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AQUILE - AQUILA FULVA o AQUILA REALE MERIDIONALE (Aquila fulva)

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AQUILE


Questi grossi uccelli da rapina si cibano delle prede da loro stessi ghermite e uccise, e solo eccezionalmente di cadaveri. Hanno forme tarchiate, la testa non molto grande interamente coperta di piume, becco robusto e diritto alla base con punta fortemente ricurva e sprovvista di dente, cera nuda. I tarsi, non molto alti, sono, in parte o interamente, coperti di piume, talvolta fino alle dita. Queste ultime sono forti, a volte notevolmente lunghe, e sempre munite di grandi unghie molto adunche. La coda è lunga e larga, sempre grande, a forma quadrata o arrotondata, e le piume dell'occipite sono appuntite ed erigibili. Nella fronte l'osso sopraccigliare sporge notevolmente, rendendo profonda la cavità dell'orbita: così l'espressione dell'occhio risulta ardita e feroce.

Le Aquile abitano tutto il globo, mutando località secondo le specie: alcune vivono e cacciano nelle foreste, alcune preferiscono i monti, altre amano la vicinanza del mare, dei laghi o dei fiumi, altre ancora le vaste zone steppose. Tutte le specie però si stabiliscono lontane dall'abitato, in luoghi solitari e appartati. Anche fra di loro si mostrano poco socievoli, vivono in coppie e si riuniscono in poche occasioni: durante la migrazione invernale o quando si offra l'occasione di un banchetto particolarmente lauto intorno al cadavere di qualche voluminoso animale.



L'unione stabilita fra le coppie dura per tutta la vita.

Nel predare, le specie nobili e quelle meno nobili si comportano in modo molto diverso: le prime, ad esempio, sono assolutamente scevre da quella smania sanguinaria che abbiamo notato nell'astore, mentre altre, per le loro tendenze alla ferocia fine a sé stessa, sono chiamate proprio Aquile-astori.

Nel volo l'Aquila è agile e maestosa, agita le ali con forza, ma lentamente e a grande altezza, tenendosi ad ali allargate, procede senza apparenti battiti con grandissima velocità. Assale la preda precipitando dall'alto fulmineamente con fortissime strida. Sul terreno invece cammina impacciata, aiutandosi con le ali; correndo, perde 939g68j tutta la sua maestà, mentre appare bellissima e imponente quando si posa immobile su un albero.

Ha vista e udito acutissimi, un odorato non altrettanto sensibile e il tatto raffinato; a giudicare dall'accoglienza che fa ai vari cibi che le vengono porti quando è in cattività, pare che non sia priva del senso del gusto. L'intelligenza appare molto sviluppata.

Si ciba di vertebrati superiori di qualsiasi specie, è ghiottissima di pesce, mentre, a parte pochissime eccezioni, trascura rettili e anfibi. Le specie più forti sono capaci di sollevare da terra una volpe o una martora e, a volte, assalgono anche l'uomo.

Le specie settentrionali si propagano nei primi mesi dell'anno; nidificano prima le specie stazionarie, quelle di passo verso maggio. Il nido, vasto in proporzione alla mole del costruttore, è basso e poco concavo; composto alla base con rami notevolmente grossi, più sottili vicino alla cavità, è tappezzato spesso di materiali soffici; dura alla stessa coppia per più anni di seguito, subendo ogni anno restauri e ingrandimenti, per cui, col tempo, guadagna sempre più in altezza. Viene collocato sugli alberi o su qualche rupe inaccessibile, ma all'occorrenza anche sul suolo. La covata è composta di due-tre uova alla cui incubazione attende soltanto la femmina; al nutrimento dei piccoli invece provvedono tutti e due i genitori, procacciando abbondantemente il cibo anche a parecchie miglia di distanza.

Le Aquile, oltre all'uomo, hanno diversi nemici che, sebbene poco pericolosi, le disturbano con numerosi assalti costringendole spesso ad allontanarsi dai loro rifugi: falchi, averle, corvi, rondini e cutrettole sfogano così la loro innata e invincibile avversione per il più forte dei rapaci. In prigionia si affezionano all'uomo, salutano l'arrivo del custode con liete grida, permettendogli di entrare nella gabbia, ma non sopportano né minacce né maltrattamenti; non si curano degli estranei, ma sono tuttavia pronte a respingerli bruscamente appena si vedano importunate.

@Aquila delle scimmie



AQUILA FULVA o AQUILA REALE MERIDIONALE (Aquila fulva)


E' grossa, tarchiata e forte; misura ottanta-novanta centimetri di lunghezza, arrivando a volte in apertura d'ali a più di due metri; la coda arriva anche ai trentacinque centimetri e queste misure sono maggiori nella femmina.

L'Aquila Fulva è la più grossa di tutte; è lunga da 80 a 120 cm. e le sue ali vanno da 180 a 210 cm.; il capo e la parte posteriore del collo sono giallo-bruno-ruggine, la coda, nella metà presso la base è bianca, con fasce o macchie nere, e del tutto nera verso la punta. I calzoni sono bruni, le piume del sottocoda bianche; una macchia dello stesso colore spicca sulle copritrici inferiori delle ali. Nell'abito giovanile le piume sono più chiare, la coda è bianca per metà e i calzoni chiarissimi, a volte addirittura bianchi come la coda. Caratteristica dell'Aquila Fulva è una identica lunghezza delle timoniere mediane, mentre le altre sono gradatamente più brevi. Il corpo è robusto con la testa grossa e ben formata, la coda quadrata e larga è coperta fino alla sua estremità dalle ali lunghe, e larghe. I tarsi, di mediocre altezza, sono in compenso molto forti. Il becco è lungo e grande, con la mascella superiore incurvata fin dalla base. L'occhio è posto in una cavità profonda, data l'accentuata sporgenza dell'osso sopracciliare. Le dita abbastanza lunghe e robuste sono munite di grossi artigli acuminati e fortemente ricurvi. Le piume fitte e folte, appuntite, si allungano al massimo nella zona occipitale e sulla nuca e rivestono i tarsi fino alle dita.

L'Aquila Fulva, insieme ad altre due specie di cui parleremo in seguito, soggiorna in Europa, ovunque siano alte montagne e vaste foreste; è anche diffusa in gran parte dell'Asia e nell'America settentrionale. Non compie vere migrazioni, ma solo numerose escursioni. Sceglie come dimora il fianco delle montagne stabilendosi in una zona ben delimitata, nella quale si tiene costantemente, lasciando a un'ora piuttosto tarda del mattino il luogo dove ha passato la notte per andare col compagno in cerca di cibo. Vola a poca altezza dalle alte creste dei monti in armonia col coniuge fino al momento di spartirsi una preda: anche le coppie più affezionate si azzuffano allora fieramente. La caccia dura fino a mezzogiorno, poi si riposano col gozzo ben gonfio presso il loro nido o in qualche altro posto ben sicuro, dove si trattengono tranquillamente fino al completamento della digestione, sempre vigilando la propria sicurezza. Non è vero che l'Aquila si disseti col sangue delle prede: tanto in libertà che in ischiavitù ha bisogno di molta acqua per bere e per bagnarsi, cosa che specialmente nella stagione calda non trascura neppure per un giorno. Dopo aver cacciato ancora compiacendosi di eleganti evoluzioni, al crepuscolo, prudentemente e senza strepito, torna al suo covo. Nella caccia si mostra audacissima, assale e trasporta in aria persino dei bambini, purché non siano troppo pesanti, e anche senza esserne provocata assale a volte l'uomo stesso. Gli unici uccelli che non la temono sono i passeri, che si stabiliscono tranquillamente nel suo nido senza essere affatto molestati. Prima di divorare le sue prede, l'Aquila le spennacchia in parte, e comincia a dilaniarle dal capo, inghiottendone anche le ossa, sempreché riesca a spezzarle; dopo il capo, divora il collo e così via fino alla fine, scartando soltanto gli intestini ripieni di escrementi e il becco degli uccelli di una certa mole. Peli e piume sembrano necessari a ripulire il suo stomaco, ma, finita la digestione, li rigetta in pallottole ad intervalli di cinque od otto giorni; quando debba supplire a questo materiale, inghiotte fieno e paglia. Il suo sistema per ghermire quegli animali che potrebbero trovare scampo nella stessa natura dei luoghi di loro residenza consiste nel perseguitarli nei loro rifugi, finché, spossati, non abbiano più forza di fuggire; spesso sa trarre profitto dalle fatiche degli altri, e succede spesso, per esempio, che il falcone sia costretto a cedere all'Aquila la preda appena ghermita.

L'Aquila nidifica di solito a metà o a fine di marzo. Le uova sono piccole e rotondeggianti, col guscio ruvido cosparso di punti e macchie di varie dimensioni e piuttosto confuse sul fondo bianchiccio o grigio-verdiccio. Ne depone due o tre, ma solo due piccini, più spesso uno solo, riescono a vivere e a diventare adulti. Quando dopo cinque settimane di incubazione, cui si dedica solo la femmina, i piccoli escono dall'uovo, sono ricoperti da un piumino fitto color bianco-grigiastro. La loro voracità è straordinaria e i genitori, per saziarli, cercano continuamente vicino e lontano quanti più animali possono trovare, cagionando spaventose stragi negli allevamenti agricoli, per cui, a costo di qualunque pericolo, i montanari vanno a caccia dei nidi, distruggendoli sistematicamente.

Allevate da piccole, le aquile si addomesticano molto facilmente e si affezionano al padrone al punto da mostrarsi rattristate per la sua assenza e da accoglierlo con grida festose al suo apparire. Si può abituarle a non recare danni agli animali domestici anche quando si tratti di quelle specie, come i polli e i conigli, che in libertà costituiscono le loro prede abituali.

Con le dovute cure e tenute in un ambiente adatto, possono vivere in prigionia per molti anni.

L'unica utilità che l'uomo può trarre dall'Aquila Fulva è l'aiuto nella caccia alla grossa selvaggina, alla quale può essere addestrata dopo mesi e mesi di accurato allenamento.



AQUILA DORATA o AQUILA REALE SETTENTRIONALE (Aquila chrysaëtus)


E' molto più piccola della precedente e ha forme assai più snelle. Il maschio è lungo novantacinque centimetri, la femmina un metro; l'apertura d'ali è nell'uno di due metri e quindici e nell'altra di due metri e venti; la coda misura trentatré centimetri nel maschio e tre di più nella femmina. Il piumaggio è in generale più chiaro che non nell'aquila fulva, specialmente sul petto, sui calzoni e sulle piume del sottocoda. Nella regione scapolare si osserva una macchia bianca. Per i due sessi e in ogni età, la coda è disegnata da righe trasversali nere, larghe e irregolari su fondo cinerino e la fascia terminale è più stretta che nella precedente. Le timoniere, eccezione fatta per le due estreme più corte, sono tutte di uguale lunghezza; le copritrici inferiori delle ali sono molto scure, senza traccia di colorazione bianca. Gli individui giovani si riconoscono dal colorito più cupo, dalla mancanza della macchia bianca sulle scapolari e dalla minore vivacità del colore rosso-ruggine dell'occipite e del collo.

Nei costumi somiglia molto all'aquila fulva; abita gli stessi luoghi, si comporta nella caccia, nei rapporti con gli altri uccelli e verso l'uomo allo stesso modo. Anziché sui fianchi dei monti, costruisce il nido allo scoperto sulle cime degli alberi delle grandi foreste, e nei movimenti è forse più agile dell'altra, che in compenso è più forte. Tutte e due si adattano bene alla vita in schiavitù e possono tornare utili all'uomo, una volta addestrate alla caccia di certa selvaggina.



AQUILA IMPERIALE (Aquila heliaca)


E' molto più piccola delle due precedenti: non supera i settantacinque centimetri di lunghezza, ha un metro e ottanta di apertura alare e venticinque centimetri di coda, superata dalla femmina di poco. Ha il corpo tarchiato, la coda corta e sorpassata in lunghezza dall'estremità delle ali. Il colore predominante negli adulti è un bruno-scuro non uniforme. La testa e la coda sono giallo-brune, tendenti al ruggine; le scapolari presentano una grande macchia bianca e la coda, prima della fascia estrema, non molto larga, presenta sul fondo cinerino delle fasce nere. I giovani si distinguono bene dalle specie affini per le piume giallo-brunicce quasi fulve, ornate di macchie longitudinali bruno-scure.

L'Aquila Imperiale, detta anche Aquila reale, abita le zone calde, dal nostro continente all'India. Ogni inverno emigra verso Paesi più meridionali e tocca la Grecia e l'Egitto. Mentre l'aquila fulva e l'aquila dorata sono uccelli di montagna, l'Aquila Imperiale preferisce la pianura ed è frequente nelle steppe. Nidifica sugli alberi con preferenza per gli alti pioppi e i salici, e, data la sua mole, anche le uova sono più piccole di quelle delle due specie già descritte, ed hanno, inoltre, forma più rotondeggiante.

Per tutto il resto, cibo, riproduzione e costumi, vale quanto si è detto per le specie precedenti.



AQUILA ANATRAIA MAGGIORE (Aquila clanga)


Più piccola delle specie nominate finora, misura in lunghezza meno di settanta centimetri ed ha una apertura alare di un metro e sessanta centimetri; la coda arriva a venticinque. Anche in questa specie la femmina è più grande: precisamente di circa cinque centimetri in lunghezza e di altrettanti nell'apertura alare, mentre la coda è press'a poco uguale.

Negli individui adulti le piume sono di un color bruno assai uniforme, più scuro e lucido sul dorso; l'occipite è ricoperto di piume giallo-fulve o rosso-fulve chiare. Sulle remiganti medie sono molto distinte alcune fasce; le copritrici superiori ed inferiori dell'ala hanno orli più chiari, mentre le timoniere sono attraversate da molte striature, oppure macchiettate o anche di colore uniforme con una fascia terminale più chiara; le copritrici superiori della coda sono giallo-brune. Nell'abito giovanile le piume sono variegate: per lo più su un fondo bruno scuro le singole penne sono macchiettate di giallo chiaro, specialmente all'estremità e sui lati dello stelo, e queste macchie formano a volte anche sulle ali fasce bellissime e nitide. Priva di macchie è sempre la parte superiore del corpo, l'occipite è scuro e uniforme, i calzoni e le piume del sottocoda hanno un colore misto, bruno e bianco-sporco. L'Aquila Anatraia è molto diffusa, sebbene non come le precedenti, in Europa e nell'Asia; nei mesi invernali giunge in gran numero anche nell'Africa settentrionale, senza però addentrarsi nel continente. In molti Paesi d'Europa e dell'Asia si trattiene anche l'inverno, in altri più freddi fa la sua comparsa nel mese di marzo e rimane fino all'autunno inoltrato.

Ama i luoghi umidi o addirittura paludosi; perciò si stabilisce di preferenza nei boschi delle pianure, specialmente in quelli con alberi fronzuti. Le coppie si scelgono un territorio relativamente non molto esteso e vi abitano regolarmente, tornandovi anche quando il loro nido sia stato distrutto, o deponendo altre uova in quello saccheggiato, o formandone uno distante pochissimo da quello.

La sua indole non è fiera come nelle altre, ma, anzi, il suo carattere è dolce, tranquillo e piuttosto pigro. Nel volo non è da meno delle sue sorelle più nobili: si alza nell'aria notevolmente e, specie quando fa bel tempo, volteggia con bellissimi giri per ore intiere; posata, perde tutta la sua maestosità e appare goffa. Il suo grido è sonoro ed echeggiante e si fa lamentevole e straziante in caso di pericolo, ad esempio, quando veda minacciata da un nemico più forte la sua prole.

Si nutre di piccoli vertebrati, topi, rane, marmotte e in particolare di serpenti. Di questi fa strage specialmente quando si trova nella necessità di dover provvedere all'alimentazione della sua prole.

Pone sempre il nido sugli alberi, specialmente sui faggi e sulle conifere. La costruzione, modesta e costituita in prevalenza di ramoscelli verdi, è piuttosto piccola e piatta, e nel suo interno la femmina depone di solito un uovo, raramente due, che variano per forma e per colore: tondeggianti, oblunghi o ellittici, colorati sul fondo bianco da macchie azzurro-pallide e grige, ora gialle o rosso brune, distribuite uniformemente o raggruppate a corona nel mezzo del guscio.

All'incubazione provvede soltanto la femmina, mentre dei piccoli nati si occupano amorosamente tutti e due i genitori, portando nel nido interi animali e grossi serpenti. Quando la compagna venga a mancargli, il maschio si assume da solo il compito dell'allevamento della prole.

L'indole dell'Aquila Anatraia non è paurosa finché non abbia sperimentato le persecuzioni, e non è perciò molto difficile darle la caccia. Presa da adulta, non si avvezza assolutamente alla schiavitù, mentre i soggetti allevati da piccoli in gabbia si addomesticano agevolmente.

In libertà è utile all'uomo, perché fa strage di serpenti e di topi: in questo modo compensa largamente gli sporadici rapimenti di qualche capo di selvaggina pregiata.



AQUILA MINUTA (Aquila minuta)


Il maschio misura in lunghezza quarantacinque centimetri, ha un'apertura d'ali di circa centodieci e la coda di diciannove. La femmina ha in più quattro centimetri di lunghezza e sette di apertura alare. La testa e la nuca sono bruno-ruggine cupe, con macchie longitudinali nericce assai visibili sulla parte anteriore del pileo, e bruno-scure sulle parti superiori. Queste macchie diventano bruno-nere sulle penne scapolari e bruno-terra sul resto. La coda, chiara all'estremità, ha tre o quattro fasce nericce molto nitide ed è anch'essa cosparsa di macchie bruno-cupe. Tutte le parti inferiori sono bruno-scure uniformi con striature nericce poco visibili lungo i fusti delle penne. I calzoni, i tarsi e il sottocoda sono di un bruno meno marcato che nelle altre parti inferiori, mentre intorno agli occhi compare un cerchio molto scuro. Il becco è azzurrognolo alla radice e nero alla punta, la cera e le dita sono gialle e l'occhio bruno. Gli individui giovani hanno un colore generale più chiaro e solo sulla sommità del capo la colorazione scura appare più marcata; sull'addome sono disegnate striature larghe e distinte, mentre le fasce della coda sono meno spiccanti.

L'Aquila Minuta è indigena di quasi tutta l'Europa meridionale (ma in Italia non si trova che molto raramente) e di buona parte dell'Asia: in queste regioni, che possono essere considerate come la sua vera patria, si trattiene in primavera e in estate, moltiplicandosi, per poi partire in autunno verso il tiepido inverno africano. Abitualmente questi uccelli si tengono in coppie, costituendo delle società più numerose solo quando si dispongono ad intraprendere le migrazioni; e scelgono a dimora le selve non troppo folte, posandosi piuttosto che sulle alte cime degli alberi sui loro rami più bassi, ben protette dal fogliame mentre esplorano attentamente in cerca di preda il terreno circostante. La loro natura, rispetto a quella delle specie maggiori, sembra più astuta e meno prudente; il volo è facile, rapido e sostenuto, e anch'essi hanno l'abitudine di lanciarsi dall'alto sulle vittime prescelte.

Uccelli piccoli e meno piccoli, topi e mammiferi di ridotte proporzioni forniscono la base essenziale alla dieta dell'Aquila Minuta, veloce e violenta come tutte le sue affini, e come esse temutissima dai piccoli animali della foresta. A somiglianza del falcone, essa rifiuta di attaccar briga con i rapaci parassiti, quando questi la seguono per rubarle le prede appena conquistate: preferisce abbandonarle e disporsi ad una nuova caccia! si può immaginare con quali nefasti risultati per il mondo dei piccoli animali, che svolgono un'attività variamente utile per l'uomo. Il periodo della riproduzione coincide generalmente con la fine del mese di aprile. Le coppie si amano teneramente, e pongono il loro nido nei boschi d'alberi dalle foglie caduche, in piccoli drappelli di due o tre famiglie per bosco. Evitano le zone montane e i rilievi in genere; e quanto alla conformazione che danno al nido, non si discostano dagli altri rapaci, intrecciando ramoscelli piuttosto consistenti e poco scavati all'interno, cosicché il nido risulta di forma piatta e sommaria. Le uova, di solito due, hanno fondo gialliccio o verdastro e sono sparse di punti e macchioline color ruggine; e vengono covate prevalentemente dalla femmina, cui tuttavia il maschio si sostituisce varie volte durante il giorno.

La caccia all'Aquila Minuta non presenta grandi difficoltà, perché, come abbiamo accennato, non si tratta di un uccello granché prudente: certo, il trovarsi ripetutamente sottoposta alle insidie dell'uomo può raffinare le sue precauzioni, e spingerla addirittura ad abbandonare i luoghi in cui si senta particolarmente perseguitata. In schiavitù non è frequente: gli esemplari osservati dimostrano ad ogni modo un buon grado di adattabilità e notevoli riserve di gentilezza e di intelligenza.



AQUILA PENNATA (Hieraëtus pennatus)


La conformazione, le misure e le abitudini degli individui di questa specie coincidono perfettamente con quelle delle aquile minute, e sarà perciò sufficiente, riguardo ad esse, richiamare quanto si è scritto immediatamente avanti. Le differenze esistenti tra le due specie si riferiscono principalmente al piumaggio, e ad una maggior estensione dei luoghi in cui è possibile incontrare la seconda.

L'Aquila Pennata ha la fronte bianco-gialliccia con macchie longitudinali più scure diffuse sul vertice, e le parti superiori colorate di bruno molto scuro con i margini delle piume più chiari. Inferiormente il piumaggio appare di fondo gialliccio con macchie brune lungo gli steli, più fitte sul petto e sulla gola, scarse sull'addome e in parte mancanti sui calzoni. Le ali sono brune con due fasce chiare non molto distinte, la coda è bruno scura superiormente e grigio chiara inferiormente; mentre il becco è azzurro chiaro alla base e nero all'estremità, la cera è gialla come le zampe e l'occhio chiaro. I soggetti giovani si differenziano dagli adulti solo per il colore dell'addome, che è rosso ruggine chiaro.

Questi uccelli, come si è accennato, abitano nei luoghi stessi in cui sono diffuse le aquile minute, occupando in Asia anche alcune zone, da cui quelle sono del tutto assenti.



AQUILA DALLA LUNGA CODA (Uroaëtus audax)


Differisce dalle altre specie della famiglia per la coda lunga e graduata, il becco anch'esso allungato e per le lunghe piume della parte posteriore del collo. Misura in lunghezza oltre novanta centimetri e la sua apertura alare raggiunge i due metri. Il colorito è piuttosto uniforme, bruno-scuro sulla testa, sulla gola e sulle parti inferiori e posteriori; specialmente sulle ali e sulla coda sono appariscenti gli orli più pallidi delle penne, che sul dorso e ai lati del colio sfumano verso il color ruggine. La cera e una striscia nuda che circonda gli occhi sono giallicce, il becco è corneo alla radice e giallo sulla punta, l'iride è bruna e il becco giallo chiaro.

L'Aquila dalla Lunga Coda è diffusa in tutta l'Australia, nelle fitte foreste come nelle pianure, in coppie e in branchi. E' soprattutto frequente dove abbondano i canguri, che, con una forza e una rapacità non inferiori a quelle della sua affine fulva, assale ed uccide quando non siano di troppo grandi proporzioni. Trova il suo nutrimento anche attaccando gli uccelli delle specie più diverse, le greggi di pecore, gli animali da cortile, e non sdegna le carni delle carogne, simile in questo agli avvoltoi che in Australia non esistono.

Il tempo della riproduzione corrisponde per queste aquile agli ultimi mesi della nostra estate. Il nido viene costruito sugli alberi, a non grande altezza dal suolo ma sempre in punti estremamente difficili da raggiungere, e la sua mole varia notevolmente, poiché le coppie lo usano più volte, provvedendo ogni anno a restaurarlo. La femmina vi depone normalmente due uova rotonde, lunghe intorno ai sette centimetri e con il guscio bianco cosparso di punti e macchie scure.

La caccia all'Aquila dalla Lunga Coda è facile soprattutto se si riesce a sorprenderla mentre sta cibandosi di cadaveri; gli esemplari esistenti in cattività sono molti, e mostrano di adattarsi senza eccessive sofferenze alle variazioni di condizione e di clima.



AQUILA DEL BONELLI (Hieraëtus fasciatus)


Questa specie, che prende il nome da un noto naturalista italiano, si presenta con il corpo snello, coda lunga e ali piuttosto brevi, piedi alti e piumati e becco abbastanza lungo ma robusto. Le sue proporzioni vanno dai settanta e più centimetri della lunghezza, venticinque dei quali fan parte della coda, al metro e mezzo dell'apertura alare; e sono alquanto maggiori negli individui di sesso femminile. Gli adulti hanno la fronte e una striscia al disopra degli occhi di colore bianco, la nuca e il vertice del capo bruni con striature quasi nere; la parte superiore del dorso è bianca con macchie scure agli orli delle piume e il resto delle parti superiori è bruno scuro uniforme. La gola, il petto e il centro del ventre sono macchiati di nero sul fondo bianco, la coda è bruno-grigia superiormente e termina con una fascia bianca, inferiormente volge al gialliccio con punteggiature grige e brune. L'occhio è giallo vivo, il becco azzurro corneo, la cera e i piedi giallastri. L'Aquila del Bonelli è frequente nell'Europa Meridionale, in Turchia, nell'Africa del Nord e in tutta l'India. Si tiene preferibilmente sui monti privi di selve e sparsi di pareti rocciose, e non è solita migrare compiendo piuttosto delle escursioni in branchi talvolta numerosi.

Negli individui di questa specie si direbbero riuniti il coraggio dell'Aquila, l'agilità dello sparviero e la sete di sangue dell'astore. Il loro volo veloce li rende domestici, ai quali non resta, quando si vedono attaccati, che cercare scampo nella fuga.

L'Aquila del Bonelli sceglie sempre, per costruire il proprio nido, le più inaccessibili spaccature delle rocce. Le costruzioni sono composte esternamente di ramoscelli di diversa grandezza, e nella cavità interna rivestita di piume le femmine depongono di solito due uova di fondo biancastro con varie macchie più scure. Difende i propri piccoli con grande coraggio, e l'unico avversario contro cui nulla può, in quanto superiore alle sue forze per i mezzi di cui dispone e con il quale rinuncia a combattere, è l'uomo.

Simili ai falchi; posati, assumono di solito un atteggiamento meno nobile di quello delle altre aquile, e lo sguardo spira furore e ferocia. Non temono alcun uccello, e attaccano anche quelli di mole molto superiore; voracissimi, distruggono un gran numero di animali selvatici.



AQUILA BELLICOSA (Spizaëtus bellicosus)


E' questa la specie più grande e più forte delle cosiddette aquile dal ciuffo, caratterizzate da forme snelle, ali corte, coda lunga e da un ciuffo più o meno abbondante sul capo. Le sue misure sono le seguenti: novanta centimetri circa di lunghezza, con la coda di oltre trenta centimetri; ali di sessanta centimetri ciascuna e apertura alare superiore ai due metri. Il colore prevalente delle parti superiori è bruno con sfumature cinerine, e le singole piume sono orlate di chiaro e formano sulle ali una larga fascia biancastra; in quelle inferiori domina viceversa il bianco tendente all'azzurro e quasi del tutto privo di macchie. Una striscia bianchiccia corre al di sopra degli occhi e si perde nel ciuffo, breve e largo, dello stesso colore. La coda è segnata da sei fasce trasversali brune, le ali sono nere al di sopra e bianchicce nella parte inferiore. L'occhio è grigiastro, la cera azzurro-verdiccia, il becco nero e i tarsi plumbei.

L'Aquila Bellicosa è diffusa in quasi tutta l'Africa ad eccezione delle regioni più settentrionali, e sceglie sempre a dimora i boschi non troppo fitti, tenendosi in coppie sugli alberi isolati. Di qui percorre aree molto vaste, intollerante della vicinanza di qualsiasi altro rapace, compresi quelli della sua stessa specie.

Dedica alla caccia le ore del mattino e della sera, attaccando soprattutto le lepri, le antilopi e i gallinacei selvatici: in complesso essa è pericolosa per gli animali africani tanto quanto le sue affini lo sono per quelli europei o australiani. Non esiste praticamente in Africa un rapace che eguagli la sua forza e la sua ferocia.

Il nido di questi uccelli è celato nel denso fogliame degli alberi più alti, oppure nelle spaccature delle rupi. Si distinguono nella sua costruzione tre diversi strati: uno di grossi rami, il secondo composto di ramoscelli più fini, muschio e altre sostanze molli vegetali, il terzo di finissimi steli che rivestono la cavità interna. Di struttura molto robusta, esso serve alla stessa coppia per parecchi anni consecutivi. La femmina vi depone due uova quasi rotonde e bianchissime, e provvede a covarle, mentre il maschio si occupa di alimentarla. Appena nati, i piccini dimostrano una tale voracità che i genitori stentano a soddisfarli.

In schiavitù, queste aquile non perdono la loro avidità, mentre a volte si riesce ad addolcire alquanto la ferocia che le distingue, inducendole ad addomesticarsi e ad affezionarsi al padrone.



AQUILA DAL CIUFFO (Lophoaëtos occipitalis)


L'Aquila dal Ciuffo propriamente detta è molto più piccola della precedente, ha forme tozze e tarchiate, ali e tarsi lunghi e coda breve. Misura in lunghezza poco più di cinquanta centimetri, con una apertura alare di un metro e quindici; la coda si aggira sui diciassette centimetri e le singole ali sui trentatré. Il colore predominante è il bruno scuro, più fosco sul ventre e più chiaro sul petto; i margini delle ali, la base del ciuffo, le copritrici inferiori dell'ala, i tarsi e tre fasce trasversali sulla coda sono invece bianchicci. L'occhio, la cera e il piede sono variamente sfumati nel giallo, mentre il becco è azzurro corneo, più scuro verso la punta.

I suoi paesi originari coincidono con quelli dell'aquila bellicosa, e la si trova specialmente diffusa nelle selve dell'alto bacino del Nilo; tranquillamente posata sugli alberi, si preoccupa soprattutto di ravviare le piume del ciuffo, di raggrinzare la fronte, di distendere variamente le penne dei fianchi. Sembra il simbolo vivente dell'inerzia, ma appena scorge qualche preda la sua indole si trasforma ed essa, con la velocità del lampo, si lancia a ghermire le proprie vittime. Al solito, essa le sceglie tra gli uccelli e i piccoli mammiferi, ed è così rapace e violenta che può essere considerata, in proporzione alla sua mole, il peggior predone delle selve africane.

L'Aquila dal Ciuffo pone il proprio nido sugli alberi, tappezzandone morbidamente le cavità. Il numero delle uova è normalmente limitato a due, la loro forma è rotonda ed il guscio pallido e macchiato di bruno-roseo.

Non è frequente trovare questi uccelli in schiavitù: i giardini zoologici che ne sono in possesso li annoverano tra gli esemplari più singolari ed interessanti, di fronte ai quali i visitatori si fermano regolarmente a considerarne le caratteristiche movenze e l'inconsueto aspetto. Vivono in gabbia per lunghi anni, adattandosi agevolmente ai cambiamenti di cibo e di clima.



AQUILA STROZZATRICE TIRANNA (Pternura tyrannus)


Lunga circa sessantacinque centimetri ha la coda di trentacinque, le ali di quaranta e l'apertura alare vicina al metro e trenta: tutte misure che vanno lievemente maggiorate per gli individui di sesso femminile. Anch'essa è provvista di un ciuffo, e quanto ai colori del suo abito, vi si distingue il nero delle parti superiori, diffuso anche sulla nuca, sulla testa, sulla gola e sull'alto del petto, e il bruno scuro di quelle inferiori, variamente punteggiato di bianco. Nei soggetti giovani la colorazione è meno definita, tendente al bruniccio e al grigio, mentre in ogni caso gli occhi sono aranciati, il becco nero corneo, la cera e i piedi giallastri.

L'Aquila Strozzatrice Tiranna rappresenta le aquile dal ciuffo nell'America meridionale, e specialmente nelle foreste del centro del Brasile: ma non è granché diffusa. Come le sue affini, dà la caccia a qualsiasi animale non tanto grande da resisterle, costruisce il suo nido quasi sempre sugli alberi e vi depone due uova.



AQUILA ASTORE CHIOMATA (Morphnus guaianensis)


Alla mole, alla forza e al portamento delle aquile, questa specie unisce le forme dell'astore; ha il corpo grosso, la testa grande, ali piuttosto brevi, coda lunga e larga, becco lungo, basso e con la mascella superiore molto adunca. In lunghezza raggiunge quasi i sessantacinque centimetri, trenta dei quali costituiti dalla coda; le singole ali misurano circa quaranta centimetri, e spiegate sfiorano il metro e mezzo. Le piume sono molli e soffici, variano a seconda dell'età e si prolungano sul capo in una chioma lunga quindici centimetri. L'Aquila Astore Chiomata ha la testa, il collo, il petto, il ventre, il sottocoda e le cosce bianchi, solo qua e là sfumati di giallognolo; sul dorso, le scapolari e le copritrici dell'ala, il colore è grigio-rossiccio con le singole piume striate in senso trasversale. Remiganti e timoniere sono quasi nere con strette fasce trasversali grigio-rossicce. Coll'avanzare dell'età, il colorito generale assume una tinta più scura e tende a raggiungere progressivamente una tonalità uniforme.

Questi uccelli abitano gran parte dell'America Meridionale, tanto nelle selve costiere che nelle oasi delle pampas, e si tengono di preferenza sulle cime degli alberi più alti. In volo sono facilmente riconoscibili per il colore bianco che si staglia sull'azzurro netto del cielo; si nutrono di uccelli e di mammiferi, scegliendo le loro prede soprattutto fra le scimmie. ll nido, che non è diverso da quello delle specie affini dell'America del Sud, è di solito posto sugli alberi di altezza non eccessiva.



ARPIA (Harpya harpya)


E' questa la specie più forte tra le aquile che vivono nell'America Meridionale. I suoi componenti hanno testa grossa, corpo molto vigoroso, coda lunga e larga e ali, al contrario, brevi e ottuse. Il becco è robusto e alto, col culmine tondeggiante e i margini taglienti, dotati di un dente di notevoli proporzioni; il tarso è nudo fino al calcagno nella parte posteriore, anteriormente piumato fin verso la metà e per il resto rivestito di grandi squame.

I piedi robusti e molto grandi hanno le dita armate di artigli di forza sorprendente. Il molle piumaggio si prolunga sulla nuca in un ciuffo lungo, largo ed erigibile. In lunghezza l'Arpia misura quasi un metro; le singole ali sono sui venticinque centimetri e la coda raggiunge i trentatré.

Il suo colorito, che diviene sempre più perfetto coll'avanzare dell'età, è grigio sulla testa e sul collo, mentre il ciuffo, il dorso, le ali, la coda segnata da tre fasce bianche, la parte superiore del petto ed i fianchi sono nero-ardesia. Il colore bianco è diffuso sulla parte inferiore del petto e sul sottocoda, ed è segnato da macchie e linee nere sul ventre e sulle cosce. Il becco e gli artigli sono neri, le gambe gialle e l'occhio rossastro.

L'Arpia abita i boschi umidi e ricchi dl acqua dell'America Meridionale, diffusa dal Messico fino al centro del Brasile e dall'Atlantico fino al Pacifico. Evita le zone montuose, preferendo le rive dei fiumi, dove con maggiore intensità si sviluppa la vita animale e vegetale. Benché non molto numerosi, questi uccelli sono largamente noti e la loro forza è stata magnificata fin dai tempi più remoti: in questo senso, anzi, si sono sviluppate nel tempo molte leggende destinate a non reggere alla prova dei fatti. Sono animali solitari che evitano perfino di tenersi in coppie fuori del periodo degli amori, quasi temessero di essere disturbati nelle loro rapine anche dallo stesso coniuge. Come fanno gli astori, è raro che si tengano sugli alberi molto elevati: si posano quasi sempre sui rami inferiori e da questi si alzano verticalmente con volo rapidissimo, volteggiano alla scoperta della preda e, quando l'hanno avvistata, le piombano impetuosamente addosso. Non esiste praticamente alcun vertebrato superiore che sappia difendersi dai loro assalti, a meno che sia di mole tale da poterli respingere. In molti luoghi riesce del tutto impossibile ai coloni tenere cani o volatili, perché le arpie li rubano senza curarsi minimamente della vicinanza dell'uomo; fra gli animali selvatici, questo uccello compie grandi stragi e si accanisce soprattutto contro le scimmie.

Il nido viene collocato sugli alberi più elevati ed è grande quanto quello delle cicogne. L'Arpia lo usa per diversi anni di seguito, apportandovi di stagione in stagione modifiche e riparazioni.

Per i gravi danni che produce, e anche perché le sue penne sono molto ricercate dagli indigeni che se ne servono come ornamento, questo uccello è accanitamente perseguitato dall'uomo; il quale, del resto, è il suo unico vero nemico. Spesso i piccoli vengono sottratti al nido ed allevati con l'unico fine di utilizzarne le penne. Parecchi esemplari vengono poi regolarmente portati in Europa e tenuti in cattività. Maestosi e alteri, attirano la attenzione degli osservatori con la loro figura immobile e minacciosa, con la ferocia contenuta che traspare dal loro sguardo. Di solito appaiono tranquilli, e come sdegnosi di tutto quanto li circonda: ma il loro atteggiamento muta istantaneamente, passando alla furia più scoperta, non appena si introduca nelle loro gabbie qualche animale. Si precipitano su di esso e, usando gli artigli, con pochi colpi prima lo stordiscono e poi lo uccidono; in queste fulminee azioni non fanno mai uso del becco, e sono così spietati che lo spettacolo della loro ferocia è veramente raccapricciante. L'Arpia, sempre affamata e vorace, non si addomestica, per lungo che sia il periodo in cui la si tiene prigioniera.



AQUILA DI MARE (Haliaëtus albicilla)


Con alcune altre specie forma un gruppo molto diffuso, distinto dalla mole cospicua, da un becco robustissimo, lungo, adunco e rigonfio presso la cera. I tarsi sono robusti e piumati solo per metà; gli artigli sono pure grandi e potenti, le ali ampie e lunghe quasi fino all'estremità della coda, che è di medie proporzioni e più o meno arrotondata.

L'Aquila di Mare è lunga circa novanta centimetri, ha un'apertura alare che può raggiungere i due metri e mezzo e una coda di circa trenta centimetri. Il colore generale degli individui adulti è bruno-fulvo, con il capo e il collo tendenti al grigio, gli apici delle penne remiganti nericci e le timoniere bianche. Il becco, la cera, i tarsi e la regione perioculare sono giallastri. I giovani sono generalmente di colore bruno, con le parti inferiori macchiate di bianco e la coda scura.

Tutta l'Europa e la maggior parte dell'Asia ospitano questi uccelli che durante l'inverno compaiono regolarmente anche nell'Africa del nord. Essi devono il loro nome al fatto di essere uccelli da spiaggia e che, comunque, non si allontanano mai dalla vicinanza dell'acqua; nelle regioni interne si trovano solo lungo i grandi fiumi o sulle rive dei laghi, a meno che si tratti di individui molto giovani. Questi ultimi, infatti, nel lungo periodo che intercorre tra l'abbandono del nido e la riproduzione, si muovono irregolarmente e in apparenza senza scopo, anche nelle zone più lontane dalle spiagge marine. Normalmente, queste aquile si tengono in branchi abbastanza numerosi che si sciolgono in coppie nel periodo degli amori, e si dànno convegno durante il giorno o per il riposo notturno nei boschi che costeggiano il mare, sulle piccole isole e sugli scogli. Al mattino e alla sera si pongono all'agguato di diversi uccelli marini, e anche dei pesci e dei mammiferi che vivono nei pressi delle acque. Usano a volte una tecnica di caccia singolare: maschio e femmina si pongono sul culmine di due alberi che dominano una larga porzione di terreno e, non appena il primo ha avvistato una preda, avverte con un grido la compagna. Si tengono poi entrambi assolutamente silenziosi fino a che la vittima designata non si sia sufficientemente avvicinata: a questo punto si leva dal maschio un grido altissimo, cui corrisponde il suo scagliarsi improvviso contro l'animale da uccidere. Per quest'ultimo non c'è più via di scampo: cerca di salvarsi con la fuga o immergendosi nell'acqua, ma l'Aquila di Mare conficca i suoi potenti unghioni nel suo corpo e lo colpisce ripetutamente. La femmina non lascia la sua sede e non accorre ad aiutare il compagno, sicura che la sua opera sarebbe del tutto superflua e solo quando vede la preda atterrata, si avvicina per iniziare il pasto.

In generale, le aquile di mare accompagnano al coraggio e alla coscienza della propria forza una grande costanza nel perseguitare uccelli, pesci e anche grossi mammiferi, come le volpi e le pecore: è raro che i loro assalti falliscano, ma se ciò succede, lo si deve proprio alla loro tenacia: a volte, per esempio, accade che si lascino trascinare sul fondo da pesci di forza considerevole come i delfini, dal cui corpo non vogliono staccarsi.

Le doti dell'Aquila di Mare sono inferiori a quelle delle altre aquile: sul terreno si muove destramente, ma il suo volo è lento e pesante, e inoltre non ha la nobiltà di portamento che distingue i membri più nobili di questa famiglia.

Il periodo della riproduzione coincide con l'inizio della primavera. In quest'epoca i maschi sostengono lotte accanite per assicurarsi il possesso di una compagna, si colpiscono col becco e con le unghie sia in volo che a terra, e non desistono dal combattimento fino che uno dei due non è costretto a sgombrare il campo. La femmina segue la lotta aggirandosi nelle vicinanze, pronta ad accorrere presso il vincitore per sollevarlo amorosamente dall'aspra fatica e ad accompagnarsi indifferentemente al più forte. Gli scontri si protraggono cruenti anche per intere settimane, con tale eccitazione che i campioni in questo periodo non si curano affatto del cibo. La notte riposano appollaiati su due diversi alberi: il vincitore vicino alla femmina l'altro da solo senza perderli di vista. Il nido è una vasta costruzione che raggiunge nel diametro anche i due metri e in altezza varia da trenta a novanta centimetri, poiché viene di anno in anno accresciuta dalle coppie che la adoperano per numerose incubazioni. La base è formata di rami grossi quanto un braccio, che vengono progressivamente assottigliandosi man mano che ci si avvicina alla cavità, di forma piatta e intessuta di sostanze soffici, rese ancora più confortevoli dalle piume della femmina.

La covata consta di due-tre uova di mole relativamente piccola: di forma allungata, arrivano ai nove centimetri, hanno il guscio spesso e si presentano variamente colorate, alcune bianche e prive di macchie, altre segnate di rossiccio, di bruno o di bruno-scuro. Nella cova maschio e femmina si alternano regolarmente. I piccini vengono allevati per un tempo che va dalle dieci alle quattordici settimane, e anche dopo essersi resi indipendenti tornano al nido per passarvi la notte solo in autunno si separano definitivamente dai genitori.

L'Aquila di Mare per il suo carattere diffidente si lascia sorprendere di rado dai cacciatori, che però approfittano della sua abitudine a scendere sul terreno per catturarla con le tagliole. In alcuni paesi il cacciatore si apposta in certi piccoli ricoveri costruiti con le pietre, dopo aver collocato a poca distanza un pezzo di carne legato ad una cordicella; il rapace, una volta afferrata la carne, non vuole abbandonarla e così, tirando la fune, il cacciatore finisce per prenderlo. Nella cattura dell'Aquila di Mare è necessario procedere con la massima cautela, poiché questo uccello che pure non aggredisce l'uomo neppure quando questi le tolga la preda, sentendosi preso si difende con tutte le sue forze, servendosi degli artigli in maniera terribile e non si mostra, nel suo furore, meno pericoloso dell'arpia.

Una volta fatto prigioniero, si rassegna abbastanza presto alla schiavitù e stringe con l'uomo una leale amicizia; appena vede comparire il padrone, lo accoglie con alte strida di allegrezza, riconoscendolo anche in mezzo a una folla di estranei. Si avvezza così bene alla prigionia che, anche rimesso in libertà, non ne sa più apprezzare i vantaggi e spesso accade che si riporti nei paraggi della gabbia, lasciandosi facilmente catturare.



AQUILA DI MARE DALLA TESTA BIANCA (Haliaëtus leucocephalus)


Questa specie è diffusa nell'America settentrionale. Misura in lunghezza fino a ottanta centimetri, in apertura d'ali quasi un metro e novanta e la coda, secondo il sesso, è di ventisei o ventinove centimetri.

Nell'adulto le piume del tronco sono di un bruno-scuro molto uniforme, ognuna orlata di colore più chiaro; le remiganti sono nere, mentre il capo, la parte superiore del collo e la coda sono candidi. L'occhio, la cera, il becco e i piedi sono color giallo-pallido. L'abito dei soggetti giovani è uniformemente bruno-nero, e nero affatto sul capo, sul collo e sulla nuca; bruno più chiaro sul dorso, sul petto e sulle ali. Il becco è color corneo-scuro, la cera giallo-verde, l'occhio bruno, i piedi gialli.

Nei costumi e nel carattere questa specie somiglia in tutto a quella descritta precedentemente.



AQUILA GRIDATRICE (Haliaëtus vocifer)


Fra le aquile marine è dotata dell'abito più elegante e può davvero essere considerata un ornamento per i paesi in cui soggiorna. E' lunga settanta centimetri, l'ala ne misura quarantotto e la coda quindici. La testa, il collo, la nuca, la parte superiore del petto e la coda sono, nell'abito del maschio adulto, di color bianco puro, il dorso e le remiganti nero-azzurrognoli; il margine di tutte le copritrici superiori dell'ala, dall'articolazione del gomito al piede, e tutte intere le piume dell'addome sono di un bel rosso-bruno; la cera, il margine palpebrale e i tarsi giallo-chiari, il becco nero-azzurro. Nei giovani il bianco del pileo è mescolato a tracce di bruno-nero grigiastro, la nuca e la parte posteriore del collo bianche con tracce di grigio-bruno; il dorso è bruno-nero, la parte superiore delle scapolari e quella inferiore del dorso, bianche con macchioline nero-brune all'estremità delle piume; la parte anteriore del collo fino a quella superiore del petto presenta macchie longitudinali brune su fondo bianco; il resto del corpo nella parte inferiore è bianco con qualche striatura bruniccia lungo gli steli o con macchie brune all'estremità delle piume. Le remiganti sono brune e bianche alla radice, le timoniere bianchicce con qualche traccia di bruno e brune all'apice. Questo abito giovanile assume la colorazione dell'adulto solo in seguito al ripetersi di molte mute, caratteristico fenomeno di molte specie proprie dell'America settentrionale.

Patria dell'Aquila Gridatrice è l'Africa meridionale e occidentale, specialmente nelle zone a sud del punto di confluenza del Nilo Bianco e del Nilo Azzurro. Predilige appunto le rive dei grandi fiumi e le foreste vergini, ed è qui che si può veramente valutare la sua bellezza: per quanto l'occhio sia abituato in questi luoghi alla contemplazione di una fauna ricchissima e splendida, lo spettacolo offerto da queste aquile, maestosamente posate sugli alberi specchiantisi nelle acque del fiume, è sempre oggetto di meravigliata ammirazione.

L'Aquila Gridatrice somiglia molto per costumi e comportamento alle sue affini; vive sempre in coppie, ciascuna delle quali domina un determinato territorio. e nelle ore del mattino vi si aggira per ore senza una mèta precisa, compiacendosi del suo volo e lanciando strida acutissime che si odono a grande distanza. Nei movimenti del volo è così violenta che in ogni momento ci si aspetta di vederla rovesciarsi e precipitare. Il grido viene ripetuto sovente anche quando le aquile sono posate: piegando il capo all'indietro, alzando al di sopra delle ali la coda allargata a ventaglio, mandano a tutta forza le grida più acute, avvertendosi a vicenda di qualsiasi pericolo o anche solo di qualsiasi novità. Le coppie lasciano i luoghi prediletti della giornata per dormire la notte nel più fitto dei boschi. L'Aquila Gridatrice si nutre di pesci e di cadaveri, piombando sui primi come fa il falco pescatore e cercando i cadaveri ovunque sul terreno o togliendoli dall'acqua quando li vede galleggiare. Una volta impadronitasi della preda, se la porta su qualche isoletta o su un punto tranquillo della riva e, dopo averla fatta a brani con molta diligenza e regolarità, la divora. Con gli altri rapaci non si mostra affatto socievole; assale gli avvoltoi ferocemente, uscendo dalla lotta quasi sempre vincitrice per la sua grande agilità; non è abile invece nella caccia di vertebrati superiori ed è raro trovare nello stomaco dei soggetti uccisi avanzi di questa natura.

Nidifica all'inizio della stagione piovosa, quando è praticamente impossibile penetrare nella foresta, e non è quindi facile trovare e vedere i nidi con le uova o con i piccini: si sa che la coppia costruisce un ampio nido sulle cime degli alberi più alti o anche fra le rupi, tappezzandolo internamente con sostanze molli e che la femmina vi depone due-tre uova bianchissime.

Ad alcuni questo uccello è apparso timido e prudente, altri asseriscono invece che, prima di sperimentarne le insidie, prova nei confronti dell'uomo più meraviglia che paura. In schiavitù, come le specie affini, si lascia addomesticare facilmente e si affeziona al padrone, adattandosi a cambiamenti anche radicali di clima.



FALCO PESCATORE (Pandion haliaëtus)


Questo uccello può considerarsi come un anello di transizione fra la famiglia delle aquile e quella dei nibbi per alcune caratteristiche che ha in comune con le albanelle, specie di falchi di palude. Ha il corpo non molto grande ma assai robusto, la testa proporzionata il becco corto e ricurvo fin dalla cera, con un grande uncino volto all'ingiù. Le ali sono lunghe e sopravanzano la coda, abbastanza lunga anch'essa: la terza remigante è la più lunga. I tarsi, molto robusti, sono coperti di piume fino al calcagno, mentre il resto del piede è rivestito da squame piccole e spesse, disposte a rete; le dita sono piuttosto corte e provviste di un dito esterno che può rivolgersi tanto in avanti che all'indietro, e di unghie acute molto ricurve. Le piume del Falco Pescatore sono lisce e aderenti ed hanno l'untuosità caratteristica che si riscontra in alcuni uccelli anfibi.

Il colorito è nero nelle parti superiori, eccettuate la testa e la nuca, che sul fondo bianco-gialliccio sono striate longitudinalmente di bruno nero con piume di forma appuntita. La coda è a fasce brune e nere, l'addome bianco o bianco-gialliccio; sul petto spicca una fascia di piume brune che a volte si presenta alquanto sbiadita, e un'altra fascia scura scende dall'occhio alla metà del collo. L'occhio è giallo vivo, la cera e il tarso sono grigio-plumbei, il becco e gli artigli nero-lucidi.

E' un uccello molto diffuso: vive in tutte le parti d'Europa oltre che nella maggior parte dell'Asia e lungo i fiumi dell'Africa settentrionale e occidentale.

Sembra, poi, che una specie quasi del tutto simile si trovi anche nel continente americano.

Le sue abitudini sono in stretto rapporto con la natura della sua alimentazione, costituita esclusivamente di pesce. Si fissa stabilmente soltanto nelle regioni ricche di corsi d'acqua e si può essere certi di trovarlo ovunque si trovi un laghetto o uno stagno. Lo si può incontrare nelle regioni asciutte solo durante le migrazioni ma non vi si ferma affatto. Vive in coppie, la cui dimora abituale è il nido; da qui parte per intraprendere regolari escursioni in un'ampia cerchia tutto all'intorno. Le ali lunghe e robuste gli permettono lunghi voli senza pericolo di affaticarsi. La pesca, che si protrae per tutte le ore antimeridiane, è azzardata e faticosa: dopo aver ondeggiato un poco a grande altezza, arriva roteando sul luogo prescelto, non senza aver guardato bene se non vi siano pericoli intorno, e dopo essersi librato qualche istante come per spiare meglio i movimenti della preda, piomba nell'acqua obliquamente, rapidissimo, tendendo bene gli artigli e tuffandosi a qualche profondità, per poi riemergere, aiutandosi alla meglio con l'ala; se la superficie dell'acqua è poco estesa, non ripete l'agguato, riuscito o non riuscito che sia. Capita che la preda sia abbastanza leggera da poterla trasportare al nido per divorarla in piena tranquillità, o che sia così pesante da potersi appena trascinare sulla riva; a volte però le sue unghie affondano nelle carni di un pesce molto grosso che lo trascina a lungo sott'acqua provocandone anche la morte. Questo sistema di pesca muta soltanto quando il Falco Pescatore vede nel fango qualche anguilla, della quale si impadronisce senza essere costretto a fare il palombaro.

Tutti i palmipedi conoscono molto bene il Falco Pescatore, che non li spaventa menomamente; in un certo senso lo considerano un loro eguale e gli permettono di vivere tra loro senza alcuna diffidenza. Fra gli altri rapaci ha invece nemici temibilissimi: le aquile marine e l'aquila marina dalla testa bianca specialmente lo costringono spesso con la forza ad abbandonar loro la preda, imitate in questo dai nibbi parassiti.

Il nido viene costruito con rami robusti all'esterno e muschio internamente, sugli alberi più alti e annosi, e nel maggio la femmina vi depone due o tre uova di forma allungata, cosparse sul fondo grigio calcareo di macchie rosso-ocra pallide. In molti paesi vien data al Falco Pescatore una caccia accanita; e a buon diritto, poiché, dopo le lontre, non esiste un altro animale più dannoso ai pesci e a chi trae guadagno appunto dalla pesca. Più fortunato il suo affine americano: in molte regioni, infatti, viene considerato un portafortuna per le zone in cui si stabilisce e non corre quindi alcun pericolo. Dato il carattere molto diffidente del Falco Pescatore, è difficile cacciarlo, qualsiasi metodo si voglia usare; fra i molti, il più efficace è quello di porre sott'acqua una tagliola di ferro con un pesce per esca. In gabbia sono una rarità, perché intristiscono e muoiono. Non si avvezzano alle nuove condizioni di vita e restano immobili sul posatoio senza curarsi di nulla e di nessuno, mostrandosi molto noiosi.




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