meno che non provi di essere stato in buona fede. Al creditore, in questo caso, non rimarrà che rivolgersi contro chi ha ricevuto il pagamento.

Anche in questo caso, dunque, si tutela l'affidamento.


La prestazione deve essere eseguita per intero: salvi eventuali usi diversi, il creditore può rifiutare un adempimento parziale, anche se la prestazione è divisibile, senza ricorrere in mora del creditore (ART. 1181 CC).


Inoltre il debitore deve eseguire esattamente ciò che è dovuto.


Nel caso particolare che l'obbligazione abbia per oggetto una somma di danaro e, d'accordo tra le parti, venga estinta con il trasferimento di una cosa, si parla di dazione in pagamento e si applicano regole analoghe a quelle della vendita (ART. 1197 CC).


L'adempimento del terzo

L'obbligazione può essere adempiuta da un terzo non obbligato.

L'interesse che spinge il terzo a pagare il debito altrui può essere vario.


Una volta eseguito il pagamento, i rapporti fra il terzo e il debitore saranno regolati dai loro accordi, se ve ne sono. Altrimenti il terzo potrà chiedere al debitore il rimborso in base alla regola generale sull'arricchimento senza causa (ART. 2041 CC).

Il debitore non può opporsi all'adempimento del terzo.


Il creditore può rifiutare l'adempimento del terzo solo quando l'obbligazione abbia per oggetto una prestazione di fare di carattere personale.


In ogni caso, però, l'intervento del terzo è escluso se tanto il creditore quanto il debitore vi si oppongono (ART. 1180 CC).


La causa del pagamento del terzo sta nel rapporto obbligatorio fra debitore e creditore.


Il pagamento con surrogazione

Il terzo, nel pagare il debito altrui, può subentrare al creditore nel diritto di credito verso il debitore.


Un risultato analogo si può avere quando il debitore paghi il debito con denaro presto a mutuo da un terzo e faccia subentrare quest'ultimo nei diritti del creditore.


In questi casi si parla di pagamento con surrogazione (sostituzione).


Il terzo ha interesse a subentrare nel diritto del creditore, se questo è assistito da particolari garanzie o da interessi particolarmente elevati.


La surrogazione può avvenire:

a)  di diritto (surrogazione legale);

b)  per volontà del creditore, il quale, ricevendo il pagamento da un terzo, dichiari espressamente di surrogarlo nei propri diritti;

c)  per volontà del debitore


La compensazione

La compensazione è l'estinzione di due debiti reciproci, esistenti fra le stesse persone.

L'estinzione è totale se i due debiti reciproci hanno lo stesso ammontare; se, invece, hanno misure diverse, il minore si estingue del tutto, mentre il maggiore si riduce di una quantità corrispondente.

Va rilevato, inoltre, che la compensazione costituisce una soddisfazione preferenziale del credito.


La legge prevede tre tipi di compensazione:

la compensazione legale, che si verifica quando siano realizzati determinati requisiti previsti dalla legge:

a)  le obbligazioni devono essere omogenee e fungibili;

b)  devono essere esigibili entrambe;

c)  le obbligazioni reciproche devono essere liquide, cioè determinate nel loro ammontare.


La compensazione legale opera dal momento in cui se ne verificano tutti i presupposti.


la compensazione giudiziale, che risulta da una decisione del giudice, quando uno dei due crediti non è liquido, ma è di facile e pronta liquidazione.


la compensazione volontaria. Le parti possono d'accordo estinguere per compensazione anche debiti e crediti reciproci che non abbiano le caratteristiche necessarie per la compensazione legale.


La confusione

L'obbligazione si estingue per confusione se le qualità di debitore e creditore si riuniscono nella stessa persona (ART. 1253 CC).


La novazione

La novazione estingue un'obbligazione, sostituendola con un'obbligazione nuova.

La novazione può essere soggettiva oppure oggettiva.


Soggettiva, se la differenza fra la nuova obbligazione e la precedente riguarda i soggetti: debitore o creditore.

La novazione è oggettiva se la differenza fra la nuova obbligazione e la precedente riguarda l'oggetto o il titolo.


La novazione estingue il credito originario, del quale vengono perciò meno le caratteristiche, gli accessori, le garanzie personali e reali, se le parti non convengono diversamente (ART. 1232 CC).

Dall'operazione nasce un nuovo credito.

La novazione è senza effetto se non esisteva l'obbligazione originaria.


La remissione del debito

La remissione è il negozio con il quale il creditore rinuncia al proprio credito.

La dichiarazione di rinuncia estingue l'obbligazione quando è comunicata al debitore.

Ma poiché nessuno può essere costretto a ricevere un beneficio, la remissione non produce effetto se il debitore dichiara in un congruo termine di non volerne profittare (ART. 1236 CC).


L'impossibilità sopravvenuta

La sopravvenuta impossibilità della prestazione estingue l'obbligazione.


L'art. 1256 CC subordina l'effetto estintivo alla condizione che l'impossibilità sia sopravvenuta "per una causa non imputabile al debitore".

Ciò significa che il debitore è obbligato al risarcimento del danno se l'impossibilità è a lui imputabile, mentre nel caso di impossibilità non imputabile l'obbligazione si estingue senza residui.

Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile.


Se l'impossibilità non imputabile è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell'adempimento.


L'INADEMPIMENTO E IL RISARCIMENTO DEL DANNO

Responsabilità da inadempimento e responsabilità da atto illecito

Quanto si è detto a proposito dei contratti circa la responsabilità per inadempimento, la mora del debitore e la mora del creditore vale anche per le obbligazioni di fonte non contrattuale.

L'inadempimento di un'obbligazione va distinto dalla violazione del generale dovere di non recar danno ingiustamente al prossimo.

L'uno e l'altro, comunque, danno luogo a responsabilità civile, ma le regole applicabili presentano qualche diversità.


Per lo più la distinzione viene formulata in termini di "responsabilità contrattuale" e di "responsabilità extracontrattuale".

Occorre però tenere presente che la disciplina della responsabilità contrattuale si applica all'inadempimento di qualsiasi obbligazione, anche se di fonte non contrattuale.


Le DIFFERENZE tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale sono le seguenti:

a)    Onere della prova in materia di illecito extracontrattuale spetta alla vittima, di regola, provare la colpa del danneggiante. In materia di inadempimento, invece, spetta al debitore l'onere di provare che l'inadempimento sia dovuto a circostanze delle quali egli non debba rispondere (ART. 1218 CC).


b)  Costituzione in mora non è necessaria in materia di illecito extracontrattuale; può essere necessaria in materia di inadempimento (ART. 1219 CC).


c)  Danno risarcibile l'illecito extracontrattuale obbliga a risarcire ogni danno. L'inadempimento di un'obbligazione contrattuale, invece, qualora non dipenda da dolo del debitore, obbliga a risarcire solo il danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione (ART. 1225 CC).


d)  Prescrizione dell'azione l'azione di risarcimento del danno derivante da un illecito extracontrattuale si prescrive, di regola, in cinque anni. L'azione per il risarcimento del danno da inadempimento si prescrive, di regola, in dieci anni.


Il risarcimento del danno

Il creditore danneggiato dall'inadempimento ha diritto al risarcimento del danno.

Ma, anziché accontentarsi del risarcimento in danaro, egli può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile (ART. 2058 CC).


Quanto al risarcimento del danno, esso deve comprendere così il danno emergente come il lucro cessante, in quanto siano conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento (ART. 1223 CC).


Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa.

Il risarcimento viene ridotto se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno (ART. 1227 CC).


Una volta che il fatto dannoso iniziale si è verificato, diventa operante l'onere del danneggiato di non lasciarne aggravare le conseguenze: il risarcimento non è dovuto per quei danni ulteriori che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.

Queste regole sono comuni alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.


Clausole penale e caparra confirmatoria

La valutazione del danno derivante dall'inadempimento può presentare difficoltà e incertezze.

Al fine di evitarle, le parti possono inserire già nel contratto una clausola penale, con cui stabiliscono preventivamente la somma che sarà dovuta a titolo di risarcimento del danno nel caso di inadempimento.

Le parti possono disporre che la penale costituisca la somma minima dovuta in ogni caso dall'inadempiente, salvo il diritto del creditore di pretendere un maggiore risarcimento, quando dia la prova che il danno effettivamente subito superi la misura della penale (ART. 1382 CC).


Altro istituto che ha la funzione di rafforzare il diritto del creditore al risarcimento del danno è la caparra confirmatoria.Questa consiste in una somma di danaro o in una quantità di cose fungibili, che una parte abbia dato all'altra al momento della conclusione del contratto: se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto ritenendo la caparra a titolo di risarcimento del danno; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.


Si badi, però, che questa è solo una facoltà attribuita al creditore insoddisfatto, il quale può anche, se lo preferisce, insistere per l'esecuzione del contratto o domandarne la risoluzione.

Se il contratto viene adempiuto, la caparra deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.


La caparra confirmatoria non va confusa con la caparra penitenziale:

Caparra PENITENZIALE corrispettivo del RECESSO

Caparra CONFIRMATORIA cautela contro l'INADEMPIMENTO.


MODIFICAZIONE DEI SOGGETTI DELL'OBBLIGAZIONE

LA CESSIONE DEL CREDITO


Al pari di altri beni patrimoniali, il credito può venire trasmesso a titolo particolare con un contratto traslativo di diritti, il contratto di cessione di credito.

In ogni caso, per la cessione è sufficiente l'accordo del creditore originario (cedente) e di colui che acquista il credito (cessionario); non è necessario, invece, il consenso del debitore (ceduto): questi è tenuto a pagare in ogni caso e perciò la persona del creditore dovrebbe essergli indifferente (ART. 1260 CC).

Alcuni crediti, però, non possono essere oggetto di cessione: il caso più importante è quello del credito alimentare.


Il credito ceduto conserva tutti i suoi attributi, positivi e negativi, e i suoi accessori.

Come si è detto, non è richiesto che il debitore ceduto consenta alla cessione. Occorre peraltro che ne sia avvertito. La cessione dunque deve essergli notificata.


Fino a che non sia avvenuta la notificazione, il debitore che in buona fede paghi al cedente è liberato.

La notificazione al debitore ceduto ha anche lo scopo di rendere la cessione efficace riguardo ai terzi.

Il problema dell'efficacia della cessione nei confronti dei terzi aventi causa si pone quando il creditore, disonestamente, faccia più cessioni dello stesso credito a persone diverse.

Prevale, allora, la cessione che per prima è stata notificata al debitore ceduto, o da questo accettata con atto in data certa (ART. 1265 CC).


La garanzia che il cedente deve al cessionario circa l'esistenza  del credito è regolata in modo che, se la cessione è a titolo oneroso, il cedente deve garantire l'esistenza del credito al tempo della cessione, mentre se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia dell'esistenza del credito è dovuta solo in specifici casi.


Di regola il cedente è tenuto solamente a garantire l'esistenza del credito ceduto, se poi il credito non viene soddisfatto, il cedente non ne risponde verso il cessionario, il quale subisce il danno.

In questo caso si dice che la cessione è pro soluto.


Ma le parti possono convenire che il cedente garantisca il cessionario anche contro il rischio di insolvenza del debitore (cessione pro solvendo); in questo caso, se il debitore ceduto non paga, pagherà per lui il cedente.


La cessione di credito costituisce elemento centrale nel factoring.


LA SUCCESSIONE NEL DEBITO


La successione nel debito può avvenire a causa della morte del debitore, oppure tra vivi.


P Nella prima ipotesi (morte del debitore) il debito si trasmette all'erede insieme con tutto il patrimonio del de cuius.

Il creditore è costretto a subire il mutamento, conseguenza necessaria della morte del debitore originario.


P La situazione è del tutto diversa quando il debitore voglia trasmettere ad altri il proprio debito per atto tra vivi.

Per il debitore la persona del creditore non è indifferente.

Perciò la sostituzione del debitore per atto tra vivi non è possibile senza il consenso del creditore.

Il debito può trasmettersi anche come elemento di un complesso di rapporti collegati, come nel caso di cessione di azienda.


La trasmissione isolata del debito si può realizzare con la delegazione, con l'espromissione o con l'accollo, purché il creditore dichiari di liberare il debitore originario.

Altrimenti queste operazioni aggiungono un nuovo debitore a quello che già c'era.


LA DELEGAZIONE


a)    Delegazione di pagamento il delegante può invitare il delegato a pagare la somma al delegatario, dove il delegante è il debitore originario, il delegato è il nuovo debitore e il delegatario è il creditore.


b)  Delegazione di debito si ha quando il delegante invita il delegato non già a pagare immediatamente il delegatario, bensì a promettergli il pagamento a una certa scadenza futura.


I rapporti che si instaurano tra i tre soggetti sono:

rapporto di provvista tra delegato e delegante;

rapporto di valuta tra delegante e delegatario.


Nel promettere al delegatario, il delegato può fare riferimento al rapporto di provvista, o a quello di valuta, o a entrambi, e lasciare intendere che il proprio impegno è subordinato alla validità di quei rapporti. In tal caso la delegazione di dice titolata.


Ma la promessa del delegato al delegatario può anche non contenere nessun riferimento ai rapporti di provvista e di valuta. In tal caso la delegazione di dice pura o astratta e l'eventuale invalidità dei rapporti non si ripercuote sulla validità dell'impegno assunto dal delegato.


Ma nel caso che siano nulli tanto il rapporto di provvista, quanto quello di valuta (nullità per doppia causa), il delegato può rifiutare di pagare.

Se il delegante era debitore del delegatario, può essere liberato solo da un'espressa dichiarazione di quest'ultimo: in tal caso la delegazione di debito si dice liberatoria.

Altrimenti la delegazione di debito attribuisce al delegatario un nuovo debitore (il delegato) accanto a quello originario: la delegazione si dice cumulativa.


L'ESPROMISSIONE


L'espromissione si realizza quando un terzo (espromittente) promette di pagare il debito del debitore (espromesso) verso il creditore (espromissario).

La differenza rispetto alla delegazione sta nella spontaneità della iniziativa dell'espromittente.


Il debitore originario resta obbligato in solido con l'espromittente (espromissione cumulativa) a meno che il creditore non dichiari espressamente di liberarlo (espromissione liberatoria) (ART. 1272 CC).


L'ACCOLLO


Anche con questo negozio un terzo si assume un debito altrui.

Ma mentre l'espromissione è un contratto fra il terzo e il creditore, l'accollo è un contratto tra il terzo e il debitore:


Il terzo (accollante) si impegna verso il debitore (accollato) a pagare il suo debito al creditore (accollatario).

(Si tratta perciò di un contratto a favore di terzo).

L'accollo può essere stipulato come contratto autonomo, o anche come patto accessorio di un contratto principale.


Anche qui il debitore originario resta obbligato in solido con l'accollante (accollo cumulativo), a meno che il creditore non consenta a liberarlo (accollo liberatorio). (ART. 1273 CC).


LA NOVAZIONE SOGGETTIVA


La novazione soggettiva estingue un'obbligazione, sostituendola con un'obbligazione nuova e diversa quanto ai soggetti: debitore o creditore.


Essa si realizza attraverso la delegazione, l'espromissione o l'accollo, quando venga estinto uno dei rapporti di base (di valuta o di provvista).


La cessione di credito, invece, non costituisce novazione, perché non implica l'estinzione del rapporto originario e la sua sostituzione con un rapporto nuovo, bensì il trasferimento del medesimo rapporto in capo a un nuovo creditore.


LA CESSIONE DEL CONTRATTO


Si consideri un contratto a prestazioni corrispettive: finché queste devono ancora essere eseguite, ciascun contraente è titolare al tempo stesso dell'obbligo di eseguire la propria prestazione e del diritto di ottenere la controprestazione; ed è titolare, inoltre, di obblighi accessori, di oneri, di eccezioni e di diritti potestativi connessi.


Cessione del contratto vuol dire sostituzione di un terzo ad uno dei contraenti in tutta la situazione giuridica derivante dal contratto stesso.


A differenza della cessione di credito, che si perfezione semplicemente con l'accordo tra il cedente e il terzo cessionario, la cessione di contratto richiede anche, di regola, il consenso del contraente ceduto (ART. 1406 CC).


Ciò si giustifica considerando che il contraente sostituito con la cessione di contratto non è solo creditore (della prestazione) ma è anche debitore (della controprestazione).


Il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto, salvo che questi abbia dichiarato di non liberarlo.


Quanto ai rapporti fra cedente e cessionario, il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto, ma non l'adempimento da parte del contraente ceduto, salvo patto contrario.


I SINGOLI CONTRATTI


LA VENDITA E GLI ALTRI CONTRATTI DI ALIENAZIONE A TITOLO ONEROSO


g La vendita


La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (ART. 1470 CC).


Oggetto della vendita può essere qualsiasi bene o diritto trasferibile.

La conclusione del contratto normalmente non richiede forme particolari; occorre però la forma scritta per la validità della vendita di beni immobili o di diritti reali immobiliari e per la vendita di eredità.

Di regola, il trasferimento dell'oggetto venduto si verifica alla conclusione del contratto, per effetto del semplice consenso manifestato dalle parti: vendita con effetto reale immediato.

A questo scopo occorre però che l'oggetto esista attualmente nel patrimonio del venditore e sia individuato; occorre che le parti vogliano il trasferimento immediato.

Altrimenti gli effetti immediati della vendita sono solo obbligatori (vendita obbligatoria).


Ciò accade nei seguenti casi:

a)  vendita di cose determinate solo nel genere: la proprietà passerà al momento dell'individuazione (ART. 1378 CC);

b)  vendita alternativa: il trasferimento si verificherà al momento della scelta (ART. 1285 CC);

c)  vendita di cosa futura: occorre che la cosa venga ad esistenza (ART. 1472 CC);

d)  vendita di cosa altrui: occorre che la cosa venga procurata dal venditore (ART. 1478 CC);

e)  vendita sottoposta a termine o a condizione


Se nella vendita di cosa futura, la cosa non viene ad esistenza, il contratto è nullo, a meno che le parti vogliano concludere un contratto aleatorio, nel quale il compratore paghi per una semplice chance di acquisto.


Nella vendita di cosa altrui, può darsi che, al momento della conclusione del contratto, il compratore ignori che la cosa vendutagli non appartiene al venditore.

In tal caso egli può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento, salvo che nel frattempo il venditore gli abbia procurato l'acquisto (ART. 1479 CC).

La risoluzione è preclusa anche quando il compratore abbia acquistato la proprietà della cosa per effetto delle regole sulla tutela dell'affidamento.


Obbligazioni del compratore e del venditore

Il compratore deve:

pagare il prezzo

e, salvo patto contrario, le spese della vendita.


Le prestazioni principali del venditore sono:

a)  quella di consegnare la cosa al compratore;

b)  quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto.


Se il venditore non consegna la cosa, o consegna una cosa diversa da quella pattuita, il compratore può, a sua scelta, domandare l'adempimento oppure la risoluzione del contratto.


La garanzia per evizione è dovuta dal venditore sia nell'ipotesi che egli non abbia fatto acquistare al compratore la proprietà della cosa, perché questa non gli apparteneva, sia nell'ipotesi che abbia trasferito una proprietà gravata da vincoli o diritti altrui non previsti dal contratto.


La stessa garanzia è dovuta nella vendita di diritti diversi dalla proprietà.


La tutela del compratore è diversa secondo che, al momento della conclusione del contratto, egli conoscesse, oppure no, il difetto del diritto in capo al venditore.

Se lo ignorava, può chiedere subito la risoluzione del contratto; ma se la cosa è solo parzialmente altrui, o se è solo gravata da diritti di godimento di terzi, il compratore può pretendere soltanto una riduzione del prezzo, qualora si possa ritenere che egli avrebbe acquistato ugualmente.


In ogni caso avrà diritto al risarcimento del danno.

Se invece il compratore conosceva il difetto del diritto in capo al venditore, occorre distinguere:

Se si tratta di oneri o diritti di terzi che limitino il godimento della cosa, il compratore che li conosceva non ha alcuna azione.

Se invece l'acquisto del diritto è mancato totalmente, o se la cosa è gravata da garanzie reali o da pignoramento o sequestro, il compratore che conosceva la situazione potrà chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno, ma solo se subisce l'evizione: cioè solo se il terzo gli sottrae effettivamente la cosa.


La garanzia per vizi o per mancanza di qualità deve tutelare il compratore nell'ipotesi che la cosa abbia difetti che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (ART. 1490 CC), e nelle ipotesi che la cosa venduta non abbia le qualità promesse, ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata (ART. 1497 CC).

La garanzia non è dovuta se, al momento del contratto, il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi (ART. 1491 CC).


Occorre poi evitare che vengano posti a carico del venditore difetti sopravvenuti con l'uso, ed occorre che, dopo un tempo ragionevole, il venditore possa considerare esaurito il rapporto.

Perciò la legge dispone che il compratore decade dalla garanzia de non denuncia i vizi al venditore entro 8 GIORNI dalla scoperta.


È stabilità, poi, che l'azione si prescrive in 1 ANNO dalla consegna.


Quando il compratore ha diritto alla garanzia, egli può scegliere o la risoluzione del contratto con le conseguenti restituzioni (azione redibitoria), oppure la riduzione del prezzo (azione estimatoria) (ART. 1492 CC).


Vendita di cose mobili

In mancanza di patto contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita.

Se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all'altro il venditore, salvo patto contrario, si libera dell'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere (vendita con spedizione).

In questo caso il venditore non risponde della perdita o del deterioramento della merce durante il viaggio o del ritardo della consegna da parte del vettore.


Le parti possono però accordarsi diversamente e stabilire che la consegna avvenga all'arrivo (vendita con consegna all'arrivo).

In tal caso il venditore risponde dei danni dovuti alla colpa del vettore.

Il rischio del perimento fortuito è invece a carico del compratore, se la cosa già gli appartiene.


Vendita con riserva della proprietà

Il compratore diventa generalmente proprietario della cosa al momento del consenso anche se non ne abbia ancora pagato il prezzo.

Perciò, se il compratore cade in stato di insolvenza, il venditore che gli abbia fatto credito rischia di perdere il prezzo e la cosa.


Trattandosi di cosa mobile, il venditore non può garantirsi con un diritto di pegno, perché questo richiederebbe che la cosa non fosse lasciata nelle mani del debitore.


Il problema si risolve con una clausola che differisca il trasferimento della proprietà al momento in cui il prezzo sia completamente pagato: si tratta dunque di trasferimento sottoposto a condizione sospensiva.


Finché il prezzo non è pagato il compratore non ha la proprietà della cosa; ha però un'aspettativa di acquisto, e ha il godimento.


Nella vendita di immobili, o di altri beni iscritti in pubblici registri, il venditore potrebbe garantirsi iscrivendo un'ipoteca.

Anche qui, tuttavia, la vendita con riserva della proprietà può essere conveniente al venditore per risparmiare il costo fiscale dell'iscrizione dell'ipoteca e per evitare la procedura macchinosa di esecuzione forzata sul bene ipotecato.


Assai spesso il patto di riserva della proprietà appare in contratti di vendita a rate.

Se il contratto si risolve per inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.


Diritto di prelazione

Col patto di prelazione una parte promette all'altra di preferirla nella stipulazione di una contratto di vendita, se deciderà di vendere.

Prima di alienare a un terzo il venditore dovrà dunque interpellare l'avente diritto alla prelazione.

Se non lo fa e vende al terzo, si rende responsabile dei danni; l'avente diritto alla prelazione non potrà pretendere di riscattare la cosa dal terzo acquirente, perché il patto di prelazione ha efficacia solo tra le parti (efficacia obbligatoria).


Talvolta un diritto di prelazione è concesso dalla legge.

I diritti di prelazione legale sono opponibili al terzo acquirente e ai suoi aventi causa, dai quali l'avente diritto potrà riscattare la cosa (efficacia reale).


Vendita con patto di riscatto

Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la cosa venduta mediante la restituzione del prezzo unita al rimborso di certe spese (ART. 1500 CC).


Il venditore si riserverà la possibilità del riscatto quando vende malvolentieri, ma spera che la situazione possa mutare.


g Il riporto


Il riporto è il contratto con il quale il riportato trasferisce in proprietà al riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo, e il riportatore assume l'obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termina stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta (ART. 1549 CC).


Si tratta di un contratto reale che si perfeziona con la consegna dei titoli.


g La permuta


La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all'altro (ART. 1552 CC).


g Il contratto estimatorio


Con il contratto estimatorio una parte consegna una o più cose mobili all'altra e questa si obbliga a pagarne il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito (ART. 1556 CC).


g La somministrazione


La somministrazione è il contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose (ART. 1559 CC).


LA DONAZIONE


La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione (ART. 769 CC).


Perché si possa parlare di donazione occorre che vi sia un incremento del patrimonio del donatario e che tale incremento derivi da una diminuzione del patrimonio del donante.

Anche la concessione gratuita del godimento temporaneo di una cosa (comodato) o di una somma (mutuo gratuito) non costituisce donazione.

Ancora, non è donazione il pagamento del debito altrui.

La donazione è caratterizzata ulteriormente dallo spirito di liberalità.

Con ciò si intende dire semplicemente che le parti devono essere d'accordo sul carattere gratuito della prestazione.


Disciplina giuridica della donazione

La donazione è un CONTRATTO, cioè un accordo fra donante e donatario: l'accettazione di quest'ultimo è necessaria e deve essere manifestata.


La donazione deve essere fatta nella forma dell'atto pubblico, sotto pena di nullità (ART. 782 CC).


Se si tratta di donazione di modico valore che ha per oggetto un bene mobile, l'atto pubblico non è necessario, ma occorre la consegna della cosa.

La modicità del valore deve essere valutata anche in relazione alle condizioni economiche del donante (ART. 783 CC).


La legge, inoltre, dichiara NULLE le donazioni di beni futuri.


In considerazione del carattere personale della donazione, è nullo il mandato con cui si attribuisca ad altri la facoltà di designare la persona del donatario o di determinare l'oggetto della donazione.


Come in tutti gli atti a titolo gratuito, la responsabilità per inadempimento è valutato secondo criteri meno rigorosi.

Il donante che non esegua la donazione, o l'esegua con ritardo, è responsabile soltanto per dolo o colpa grave.

La donazione può essere revocata per ingratitudine del donatario, o per sopravvenienza di figli.


La donazione modale

Alla donazione può essere apposto un ONERE: una clausola accessori, cioè, che limita l'arricchimento del donatario imponendogli un obbligo.


Se l'onere è posto in favore di un terzo determinato, costui acquista un diritto, secondo le regole generali del contratto a favore di terzo.


CONTRATTI DI UTILIZZAZIONE DI COSE

g La locazione


La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra di una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo (ART. 1571 CC).


Il contratto di locazione non richiede, di regola, una forma particolare; occorre però l'atto scritto per la validità della locazione di un immobile per più di 9 ANNI.


Le principali obbligazioni del locatore sono (ART. 1575 CC):

a)  consegnare al conduttore la cosa locata, in buono stato di manutenzione;

b)  mantenerla in stato da servire all'uso convenuto;

c)  garantire il pacifico godimento durante la locazione.


Il conduttore deve (ART. 1587 CC):

prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto;

pagare puntualmente il corrispettivo.


L'interesse del conduttore al pacifico godimento della cosa richiede tutela non solo nei confronti del locatore, ma anche contro eventuali molestie di terzi.

In tal caso la legge consente al conduttore di agire contro i terzi in nome proprio per ottenere la cessazione delle molestie e il risarcimento del danno.

Questa possibilità di agire contro il terzo è concessa al conduttore solo dal momento in cui la cosa gli sia stata consegnata.

Se la cosa viene alienata a un terzo, questo è tenuto a rispettare la locazione, purché abbia data certa anteriore al suo acquisto, ovvero il conduttore avesse già la detenzione della cosa.


La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa alla scadenza del termina, senza che sia necessaria la disdetta.

Tuttavia, la locazione si ha per tacitamente rinnovata se, scaduto il termine, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa.

La locazione a tempo indeterminato cessa per effetto della disdetta, cioè della dichiarazione di recesso di una delle due parti.


g L'affitto


L'affitto è il contratto con il quale una parte, verso un determinato corrispettivo, si obbliga, per un determinato tempo, a far godere all'altra una cosa produttiva mobile o immobile, affinché ne tragga e ne faccia propri i frutti in conformità alla destinazione economica della cosa stessa (ART. 1615 CC).


Il locatore deve consegnare la cosa, con i suoi accessori e le sue pertinenze, in stato da servire all'uso e alla produzione a cui è destinata.

L'affittuario deve curarne la gestione in conformità della sua destinazione economica e dell'interesse della produzione, e può prendere le iniziative atte a produrre un aumento di reddito della cosa, purché esse non importino obblighi per il locatore, non gli arrechino pregiudizio, e siano conformi all'interesse della produzione.


g Il comodato


Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Il comodato è essenzialmente gratuito.

(ART. 1803 CC)


Il comodatario deve custodire e conservare la cosa con diligenza; non può servirsene per un uso diverso da quello determinato dal contratto, né può concederne godimento a un terzo senza il consenso del comodante.

Il comodatario deve restituire la cosa quando se ne è servito, o prima, se al comodante sopravviene urgenza di riavere la cosa.


CONTRATTI DI PRESTAZIONE D'OPERA

g L'appalto


L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro (ART. 1655 CC).


Essenziale è che l'appaltatore si assuma in proprio la gestione dell'attività produttiva, agendo a proprio rischio.

L'opera o il servizio può essere eseguito anche da un artigiano o da un piccolo imprenditore, o da un lavoratore manuale autonomo.

In tal caso si parla di contratto d'opera (ART. 2222 CC).


L'appalto è fondato sulla fiducia nelle qualità dell'impresa appaltatrice.

Perciò l'esecuzione dell'opera o del servizio non può essere data in subappalto senza l'autorizzazione del committente.

La morte dell'appaltatore non scioglie necessariamente il contratto.


Durante l'esecuzione dell'opera il committente ha il diritto di controllare lo svolgimento dei lavori.

Inoltre egli può, entro certi limiti, apportare variazioni al progetto.

Quando l'opera è compiuta, il committente ha diritto di verificarla prima di riceverne la consegna.

L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera.

Il committente può chiedere la risoluzione del contratto se le difformità o i vizi sono tali da rendere l'opera del tutto inadatta alla sua destinazione; oppure può chiedere che i difetti siano eliminati, a spese dell'appaltatore, o che il prezzo venga diminuito.

L'azione per la garanzia è assoggetta a una prescrizione breve.


g Il contratto di trasporto


Col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro (ART. 1678 CC)


Nel trasporto di persone il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell'avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore.


g Il deposito


Il deposito è il contratto con il quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile, con l'obbligo di custodirla e restituirla in natura (ART. 1766 CC).


Il deposito può essere gratuito o a titolo oneroso.

Il depositario non può servirsi della cosa affidatagli e deve custodirla con la diligenza del buon padre di famiglia.

Di regola, il deposito è fatto nell'interesse del depositante: perciò questi può chiedere in ogni momento la restituzione della cosa, salvo patto contrario.

Se non è convenuto un termine nell'interesse del depositante, anche il depositario può chiedere in qualsiasi momento che il depositante riprenda la cosa..


DEPOSITO IN ALBERGO: la legge impone all'albergatore una responsabilità oggettiva per ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.

È nullo ogni patto che tenda a escludere o diminuire la responsabilità dell'albergatore.


g Il sequestro convenzionale


Il sequestro convenzionale è il contratto col quale duo o più persone affidano a un terzo una cosa o una pluralità di cose, rispetto alla quale sia nata tra esse controversia, perché la custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la controversia sarà definita (ART. 1798 CC).


CONTRATTI DI COOPERAZIONE NELL'ATTIVITA' GIURIDICA ALTRUI

g Il mandato


Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra (ART. 1703 CC).


Il mandato può essere conferito con o senza rappresentanza.

Se il mandatario ha la rappresentanza, gli effetti dei negozi giuridici da lui stipulati in nome del mandante si producono direttamente in capo a quest'ultimo.

Se il mandatario non ha la rappresentanza, deve agire in nome proprio: in tal caso acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi; egli dovrà poi trasmettere al mandate gli acquisti fatti e le somme ottenute, mentre il mandante dovrà rimborsare le spese e somministrargli i mezzi necessari per l'adempimento delle obbligazioni assunte verso i terzi.

Il mandato si perfezione con l'accordo delle parti, e non è necessario, di regola, che questo sia manifestato in una forma particolare.

Si ritiene, però, che occorra la forma scritta se il mandato ha per oggetto il trasferimento di beni immobili o, più in generale, la conclusione di un negozio per il quale sia richiesta la forma scritta.


L'obbligo fondamentale del mandatario è quello di eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia.


Il mandante deve somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato, rimborsargli le spese e pagargli il compenso.


Il rapporto di mandato ha carattere personale perché è fondato sulla fiducia. Perciò esso si estingue con la morte, l'interdizione o l'inabilitazione del mandante o del mandatario.

Per la stessa ragione esso è revocabile dal mandante.

Oppure si estingue per rinuncia del mandatario.


g La commissione


Il contratto di commissione è un mandato che ha per oggetto l'acquisto o la vendita di beni per conto del committente in nome del commissionario (ART. 1731 CC).


Operando per conto altrui, il commissionario non si assume i rischi economici che vengono sopportati da chi acquista e vende.


g La spedizione


Il contratto di spedizione è un mandato col quale lo spedizioniere assume l'obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie (ART. 1737 CC).


g L'agenzia


Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata (ART. 1742 CC).


L'agente organizza la propria attività in modo autonomo e a proprio rischio.

L'agente può limitarsi ad accogliere ordinazioni e altre proposte contrattuali, o a predisporre le basi degli accordi che poi spetterà al preponente di concludere.

Ma può anche essere munito di rappresentanza.

Salvo patto contrario, le parti del contratto di agenzia sono reciprocamente vincolate dall'esclusiva.


g La mediazione


È mediatore colui che mette in relazione duo o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (ART. 1754 CC).


CONTRATTI DI CREDITO E BANCARI

g Il mutuo


Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (ART. 1813 CC)

Poiché lo scopo del contratto è quello di consentire l'utilizzazione del danaro o delle cose fungibili da parte del mutuatario, e poiché ciò richiede l'alienazione o la consumazione delle cose stesse, queste passano in proprietà del mutuatario.

Il mutuo si presume oneroso.


Il corrispettivo della temporanea utilizzazione del capitale è costituito dal pagamento di interessi.

Se le parti non ne hanno determinato la misura, sono dovuti gli interessi legali, il cui saggio è determinato in misura pari al 5% in ragione d'anno (salvo modifiche del Ministero del Tesoro).

Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto.


Non è consentito, di regola, pattuire che gli interessi possano a loro volta produrre interessi (anatocismo).

Sono vietati gli interessi usurari.

Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non è dovuto alcun interesse.


Se il mutuatario non adempie l'obbligo del pagamento degli interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto, al fine di ottenere subito la restituzione.


g La fideiussione


È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l'adempimento di una obbligazione altrui (ART. 1936 CC).


Il contratto di fideiussione interviene tra il creditore e il fideiussore: il debitore principale vi resta estraneo.

La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore principale, né può essere prestata a condizioni più onerose: l'invalidità dell'obbligazione principale si riflette normalmente sulla fideiussione; l'estinzione dell'obbligazione principale estingue la fideiussione.


La fideiussione può garantire l'intero credito o solo una parte.

Fideiussore e debitore principale sono obbligati in solido.

Il fideiussore che ha pagato è surrogato nei diritti del creditore verso il debitore principale.


g L'anticresi


L'anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti imputandoli a interessi, se dovuti, e quindi al capitale (ART. 1960 CC).


RAPPORTI CON LE BANCHE:

Conto corrente

Depositi bancari in denaro

Deposito di titoli in amministrazione

Servizio bancario delle cassette di sicurezza

Apertura di credito

Anticipazione bancaria

Sconto bancario

Operazioni bancarie in conto corrente


CONTRATTI ALEATORI

g La rendita vitalizia


La rendita vitalizia è la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa quantità di altre cose fungibili per la durata della vita del beneficiario o di un'altra persona (dal 1872 CC).


Se l'impegno è assunto a titolo oneroso, il contratto è aleatorio, perché una parte acquista un bene o un capitale contro l'impegno di eseguire una prestazione la cui onerosità è inizialmente incerta.


NON E' ALEATORIO il contratto di rendita perpetua, col quale una parte conferisce all'altra il diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa quantità di cose fungibili, quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della cessione di un capitale.


g Le assicurazioni


L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (ART. 1882 CC).


È un contratto a prestazioni corrispettive, perché al pagamento del premio da parte dell'assicurato corrisponde l'assunzione del rischio.

È un contratto di durata, perché la sopportazione del rischio da parte dell'assicuratore dura nel tempo: di conseguenza la risoluzione del contratto non ha effetto retroattivo tra le parti.

Il contratto è aleatorio, perché il rapporto di valore tra i premi che saranno complessivamente pagati dall'assicurato e quanto dovrà venire eventualmente pagato dall'assicuratore è inizialmente incerto.


L'alea caratterizza il singolo contratto di assicurazione, del quale costituisce elemento essenziale. Se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto, questo è nullo per mancanza di causa.


Il rapporto fra i premi pagati dall'assicurato e il rischio assunto dall'assicuratore è commutativo.

Ne segue che la diminuzione o l'aggravamento del rischio possono giustificare lo scioglimento del contratto o una modificazione delle condizioni contrattuali, tale da ristabilire l'equilibrio fra i premi e la garanzia assicurativa.

Sono estranei dal concetto di rischio i sinistri cagionati volontariamente.


Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto.

L'assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di assicurazione o altro documento da lui sottoscritto (ART. 1888 CC).


Assicurazioni contro i danni

L'assicurazione contro i danni copre, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza di un sinistro che rientri nel rischio contrattualmente definito.


Affinché questo contratto mantenga una funzione previdenziale la legge richiede un interesse dell'assicurato al risarcimento del danno.

Sarebbe nullo il contratto di assicurazione per un bene altrui la cui perdita o il cui deterioramento non possa avere ripercussioni sul patrimonio dell'assicurato.


Per la stessa ragione, l'indennizzo dovuto dall'assicuratore non può mai superare il danno sofferto dall'assicurato (principio indennitario).


Queste regole tendono a eliminare anche un eventuale incentivo a frodare l'assicurazione procurando o facilitando il sinistro.


I limiti entro i quali il danno va risarcito dall'assicuratore possono essere liberamente determinati dalle parti.

Si presume, comunque, che l'assicuratore debba rispondere solo del danno emergente e non anche del profitto sperato.


Assicurazione contro la responsabilità civile

È un tipo particolare di assicurazione contro i danni: l'assicuratore si impegna a tenere indenne l'assicurato in quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, debba pagare a un terzo.

Sono esclusi i danni derivanti da fatto DOLOSO proprio dell'assicurato.


Sono compresi, invece, i danni derivanti da fatto COLPOSO altrui, del quale l'assicurato debba rispondere per colpa nella sorveglianza o a titolo di responsabilità oggettiva.


Nel sistema del codice civile, beneficiario dell'assicurazione è solo l'assicurato; perciò il terzo danneggiato non può agire direttamente contro l'assicuratore.


Le assicurazioni sulla vita

Con il contratto di assicurazione sulla vita, l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.


Si distinguono:

a)  ASSICURAZIONI PER IL CASO DI VITA, comprendono:

l'assicurazione di un capitale differito, nella quale l'assicurato ottiene il pagamento di un determinato capitale dopo un numero prefissato di anni;

l'assicurazione di una rendita vitalizia immediata, in cui l'assicuratore, contro il pagamento di un premio unico immediato, si impegna a pagare una rendita vitalizia a partire dalla conclusione del contratto;

l'assicurazione di una rendita vitalizia differita, in cui l'assicuratore, contro il pagamento di una premio unico, o di premi annuali per un certo numero di anni, si impegna a pagare al beneficiario una rendita vitalizia a partire da un certo termine iniziale.


b)  ASSICURAZIONI PER IL CASO DI MORTE, comprendono:

l'assicurazione a vita intera, nella quale l'assicuratore si impegna a pagare una somma alla morte di una persona, contro il pagamento di un premio annuo vitalizio o temporaneo;

l'assicurazione temporanea, in cui la prestazione dell'assicuratore è dovuta solo se la morte interviene prima di un certo termine.


c)  ASSICURAZIONI MISTE: in cui l'assicuratore dovrà pagare un capitale all'assicurato stesso quando raggiungerà una determinata età, oppure ai superstiti beneficiari della polizza, se l'assicurato morirà prima.


L'assicurazione può essere stipulata non solo sulla vita propria, ma anche sulla vita di un terzo.


CONTRATTI DIRETTI A DIRIMERE CONTROVERSIE

g La transazione


La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro (ART. 1965 CC).


Presupposto, quindi, è l'esistenza di una lite, cioè un conflitto di pretese.


Essenziale alla transazione è l'esistenza di concessioni reciproche: se la concessione venisse fatta da una parte sola non si avrebbe una transazione, bensì una rinuncia al diritto o alla pretesa.


L'esistenza delle concessioni va determinata in relazione alle pretese che ciascuna faceva valere.

Occorre cioè che ciascuna parte consegua vantaggi minori di quelli cui pretendeva di aver diritto e maggiori di quelli che l'altra parte si mostrava disposta a riconoscerle.


Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.


Non ogni lite può venire definita con una transazione. Non si può transigere su diritti indisponibili, come quelli attinenti allo stato e alla capacità delle persone o ai rapporti di famiglia.

La transazione deve essere provata per iscritto.

g La cessione dei beni ai creditori


La cessione dei beni ai creditore è il contratto con il quali il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti (ART. 1977 CC).


Lo scopo di questo contratto è quello di evitare l'esecuzione forzata, con il vantaggio di una maggiore speditezza ed economia.


Ai creditori, però, non è ceduta la proprietà dei veni, ma è solo attribuito il potere di venderli per soddisfarsi con il ricavato.

Il debitore non può disporre dei beni ceduti, ma ha diritto di controllare l'operato dei creditore cessionari.

Il residuo del ricavato che non spetta ai creditori, rimane al debitore.


LA DIVISIONE

g La divisione


Con il contratto di divisione i partecipanti a una comunione la sciolgono, attribuendo a ciascuno, in luogo del diritto di quota, un diritto esclusivo di valore corrispondente.


Presupposto della divisione è dunque l'esistenza di uno stato di comunione.


Se sono stati omessi uno o più beni, la divisione non è invalida, e si procede a un supplemento di divisione.


Se uno dei condividenti è stato leso in misura superiore a un quarto, può chiedere la rescissione della divisione.


L'errore non è causa di annullamento della divisione.


I condividenti si devono reciproca garanzia per l'evizione.


LA PROPRIETA'


Il proprietario ha diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico (ART. 832 CC).


Nella COSTITUZIONE

La Costituzione riconosce e garantisce (ART. 42) ma non annovera tra i diritti fondamentali e inviolabili immediatamente connessi con la libertà e la personalità umana il diritto di PROPRIETA': viene infatti collocato nel titolo dei "Rapporti economici".


La proprietà privata è stata anche considerata come la garanzia per il singolo contro l'incertezza del futuro. Nella società moderna si tende a trovare la soluzione del problema anche nella previdenza sociale.


Il generale riconoscimento della proprietà privata dei beni economici risponde all'intenzione di mantenere un'organizzazione economica sulla base del più ampio pluralismo.

Alla legge ordinaria la Costituzione riserva il compito di determinare i modi di acquisto, di godimento e i limiti della proprietà allo scopo di assicurare la funzione sociale.




Al fine di adeguare il regime giuridico della proprietà alla sua funzione sociale, la legge può sottrarre al proprietario alcune facoltà, oppure può sottoporle a controllo; può imporre trasferimenti coattivi, oneri e obblighi.

Il riconoscimento costituzionale della proprietà privata significa in primo luogo che è ammessa una proprietà privata non solo di beni "personali", ma anche di beni "economici".

Questa proprietà è ammessa accanto a quella dello Stato e degli enti pubblici.

In secondo luogo, significa che l'espropriazione è ammessa solo per motivi di interesse generale, solo nei casi previsti dalla legge, salvo indennizzo.


Demanio e patrimonio dello Stato e degli enti pubblici

Vi sono alcune specie di beni per le quali la legge non ammette l'appropriazione privata.

Sono:

il lido del mare

la spiaggia

le rade e i porti

i fiumi

i torrenti

i laghi

le altre acque superficiali

i terreni abbandonati dai fiumi, dai torrenti e dal mare

le isole che si formano nel letto dei fiumi o dei torrenti

le opere destinate alla difesa nazionale.

ART. 822 CC


Questi beni appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico: sono perciò inalienabili e non possono venire acquistati dai privati.


Se appartengono allo Stato o ad altri enti pubblici, fanno parte del demanio pubblico anche:

Strade, autostrade e strade ferrate

Aerodromi

Acquedotti

Immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico

Le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche

Cimiteri e mercati comunali.


Questi beni si differenziano dai primi perché possono anche essere di proprietà privata.


Il demanio è costituito prevalentemente da beni destinati all'uso pubblico.

Ciò non esclude che particolari utilizzazioni di beni demaniali possono essere date in concessione a privati.


Gli altri beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici territoriali sono detti patrimoniali.


Sono PATRIMONIO INDISPONIBILE se sono vincolati ad una particolare destinazione (foreste, miniere, cave, torbiere, la fauna selvatica.)


Mentre gli altri beni costituiscono il PATRIMONIO DISPONIBILE.


Limiti e obblighi nella conformazione del diritto di proprietà privata

a)  LIMITI ALLA FACOLTA' DI GODIMENTO:

Vincoli urbanistici che determinano le caratteristiche dell'attività edilizia quanto a distanze, altezze, volumi, tipi architettonici e funzioni degli edifici.


b)  LIMITI ALLA FACOLTA' DI DISPOSIZIONE

Lo Stato ha un diritto di prelazione, a parità di condizioni, sulle cose di interesse storico e artistico, siano esse mobili o immobili, nel caso che il proprietario intenda alienarle a titolo oneroso.


c)  OBBLIGHI IMPOSTI AL PROPRIETARIO

Obbligo dei proprietari di fondi agricoli di eseguire opere di bonifica.


Modi di acquisto della proprietà

La proprietà si può acquistare a titolo originario o a titolo derivativo.


L'acquisto è a titolo derivativo quando l'acquirente succede ad un precedente titolare e il diritto gli spetta come i un quanto spettava a colui dal quale lo ha acquistato.

L'acquisto è a titolo originario quando non è trasmesso da un'altra persona.


I modi di acquisto della proprietà a titolo DERIVATIVO sono:

a)  il CONTRATTO;

b)  la SUCCESSIONE a CAUSA DI MORTE.


I modi di acquisto a titolo ORIGINARIO sono:

OCCUPAZIONE presa di possesso di una cosa, con l'intenzione di rendersene proprietario.

INVENZIONE DI COSE SMARRITE se dopo un anno che si p ritrovata una cosa, il proprietario non la rivendica, questa rimane in proprietà a chi l'ha trovata.

RITROVAMENTO di un TESORO

ACCESSIONE quando due o più cose, appartenenti a proprietari diversi, vengono unite in modo tale che la separazione non possa farsi senza grave danno.

Se non è stabilito diversamente, la proprietà della cosa principale fa acquistare quella della cosa accessoria, dietro pagamento di un'indennità.


Nello schema generale dell'accessione rientrano:

a)  Costruzioni, piantagioni o opere fatte sopra o sotto il suolo altrui. Esse sono acquistate del proprietario del suolo.

b)  Incrementi fluviali: avulsione, con indennità; alluvione.

c)  Unione e commistione, accessione di cosa mobile a mobile.


SPECIFICAZIONE quando un soggetto utilizza materiale altrui per costruire una cosa nuova.

USOCAPIONE possesso protratto per un certo numero di anni.


Azioni a difesa della proprietà

a)  Rivendicazione: è l'azione concessa al proprietario per recuperare la cosa da chi la possiede o detiene.

Grava sul proprietario l'onere di provare il proprio diritto.

L'azione di rivendicazione è diversa da quella di restituzione.


b) Azione negatoria: è l'azione concessa al proprietario per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.

Se sussistono turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione oltre la condanna al risarcimento del danno.


c) Azione di regolamento di confini: quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei due proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente.


d)     Azione di apposizione di termini: presuppone che il confine sia certo, e tende a far apporre a spese comuni i segnali di confine quando manchino o siano diventati inconoscibili


I DIRITTI REALI DI GODIMENTO


L'USUFRUTTO (art. 981 CC)

L'usufrutto è il diritto reale di usare la cosa altrui e di trarne i frutti, rispettando però la destinazione economica della cosa stessa.


Fino all'estinzione dell'usufrutto, il proprietario è privato della possibilità di usare la cosa.

Il suo diritto prende il nome di nuda proprietà.

L'usufrutto, comunque, è sempre temporaneo.


L'usufrutto costituisce un modo di temporanea attribuzione delle utilità, che è concepibile in relazione a qualsiasi bene giuridico. Si comprende perciò che possa avere per oggetto non solo singole cose, mobili o immobili, ma anche diritti fruttiferi, universalità di beni, patrimoni o quote di patrimonio.


Durata. Inconvenienti economici dell'usufrutto

L'usufrutto è necessariamente temporaneo: solo così la nuda proprietà conserva significato e valore.


Per attuare trasformazioni e mutamenti di destinazione della cosa, però, occorre l'accordo dell'usufruttuario e del proprietario, accordo che spesso può essere difficile da raggiungere, a causa del contrasto di interessi tra chi mira alle utilità immediate e chi mira invece a quelle future.


Per attenuare questo inconveniente, la legge impone limiti massimi alla durata dell'usufrutto.

Se è costituito a favore di una persona fisica, esso non può eccedere LA VITA dell'usufruttuario (ART. 979 CC).


Se è costituito a favore di una persona giuridica, l'usufrutto non può durare più di TRENTA ANNI.


A ciò si collega anche il divieto dell'usufrutto successivo: se si costituisce l'usufrutto a favore di una persona, disponendo che, alla morte di questa, l'usufrutto debba continuare in capo ad altri, la disposizione ha valore soltanto a favore del primo usufruttuario.


Tutte queste disposizioni sono di ordine pubblico e perciò inderogabili.


Costituzione dell'usufrutto. Cessione

L'usufrutto può essere costituito per testamento o per contratto.

Il proprietario può disporre a favore di altri dell'usufrutto, conservando la nuda proprietà (usufrutto costituito per trasferimento), oppure può cedere ad altri la nuda proprietà, trattenendo per sé l'usufrutto (usufrutto costituito per denudazione).


L'usufrutto si può acquistare attraverso il suo prolungato esercizio di fatto: l'usucapione.


L'usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se non ciò non è vietato dal titolo costitutivo.

L'usufrutto può essere oggetto di esecuzione forzata da parte dei creditori e può venire ipotecato.


Poteri e doveri dell'usufruttuario

Le regole sui poteri e doveri dell'usufruttuario e, rispettivamente , del proprietario, si riportano immediatamente al principio semplice che intende attribuire all'usufruttuario l'utilizzazione temporanea della cosa e assicurare al proprietario che la cosa stessa gli sia restituita, al termine dell'usufrutto, inalterata per quanto possibile nella sostanza.


All'usufruttuario spetta il possesso della cosa, al fine di poter esercitare su di essa il proprio diritto.

Egli può utilizzare direttamente la cosa, oppure darla in locazione o in affitto ad altri.

A lui spettano, per la durata del suo diritto, i frutti naturali e civili.

All'usufruttuario non è consentito di trasformare la cosa modificando la destinazione economica che essa aveva al tempo in cui l'usufrutto fu costituito. Gli è consentito, però, apportare miglioramenti.

L'usufruttuario deve provvedere con diligenza alla conservazione e alla manutenzione della cosa, astenersi dal modificarla, dal consumarla o distruggerla.


Gli oneri economici connessi con la gestione dei beni sono a carico dell'usufruttuario se ineriscono al reddito, mentre sono a carico del proprietario se ineriscono al capitale.


Estinzione dell'usufrutto

L'usufrutto si estingue:

a)  Per la scadenza del termine o per la morte dell'usufruttuario.

b)  Per rinuncia dell'usufruttuario.

c)  Per consolidazione, quando l'usufrutto e la nuda proprietà si uniscono in capo alla medesima persona.

d)  Per prescrizione, per effetto del non uso durato per 20 anni.

e)  Per il totale perimento della cosa su cui è costituito

f)    Per decadenza dovuta ad abusi dell'usufruttuario.


USO (art. 1021) E ABITAZIONE (art. 1022)

Sono diritti che si distinguono dall'usufrutto solo dal punto di vista quantitativo.


P Chi ha il diritto di USO di una cosa può servirsi di essa e, se è fruttifera, può raccoglierne i frutti; ma la raccolta dei frutti trova un limite quantitativo nella misura occorrente per i bisogni dell'usuario e della sua famiglia, valutati secondo la sua condizione sociale.


PChi ha il diritto di ABITAZIONE di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.


Il carattere personale di questi diritti è molto marcato: essi non possono essere ceduti, né dati in locazione, né assoggettati a sequestro o ad esecuzione forzata.


LE SERVITU' (art. 1027)

La servitù consiste nel peso imposto sopra un immobile (fondo servente) per l'utilità di un altro immobile (fondo dominante) appartenente a diverso proprietario.

Il contenuto delle servitù può essere il più vario.


Dal punto di vista della struttura le servitù si possono distinguere in affermative e negative.


Sono affermative quelle che consentono al titolare una limitata utilizzazione del fondo servente, oppure gli consentono di compiere sul proprio fondo atti che sarebbero altrimenti lesivi del diritto di proprietà del vicino.


Sono negative le servitù che consentono al proprietario del fondo dominante il potere di vietare determinate utilizzazioni del fondo servente.


A differenza dell'usufrutto, la servitù non è assoggettata necessariamente a limiti temporali di durata.


Predialità e carattere reale delle servitù

La definizione di servitù richiede in primo luogo che essa sia stabilita in favore di un fondo e non di una persona (predialità).

La servitù deve essere costituita per l'utilità del fondo dominante: non sarebbe ammissibile, invece, costituire una servitù per un'utilità personale che non abbia una relazione oggettiva con il fondo dominante.

Non è invece necessario che i due fondi, dominante e servente, siano contigui.

Le servitù, inoltre, quali diritti reali, non possono avere per oggetto prestazioni attive del proprietario del fondo servente.


Costituzione delle servitù

Le servitù possono essere costituite in due modi:

a)  coattivamente, per imposizione della legge;

b)  volontariamente, con un contratto o per testamento.


Esercizio delle servitù

Le modalità di esercizio delle servitù sono variabili in dipendenza del titolo di acquisto.


In ogni caso vale il principio generale che vuole soddisfatto il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente.


Estinzione delle servitù

Le servitù si possono estinguere:

Per rinuncia del titolare.

Per confusione (o consolidazione) se il proprietario del fondo dominante acquista la proprietà del fondo servente, o viceversa.

Per non-uso ventennale (prescrizione).


LA SUPERFICIE (art. 952)

La superficie è il diritto di fare o mantenere una costruzione sopra o sotto il suolo altrui conservando la proprietà della costruzione stessa.


La superficie può avere per oggetto anche la sola parte superiore di un edificio, consentendo la proprietà separata della sopraelevazione.

Inoltre, essa può consistere anche nel diritto di fare e mantenere costruzioni al di sotto del suolo altrui.


Il diritto di superficie può essere perpetuo e può essere alienato, ipotecato o comunque assoggettato autonomamente ad atti di disposizione.


Il diritto di superficie si estingue:

a)  Per rinuncia del titolare.

b)  Per confusione (o consolidazione), se la proprietà del suolo e la proprietà superficiaria si riuniscono in capo alla medesima persona.

c)  Per prescrizione, se la costruzione non viene eseguita per 20 anni.


L'ENFITEUSI

L'enfiteusi è un diritto immobiliare, perpetuo o di assai lunga durata, che attribuisce all'enfiteuta lo stesso potere di godimento sul fondo che spetterebbe al proprietario.


In corrispettivo l'enfiteuta paga al proprietario un canone annuo; inoltre egli ha l'OBBLIGO di migliorare il fondo.


LA COMUNIONE

Un bene, un diritto reale su un bene, ed anche un intero patrimonio, può appartenere a più persone insieme: si ha in tal caso una comunione.

Se oggetto della comunione è la proprietà di una cosa di parla di comproprietà.


Ciascuno dei contitolari ha un diritto che non può essere localizzato materialmente, ma comprende il bene nella sua totalità.


Le facoltà spettanti a ciascuno derivano da quelle proprie del diritto in comunione, ma subiscono una compressione per la contemporanea incidenza, sul medesimo bene, dei diritti degli altri. Perciò ciascuno dei contitolari ha un diritto di quota.


Dalla stessa definizione del diritto di quota risulta la sua elasticità: se uno dei contitolari rinuncia al proprio diritto, le quote degli altri automaticamente si espandono.


La comunione può essere costituita per contratto e si dice ordinaria.


Prima o poi ciascuno dei partecipanti può domandare lo scioglimento, e perciò essa appare volontaria e temporanea.


Se ne distingue la comunione forzosa di un bene immobile necessariamente destinato al servizio di due o più immobili vicini (es. un muro di confine).

Qui un comproprietario non può imporre agli altri lo scioglimento della comunione.

Si tratta dunque di una comunione duratura.


Diritti e obblighi dei comproprietari

Per quanto riguarda le facoltà di godimento, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

La misura della partecipazione di ciascuno nei vantaggi della comunione, e così pure nelle spese, è un proporzione della rispettiva quota.


Per quanto riguarda gli atti di disposizione occorre distinguere secondo che essi abbiano per oggetto il diritto di quota, oppure il bene indiviso o una sua porzione concreta.


Del proprio diritto di quota il comproprietario può disporre liberamente.


Il comproprietario, invece, non può alienare da solo il bene indiviso, o una parte di esso.

Egli può alienare un bene determinato, ma tale contratto di alienazione avrà effetto solo se, allo scioglimento della comunione, quel bene sia effettivamente attribuito a quel comproprietario. Si tratta, dunque di un trasferimento sottoposto a condizione sospensiva.


Ciascun condividente è considerato come se avesse avuto fin dall'inizio la proprietà dei soli beni assegnati a lui. E come se non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni.

Si manifesta qui la natura dichiarativa e l'effetto retroattivo della divisione.

Per l'amministrazione della cosa comune la legge ha adottato il principio maggioritario: la volontà della maggioranza dei comproprietari (maggioranza calcolata non in base al numero delle persone, ma in base al valore delle quote) vincola anche la minoranza dissenziente.


Questa regola si applica alle deliberazioni attinenti alla conservazione della cosa, per le quali è sufficiente la maggioranza semplice.


A maggioranza qualificata (almeno i due terzi), invece, si deliberano le innovazioni dirette al miglioramento del bene, purché non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti.


Invece l'alienazione del bene comune richiede il consenso di tutti i partecipanti (unanimità).


Infine va detto che i partecipanti possono disciplinare l'utilizzazione della cosa comune non solo mediante una deliberazione approvata e modificabile secondo il principio maggioritario, bensì mediante un vero e proprio contratto, concluso con il consenso di tutti e modificabile con il consenso di tutti (regolamento contrattuale).


Lo scioglimento della comunione

La comunione si scioglie con la divisione, che attribuisce a ciascun condividente, in luogo del diritto di quota, un diritto esclusivo di pari valore.


Della comunione ordinaria ciascun partecipante può sempre chiedere la divisione, salvo che vi sia un vincolo di rimanere in comunione per un certo tempo.


La divisione può farsi d'accordo fra le parti con un contratto di divisione.

In mancanza di accordo, è fatta dal giudice, secondo i criteri fissati dalla legge.


Va ricordato, in particolare, che la divisione deve aver luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondente alle quote dei comproprietari.

E se la comunione ha per oggetto un intero patrimonio ciascun condividente ha diritto di ottenere la sua parte in natura, con porzioni formate in modo quanto più possibile omogeneo.


Può darsi che la comunione comprenda un bene indivisibile.

In tal caso esso deve preferibilmente essere compreso per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore.

Se nessuno dei condividenti è disposto a ciò, il bene verrà venduto e fra i condividenti verrà ripartito il ricavo.


IL POSSESSO

Il possesso è il potere il fatto sulla cosa corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale (ART. 1140 CC)

Di regola il proprietario ha anche il possesso della cosa (possesso legittimo).


Il possesso illegittimo può essere di buona o di mala fede, secondo che il possessore ignori o sappia di ledere il diritto altrui.


Il possesso non deve essere confuso con un'altra situazione di fatto, connessa, ma distinta, che si chiama detenzione.

Questa consiste nell'avere la cosa nella propria immediata disponibilità materiale, vuoi per usarla direttamente, vuoi per rendere un servizio al possessore.


In colui che esercita il potere di fatto si presume il possesso, quando non si provi che ha cominciato ad esercitarlo semplicemente come detenzione. E la detenzione, sia quella esercitata per ragioni di servizio, sia quella esercitata nell'interesse proprio, non potrà trasformarsi in possesso, se non quando il detentore si ribelli al possessore, oppure intervenga un altro fatto esterno a mutare il titolo.

Un mutamento di intenzioni non sarebbe sufficiente.


Gli effetti giuridici del possesso

Il possesso, sia esso legittimo o illegittimo, attribuisce una serie di vantaggi giuridici.


La protezione accessoria: chi sia stato spogliato del possesso o molestato nel suo esercizio può ottenere per via giudiziaria la reintegrazione del possesso medesimo o la cessazione della molestia.


Il possessore può inoltre difendersi da sé, quando ricorrano gli estremi della legittima difesa.


Il possessore convenuto in giudizio con l'azione di rivendicazione non ha necessita di provare il proprio diritto al possesso; spetta al rivendicate provare di essere proprietario.


Il possesso fa acquistare determinati diritti. Il possesso si consolida nel diritto corrispondente, dopo che sia trascorso un certo tempo (usucapione); talvolta ciò avviene anche immediatamente, quanto si tratti dell'acquisto di cosa mobile dal non proprietario e l'acquirente abbia ricevuto in buona fede la consegna della cosa.


Il possessore in buona fede fa suoi i frutti della cosa.


La tutela del possesso

Il possesso è una situazione di fatto tutelata.

Lo spoglio e la molestia costituiscono atti illeciti.


I motivi fondamentali della tutela del possesso sono:

assicurare la pace tra i consociati;

evitare l'autotutela e la giustizia da sé.


L'azione di reintegrazione

Quest'azione è concessa a chi sia stato violentemente od occultamente spogliato del possesso, per consentirgli di ottenere una rapida reintegrazione del possesso medesimo.


L'azione è concessa anche a chi sia stato violentemente od occultamente spogliato della detenzione della cosa, tranne il caso che l'avesse per ragioni di servizio o di ospitalità.


Lo spoglio può consistere in qualsiasi atto che impedisca, totalmente o parzialmente, l'esercizio del possesso o della detenzione.

L'azione va esercitata entro il termine di un anno dal giorno dello spoglio.


L'azione di manutenzione

L'azione di manutenzione del possesso è data a chi sia stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili.

Il possesso, però, deve durare da oltre un anno, continuo e ininterrotto, e non deve essere stato acquistato violentemente o clandestinamente.


La denunzia di nuova opera e di danno temuto

Entrambe queste azioni hanno lo scopo di prevenire un danno che minaccia una cosa.

Entrambe sono concesse al semplice possessore; esse però sono date anche al proprietario o al titolare di altro diritto reale di godimento.


La denunzia di nuova opera spetta a chi abbia ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, stia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso.


L'opera non deve essere ancora terminata e non deve essere trascorso un anno dal suo inizio.


La denunzia di danno temuto spetta a chi abbia ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o latra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso.


L'USUCAPIONE

Il diritto reale e il fatto del possesso possono trovarsi dissociati.

La dissociazione può essere eliminata rimovendo il possesso illegittimo mediante opportune iniziative giudiziari.


Trascorso un certo numero di anni, al possessore è attribuito il diritto corrispondente, mentre il diritto che per tanto tempo non è stato esercitato viene cancellato o subisce una compressione.

Questo fenomeno si chiama USUCAPIONE.

L'usucapione può dunque definirsi come un modo di acquisto della proprietà o di altri diritti reali di godimento, a titolo originario, per effetto del possesso protratto per un certo tempo.


A tutela del proprietario è disposto, d'altra parte, che il termine per l'usucapione non possa correre fin tanto che sussistano alcune particolari circostanza, previste tassativamente dalla legge, che impediscano, o gli rendano difficile, far valere il proprio diritto.


Si può trattare di particolari rapporti fra il proprietario e il possessore, oppure di una particolare condizione del proprietario: in questi casi il termine di usucapione resta sospeso, e riprende a decorrere quando cessa la causa di sospensione.


Inoltre, il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

Nondimeno, l'usucapione non può ridursi ad una tacita rinuncia del proprietario.


Usucapione ordinaria e usucapione abbreviata

a)  L'usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari si compie di regola in 20 ANNI.

Tuttavia, chi acquista un immobile in buona fede da chi non è proprietario, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà, compie l'usucapione in suo favore col decorso di 10 ANNI dalla data della trascrizione.

Termini più brevi sono stabiliti per la piccola proprietà rurale.


b)  L'usucapione dei beni mobili si compie in 20 ANNI se il possesso non è in buona fede, in 10 ANNI, se il possesso è di buona fede.


c)  L'usucapione dei beni mobili iscritti in pubblici registri si compie di regola in 10 ANNI.

Concorrendo i requisiti della lett. a) (buona fede, titolo idoneo, trascrizione), il termine è ridotto a 3 ANNI.


d)  Le universalità di mobili si usucapiscono si regola in 20 ANNI; buona fede e titolo idoneo abbreviano il termine a 10 ANNI.


Si noti che il possesso si considera di buona fede quando in buona fede sia stato iniziato. La sopravvenuta consapevolezza dell'illegittimità del possesso non nuoce.


Requisiti per l'usucapione

Il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione, se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata (ART. 1163 CC).

Va tenuto presente che le servitù prediali si possono acquistare per usucapione solo quando siano apparenti: cioè quando esistano opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio.


L'usucapione può essere interrotta o sospesa per circostanze sopravvenute.


L'interruzione cancella la rilevanza del possesso per il tempo già trascorso: dopo di che il termine per l'usucapione riprende a decorrere da zero.

L'interruzione può derivare dalla domanda giudiziale proposta dall'avente diritto contro il possessore, oppure dal riconoscimento dell'altrui diritto da parte del possessore.


L'usucapione è inoltre interrotta quando il possessore sia stato privato del possesso per oltre un anno.


La sospensione arresta provvisoriamente il decorso del termine, senza cancellare la rilevanza del possesso per il tempo già trascorso.

La sospensione deriva da alcune circostanze particolari previste tassativamente dalla legge.


Frutti, miglioramenti, spese, danni

Il possessore soccombente nella causa di rivendicazione deve restituire al proprietario la cosa.


Quanto ai frutti che abbia percepito o alle spese fatte, ai miglioramenti e ai danni apportati alla cosa, si applicano le seguenti regole.


P Frutti.

Il possessore di malafede deve restituire i frutti, naturali e civili, che ha percepito.

Se egli ha usato direttamente la cosa dovrà al proprietario un giusto compenso per l'utilizzazione.


Il possessore di buona fede, invece, fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno.


P Miglioramenti.

Il possessore di malafede, che abbia apportato miglioramenti, ha diritto a un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento del valore conseguito dalla cosa. Ma, se i miglioramenti consistono in addizioni, il proprietario del fondo può pretendere che siano tolte a spese del possessore.


Se il possessore è di buona fede, non può essere costretto a togliere le addizioni e ha diritto in ogni caso a un'indennità nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa.


P Spese.

Le spese straordinarie fanno carico al proprietario.


Le spese ordinarie sono correlative all'uso e al godimento del bene e alla produzione dei frutti: perciò esse sono a carico del possessore di buona fede, limitatamente al tempo per il quale egli fa propri i frutti; altrimenti sono a carico del proprietario.


P Danni.

Il possessore di malafede risponde dei danni subiti dalla cosa, anche per caso fortuito.


Il possessore di buona fede, invece, non risponde del perimento o del deterioramento della cosa, ancorché dipenda da fatto proprio, se non nei limiti del suo arricchimento.

La regola "possesso vale titolo" nell'acquisto di cose mobili

Se una persona acquista una cosa mobile da chi non ne è proprietario, ne diventa proprietario se ne riceve in buona fede la consegna e se sussiste un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.


In queste circostanze, dunque, il possesso di buona fede fa acquistare la proprietà (ART. 1153 CC)


Da queste premesse deriva che l'acquirente non solo consegue la proprietà, ma la consegue libera da diritti altrui

sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e se vi è buona fede.


Il possesso di buona fede

circa la qualificazione soggettiva del possesso vanno segnalate alcune regole importanti:

a)  La buona fede si presume

b)  Il possesso si considera di buona fede se è stato iniziato in buona fede: la malafede sopravvenuta non nuoce.

c)  La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.


L'acquisto del possesso

L'acquisto del possesso può avvenire in modo originario oppure derivativo.

g Originario, se dipende esclusivamente da un atto di colui che acquista il possesso.


È acquisto originario anche quello del detentore che arbitrariamente muti la propria detenzione in possesso.


g Derivativo, se l'acquisto del possesso dipende da una trasmissione dal precedente possessore.


Nella successione universale a causa di morte, il possesso dell'erede si salda con quello del defunto, conservandone la qualificazione (buona o malafede): successione nel possesso.


Se invece il possessore attuale ha ricevuto la cosa in base a un titolo particolare, egli può, se lo ritiene conveniente, unire al proprio possesso quello del suo dante causa per goderne gli effetti: accessione del possesso.



PEGNO E IPOTECA

Pegno e ipoteca sono diritti reali che hanno la funzione di garantire la soddisfazione di un credito.

Essi possono venire costituiti su cose di proprietà dello stesso debitore, oppure su cose appartenenti a un terzo, il quale si presti così a garantire per un debito altrui.


Più analiticamente possiamo dire che pegno e ipoteca attribuiscono al creditore due prerogative, destinate a manifestarsi nel caso che il credito non venga spontaneamente soddisfatto dal debitore:


La prerogativa di potersi soddisfare sulla cosa, anche se questa nel frattempo è stata alienata a un terzo: il diritto di pegno o ipoteca segue la cosa (diritto di seguito o sequela), è opponibile al terzo, e in ciò si manifesta il suo carattere reale.


La seconda prerogativa del creditore garantito da pegno o ipoteca è quella di potersi soddisfare sul bene con preferenza rispetto agli altri creditori (prelazione).


A tutela della generalità dei possibili finanziatori la legge richiede che l'esistenza di questi diritti reali sia riconoscibile.

Perciò, se il bene assoggettato a garanzia reale è di quelli iscritti in pubblici registri, l'ipoteca deve essere iscritta nel pubblico registro.


Se invece si tratta di una cosa mobile non iscritta in pubblici registri, il pegno richiede che la cosa sia consegnata al creditore.


LA DIFFERENZA TRA PEGNO E IPOTECA sta appunto in questo: l'ipoteca ha per oggetto beni iscritti in pubblici registri, il pegno ha per oggetto beni non iscritti in pubblici registri.

Iscrizione e spossessamento sono elementi costitutivi dell'ipoteca e, rispettivamente, del pegno di cosa mobile. (ART. 2786 CC).


Altro principio comune a pegno e ipoteca è che il creditore non deve profittare della cosa oltre il limite del proprio credito.


Perciò, se alla scadenza il credito non viene soddisfatto spontaneamente dal debitore, la cosa va venduta secondo una procedura che ha lo scopo di far conseguire il prezzo più elevato possibile; con il ricavato viene soddisfatto il creditore e l'eventuale residuo è utilizzato per soddisfare altri creditori o, in mancanza è versato al proprietario.


È nullo il patto commissorio, cioè il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore.


Il pegno di cosa mobile

Il pegno si costituisce con un contratto tra il proprietario della cosa e il creditore garantito.

Per l'efficacia di questo contratto il consenso non basta: occorre la consegna della cosa al creditore, in modo che il proprietario sia messo nell'impossibilità di disporne senza la cooperazione del creditore.


Non basta: per acquistare la prelazione rispetto agli altri eventuali creditori occorre, di regola, che il contratto risulti da un atto scritto con data certa.


Il creditore al quale sia stata consegnata la cosa deve custodirla; non può, salvo patto contrario, farne uso, darla in pegno, concederne ad altri godimento; ma può farne suoi i frutti imputandoli prima alle spese e agli interesse e poi al capitale.


Il pegno del credito

Il pegno può anche avere per oggetto un credito (ART. 2800 CC).


In tal caso il pegno deve risultare da atto scritto e la sua costituzione deve essere notificata al debitore del credito dato in pegno, oppure deve essere da questo accettata con scrittura avente data certa.


Queste formalità sono necessarie per la costituzione del pegno di credito.


Il pegno degli strumenti finanziari dematerializzati

Il pegno degli strumenti finanziari dematerializzati si costituisce mediante la registrazione in apposito registro tenuto dall'intermediario.


L'ipoteca: definizione, funzione, oggetto

L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione (ART. 2808 CC).


Ipoteca volontaria, giudiziale, legale

La costituzione dell'ipoteca richiede due elementi, entrambi necessari: un titolo che consenta l'iscrizione dell'ipoteca e l'iscrizione stessa.


Il titolo può derivare dalla volontà del proprietario del bene, oppure può consistere in un provvedimento giudiziario o, in altra situazione prevista dalla legge: si parla perciò rispettivamente di ipoteca volontaria, giudiziale o legale.


P L'ipoteca volontaria nasce in seguito a un negozio giuridico del concedente.

Il negozio può essere un contratto, o anche una dichiarazione unilaterale, per la validità dei quali si richiede la forma scritta.


PP L'ipoteca giudiziale si può iscrivere in base a una sentenza che porti condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione oppure al risarcimento di danni da liquidarsi successivamente.


PPP L'ipoteca legale può essere iscritta su beni del debitore, senza o anche contro la volontà di questo, in alcuni casi specificamente previsti dalla legge.


L'iscrizione dell'ipoteca

L'iscrizione nei pubblici registri è condizione necessaria perché sorga il diritto di ipoteca: si tratta dunque di una pubblicità costitutiva.


Essa è necessaria, ma non sufficiente.

Occorre anche un titolo che giustifichi l'iscrizione. Se il titolo è invalido, l'iscrizione ne segue le sorti.


Lo stesso bene può essere assoggettato a più ipoteche, a garanzia di crediti diversi.

In tal caso ogni ipoteca è contrassegnata con un numero d'ordine che ne esprime il grado e che dipende dall'ordine temporale dell'iscrizione.


L'iscrizione conserva il suo effetto per venti anni, ma può essere rinnovata.


La realizzazione della garanzia ipotecaria

Se il debitore non adempie spontaneamente, il creditore ipotecario può promuovere l'esecuzione forzata sul bene ipotecato.


Se l'esecuzione forzata viene promossa contro il terzo datore di ipoteca, questi non può invocare il beneficio della preventiva escussione del debitore, salvo che vi sia un patto in tal senso.


Estinzione dell'ipoteca

L'ipoteca si estingue con l'estinzione del credito garantito, oppure con l'esecuzione forzata.


L'ipoteca si estingue inoltre con il perimento del bene ipotecato, con la rinuncia del creditore e con lo spirare del termine o con il verificarsi della condizione risolutiva eventualmente prevista dal titolo.

LA TUTELA DEI DIRITTI


LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI E LA RESPONSABILITA' DEL DEBITORE


Per la difesa e l'attuazione del proprio diritto occorre, di regola, agire in giudizio.


Nel processo di cognizione, che è iniziato mediante un atto di citazione, si accertano i fatti rilevanti ai fini del giudizio, quando siano controversi fra le parti; la sentenza decide la lite in base ai fatti accertati e alle norme di diritto.

La sentenza dichiarativa accerta la situazione giuridica esistente.

La sentenza costitutiva costituisce, modifica  o estingue rapporti giuridici.

La sentenza di condanna comanda a una parte di dare o fare qualcosa per l'attuazione del diritto della controparte.


Contro la sentenza di primo grado la parte soccombente può, entro il termine di legge, proporre appello, al fine di ottenere il riesame da parte di un giudice superiore, in seguito a un processo di secondo grado.


Contro la sentenza di secondo grado si può ricorrere in Cassazione.


Quando sia trascorso il termine di decadenza per l'esercizio dell'impugnazione, o siano esaurite le possibilità ordinarie d'impugnazione concesse dalla legge, la sentenza passa in giudicato; di conseguenza, ciò che essa accerta o dispone non può formare più oggetto di discussione o di contestazione fra le parti in un diverso processo (ART. 2909 CC).

La sentenza di condanna passata in giudicato costituisce un titolo esecutivo, in base al quale, mediante apposito procedimento giurisdizionale (processo di esecuzione), se ne può ottenere l'esecuzione forzata.


Chi agisce in giudizio ha l'onere di provare il fondamento del proprio diritto, così che ogni incertezza e ogni insufficienza di prova si risolve in suo danno.

Inoltre corre il rischio che, nell'attesa della sentenza definitiva, si verifichino pregiudizi irreparabili.


Per attenuare quest'ultimo inconveniente la legge processuale prevede la possibilità che siano concessi provvedimenti cautelari d'urgenza.

Inoltre è consentita, di regola, la provvisoria esecuzione della sentenza non ancora passata in giudicato.

Le incertezze e i rischi restano tali da rendere assai importante l'adozione di cautele preventive, rivolte ad assicurare, in caso di lite, maggiore certezza e prontezza di attuazione del proprio diritto.


In primo luogo è importante assicurare la prova certa dei propri diritti, al quale scopo giova soprattutto la loro documentazione per iscritto, quando sia possibile.


È possibile, inoltre, formare documenti, a prova di crediti, che hanno efficacia di titolo esecutivo: consentono, cioè, di procedere senz'altro all'esecuzione forzata sul patrimonio del debitore, senza necessità di procurarsi una sentenza di condanna.


Questa efficacia è riconosciuta agli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute.


Le incertezze derivanti da prove meno sicure possono poi essere escluse mediante accordi con i quali le parti convengano di adottare una determinata forma per la futura conclusione o modificazione di un contratto.


Per rafforzare il diritto all'adempimento di una prestazione contrattuale, contro la possibilità di una resistenza pretestuosa in giudizio, si può inserire nel contratto una clausola con cui si stabilisca che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta (la parte, cioè, deve pagare subito anche se si è in giudizio).

Se, successivamente, si accerterà che la prestazione non era dovuta, si procederà alle necessarie restituzioni.


Più energicamente ancora, un contraente può premunirsi facendosi prestare una cauzione: facendosi cioè versare una somma a garanzia contro l'inadempimento e i danni che ne possano derivare.


Azioni esecutive individuali e liquidazioni concorsuali

Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio.

Si dice perciò che l'intero patrimonio del debitore costituisce per i creditori una garanzia generica per il soddisfacimento dei loro diritti.


Ai creditori è consentito di promuovere azioni esecutive individuali, se il debito non viene spontaneamente adempiuto. Di conseguenza, se l'attivo patrimoniale non è sufficiente per il pagamento di tutti i debiti, i creditori ultimi arrivati restano a mani vuote.


In molti casi, però, al manifestarsi del pericolo di un'insufficienza del patrimonio del debitore, la legge impone la liquidazione in favore di tutti i creditori.

Il pagamento dei singoli debiti viene allora sospeso; si provvede alle necessarie vendite di beni del debitore; il ricavato viene destinato ai crediti garantiti da pegno o ipoteca e ad altri crediti che la legge considera meritevoli di preferenza (crediti privilegiati); il residuo viene destinato agli altri crediti (crediti ordinari o chirografari).


Tra i crediti ordinari vale il principio della parità di trattamento.

Questo principio, salve le cause legittime di prelazione, si applica anche nella cessione di beni ai creditori e ogni volta che accada che più creditori agiscano contemporaneamente per soddisfarsi sul medesimo bene.


I privilegi

Le cause legittime di prelazione sono il pegno, l'ipoteca, il privilegio.


Il privilegio è una prelazione accordata dalla legge ad alcuni crediti che, in considerazione della loro natura, sono ritenuti meritevoli di una protezione più intensa in confronto degli altri e perciò sono sottratti al principio fondamentale di parità di trattamento (ART. 2745 CC).


Il privilegio non costituisce un diritto a sé, ma è una qualità dello stesso credito.

L'ordine di preferenza fra più crediti privilegiati non dipende dalla loro priorità temporale, ma solo dall'importanza che ad essi è riconosciuta dalla legge in considerazione della loro causa.


Il privilegio può essere generale o speciale.

g Il privilegio generale si esercita su tutti i beni mobili del debitore.

g Il privilegio speciale si esercita su determinati beni mobili e immobili ed è giustificato da una particolare connessione fra il credito e la cosa.

Il privilegio speciale, a differenza di quello generale, segue la cosa anche se sia stata acquistata da un terzo.


Il privilegio speciale, essendo opponibile a terzi acquirenti, si avvicina alquanto ai diritti reali di garanzia.

Tuttavia se ne differenzia perché l'ordine di preferenza fra i privilegi non dipende dalla priorità temporale, bensì solo dalla natura dei diversi crediti privilegiati (ART. 2777 CC).


L'esecuzione forzata

Se il debito non adempiuto ha per oggetto il pagamento di una somma di danaro, questa viene prelevata dal patrimonio del debitore, o ricavata dall'espropriazione e dalla vendita forzata di alcuni suoi beni, e versata al creditore procedente.


Se il debito non adempiuto ha per oggetto la consegna di una cosa mobile o il rilascio di un immobile, si provvede alla consegna o al rilascio forzato.


Se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto  può ottenere che esso dia eseguito a spese dell'obbligato, tranne che si tratti di un fare infungibile, nel qual caso può soltanto ottenere il risarcimento del danno.


Se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo.


La forma di gran lunga più importante e frequente di esecuzione forzata è quella che ha per oggetto l'espropriazione e la vendita di beni del debitore per il soddisfacimento di un credito in danaro.


L'espropriazione forzata inizia con il pignoramento, il quale consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre all'esecuzione forzata determinati beni, specificamente individuati.

Se il pignoramento ha per oggetto un bene immobile, deve essere trascritto nei registri immobiliari.

Se ha per oggetto un credito verso un terzo deve essere notificato anche a quest'ultimo.


La vendita forzata ha effetti traslativi secondo le regole generali della vendita.


MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE

Il patrimonio del debitore costituisce, come s'è detto, l'oggetto di una garanzia generica in favore dei creditori.

La garanzia è detta generica perché non attribuisce un diritto di soddisfarsi su un bene specifico.

Essa ha invece un oggetto continuamente variabile.


Inoltre essa opera in favore della generalità dei creditori: ne segue che ogni creditore è esposto al rischio di veder diminuire la concreta possibilità di soddisfarsi, a causa del concorso di creditori sopravvenuti.

Perciò le fortune e i rovesci patrimoniali del debitore possono ripercuotersi indirettamente sui suoi creditori.

Tuttavia ciò non giustifica che questi ultimi ingeriscano nell'amministrazione del patrimonio del debitore, il quale conserva la propria autonomia.

D'altra parte, la conservazione e il miglioramento della situazione patrimoniale del debitore è interesse di quest'ultimo, prima ancora che dei suoi creditori.


L'azione surrogatoria

Il creditore, per assicurare che siano soddisfatte le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare (ART. 2900 CC).


Presupposto fondamentale dell'azione surrogatoria è che l'inerzia del debitore metta oggettivamente in pericolo la possibilità di soddisfacimento del creditore.


L'azione è data al creditore anche se il suo credito non è soggetto a condizione o termine.


Si possono esercitare con l'azione surrogatori solo i diritti e le azione che abbiano contenuto patrimoniale.


Poiché il diritto esercitato con l'azione surrogatoria appartiene pur sempre al debitore, il danaro o il bene conseguito entra nel patrimonio di questo, dove può essere oggetto di esecuzione da parte di tutti i creditori, e non solo di quello che ha esercitato l'azione surrogatoria.


L'azione revocatoria ordinaria

Con l'azione revocatoria i creditori possono far dichiarare inefficaci nei loro confronti gli atti di disposizione compiuti dal debitore in frode dei loro diritti.


Date certe condizioni, infatti, in simili casi ciascun creditore può impugnare l'atto di disposizione, al fine di potersi soddisfare sul bene alienato.


Possibile oggetto dell'azione revocatoria è l'atto di disposizione patrimoniale, con il quale il debitore arrechi consapevolmente pregiudizio alle ragioni del creditore.


Tale pregiudizio si ha quando sia messa in pericolo la possibilità per il creditore di ottenere quanto gli è dovuto attraverso l'esecuzione forzata.

Ciò può derivare da una un atto che diminuisca la consistenza del patrimonio del debitore, ma può anche derivare da una vendita al giusto prezzo, se ha per oggetto un bene facilmente reperibile dai creditori.


In ogni caso si richiede che il rimanente patrimonio del debitore non offra sufficiente garanzia: altrimenti non vi è danno per il creditore.


Anche le azioni di garanzia possono essere pregiudizievoli: perciò anch'esse sono assoggettabili all'azione revocatoria.


Non è revocabile, invece, il pagamento di un debito scaduto.

Quest'atto, infatti non diminuisce il patrimonio del debitore, perché estingue un debito preesistente.


REQUISITI OGGETTIVI per l'ammissibilità dell'azione revocatoria:

Occorre che il debitore sia consapevole del pregiudizio che arreca alle ragioni del creditore o che, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto stesso sia dolosamente preordinato al fine specifico di frode.

Occorre considerare anche gli interessi del terzo acquirente, che può aver fatto affidamento sulla stabilità dell'acquisto e che sarebbe danneggiato se, in seguito all'azione revocatori, il bene fosse assoggettato ad esecuzione forzata.


In questi casi prevale la tutela dell'affidamento solo se si tratta di un acquisto a titolo oneroso.


L'atto sarà revocato solo se concorre anche la malafede del terzo acquirente.


L'effetto dell'azione revocatoria è strettamente commisurato all'interesse del creditore che l'ha esercitata.

L'azione revocatori si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto.

Il diritto di ritenzione

Talvolta le legge consente al creditore, il quale detenga una cosa spettante al debitore, di trattenerla finché questi non adempia.


Questo diritto di ritenzione è concesso solo in casi particolari, nei quali vi sia una connessione fra il credito e la cosa che viene ritenuta.

Di regola il diritto di ritenzione si accompagna a un privilegio speciale.

Poiché la ritenzione costituisce una forma di autotutela, in deroga al principio generale che vieta di farsi giustizia da sé, è consentita solo nei casi espressamente previsti dalla legge, senza possibilità di estensioni analogiche.


PRESCRIZIONE E DECADENZA

La prescrizione è la perdita di un diritto per la prolungata inazione del suo titolare.


Il fondamento è analogo a quello dell'usucapione: la necessità di assicurare la stabilità alle situazioni di fatto che si sono consolidate da tempo.


Solo i diritti patrimoniali disponibili si possono estinguere per prescrizione (ART. 2934 CC): non i diritti indisponibili, e in particolare non i diritti della personalità e quelli attinenti a rapporti personali di famiglia.


Va anche rilevato che non si estingue per prescrizione il diritto di proprietà.

Se, però, la cosa è posseduta da altri, il trascorrere del tempo consolida presso il possessore una situazione di fatto che richiede alla fine di essere preservata: opera allora l'usucapione.

Dunque, il proprietario che non utilizza la cosa non la perde per prescrizione, ma può perderla se altri l'acquista per usucapione.


Va osservato, inoltre, che per prescrizione si estinguono i diritti, e non le singole facoltà.

La prescrizione tende ad eliminare vincoli che inceppano nuovi piani e nuove attività senza essere più giustificati da un sufficiente interesse.

Perciò le regole sulla prescrizione attengono all'ordine pubblico economico e sono inderogabili (ART. 2936 CC).


L'interesse generale richiede che a un certo momento venga meno la soggezione patrimoniale a un diritto non esercitato per lungo tempo.

Se poi il debitore, pur essendo liberato, vorrà pagare ugualmente, potrà farlo: ciò non lederà alcun interesse pubblico.

Il pagamento sarà efficace e il debitore non potrà successivamente esercitare la ripetizione.


Come è possibile adempiere un debito prescritto, così è possibile rinunciare alla prescrizione già compiuta. Perciò la prescrizione deve essere opposta da chi vi ha interesse e non può essere rilevata d'ufficio.


Il decorso della prescrizione

INIZIO. La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui è consentito l'esercizio del diritto (ART. 2935 CC).

SOSPENSIONE. La prescrizione è sospesa da alcune circostanze, indicate dalla legge, che la arrestano provvisoriamente.

Quando cessa la causa di sospensione, il termine ricomincia a decorrere, computandosi anche il tempo eventualmente già trascorso prima che la prescrizione venisse sospesa.


Le cause di sospensione consistono in circostanze che rendono impossibile o difficile l'esecuzione del diritto. Esse sono di due tipi:

a)  Particolari rapporti esistenti tra le parti

b)  Particolari condizioni del titolare del diritto: si tratta di minore non emancipati e degli interdetti per infermità di mente.


Le disposizioni di legge sulle cause di sospensione sono considerate dalla giurisprudenza come tassative e non applicabili per analogia.

INTERRUZIONE. La prescrizione colpisce l'inerzia del titolare del diritto: perciò, se questi dopo qualche tempo compie un atto di esercizio del diritto stesso, la prescrizione è interrotta.


La prescrizione, dunque, deriva dall'inerzia perdurata senza interruzione per il tempo stabilito dalla legge.


L'interruzione può derivare sia dall'esercizio immediato del diritto, sia dalla notificazione dell'atto col quale si inizia un giudizio per farlo valere, sia da ogni atto che valga a costituire un mora il debitore (ART. 2943 CC).


Inoltre la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere esercitato.


DURATA. La durata della prescrizione ordinaria è di 10 ANNI (ART. 2946 CC).

I diritti reali su cosa altrui si prescrivono in 20 ANNI.


Per particolari rapporti il codice civile stabilisce prescrizioni brevi di durata inferiore a 10 anni.


Le prescrizioni presuntive

Dalla prescrizione estintiva fin qui considerata, va nettamente distinta la prescrizione presuntiva, che ha diversa funzione e diversa natura.


In determinati rapporti, se è passato un certo termine senza che il creditore abbia chiesto il pagamento, si presume che egli sia stato pagato. Il termine è breve: sei mesi, un anno o tre anni, secondo i casi.


Questa prescrizione non ha un effetto estintivo, ma opera solo sul piano probatorio, poiché presume l'estinzione del debito.

Al creditore è consentito di provare il contrario, ma non con qualsiasi mezzo di prova: egli potrà solo deferire all'altra parte il giuramento decisorio, per accertare se si è verificata l'estinzione del debito (ART. 2960 CC).


L'eccezione di prescrizione presuntiva non opera, inoltre, quando il debitore abbia comunque ammesso in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta.


La decadenza

La decadenza è la perdita di un diritto per il suo mancato esercizio entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal contratto.


Vi sono situazioni nelle quali un'esigenza di certezza impone un termine perentorio per l'esercizio di un diritto o, più in generale, per il compimento di un atto giuridico.

Questo termine è detto di decadenza e ha funzione e struttura diversa da quello di prescrizione.


La prescrizione, pur contribuendo a rendere semplice e certe le situazioni giuridiche, non risponde principalmente a un'esigenza di certezza; essa invece ha lo scopo di preservare la situazione di fatto che si è consolidata presso il soggetto passivo di un diritto patrimoniale non esercitato per un certo tempo.


La decadenza, invece, opera in situazioni incerte, che si vogliono definire, in un modo o nell'altro, entro un termine perentorio.

Se prima della scadenza del termine viene compiuto l'atto che elimina la situazione di incertezza la decadenza è impedita, né avrà più senso che il termine ricominci a decorrere.

Qualsiasi altro atto non impedisce la decadenza.


Le regole sull'interruzione della prescrizione non si applicano alla decadenza.

Alla decadenza non si applica nemmeno la sospensione, salvo che in casi particolari sia disposto altrimenti. (ART. 2964 CC).


L'esigenza può manifestarsi dovunque, e perciò termini di decadenza possono aversi anche fuori dal campo patrimoniale.

LA PROVA DEI FATTI GIURIDICI


L'onere della prova

L'accoglimento giudiziario di una pretesa presuppone l'accertamento dei fatti sui quali essa si basa.


È importante tener conto che il processo civile è fondato sul principio che spetta sostanzialmente alle parti proporre le prova al giudice.


Ci sono quindi precise regole sull'onere della prova: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; se l'altra parte sostiene l'inefficacia di tali fatti, ovvero sostiene che il diritto si è modificato o estinto (le eccezioni) deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda (ART. 2697 CC).


In altre parole: l'attore deve provare i fatti costitutivi del diritto che egli vuole far valere; il convenuto ha l'onere di provare gli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi.


Se al momento della decisione vi è incertezza su un fatto, essa va a danno della parte che aveva l'onere di provarlo.


Vi sono delle ipotesi nelle quali, in deroga la principio, che fa valere un'azione o un'eccezione è dispensato dal provare uno dei fatti che ne costituiscono il fondamento.

Ciò è il risultato delle presunzioni legali.


Normalmente la legge ammette che la presunzione legale possa essere superata da una prova contraria.

In tal caso si parla di presunzione relativa. Diciamo perciò che la presunzione relativa determina un'inversione dell'onere della prova.


In altri casi, invece, la legge non consente la prova contraria. La presunzione è assoluta.

L'inversione dell'onere della prova sposta da una parte all'altra il rischio dei casi dubbi.

L'onere della prova può essere modificato o invertito per accordo delle parti, a condizione che si tratti di diritti di cui possano disporre e che la modificazione o l'inversione non renda ad una delle parti eccessivamente difficile l'esercizio del diritto.


La prova documentale

Fra le prove documentali hanno importanza preminente l'atto pubblico e la scrittura privata.


L'atto pubblico è un documento redatto, con le richieste formalità, da un pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli quella particolare garanzia di veridicità che si chiama "pubblica fede" (ART. 2699 CC).


L'atto pubblico fa piena prova della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

La particolare forza probatoria dell'atto pubblico non si estende, invece, alla verità delle dichiarazioni fatte dalle parti.

Per eliminare la particolare efficacia dell'atto pubblico è necessario dimostrare la falsità con uno speciale procedimento: la querela di falso (ART. 2700 CC).


La scrittura privata è un documento redatto liberamente e sottoscritto da uno o più privati.

Il testo può essere scritto con qualsiasi mezzo e può anche essere stato predisposto da altri; ma la sottoscrizione deve essere apposta di propria mano dall'autore della dichiarazione.


Ha efficacia di scrittura privata anche il documento informatico.

La scrittura privata ha una forza probatori inferiore a quella dell'atto pubblico:

a)  Essa fa prova soltanto contro chi l'ha sottoscritta.

b)  Non basta da sé a provare la propria provenienza: se la parte contro la quale essa è prodotta in giudizio non la riconosce espressamente o tacitamente, spetta a chi vuole valersene di provarne l'autenticità mediante il procedimento di verificazione.

c)  La prova contraria al contenuto della scrittura privata non ha il rigore della querela di falso.

d)  La scrittura privata potrebbe facilmente essere retrodatata nel tentativo di frodare un terzo.

A tutela dei terzi la legge dispone perciò che la data della scrittura privata non è certa e computabile rispetto ad essi, se non dal giorno in cui siano verificati certi fatti che stabiliscano in modo incontestabile l'anteriorità della formazione del documento.


La sottoscrizione della scrittura privata può essere autenticata da un notaio o da un altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

L'autenticazione consiste nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza dopo che egli ha accertato l'identità di chi sottoscrive.

In tal caso, e fino a querela di falso, la scrittura privata fa piena prova della sua provenienza e ha data certa nei confronti di terzi.


La prova testimoniale

La prova testimoniale si forma nel processo mediante l'interrogatorio del testimone su fatti che egli abbia constatato direttamente.


Questa prova è vista dal legislatore con qualche diffidenza, poiché presenta due pericoli: quello della deformazione inconsapevole dei fatti, soprattutto a distanza di tempo, e quello della testimonianza compiacente o interessata.


In materia negoziale, invece, è normalmente possibile alle parti di precostituirsi prove scritte.

Di qui il principio che esclude la prova per testimoni dei contratti e dei pagamenti di valore superiore alle 5.000£ (ART. 2721 CC).

Tuttavia il divieto non è rigido.

Il giudice può consentire la prova oltre il limite anzidetto quando ciò gli appaia opportuno.

Inoltre il giudice deve ammettere la prova testimoniale nelle seguenti tre ipotesi:

quando vi è un principio di prova per iscritto;

quando il contraente è stato nell'impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta;

quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova.


Si aggiunga che è sempre ammessa la prova per testimoni dei contratti di vendita internazionale di cose mobili.

Vi sono contratti che la legge considera troppo delicati e complessi per poter essere affidati a una prova testimoniale, e per i quali perciò richiede la prova scritta: la transazione e l'assicurazione, ad esempio.


Inoltre questo stesso requisito probatorio può essere imposto da una pattuizione dei contraenti.

In questi casi la prova per testimoni è ammissibile esclusivamente quando il contraente abbia perduto senza sua colpa il documento che gli forniva la prova (ART. 2725 CC).

In caso di conflitto fra prova scritta e orale la legge tende a far prevalere quella scritta.


Le presunzioni

L'art. 2727 CC definisce le presunzioni come le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato.

Si distinguono le presunzioni di legge da quelle fondate sul ragionamento del giudice, che si chiamano presunzioni semplici.

Si tratta di illazioni attraverso le quali il giudice, sulla base di certe circostanze accertate (indizi), giunge a considerare provati dei fatti ulteriori.


La regola sull'ammissibilità della prova per presunzioni è molto semplice: essa è ammissibile nelle stesso ipotesi ed entro gli stessi limiti in cui è ammissibile la prova testimoniale (ART. 2729 CC).

Quanto alla sua efficacia probatoria, la legge rimette al prudente apprezzamento del giudice.


La prova della simulazione

L'accertamento della simulazione può essere domandato da un terzo e in questo caso non valgono i limiti alla prova per testimoni o per presunzioni.

Se invece l'accertamento della simulazione è chiesto da una parte, valgono il limiti che abbiamo visto.

Perciò, se il contratto simulato risulta da uno scritto, la controdichiarazione non può venire provata per testimoni, né per presunzioni, salvo che ricorra una delle tre ipotesi elencate nell'art. 2724 CC.


La prova per testimoni o per presunzioni è però ammissibile comunque quando sia diretta a far valere l'illiceità del contratto simulato.


La confessione

La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di circostanze che il suo avversario afferma a fondamento del proprio diritto (ART. 2730 CC).


La confessione è giudiziale se resa in giudizio, stragiudiziale se resa fuori del processo.

Quest'ultima deve, a sua volta, essere provata nel processo, secondo le comuni regole.


La confessione stragiudiziale fatta a terzi è liberamente apprezzata dal giudice.

Invece la confessione stragiudiziale fatta alla controparte o al suo rappresentante, al pari della confessione giudiziale, forma piena prova contro il confitente.

La confessione è irrevocabile, a meno che si provi che è stata determinata da violenza o da errore di fatto.


Il giuramento

Il giuramento può essere decisorio o suppletorio.


Il giuramento decisorio è quello che una parte deferisce all'altra per stabilire o escludere un fatto dal quale dipende la decisione totale o parziale della causa.

Il giuramento suppletorio è deferito d'ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la causa, quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova.


PUBBLICITA' E TRASCRIZIONE

Funzione ed effetti della pubblicità

La legge organizza e regola la pubblicità di alcune categorie di fatti giuridici: questa si attua principalmente su appositi registri pubblici e talvolta anche attraverso affissioni, o su particolari pubblicazioni periodiche, o su giornali quotidiani.

In relazione agli effetti si possono distinguere tre tipi di pubblicità:


a)  La PUBBLICITA'-NOTIZIA, che si limita a rendere conoscibili certi fatti: quand'anche non venisse eseguita, quei fatti produrrebbero ugualmente le conseguenze giuridiche.

b)  La PUBBLICITA' DICHIARATIVA, che serve a rendere opponibile a chiunque un fatto o un negozio giuridico.

c)  La PUBBLICITA' COSTITUTIVA, quando la pubblicità è requisito necessario per la creazione di un rapporto giuridico.


Si parla di trascrizione a proposito della pubblicità dichiarativa e di iscrizione quando si tratta di pubblicità costitutiva.


La pubblicità immobiliare e i suoi effetti

a)  Una delle funzioni principale della pubblicità su questi registri è quella di risolvere il conflitto fra più acquirenti dal medesimo titolare.

Al fine della soluzione di questo tipo di conflitti sono da trascrivere:


i contratti che trasferiscono la proprietà, o che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti reali di godimento su beni immobili; inoltre gli atti di rinuncia a questi diritti;

i contratti che conferiscono diritti personali di godimento su beni immobili;

le sentenze costitutive, i provvedimenti giudiziari di espropriazione forzata e altri provvedimenti che abbiano gli effetti sopra indicati.

Questa pubblicità è dichiarativa, non costitutiva.

b)  Sono soggette a trascrizione, sempre al fine dell'opponibilità a terzi, le domande giudiziali riguardanti atti soggetti a trascrizione. La sentenza che accolga la domanda sarà opponibile a chiunque abbia acquistato diritti in base a un atto trascritto o iscritto successivamente alla trascrizione della domanda stessa.


c)  Vi sono impugnazione il cui accoglimento è, per regola generale, opponibile a qualunque subacquirente: la domanda diretta a far dichiarare la nullità, la domanda di annullamento per incapacità legale e la domanda di riduzione delle liberalità lesive della quota di legittima.


d)  Sempre ai fini dell'opponibilità ai terzi sono da trascrivere gli atti interruttivi dell'usucapione di beni immobili. Così il terzo che voglia acquistare dal possessore potrà essere messo sull'avviso, e solo da questo momento l'interruzione avrà effetto nei suoi confronti.


e)  Talvolta la pubblicità immobiliare ha funzione costitutiva.

L'ipotesi più importante è quella dell'ipoteca, che si costituisce con l'iscrizione nei registri immobiliari.


f)    Talvolta, infine, la trascrizione costituisce una semplice pubblicità-notizia.

Tale la trascrizione degli acquisti a causa di morte: essa non ha nessuna influenza sull'efficacia dell'acquisto.

Lo stesso vale per la trascrizione delle sentenze da cui risulti che un diritto reale si sia estinto per prescrizione o sia stato acquistato per usucapione.


L'impostazione della pubblicità immobiliare

I registri immobiliari italiani sono impostati su base personale: l'atto giuridico viene trascritto a favore dell'acquirente e contro il suo dante causa.


La legge cerca di spingere i privati a curare la trascrizione degli acquisti, e a questo scopo dispone che la trascrizione è inefficace fino a quando non siano stati trascritti i precedenti atti di trasferimento relativi allo stesso bene.

La trascrizione deve essere fatta presso l'ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione è situato il bene.


Per ovvie ragioni, la legge consente che siano trascritti solo atti che presentino una certa garanzia di autenticità: sentenze, atti pubblici, scritture private con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.

Di qui l'opportunità che i trasferimenti immobiliari siano fatti per atto notarile.


Questa forma non è necessaria per la validità dell'atto, perché il trasferimento immobiliare può farsi con una qualsiasi scrittura privata; in questo caso, però, se l'alienante non si presta alla successiva redazione di un atto pubblico, l'acquirente sarà costretto a promuovere un giudizio per far accertare l'autenticità della firma: solo così potrà trascrivere l'acquisto.








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