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LA STORIA DELLA TELEVISIONE
Nella gelida notte di Natale del 1883, rintanato della sua cameretta in un albergo di Berlino, uno studente provava e riprovava a far girare davanti al proprio volto un disco di cartone con dei fori... Sembra una favola, ed invece è la storia della televisione. Tutt'altra cosa rispetto all'evoluzione tecnologica propria dei nostri tempi.
La storia della TV appartiene ancora a quel mondo di pionieri che dilapidano i propri soldi in invenzioni assurde, di personaggi geniali che rinunciano a realizzare i loro sogni perchè non hanno i ventimila franchi o i marchi che servono a realizzare un prototipo. E' fatta di liti sui brevetti, di idee avute in contemporanea, copiate e perfezionate. Il teatro è essenzialmente l'Europa del secolo scorso per i principi piu' remoti, e l'Europa dei primi decenni del nostro secolo per i primi risultati concreti. Non manca qualche puntata nei laboratori degli USA, ma non sono cosi' importanti come cio' che viene ottenuto in Germania, o In Francia, o in Inghilterra.
LA PREISTORIA
E' probabile che piu' di un lettore si stupirà se -cominciando a parlare della televisione- inizieremo proprio a parlare di semiconduttori, saltando l'era delle valvole. E non è che la prima sorpresa: la struttura del primo tentativo di apparecchio video assomiglia molto di piu' ad una telecamera dotata di sensore a stato solido (tipo i CCD di oggi) che non a quelle dotate di tubo da ripresa, che facevano da padrone fino a poco tempo fa. Anche i televisori del futuro è probabile che assomiglino di piu' ai loro primi antenati che a quelli del giorno d'oggi; e questo -se volessimo filosofeggiare piu' del consentito- ci potrebbe portare ad una riflessione di catattere generale: la televisione (contrariamente a quanto si crede) è in uno stadio di rapido sviluppo, di "divenire" irrequieto e nervoso verso un qualcosa di definitivo che ancora non c'è. Ma cominciamo con i fatti.
Uno dei padri della chimica moderna , lo svedese Jacob Berzelius riferisce un'osservazione che è un po' l'architrave di molta storia tecnologica video: vi sono dei materiali (dei metalloidi) che diminuiscono la loro resistenza elettrica se esposti alla luce. Tra questi, vi è il fosforo, il selenio e -neanche a farlo apposta- il silicio. Berzelius muore verso la metà dell'800, e nessuna telecamera onora le sue esequie: è presto, ragazzi, è ancora presto. Nei decenni successivi l'attenzione a questo fenomeno fu attirata da Christian May, allora giovane telegrafista irlandese: evidenzio' che modulando la luce che colpiva del selenio, si poteva modulare una corrente che lo attraversava, grazie alla modifica della resistenza osservata da Berzelius. In altri termini, aumentando o dimnuendo l'illuminazione di un elemento di selenio, si otteneva un segnale elettrico "analogico" rispetto alla variazione di luminosità: quando la luce aumentava, aumentava proprozionalmente anche la corrente (perche' diminuiva la resistenza del selenio) e quando la luce diminuiva, anche il segnale elettrico diminuiva di conseguenza.
Un sacco di ricercatori compresero che questa era la strada per la riproduzione delle immagini a distanza; e nell'impresa si cimentarono in molti: dal francese Selencq all'americano Carey, e perfino il piu' fortunato in altri campi, il re delle invenzioni Thomas Alva Edison. Il secolo scorso si chiude qui: con chi ha soldi e non riesce a cavare un ragno dal buco, e chi (come probabilmente Selencq) avrebbe la possibilità di tentar qualcosa, ma il quattrino non lo sorregge. In ogni modo, i risultati non ci sono.
E' al sorgere del nuovo secolo (nel 1909) che il tedesco Ernst Rhumer compie la prima tasmissione televisiva, nel senso che mando' un'immagine ad una certa distanza rispetto al luogo dove si trovava l'originale. Ma non dobbiamo immaginare che qualche signorina abbia annunciato i programmi della serata, nè che qualche politico abbia colto la palla al balzo per far discorsi, e neanche che si sia trasmesso qualcosa di particolarmente curioso; come la filastrocca "Mary had a little lamb" ("Maria aveva un agnellino...") che dicono fu la prima registrazione su disco. Nel nostro caso si trattava semplicemente di alcune figure geometriche sfocate ed approssimative. Ma la televisione era nata, ed è questo che conta.
IL PROTOTIPO
Sono abituato da anni a descrivere (non so con quale risultato) ai lettori diversi proptoipi di apparecchi video. Non è senza un pizzico di divertimento che mi accingo a descrivere un qualcosa che non può essere certo definito "l'ultimo modello" di qualsiasi casa: mi scuserete se dunque l'esperienza non mi sostiene. Si tratta del primo modello di TV mai apparso; ed era un qualcosa che non ci permette di iniziare come nelle solite descrizioni: " l'estetica denota una scelta..." L'estetica è quella delle vecchie macchine ottocentesche, che qualcuno di noi forse ricorda in qualche polveroso angolo di qualche polveroso magazzino di qualche recondita aula di di qualche recondito liceo. Per farla breve, si tratta di una piastra verticale, costellata da molti buchi; non opera di tarlo bensi' dell'umano ingegno. In questi buchi vi è naturalmente del selenio; e da ciascuno di questi buchi esce un filo elettrico. Man mano l'immagine posta davanti alla piastra genera l'illuminazione o l'oscuramneto dei singoli buchi, ai capi dei vari fili si va formando evidentemente una "matrice" elettrica che corriponde (buco per buco) alla luce che cade sulla piastra. Il problema che si poneva era quello di "serializzare" queste informazioni (le correnti presenti al capo di ogni singolo filo), in modo da ottenere una sorta di "onda elettica", o un segnale continuo che poteva essere trasportato (ad esempio) su un cavo. Rhumer in effetti non si e' dato molto da fare in questo campo, decisamente essenziale; ovvero nel problema che molto tempo prima era stato affrontato con intuizioni geniali da alcuni predecessori. E cio' sminuisce non poco la sua importanza; al punto che il sospetto di molti è che non possa neppure essere considerato il padre della televisione. La caratteristica piu' inconfondibile della TV è infatti proprio quella di "scomporre" l'immagine, e di "ricomporla" sul visore. Rhumer aveva semplicemente collegato ciascun elemento di selenio ad un elemento del visore: se vi erano tanti buchi sulla placca ricevente (oggi diremmo "sulla telecamera") altrettanti elementi attivati dalla corrente ( e con la stessa disposizione) vi erano sulla piastra ricevente (oggi diremmo "lo schermo televisivo").
E veniamo a quest'ultimo: già allora, l'immagine poteva essere visualizzata in piu' modi. Si potevano ottenere delle stampe su carta, utilizzando un'alterazione chimica del ferrocianuro di potassio. Si aveva però in questo modo piu' l'antenato del telefax che della TV. Ma si poteva anche usare la corrente del segnale video per attivare dei rocchetti di Rhumkorff (quelli si', che li avete visti nei polverosi armadi dei licei; d'altra parte non sono che il caro buon spinterogeno delle autovetture in versione "pura"!) Questi dispositivi potevano ottenere dalla corrente continua delle tensioni molto elevate, suffcienti addirittura per far scoccare delle scintille. L'importante era far scoccare queste scintille su una piastra corrispondente a quella della "telecamera", ossia su una superficie costellata da elettrodi collocati (ad uno ad uno) nella posizione che corriponde a quella dei buchi con gli elementi di selenio. La qualità del visore era quella che era; non si potevano pretendere certo le mille e tante linee dell'Alta Definizione. A dire la verità, questo inventore accarezzo' l'idea di costruire una macchina con una risoluzione di 10.000 pixell ; ovvero, con 10.000 elementi di selenio. Ma -anche qui- difettarono piu' i soldi che l'entusiasmo dell'inventore, e non se ne fece nulla.
LA SCANSIONE
Tutta l'attenzione del progresso televisivo si concentra infatti sul sistema che si deve usare per "serializzare" le informazioni presenti nello spazio dello schermo con la figura originaria, da trasmettere a distanza. La str 313d38d uttura della macchina descritta è quella di una trasmissione simultanea di tutti i punti che compongono l'immagine. E' stato gia' detto che prima di Ruhmer erano stati studiati dei procedimenti per compiere questa operazione. L'invio di un'immagine linea dopo linea è stata proposta sia dallo scozzese Alexander Bain e dall'inglese Collier Bakewell. Il 1851 è una tappa importante: Bakewell presenta a Londra un prototipo funzionante di apparechio per la scansione dell'immagine. Non si trattava di una visulizzazione elettronica, ma di una "scrittura" su carta tramite una punta. Anche Bakewell entra comunque di diritto tra i padri della televisione. Si susseguono proposte piu' o meno felici: Constantin Selencq aveva proposto un sistema di ruote dentate, Maurice le Blanc un sistema di specchi mobili, Edouard Belin (molto modestamente!) propone il suo "Bélinografo", e poi via via con i contributi di de Paiva, Smith,e altri. Come sempre, si arriva ad una svolta; ad uno di quei progressi che costituiscono n punto fermo, o almeno un punto di riferimento per parecchi anni. Questa svolta si ebbe in una camera d'albergo di Berlino, la vigilia di Natale del 1883. Paul Nipkow inventa cio' che per decenni e decenni viene considerato l'elemento centrale dell'apparato per la trasmissione delle immagini a distanza: dapprima, il dispositivo fu chiamato "telescopio elettronico", ma rimase nella storia della tecnologia come il "disco di Nipkow". Si tratta di qualcosa di veramente elementare, ma che racchiude quella genialità che spesso e volentieri si versa nelle cose piu' semplici. Ponendo dei fori in posizioni progressivamente piu' estrene su di un disco opaco, e facendo girare questo disco, si analizzano le immagini riga dopo riga, iniziando dal foro piu' esterno (che legge la riga superiore) fino a quello piu' interno che legge quella inferiore. E' da questo momento che si può parlare delle famose "righe" televisive! E' dunque Nipkow il padre della televisione? Non può essere definito tale neppure lui, perchè il suo dispositivo era in qualche modo complementare a quello di Rhumer, ma attendeva il demiurgo che avrebbe messo assiee i vari pezzi, e costruito finalmente qualcosa che assomigliasse anche da lontano alla nostra TV. Questo "assemblatore" fu un altro scozzese, Logie Baird. E a questo punto riprendiamo un po' il filo della nostra storia: dopo la prima guerra mondiale, e piu' precisamnete il 2 otobre 1925, costui invia a distanza un'immagine televisiva vera e propria; formata da 28 linee. Siamo naturalmente ad una data storica; e val la pena di fermarci nuovamenete, per descrivere in poche righe qualcosa a proposito di questo sistema. Tanto per aggiungere una curiosità, Nipkow vide questa applicazione del suo disco (inventato quand'era ventitreenne) solo alle soglie dei settant'anni, durante una dimostrazione tenutasi a Berlino.
LA SCANSIONE MECCANICA E QUELLA ELETTRONICA
La televisione di Baird era costituita da un sisitema di scansione meccanico. Un disco di Nipkow girava davanti agli elementi sensibili di selenio, e istante dopo istante si otteneva un valore elettrico cossrispondente alla luminosità di un punto dell'immagine, riga dopo riga. Il primcipio è insomma esattamente quello che viene usato ancor oggi ma con un sistema di scansione elettronica. Il visore era costituito da un altro disco di Nipkow, che girava davanti ad una lampada al neon comandata dal segnale modulato a seconda della luminosità dei punti letti istante dopo istante: in pratica, si comandava la corrente di scarica del neon. I dischi dei due apparecchi (lo "scanner" e il visore ) erano naturalmente sincronizzati. Ma come si passo' all'attuale sisitema di scansione elettronica? Anche qui, occorer fare di nuovo un passo indietro, perchè le invenzioni -in questo periodo- seguivano delle strade piu' o meno parallele e contemporanee. La "televisione elettronica" si impernia sul tubo catodico, nè piu' neè meno di come quella a scansione meccanica vista fin ora si fonda sul disco di Nipkow.
Per chi non lo sapesse, ricordo che un tubo catodico potrebbe essere definito come un'ampolla di vetro dove (sottovuoto, come nelle migliori confezioni di caffè) ad un capo viene generata una nube di elettroni, che vengono "lanciati" con forza verso l'altro capo. Se in corripondenza di questo capo si mettono dei materiali in grado di divenire luminescenti quando vengono colpiti dagli elettroni (classico è il fosforo spalmato sulla superficie interna di questo capo dell'ampolla) ecco che all'arrivo del raggio di elettroni si ha un fenomeno luminoso; che aumenta o diminuisce all'aumentare o diminuire dela "forza" del raggio. Se questo raggio si sposta, e colpisce zone diverse della superficie spalmata di fosforo, si avrà un punto luminoso che si sposta con esso. E se lo spostamento è velocissimo, si avrà la sensazione ottica di una striciata (una riga) lunimosa, così come quando muoviamo rapidissimamente (con un gesto brusco) una pila o un oggetto luminoso.
E' NATA UNA TELECAMERA
Negli ultimi anni del secolo scorso, Ferdinand Braun visualizzo' tramite un tubo catodico la corrente alternata; e questa apparente bazzecola gli frutto' come minimo un premio Nobel, nello steso anno in cui Bhum trasmise la sua prima immagine televisiva "parallela"(1909). Un suo brillante assistente (che invece fece a tempo a vedere la televisione, essendo vissuto fino agli anni '50 del nostro secolo) applico' degli elettrodi sui fianchi del tubo; e questi permettevano di indirizzare il fascio di elettroni (istante dopo instante) nella direzione voluta. Si chiamava Zennec, e può considerarsi dunque il padre del giogo di deflessione usato tutt'ora sui cinescopi televisivi; e sulle telecamere a tubo. In questo girotondo di attribuzione di paternità piu' o meno incerte, quella della telecamera va certamente attribuita a Vladimir Zworykin. Il nome dice chiaramente che è di origine orientale, ed infatti è di origine russa; ma sviluppo' i suoi lavori negli Stati Uniti. Egli pose su un foglietto di mica aan grande quantità di elementi sensibili alla luce, e rivesti' il lato opposto con uno strato d'argento, in modo da formare una sorta di condensatore. Sulla faccia anteriore del foglietto di mica (un composto molto isolante) mise a fuoco un'immagine, tramite un obiettivo come quelli che ormai erano largamente impiegati nelle macchine fotografiche. Un raggio di elettroni pilotato tramite il sistema di guida di Zennec, permetteva di leggere l'immagine riga dopo riga, e di ottenere cosi' un segnale video. Istante dopo istante, la luce provocava delle cariche diverse sulla superficie di mica; e a ciascun punto corrispondeva dunque un certo intervallo di tempo nel segnale video, che trasportava in codice un livello proprozionale alla carica, a sua volta proporzionale alla lce di quel punto. La nascita della telecamera potrebbe essere fissata a questo punto; non è un modello che può essere confuso facilmente con quelli del giorno d'oggi, ma piu' o meno ci siamo, almeno come principi di funzionamento e come somiglianza nella struttura: per la cronaca, siamo del 1925. Per rendere l'idea di come sia complessa la storia della televisione, è bene dire subito che l'immagine codificata in questo segnale video non necessarimente era riottenuta elettronicamente, non ostante esistessero già delle innagini elettroniche, ottenute tramite cinescopio. La prima immagine elettronica fu probabilmnete prodotta in Russia, a S. Pietroburgo, dal professore universitario Boris Lvovitc nel 1907.
Ancora ai tempi di Zworykin tuttavia il metodo del professore leningradese non aveva tutta la superiorità che possiamo immaginare sulla tecnica meccanica del disco di Nipkow. In efftti, vi fu una lunga coesistenza tra i due metodi, e la validità della scansione meccanica (semplice ma efficace) non vinse alla finese non di stretta misura; e comunque verso la finedegli anni '30. La vittoria del tubo elettronico stentava proprio perchè la sua costruzione e pilotaggio erano molto piu' macchinosi, per l'epoca; tuttavia permetteva un'immagine con un maggior numero di linee,e questo aspetto fu alla fine quello che prevalse e gli diede la possibilità di vincere sulla televisione meccanica. La scansione meccanica tipica di un disco era di 180 linee per immagine, e venticinque immagini al secondo. La scansione elettronica permetteva di raddoppiare il numero delle righe ( 375) e di mantenere la stessa cadenza delle immagini. Notate che ancor oggi un semiquadro del sistema PAL (una "passata" sullo schermo televisivo) è costituita da meno di 300 linee effettive. Ci viene riferito tuttavia che complessivamente l'immagine elettronica era molto scadente; e -in fondo- non stentiamo a crederlo. In poco tempo tuttavia questa prese il sopravvento, grazie all'introduzione di un numero ancora maggiore di linee di scansione (si arriva a 441) e alla tecnica dell'nterallacciamneto, che permette ( a parità di numero di immagini al seocndo) di ottenere dei risultati che sarebbero tipici di un numero di immagini al secondo maggiore. Come ormai piu' volte detto anche su questea rivista, l'interallacciamneto considisete in poche parole nel disegno di tutte le righe diapari, e poi di tutte le righe pari che occupano gli soazi tra una riga dispari e l'altra. In questo modo il raggio "rinfresca" piu' frequentemente la stessa area di cinescopilo, e si ha un'immagine ssensibilmente più stabile, prina di quello sfarfallamento tipico dei primi film con una cadenza d'immagini troppo bassa.
LE PRIME TRASMISSIONI
Una tappa fondamentale per l'affermazione della telecamera di Zworykin fu la ttrasnmmissione in diretta dei giochi di Berlino nel 1936. Al collezionista di curiosità non deve nacare l'osservazione che uno degli opeartori a questa telecamera (costruita dalla Telefunken) vi era un giovanotto appassionato di tecnologia: il signor Walter Bruch, considerato (questa volta senza dubbio) il padre del sistema televisivo a colori PAL. Ma non corriamo troppo, perchè il 1936 segna un po' il trionfo delle trasmissioni operative", ossia che erano già in grado di soddisfare in qualche modo i poveri ( e ricchi ) utenti disposti a ricevere un programma che non fosse un puro e semplice esperimento di trasmissione. Oltre alla trasmisisone tedesca dei giochi di Berlino, èda segnalare che nel '36 la BBC trasmise l'incoronazione di Giorgio VI con telecamera Emitron. L'anno successivo una telecamera posta sul tetto del padiglione tedesco alla esposizione universale di Parigi, mostrava agli stupefatti francesi una veduta... dall'alto della loro capitale. Nel 1939 Roosvelt inaugura la fiera mondiale di New York, ed RCA riprende l'evento, trasmettendolo via radio. La trasmisisone via radio delle immagini era naturalmente già possibile; la radio audio era già relativamente evoluta, e le trasmissioni video potevano essere considerate una specie di "iperradio" che occupava molte piu' frequenze. La banda impiegata non era cosi' impacchettata accuratamente come oggi, ma d'altra parte la qualità modesta del video d'allora richiedeva anche meno spazio di quello necessario oggi. E' curioso notare che le prime trasmissioni regolari furono fatte con scansioni meccaniche (come già detto, costituivano allora un'altrenativa del tutto valida) anche se la programmazione non era certo paragonabile a quella di oggi: presso gli Champs Elisées è ancora visibile un pilone di 70 metri (nientemeno!) per la diffusione dei primi programmi francesi reglari. Vi era una trasmissione due volte al mese... Chi si dispiace delle attuali 625 linee del PAL, s'immagini cosa cavolo vedevano i primi telespettatori davanti ad uno schermo...con 30 righe di scansione!
Per rendere l'idea di come fossero queste trasmissioni, riporto a lato delle immagini con 30, 48 e ben,,, 150 linee di scansione. Il periodo prebellico si chiude comunque con i seguenti standard: tutte le trasmisisoni vanno adottando la scansione elettronica, anche se con una risoluzione diversa. L'Inghilterra usa 405 linee, la Francia ne usa 450 (dal 1939), gli USA 441.
I GIORNI NOSTRI
DUrante la seconda guerra mondiale, la gente a quanto pare ha altro da fare che pensare alla TV: Ed infatti, di trasmissioni non se ne parla neanche. Al termine del conflitto, rinasce un granbdissimo intersse per la televisione, ed ecco un rifiorire di piccoli o grandi milgioramenti che portano (all'inizio degli anni '50) a riassestare gli standard su dei valori che sono ancora parte dei giorni nostri. Le telecamere nel 50 adottano il tubo "vidicon", molto piu' robusto e moderno dell'ormai vecchio sensore di Zworikin,con le sue miche e tutto il resto. Si tratta di un tubo da ripresa che (a livello amatoriale) è sopravvissuto fino a questi anni, fino a quando cioè l'adozione generalizzata dei CCD ha cambiato radicalmente la struttura dei sensori d'immagine. Prima di imboccare questa vie che sembra destinata a rimanguiarsi tutti i priogressi fatti dai tubi da ripresa, ripartendo (se cosiì si puo' dire) dai progenitori, questi stessi tubi avevano fatto comunque dei passi da gigante, e nell'arco di pochi anni. Si era passati in breve dai "vidicon " agli "orthicon", da questi ai "super-orthicon". Un passo sostanziale fu il passaggio ai "plumbicon", considerati da qualcuno ancor oggi tra i migliori. E non mancarono altri miglioramenti, sentiti anche dagli appassionati che non si accontentavano dei "vidicon": nacqueo i tubi speciali, come i "saticon", "newicon " eccetera eccetera. Fino a quando i tubi sono stati spazzati via dai sistemi a CCD: ma siamo arrivati agli anni '80. Non sianmo scivolati inconsapevolmente a parlare di registrazione amatoriale : ci rendiamo conto che stiamo saltando in quattro e quattr'otto un abisso enorme.
Dobbiamo infatti prima parlare degli standard CCIR (oggi PAL e SECAM), dello standard NTSC, dello standard MAC fino al nuovo standard digitale DVB, a cui ho dedicato una pagina in questo sito.
E poi -dal punto di vista degli apparecchi- occorre parlare del Tv a colori, e dei display alternativi al cinescopio: da quelli a cristalli liquidi fino ai display al plasma o simili tecnologie, che promettono di rivoluzionare fin dalla radice il nostro modo di intendere il televisore...
STORIA DELLA RAI-TV
(prima parte)
La Tv italiana nasce il 3/01/1954, con qualche anno di ritardo rispetto agli altri Paesi europei. I primi esperimenti risalgono al 1933, senza diffusione pubblica. Prima della tv le uniche due fonti d'informazione di massa erano radio e cinema. Nel 1954 quasi il 40% dei lavoratori è nel settore agricolo, più del 32% è nell'industria e più del 28% è nel terziario. Il reddito pro-capite nel 1950 era tornato ai livelli del 1938. Parla correntemente l'italiano solo 1/5 della popolazione (quasi il 13% è analfabeta).
Inizialmente la tv viene vista solo in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio. Ma già alla fine del '54 la quota di popolazione servita supera il 48%. Nel '61 raggiunge il 97% degli italiani.
Nei primi 10 anni di vita gli abbonamenti crescono costantemente: dai 24.000 del '54 a oltre 6 milioni nel '65. Nello stesso periodo il cinema subisce un notevole calo nel numero di biglietti venduti. In ogni casa e ritrovo pubblico si raccoglie tutto il vicinato per vedere la tv.
A differenza degli Usa, dove la tv nasce subito nel circuito commerciale, per cui non si paga canone, in Europa diventa invece strumento culturale delle istituzioni pubbliche. Non essendoci alternativa di scelta, il potere dell'utente era minimo.
La tv come "servizio pubblico" viene pensata non solo come occasione di "intrattenimento", ma anche come strumento di "educazione e informazione". Infatti si pensa ch'essa possa aiutare a combattere l'ignoranza derivante dal diffuso analfabetismo. In tal senso essa contribuisce a creare una lingua nazionale molto più di quanto sia in grado di fare la scuola. Negli altri Paesi europei invece la tv può già contare su un livello medio di scolarizzazione.
La serata di punta della neonata tv è costituita dalla prosa del venerdì (il primo divo della tv è Giorgio Albertazzi che legge delle novelle). La tv viene concepita come un "teatro domestico".
Inizialmente i programmi durano quasi 4 ore. La pubblicità non esiste. Nei giorni feriali le trasmissioni iniziano alle 17,30 con la "Tv dei ragazzi" (che dura 1,30 minuti); poi s'interrompono per riprendere col tg delle 20,45, e durare sino alle 23 (replica del tg). La domenica invece s'inizia alle 11.
Nel '57 si ha una prima svolta: viene introdotta la pubblicità con "Carosello", con questa caratteristica: lo spettacolo prevale sullo spot. In un anno vengono trasmessi 1312 spot (circa 4 al giorno), per una durata di 49 ore (in media 9 minuti al giorno). Dopo "Carosello" bambini e ragazzi vanno a letto.
Nel '58 per la prima volta si decide di organizzare un corso di avviamento professionale per studenti residenti in località prive di scuole. Nel '60 nasce "Non è mai troppo tardi", per combattere l'analfabetismo.
Nel '61 nasce il secondo canale. La giornata tv dura quasi 11 ore. Dal '54 al '61 la quota di programmi dedicati allo spettacolo cala dal 51% al 21,8%, mentre quella culturale sale dal 21% al 48,8% (stabile quella informativa: 30%).
Col termine "cultura" s'intende in tv la fiction di tipo teatrale: prosa, lirica, originali tv, racconti e romanzi sceneggiati (assai pochi i film, i telefilm, i cartoni, anche perché i produttori non vogliono concedere alla tv i diritti di trasmissione). Molti i classici letterari trasmessi in tv: Delitto e castigo, Orgoglio e pregiudizio, L'idiota, Umiliati e offesi, Piccolo mondo antico. La lirica va presto in crisi perché la tv non è in grado di riprodurre l'atmosfera del teatro.
I film sono sempre introdotti da una breve presentazione; i titoli non sono mai recenti e non sempre di grande interesse. Nel '59 si ridurranno a 86 titoli in tutto.
Ciò che rende la tv molto popolare è l'intrattenimento. Il primo programma che scatena entusiastici consensi è "Lascia o raddoppia?" (che imita un programma francese). Tra i programmi di maggior successo, "Un due e tre": i comici Tognazzi e Vianello vengono espulsi dalla Rai per aver preso in giro il Presidente della Repubblica.
Nel '61 la trasmissione più seguita resta sempre il tg (70% degli utenti). Sul piano politico la gestione della Rai è democristiana; la cultura di tendenza è quella umanistica; lo slogan principale è: "I partiti hanno i giornali, il governo ha la Rai". Fino al 1960 nessun leader di partito ha mai parlato in tv.
Gli sport più seguiti sono il calcio e il ciclismo.
STORIA DELLA RAI-TV
(seconda parte)
Nel 1961 il settore economico trainante è quello industriale (38%), poi vi è il terziario (32%), infine l'agricoltura (30%). I consumi privati tra il '51 e il '60 crescono del 65%. Il tasso di crescita di trasporti e telecomunicazioni cresce del 238%! Questo aumentato benessere fa aumentare gli abbonati alla Rai, la quale inoltre beneficia di maggiori introiti derivanti dalla pubblicità. Il monocolore democristiano, che ha dominato dal 1948, è entrato in crisi e si afferma il centro-sinistra. Di qui la nascita nel '61 della seconda rete: si diversifica l'offerta televisiva.
Si notano subito tre novità:
a differenza degli anni '50, allorché si faceva coincidere produzione e messa in onda, si sviluppano i sistemi di registrazione, per cui il prodotto può essere riproposto, conservato e venduto;
sul primo canale il punto di riferimento culturale privilegiato era stato il teatro; sul secondo invece diventa il cinema (la tv è disposta a pubblicizzare la cinematografia, cerca dei registi per la realizzazione degli spot di Carosello e per sceneggiati televisivi);
sul secondo canale le trasmissioni iniziano e finiscano con mezz'ora di ritardo rispetto al primo e vengono offerte delle proposte alternative.
Nel '62, per la prima volta, la tv italiana si può collegare in diretta, via satellite, con l'America. Nascono anche le coproduzioni con paesi stranieri. Le ore di trasmissione diventano 12 (gli spot 17 minuti al giorno). Fino al '68 la situazione non cambierà di molto. Gli abbonati sono 8,2 milioni, ma le persone che dichiarano di vedere la tv sono più del doppio. Per la prima volta l'interesse per i film (80%) supera quello dei tg (75%).
Dal '62 al '68 lo spettacolo resta fermo al 25%, la cultura scende dal 45% al 36% e l'informazione sale dal 29% al 39%. I programmi più graditi sono gli sceneggiati (I promessi sposi, I Miserabili, La Freccia nera...). Il varietà diventa sempre più sfarzoso (Studio uno, Canzonissima, L'amico del giaguaro, Specchio segreto - la prima Candid Camera). Nel '68 si cerca di portare il cabaret nel varietà, ma dopo la performance di Dario Fo vi si rinuncia.
Sul piano sportivo fino al '68 si trasmette solo in differita, ma con le Olimpiadi del Messico inizia la diretta (intercontinentale). Nel giro d'Italia compaiono per la prima volta le telecamere montate sulle motociclette che seguono la corsa.
Nel '68-69 nasce la contestazione studentesca-operaia. Quotidiani e settimanali si svecchiano culturalmente, ma la Rai migliora solo sul piano tecnico-professionale. Questo limite della Rai dipende dalla sua posizione monopolista garantita dallo Stato.
Negli anni '75-76 avviene la svolta: ha termine il monopolio della Rai, che fino a quel momento era stato visto come garante del pluralismo culturale. La Rai passa dal controllo governativo a quello parlamentare. Nascono le emittenti private, prima radiofoniche, poi televisive. Esse hanno ancora il divieto di andare oltre l'ambito locale (150.000 ab. come massimo bacino d'utenza). Prima del '75 le uniche emittenti private che si potevano seguire erano Telemontecarlo, Tv Svizzera e Tv Capodistria.
Nel '79 nasce anche la terza rete Rai, per dar voce alle Regioni, istituite nel '70 (va in onda dalle 19 alle 23). Dal '69 al '75 lo spettacolo nella Rai resta fermo al 23%, la cultura cala dal 39% al 36%, l'informazione sale dal 36% al 40%.
Negli anni '70 la Rai diventa uno dei maggiori produttori cinematografici del Paese (nel '75 i film sono 115). I programmi d'intrattenimento vanno in crisi (Canzonissima è spostata alla domenica pomeriggio, del festival di Sanremo si vede solo l'ultima serata...).
A partire dal '70 nei tg il conduttore sostituisce il lettore e coordina i vari giornalisti presenti in studio. Un anno prima lo sport si era conquistato un proprio spazio dentro il tg. La finale di Coppa Rimet del '70 (Italia-Brasile) raggiunge per la prima volta oltre 28 milioni di telespettatori.
Negli anni '70 vi è il boom delle emittenti private: da 68 nel '76 a 600 nell'81. Il loro palinsesto arriva alle 24 ore su 24. A causa di questa forte concorrenza la Rai subisce una radicale trasformazione: introduce il colore nel '77, nell'81 le ore di trasmissione superano le 19; aumenta notevolmente la pubblicità, il settore culturale scende al 27%, superato da quello dello spettacolo: 37%, mentre l'informazione sale al 35%; acquisisce dagli Usa quasi tutti i film; cerca personaggi di sicuro richiamo per l'intrattenimento... Nell'84 realizza il televideo.
Nel 1980 un'emittente privata della Rizzoli fa il primo tentativo di attacco al monopolio informativo della Rai a livello nazionale. Il tg è diretto da Costanzo. Tuttavia le emittenti private riescono a diffondersi a livello nazionale grazie allo sport. Nel 1980 Canale 5 può trasmettere il Mundialito in diretta in Lombardia e in differita nelle altre regioni. Alcune stazioni della Fininvest vengono oscurate perché trasmettono il tg al di fuori dei loro confini, ma il governo Craxi glielo permette, seppure tramite cassette pre-registrate.
A Milano nasce l'Auditel (Rai + private) per il rilevamento dell'ascolto e per la definizione dei tariffari pubblicitari.
Nell'87 il 90% della programmazione Fininvest è dedicato allo spettacolo, ma nel '94 i palinsesti Rai - Finvest diventano sostanzialmente analoghi.
La storia della televisione digitale
La storia della TV digitale è lunga e appassionante; sarebbe più giusto chiamarla nascita della 'compressione nella televisione', che parte dalla necessità di un segnale digitalizzato o, con parola che io preferisco, numerizzato, che con successivi processamenti di carattere numerico viene trasformato in un segnale in cui vengono eliminate tutte le ridondanze. Infatti, se ritorniamo alle origine storiche, la numerizzazione della televisione era un concetto molto noto, che faceva riferimento a un teorema famoso, quello di Shannon, che si applica a tutti i tipi di segnali, dalla telefonia ai segnali radiofonici, ai segnali televisivi, senza una procedura particolare, senza un'eliminazione della ridondanza. Il segnale televisivo portava delle occupazioni di banda, occupazioni di spettro che erano molto superiori a quelle di un segnale analogico, per cui sembrava che la numerizzazione fosse molto interessante per gli studi ma difficilmente applicabile alla trasmissione e alla diffusione. La rivoluzione vera avvenne intorno agli anni '86-87, quando ci fu un accordo fra la RAI e la società TELETTRA per studiare delle forme di processamento numerico che avrebbero potuto notevolmente ridurre la "bit rate", o la velocità del segnale televisivo. Questo studio, che iniziò in previsione di realizzare qualcosa per i campionati del mondo di calcio del 1990, fu applicato inizialmente come spinta all'alta definizione, perché già la numerizzazione per i segnali normali arrivava ad un segnale di velocità molto elevata - per gli addetti ai lavori è intorno ai 120/140 Megabit -; per un segnale di alta definizione si arrivava a velocità di 1000 Megabit e non c'era nessun sistema trasmissivo allora in grado di trasmettere una velocità così elevata. In quel periodo si pensò di applicare degli algoritmi numerici che associavano al segnale televisivo due forme di compressione: una era l'eliminazione della cosiddetta ridondanza spaziale, l'altra era l'eliminazione della ridondanza temporale. Spieghiamo questi due concetti: se uno guarda un'immagine televisiva, il segnale televisivo, per come è concepito, sarebbe in grado di esaminare punto per punto, i punti della televisione; come forse molti sanno, essi si chiamano "pixel". Grosso modo, in una televisione ad alta definizione, questo numero è molto superiore al milione perché avendo 1250 linee è come fare 1250 linee per 1250: fare una specie di traliccio e moltiplicarlo per il rapporto dei due lati. Nel caso delle nuove televisioni è di sedici noni; quindi, se si fanno queste moltiplicazioni viene un numero molto alto: più di due milioni di pixel. Tutti questi pixel possono essere esaminati punto per punto e se uno di essi fosse bianco, il successivo nero, il successivo colorato, il segnale televisivo sarebbe in grado di dare tutte le informazioni. Tornando al nostro problema, noi abbiamo immagini semplici in cui ci sono delle zone abbastanza uniformi, delle altre che cambiano di colore, delle altre ancora che sono nuovamente uniformi. Pensiamo un caso semplice: se io avessi uno schermo in cui esistono due strisce colorate diversamente, a me basterebbe mandare l'informazione che la prima striscia è di un certo colore, che la seconda striscia è di un certo altro colore e che le larghezze delle strisce una è 10 centimetri, l'altra 15 centimetri. Da ciò si può applicare un segnale complesso attraverso una trasformata di Fourier che riesce a "mappare" un tipo di immagine ad un altro tipo; si tratta di una mappatura complessa che è in grado di concentrare tutta l'informazione intorno ad una zona più ristretta. Questo primo movimento è detto algoritmo, e viene applicato al segnale televisivo; esso riduce la ridondanza spaziale. Per quanto all'epoca si sapesse qualcosa di teorico, non c'era mai stato nessuno che aveva portato queste idee in termini industriali, pratici. Quindi il lavoro fu quello di esaminare tutto ciò che si conosceva dalla letteratura esistente e fare una realizzazione di carattere industriale che all'epoca sembrava impossibile. La riduzione di carattere temporale è più facile da spiegare, ed è assimilabile al concetto di compressione: se noi abbiamo un'immagine televisiva con un determinato sfondo e un oggetto si muove in movimento su uno sfondo che rimane lo stesso, io posso pensare di immagazzinare una immagine e poi di immagazzinare una seconda immagine, con un oggetto, un automobile in movimento, per esempio; opero il confronto fra le due immagini e mando non nuovamente tutta l'informazione ma solo l'informazione-differenza fra i due quadri; questo processo era reso possibile dal fatto che ormai il costo delle memorie era particolarmente diminuito e il fatto di immagazzinare un intero quadro televisivo era una cosa industrialmente fattibile. L'insieme di questi due concetti più altri concetti, come i codici a lunghezza variabile, portarono a ridurre il segnale televisivo dai 1000 Megabit, in un primo tempo a 70 Megabit e quasi subito dopo, con qualche mese di differenza, a 35 Megabit. Già il segnale a 70 Megabit era sufficiente per trasmetterlo attraverso un normale satellite; lo sbocco della ricerca fu la trasmissione tramite satellite, che in quel caso era un satellite sperimentale della RAI che si chiamava 'Olympus'; riuscimmo a trasmettere in varie sedi d'Italia e anche fino a Barcellona, per fibra ottica, le partite del campionato mondiale di calcio del '90 in alta definizione con risultati assolutamente eccezionali. Questo discorso va inserito in una polemica nell'ambito dell'Unione Europea (allora si chiamava Comunità Europea) e dei progetti finanziati di ricerca. In quel momento, tutto un gruppo di paesi europei inseguiva uno standard che si chiamava HD-Mac, che era uno standard di alta definizione in cui l'Europa era abbastanza all'avanguardia anche se seguiva uno standard giapponese; quest'ultimo era, fondamentalmente, uno standard di natura analogica. Queste nuove idee si inserirono in una situazione precostituita, difficile da combattere. (La RAI a quell'epoca già faceva parte anche del gruppo dell'HD-Mac). Comunque, i nostri partner dissero: "Abbiamo già speso tanti soldi, e bisogna che noi continuiamo su questa strada". Questo è un grosso errore, perché, in genere, nei grandi investimenti si guarda il futuro e non si guarda mai il passato, specialmente se uno ha fatto degli errori; avendo commesso un errore, io dissi una frase che ricordo ancora: "Avete speso 1500 miliardi, c'è il rischio di spenderne altri 1500 senza avere nessun risultato"; questo perché come RAI e come TELETTRA, (della quale all'epoca ero direttore generale), eravamo fortemente convinti che solo attraverso la televisione digitale numerica compressa si sarebbe avuto veramente qualcosa di fortemente innovativo e qualcosa di vincente. In realtà, la Comunità Europea elargì anche un finanziamento a un progetto, però molto più piccolo, che si chiamava "Eureka 625", nel quale si confinò Italia e Spagna per perseguire questo discorso della televisione digitale. In realtà, gli studi svolti allora furono la base fondamentale di quello che poi, successivamente, fu lo standard MPEG-1, MPEG-2, perché i concetti di base della riduzione della ridondanza spaziale e di riduzione della ridondanza temporale, anche nell'MPEG-2, sono ancora quelli di quell'epoca storica. Per dire l'importanza che ebbe in quel momento questa introduzione e quanto all'estero furono rapidi a percepire le novità che portava vorrei ricordare una presentazione del sistema nel 1989 alla mostra più importante di broadcasting nel mondo, che si chiama il N.A.B. e che viene appunto effettuata a Las Vegas. In quella mostra, nonostante le dimensioni umili dello stand dove RAI e TELETTRA presentarono questa novità, in realtà, le persone veramente esperte capirono la rivoluzione apportata dalla nuova compressione digitale e io ricordo che il "numero uno" tecnico della SONY passò dicendo: "Vedete? Questa è la cosa più importante che viene presentata in questa grande mostra". Ciò fece molto piacere ai ricercatori della TELETTRA che erano lì presenti, e ai ricercatori della RAI, che erano stati, insieme ad altri, i fautori delle idee che erano state, poi, realizzate industrialmente. Un altro episodio: la persona che viene considerata ancora oggi un padre tecnologico della televisione americana, che ha avuto grandi influenze nelle commissioni tecniche, Flaherty, volle incontrarmi per una discussione su questo metodo; in realtà la discussione fu molto rapida e lui semplicemente chiese: "Ma quel prodotto che è stato mostrato e che mi è stato raccontato è un prodotto industriale ?" In realtà io affermai che era un prodotto industriale, molto più di un prototipo. "Bene, bene", disse, e poi, trascorso un mese, gli Stati Uniti decisero di passare dagli studi di standard analogici per l'alta definizione al digitale, recuperando la prima posizione che invece avevano perso rispetto all'Europa, quando l'Europa aveva iniziato gli studi dell'HD-Mac. Successivamente, negli Stati Uniti ci fu una grande attenzione a questo prodotto perché volevano anche operare una distribuzione terrestre di alta definizione; le vendite - siamo al '91- degli apparati, avvennero per un'applicazione molto particolare e molto interessante. Le riprese effettuate dalla N.A.S.A. nei lanci spaziali vengono sempre effettuate in alta definizione; infatti, fu dimostrato che all'epoca del famoso incidente del Challenger, se si fosse avuta una ripresa ad alta definizione che avesse potuto far intravedere, come in effetti si dimostrò, che il razzo cominciava ad avere una fessurazione, avrebbero potuto, da terra, spegnere immediatamente i razzi vettori e con alta probabilità si sarebbe potuto risparmiare quell'incidente che costò tante vite umane. Nell'applicazione professionale l'alta definizione ebbe subito un grande successo: applicazione nella manipolazione, per esempio, di materiali nucleari, applicazioni spaziali, applicazioni alla ripresa di operazioni in microchirurgia oppure applicazioni in documentari artistici. Viceversa, l'alta definizione aveva spalancato tante speranze. Intanto, perché lo spettatore entra, in un certo senso, nell'immagine, in quanto può avvicinarsi molto più allo schermo e vede lo schermo sotto un angolo, che è di circa 30°, al di là del quale non è confuso da movimenti che l'occhio potrebbe avere invece nell'angolo sotto cui normalmente vede la televisione normale. Questa è la ragione per cui un film appare molto più coinvolgente visto al cinema di quanto non lo sia alla televisione. Sfortunatamente, in realtà, è mancato all'alta definizione un elemento che forse oggi sta arrivando, con molti anni di ritardo: il grande schermo piatto. Solo col grande schermo piatto si può godere di tutti i vantaggi che può offrire l'alta definizione. Nacque un importante periodo in cui si discusse come utilizzare tutto questo know-how, tutta questa esperienza e si passò all'applicazione delle metodologie nate storicamente per l'alta definizione sui segnali televisivi normali; di qui tutta la serie di applicazioni di satelliti digitali, applicazioni di cavo digitali sulla diffusione terrestre, che hanno sconvolto completamente il panorama televisivo che in quel momento esisteva e che era solo ed esclusivamente un panorama di trasmissione analogica su broadcasting terrestre.
Gli standard, pure normalmente rallentando l'introduzione delle novità, sono tuttavia essenziali per un funzionamento allargato, tanto più per la televisione che ricerca mercati mondiali e non locali. Come forse è ben noto a tutti, nel caso della televisione a colori per la quale esistono tre standard diversi a livello mondiale, non si riuscì ad introdurre uno standard unico! Questi standard sono: gli americani, che iniziarono col cosiddetto NTSC, essendo stati i primi a introdurre il colore; successivamente, in Europa, si verificò una lotta fra due standard: uno tedesco, il PAL, e l'altro ideato dai francesi, il SECAM; in particolare in Italia ciò diede luogo, per qualche anno, a una specie di dead-lock, di stallo. L'Italia decise per il PAL - quasi tutta l'Europa decise per il PAL- ad eccezione della Francia e della Russia, che, invece, decisero per il SECAM. I tre sistemi non erano compatibili. In quel momento, avere un televisore che fosse in grado di ricevere tutti e tre gli standard era impossibile; oggi, con gli integrati, un televisore ad un prezzo un po' più elevato degli altri è in grado di ricevere tutti e tre gli standard. A quel tempo il discorso di avere un televisore su un determinato standard era fondamentale per costruire l'apparecchio, ragione per la quale, fra l'altro, l'industria di consumer italiana che allora era una delle migliori del mondo, fu bloccata da questo stallo tra PAL e SECAM; dopo quattro anni uscì dal mercato mondiale! Lo standard che si cominciò a studiare per la televisione digitale compressa fu accettato sia dai broadcaster sia dall'industria informatica e dall'industria di consumer. Questo standard, in un primo tentativo, fu chiamato MPEG-1; quello più usato oggi e più classico è l'MPEG-2: è uno standard a valenza assolutamente mondiale. Fra l'altro, una delle caratteristiche di questo standard che ne fa veramente una punta particolarmente avanzata è che, fermo restando il decoder all'interno del televisore, delle modifiche, delle idee nuove, dei nuovi brevetti nella parte di codifica, se ne poteva migliorare il sistema senza variare la parte di decoder che è all'interno del televisore. Ritengo che l'MPEG-2 vada paragonato a un altro standard: il cosiddetto protocollo TCP/IP impiegato in Internet. Come molti forse sanno, Internet nacque da studi su rete militari costruite come un traliccio in cui, in caso di distruzione di un nodo nevralgico della rete, l'informazione avrebbe dovuto comunque arrivare per altre strade al punto di ricezione. In questo caso si trattava di organizzare una forma di trasmissione che agisse per pacchetti all'interno dei quali c'era l'indirizzo del mittente e l'indirizzo del destinatario, e che potessero essere riorganizzati nell'ordine logico anche se avevano seguito strade diverse una volta arrivate al destinatario. Questo complesso di regole prende il nome di protocollo TCP/IP, che è stato sconvolgente in quanto ha permesso a due computer di marca diversa di potere comunicare fra di loro.
Oltre lo standard MPEG-2, che è uno standard di codifica, è molto importante distinguere, negli standard l'applicazione, un altro complesso di standard che sono quelli studiati per la diffusione del segnale. Per quanto riguarda l'MPEG-2 l'Europa si è differenziata dagli Stati Uniti, anche se gli standard studiati in Europa sono stati usati in molti paesi anglosassoni, come l'Australia; quasi sicuramente questi standard saranno introdotti in tutto il Sud America e probabilmente anche in Giappone. Questo complesso di standard per la diffusione dei segnali si chiama D.V.B., Digital Video Broadcasting, dal nome del gruppo che ha studiato questi standard applicandoli a tutti i diversi sistemi di diffusione che man mano si stavano presentando sul mercato; abbiamo il D.V.B. \S che vuol dire lo standard di diffusione da satellite, il DVB\C che vuol dire lo standard di diffusione per il cavo, e abbiamo anche il DVB\T che vuol dire lo standard della televisione digitale terrestre. Abbiamo anche uno standard che sarà usato per il doppino. Questi standard hanno una certa coerenza fra di loro. Ad esempio, nel caso della diffusione da satellite, in cui nell'interno di un transponder, proprio per effetto di quella compressione cui si è parlato, abbiamo un pacchetto di canali in luogo di un solo canale, perché dove all'interno di un transponder stava un solo segnale analogico, oggi siamo in grado di fare stare sette, otto segnali digitali con un vincolo: deve essere trasmesso un pacchetto di canali tutto assieme, dentro lo stesso transponder. Questo pacchetto di segnali deve essere trasmesso con una certa modulazione che nel caso del satellite è la cosiddetta modulazione QAM, Quadrature Amplitude Modulation; deve essere ricevuto e riconosciuto nell'ambito del pacchetto il canale che io desidero, ma nel caso del satellite si può usare un tipo di modulazione che è particolarmente adatta per questa trasmissione e che occupa una banda eventualmente più estesa di quella invece che si può utilizzare nel cavo. In pratica, una regoletta che si può ricordare è che un transponder satellitare ha una banda di 36 MHz, che era la banda necessaria a trasmettere un segnale analogico in modulazione di frequenza. Oggi si riesce a far stare in un pacchetto, ripeto, circa 32 Megabit, con diversi codici che proteggono il segnale da una serie di disturbi che potrebbero danneggiarlo. Nel momento in cui questi 32 Megabit viaggiano, invece, su un cavo coassiale, la banda che normalmente veniva assegnata a un canale analogico è di 8 MHz e il tentativo, quindi, che si è fatto, è di prendere il pacchetto del satellite e riuscire, dai 36 MHz del transponder del satellite, a introdurlo dentro un canale da 8 MHz. Occorreva, ovviamente, aumentare il numero di livelli, altrimenti quest'operazione sarebbe stata impossibile, e si è riusciti ad utilizzare una tecnica di modulazione a 64 livelli, 64 QAM, che permette di introdurre la modulazione da satellite dentro un canale a 8 MHz. Torniamo allo standard MPEG-2. Che risultati ha ottenuto di compressione? Ulteriormente più spinti di quelli che si erano previsti. In pratica, se prendiamo un segnale televisivo normale e pensassimo di non applicare alcun metodo di compressione, la numerizzazione di questo segnale ci porterebbe ad una velocità tra i 120 e i 140 Megabit al secondo. Attraverso l'MPEG-2 noi possiamo avere una velocità per un canale di qualità ottima di 8 Megabit, oppure di 6 Megabit fino ad arrivare ad un rapporto di compressione di 70 in quanto, ad esempio, per teledidattica, si possono avere ottimi risultati con un 2 Megabit. Abbiamo detto che partivamo da 140 Megabit, ma si può arrivare a 2 Megabit con ottimi risultati e quindi con un rapporto di compressione fino a 70. Se, invece, si deve vedere una partita di calcio o una scena in forte movimento, allora, il rapporto di compressione, per avere una buona qualità, deve essere ridotto; si può ritenere, però, che con 8 Megabit si dà una qualità di diffusione in digitale che è equivalente al migliore PAL. Naturalmente, qual è il vantaggio del digitale? Che si possono mettere insieme più canali occupando lo stesso spazio e lo stesso spettro che occupava un canale analogico. Se si usa un transponder da satellite che ha una larghezza di banda di 36 MHz, si può introdurre, attraverso la modulazione più adatta per il satellite che è il QPSK, fino a 32 Megabit di informazione. A questi 32 Megabit al secondo di informazione con i numeri che prima ho citato, possono corrispondere o quattro canali di alta qualità o addirittura, al limite estremo, 16 canali a 2 Megabit di qualità inferiore. Normalmente, un complesso di canali è un mix di canali un po' difficili da comprimere e canali un po' meno difficili, per cui si può dire che con le tecniche moderne si è in grado di mettere insieme tra gli 8 ai 9 canali dove prima esisteva soltanto un canale. Fra l'altro si è anche sviluppata recentemente una tecnica, la cosiddetta multiplazione statistica, per la quale, quando si mettono insieme questi canali, in realtà se ne misura, in un certo senso, il grado di velocità di movimento degli oggetti e si assegnano statisticamente velocità diverse a seconda delle necessità. Tornando all'esempio della partita di calcio: quando si fischia un fallo, la partita si arresta; in questo caso il programma non richiede sicuramente gli 8 Megabit a cui prima avevamo accennato, ma può benissimo scendere a una velocità molto inferiore. In quello stesso momento, a un altro programma può essere data una maggiore velocità. Abbiamo, dunque, introdotto un concetto molto diverso da quello analogico: i canali non hanno tutti necessariamente la stessa qualità, ma si possono dare velocità diverse, e abbiamo introdotto un secondo concetto per il quale è necessario, per ottimizzare meglio i sistemi diffusivi, formare un pacchetto, un package, che è l'insieme di un certo numero di canali. Naturalmente, nel mettere insieme i canali, si possono aggiungere altri tipi di informazione nello stesso pacchetto di informazioni, come i giochi elettronici. Il pacchetto ha anche un aspetto svantaggioso, perché si è costretti ad avere un luogo fisico in cui si deve formare e si deve mandare con un uplink da satellite, attraverso un transponder affinché sia in grado di essere diffuso. Recentissimamente, però, sono stati introdotti dei metodi, che si chiamano Skyplex, in cui la formazione di questo pacchetto viene fatta, in realtà, all'interno del satellite, per cui una stazione televisiva, anche piccola e isolata, attraverso un uplink di dimensioni modeste, può direttamente andare ad accedere al pacchetto e poi essere ricevuta a terra. Partiamo innanzitutto dal satellite. Il satellite è caratterizzato da standard di trasmissioni ben precisi; forse è il metodo oggi più usato per le nuove televisioni tematiche perché nel momento in cui abbiamo aumentato enormemente il numero di canali anche l'offerta di tipo televisivo è cambiata sostanzialmente. Non è necessario più fare un canale generalista come le televisioni terrestri con molti generi ma è possibile associare diversi canali tematici in un unico pacchetto; l'utente può selezionare il canale che lui preferisce. Naturalmente, anche i metodi di produzione debbono essere tali che il costo di ciascun canale tematico sia notevolmente inferiore al costo di un canale generalista. Una regola molto semplice potrebbe essere che un pacchetto di canali tematici debba costare quanto un intero canale generalista. Sul satellite, la larghezza di banda di un transponder è 36 MHz, il pacchetto di informazione che si invia, normalmente, è intorno a 32 Megabit e possiamo dire che abbiamo quasi un ordine di grandezza in più di canali da trasmettere. Se pensiamo che i satelliti in orbita o già annunciati sono un numero abbastanza elevato, solo guardando i satelliti del gruppo 'Eutelsat' e quelli del consorzio 'Astra', noi possiamo considerare che nel 2000 si avrà, potenzialmente, la capacità di ricevere dai 1000 ai 2000 canali tematici. E' una quantità spaventosa che soprattutto dovrà essere riempita di buoni contenuti, e anche se non è un problema tecnico è di fondamentale importanza. Nel caso del cavo le limitazioni sono ancora minori perché il numero di canali trasmittibili nel cavo è estremamente elevato, anche perché ogni pacchetto occupa solo una banda di 8 MHz; possiamo dire che un cavo è in grado di trasmettere 200 slot a 8 MHz o anche di più, per cui il numero di canali diventa, anche in questo caso, superiore ai 2000. Ci sono però altri metodi di cui vale la pena parlare: uno è il metodo della diffusione terrestre. Si tratta di un metodo in cui la difficoltà di diffusione nasce dal fatto che in una situazione come quella italiana si ha difficoltà a liberare delle frequenze che permettano l'inizio di un circolo virtuoso in cui si comincia a trasmettere in digitale magari al posto di uno, quattro, cinque canali. Evidentemente, bisogna tenere conto della coesistenza tra i vecchi televisori analogici e nuovi televisori digitali. Esistono degli altri sistemi ancora, come la televisione cellulare. La televisione cellulare è un sistema estremamente interessante in quanto, pur operando a microonde, a frequenze altissime, 40 GHz, ha la capacità a tutti gli effetti di equivalere ad una cablatura che, come sappiamo, è piuttosto costosa. In città piccole o particolarmente distribuite, con edifici piccoli, potrebbe essere estremamente interessante l'impiego di questa televisione cellulare che, pur essendo un sistema fortemente direttivo, è comunque di broadcasting; ha frequenze molto alte, che vengono ricevute da sistemi che assomigliano molto a quelli delle antenne paraboliche, tranne che in luogo di un'antenna parabolica si ha una trombetta delle dimensioni circa di 10 centimetri, quindi estremamente piccole e anche poco disturbante dal punto di vista ambientale. Il segnale ricevuto viene successivamente convertito da 40 GHz a 12 GHz e tutto il resto rimane l'impianto di tipo satellitare. Debbo, anche in questo caso, introdurre nuovamente un discorso che riguarda i contenuti: una distribuzione di questo tipo non avrebbe un particolare senso se io interconnettessi il mio sistema di televisione cellulare con un satellite, perché tanto varrebbe ricevere direttamente dal satellite. Questo sistema ha, invece, una particolare importanza se io prendo un sistema in parte da satellite, lo combino con canali di tipo locali o con informazioni di canali locali e do anche la possibilità, nel mio sistema, di avere delle vie di ritorno che arrivano ad un centro di servizio di natura locale. Questo processo riguarda, appunto, la televisione cellulare, che normalmente combina programmi di valenza nazionale con programmi, invece, di valenza locale.
La televisione cellulare si divide a seconda della gamma di frequenza usata in due grandi bande: sotto i 10 GHz e sopra i 10 GHz. Sotto i 10 GHz come sistemistica di modulazione usa quella del cavo: il pacchetto di informazione dei canali tematici deve stare entro 8 MHz; sopra i 10 GHz, invece, impiega quella relativa al satellite. C'è più spazio disponibile e, quindi, si ha la possibilità di mettere un pacchetto di canali in uno spazio di 36 MHz. Abbiamo un altro sistema, molto di moda in questo momento in Italia, che è il sistema che viaggia sul doppino di abbonato e che prende il nome di ADSL, Asymmetric Digital Subscriber Loop. E' un sistema noto in questo momento perché quando Telecom ha deciso di interrompere il piano di cablaggio Socrate, ha affermato: "La tecnologia è matura per un sistema di distribuzione della televisione su doppino". In realtà questo sistema è nato alcuni anni fa, ed è estremamente promettente; esso impiega lo stesso tipo di modulazione OFDM usato dalla televisione digitale terrestre e riesce a far trasmettere per mezzo di un doppino - nato storicamente nel 1800 per trasmettere una telefonata- un intero canale televisivo di circa 6 Megabit. Poiché il canale televisivo al massimo ne può arrivare uno alla volta, ovviamente, la sistemistica che è dietro l'ADSL è sostanzialmente diversa dalla sistemistica di un cablaggio. Nel caso di un cablaggio il sistema, se vogliamo, assomiglia molto a quello del satellite: si riceve a casa su un cavo, proprio nell'apparecchio, tutti i possibili canali trasmessi e ci si sintonizza su quello che si desidera. Nel caso, invece, dell'ADSL è essenziale che si abbia un comando che va verso la centrale; nella centrale si ha una specie di commutazione analoga a quella usata per la telefonia che fa la selezione di quello che si desidera. Naturalmente, il doppino deve essere integrato con due scatole di alta tecnologia ma di costo ormai abbastanza ridotto: una lato centrale e l'altra lato utente, le quali permettono di estendere la sua capacità di trasmissione fino a potere trasmettere un canale televisivo. Si tratta di un sistema molto bello, molto avanzato, straordinario anche dal punto di vista tecnico, e va considerato, però, un sistema di transizione, anche se potrà durare 10-15 anni. Il punto di arrivo finale verso l'utente sarà la fibra che porterà non più bande limitate, ma una banda amplissima nei due sensi che renderà possibile, per esempio, videoconferenze standosene a casa. Questi sono i metodi di diffusione: siamo partiti dal satellite, abbiamo illustrato tutti i metodi in cavo, a cui mi sembra giusto, per completare, aggiungere la diffusione terrestre, sempre di tipo numerico, che completa il quadro di tutte le possibili forme di diffusione, almeno allo stato attuale della tecnica.
Il metodo più classico e tradizionale è la diffusione digitale terrestre, via broadcasting terrestre, che è stata anch'essa analizzata e standardizzata attraverso un sistema di modulazione che, guarda caso, è ancora una modulazione OFDM come l'ADSL. E' una modulazione particolarmente robusta alle riflessioni e alle interferenze e quindi è indicata, in particolare, per ricezioni anche di televisioni da oggetti in movimento, sopra un pullman ad esempio, o per televisioni portatili. La televisione digitale terrestre, tuttavia, in futuro sostituirà totalmente l'attuale televisione analogica terrestre. Anche se passiamo dal campo televisivo al campo radiofonico, sembra essenziale citare un sistema moderno che, fra l'altro, la RAI sta installando sperando di raggiungere il 60% della copertura alla fine di quest'anno; si tratta del sistema radiofonico DAB, che vuol dire Digital Audio Broadcasting. E' un sistema in cui, oltre ad ottenere le qualità di un Compact Disc, si hanno delle prestazioni ausiliarie che ne fanno il primo vero sistema multimediale che andrà in servizio. Infatti il DAB è formato in questa maniera: in primo luogo non usa la normale banda radiofonica ma usa una banda televisiva nell'ambito del VHF, suddivisa in quattro sottobande. Ognuna di queste quattro sottobande, che si chiamano "blocchi" e che sono circa 1,5 MHz, è in grado di avere 2 Megabit di informazioni; 2 Megabit di informazioni sono sufficienti a trasmettere 6 canali stereofonici di alta qualità; se in luogo dei 6 canali stereofonici di alta qualità, ad esempio, si vogliono trasmettere 3 canali radiofonici più qualcosa di multimediale a banda larga, si può combinare nel pacchetto questo particolare tipo di trasmissione. Ad esempio, si possono benissimo combinare insieme al suono di alta qualità immagini ferme o immagini in movimento. Il DAB è stato anch'esso standardizzato, usa ancora questa straordinaria modulazione OFDM resistente alle interferenze, alle riflessioni ed è quindi particolarmente adatto per l'utenza mobile. Naturalmente, perché possa avere successo debbono uscire - avverrà fra pochi mesi - delle radio con tutte le prestazioni radio da automobili, ma con incorporata, oltre la modulazione di frequenza, anche il sistema DAB. Si pensa che entro la fine dell'anno si possano avere con un prezzo di poco superiore alla categoria delle autoradio di qualità elevata che attualmente sono disponibili in commercio.
Si è parlato di codifica del segnale televisivo, si è parlato di come diffondere questo segnale televisivo attraverso i diversi mezzi; a questo punto, è necessario spiegare come questo segnale sia ricevuto a casa dell'utente. Per molti anni il segnale digitale verrà ricevuto attraverso degli apparati di costo sempre più limitato e sempre più piccoli che verranno posti sopra il normale e tradizionale televisore. Credo che proprio per tale ragione questi apparati abbiano assunto il nome di "Set top box", di scatola sopra il set televisivo. Questi set top box, o 'decoder', sono quelli che hanno la funzione di interpretare i segnali digitali e di farli capire al vecchio televisore analogico. Certamente, tempo qualche anno, i televisori di moderna generazione avranno, al loro interno, totalmente, anche le funzioni di decodifica dei segnali digitali; esistono, però, diverse varianti da tenere in considerazione: c'è la variante per il satellite, c'è la variante per il cavo, c'è la variante per ADSL, c'è la variante da televisione cellulare. Tutti questi diversi ricevitori che una volta avrebbero spaventato un costruttore di televisori, certamente in un futuro prossimo saranno degli strumenti ad alta integrazione e il loro costo sarà limitato; è presumibile che un televisore del futuro permetta tutte queste possibili varianti in modo che diventi la vera macchina attraverso cui si potrà ricevere da tutto il mondo e in tutti i modi possibili. Quali sono le funzioni del decoder? Sono essenzialmente due: il cuore del decoder è costituito dalla funzione di decodifica dei segnali televisivi attraverso un processo inverso di quello che era l'MPEG-2. l'MPEG-2 è il processo di codifica; naturalmente esiste anche la catena di decodifica nello standard MPEG-2 e abbiamo detto che nello standard MPEG-2 si può avere un decoder fisso, mentre ulteriori progressi possono avvenire nei codificatori che migliorano le immagini ricevute e che permettono alle aziende che hanno inventiva di potere anche sfruttare brevetti nuovi. Un'altra parte importante di questo cuore è costituita dai cosiddetti sistemi di decriptaggio. Se il decoder nelle televisioni tematiche è usato essenzialmente per la televisione a pagamento, bisogna che ci sia anche un sistema che sia in grado di interpretare e decriptare i segnali che alla fonte sono stati criptati per impedire la pirateria e per creare, ovviamente, una televisione a pagamento. Ancora una sezione importante del decoder è la sezione che differenzia le macchine, ma che in futuro potranno essere tutte introdotte nello stesso tipo di apparato, che è il mezzo da cui io ricevo. Se ricevo da satellite, ho un decoder da satellite in cui c'è una sezione di ricezione che si occupa dell'elaborazione del segnale per estrarre dalla modulazione che ho usato il pacchetto digitale che deve essere decodificato. Se, invece, ricevo dal cavo, ho un decoder da cavo, se ricevo da ADSL, ho un decoder da ADSL. Questo complesso di funzioni è legato anche ai sistemi di criptaggio che vengono impiegati, i quali si dividono in due grandi categorie. La prima comprende i sistemi, chiamiamoli così, di tipo "proprietario", in cui il Service Provider tenta di difendere l'intera catena del valore di tutto il sistema; quindi, nel momento in cui voi comprate un decoder siete legati al fornitore che vi fornisce anche determinati tipi di programmi. Esiste, poi, il decoder comprabile in un qualunque negozio, aperto a diversi possibili Service Provider, che è caratterizzato da una semplice piastrina che uno può infilare nel proprio set top box. In realtà, i decoder sono normalmente usati con una piastrina che si infila nel set top box attraverso il cosiddetto connettore, o interfaccia PCMCIA, la stessa interfaccia che si usa in un computer quando si introduce un modulatore. Attraverso questa stessa interfaccia io posso, nel mio decoder, introdurre quella piastrina che caratterizza il tipo di criptaggio che quel particolare Service Provider impiega. Se sono scontento di quel Service Provider, estraggo la cartolina, gliela restituisco, e vado da un altro Service Provider che mi darà un'altra piastrina che caratterizza proprio il suo metodo di criptaggio. Esiste anche la carta intelligente, la Smart Card, dalle dimensioni identiche ad una carta di credito, che si introduce in un'altra fessura e che invece caratterizza il profilo di servizio che si richiede a quel particolare Service Provider. Se, ad esempio, voglio un pacchetto specifico di canali tematici, che in genere si dicono Basic - c'è il Basic 1, il Basic 2 e così via di seguito - posso usare la carta intelligente che raccoglie tutte le informazioni sui canali. Il decoder è un "Gate" fondamentale per il sistema non solo televisivo ma anche per il sistema delle telecomunicazioni. L'evoluzione dei sistemi sta andando verso l'uso sempre più massiccio di forme multimediali di comunicazione, intendendo per multimediali il trasferimento di informazioni caratterizzate da una combinazione di testi, immagini fisse, immagini in movimento, grafici, da diverse forme espressive con le quali riesco a esprimere al meglio il contenuto informativo del mio messaggio. Se questa è la definizione di multimedialità, si ha bisogno di sistemi diffusivi che siano in grado di trasmettere tutte queste informazioni. Nel passato esistevano reti un po' differenziate; oggi, poiché tutti questi segnali sono numerizzati, digitalizzati, l'elemento comune che unifica anche i ricevitori e i metodi di trasmissione è il bit. I bit sono, evidentemente, alcuni relativi all'immagine televisiva, molto meno relativi a un sonoro, pochi relativi a una scrittura; tuttavia, sono sempre bit e questo è stato l'elemento vero e unificante di tutto il sistema.
Attraverso un decoder non solo può passare una semplice immagine televisiva ma può passare, in realtà, tutto il complesso di informazioni che caratterizzano la multimedialità. In realtà, una delle forme che maggiormente caratterizza la multimedialità, anche con i limiti attuali, è Internet. Esso è un sistema che ha avuto successo mondiale in quanto è caratterizzato dalla possibilità di mandare, attraverso la linea telefonica, una richiesta e di ricevere sulla stessa linea telefonica un messaggio multimediale interattivo, in quanto è stato richiesto dall'utente, ed è personalizzato. Attraverso Internet si accede a un database; questo database risponde ma in quel momento il messaggio viene indirizzato soltanto all'utente che lo ha richiesto. Questa possibilità di multimedialità interattiva personalizzata sarà il mercato del futuro. Nell'ambito di un decoder si ha, quindi, la possibilità di avere un vero e proprio sistema operativo che governa il sistema, il quale è aperto alla gestione non solo di segnali di tipo televisivo e non solo del sistema di criptaggio, ma è aperto anche alla possibilità di gestire la ricezione di Internet. In questo caso il televisore diventa, o meglio - il decoder - diventa il "Gate" attraverso il quale a casa dell'utente può entrare della multimedialità. Il decoder è uno strumento che supera l'aspetto puramente televisivo per diventare quello che viene detto il "Gate keeper" della futura multimedialità domestica. Per fare questo, in realtà, occorre però che lo schermo televisivo abbia lo stesso grado di definizione di uno schermo da computer. Questo processamento, affinché lo schermo televisivo che intrinsecamente non avrebbe quel grado di definizione possa raggiungere le stesse prestazioni del video di un computer, si ha attraverso una tecnologia chiamata "Web TV". "Web TV" era il nome anche di una società comprata dalla Microsoft.
Combinando i concetti di Web TV, di possibilità di mandare informazioni di tipo Internet oltre a quelle televisive, si ha un sistema in grado di fornire una serie di servizi multimediali interattivi di tipo domestico. Si verificò, negli anni passati, tra i fabbricanti di televisori e quelli di computer una diatriba. Il televisore evolveva sempre di più verso funzioni da computer, e veniva chiamato "Teleputer", i fabbricanti di PC che vedevano sempre di più evolvere il computer verso sistemi di televisione lo chiamavano "Compuvision". In realtà, nel futuro, questo strumento sarà sicuramente la fusione tra il Teleputer e il Compuvision, con caratteristiche di interfaccia uomo-macchine sostanzialmente differenti: il Teleputer sarà essenzialmente un sistema a grande schermo, quindi da multimedialità domestica. Nella casa del futuro avrà anche prestazioni da computer ma sarà soprattutto curato nel surrounding, in tutta la parte sonora, in modo da avere un sistema di alta qualità di Home Theatre. Viceversa, nell'applicazione da ufficio, da tavolo di lavoro, anche nell'ambito domestico, il Compuvision sarà un sistema sempre a schermo limitato, abbastanza piccolo, molto facile da accedere come interfaccia uomo-macchina, ma più limitato, o più orientato ai sistemi d'ingresso attuali tipo computer a finestre.
Oggi si parla molto di convergenza ma bisognerebbe sempre specificare di che tipo di convergenza si tratta. La prima è la convergenza tecnologica tra informatica e telecomunicazioni; la seconda è la convergenza delle infrastrutture, ossia dei mezzi trasmissivi: il mezzo trasmissivo che prima era adatto solo per la televisione o la telefonia, oggi, dovendo trasportare dei bit, è adatto a trasmettere tutti i tipi d'informazione; un'altra convergenza, forse è la più importante di tutte, è quella dei business che aprono mercati di dimensione nuova. Esiste anche una convergenza dei media, nel senso che non è più vero, come nel passato, che la radio sia un mezzo totalmente diverso dalla televisione. Abbiamo visto il DAB che è, fondamentalmente, in grado di trasmettere anche facilmente delle immagini ferme e in leggero movimento; si tratta, quindi, di una convergenza di forme espressive che tenderanno ad essere meno differenziate di quanto lo siano state nel passato. Con il termine 'convergenza', dunque, si intende questo grandioso fenomeno che è l'insieme di tutte queste diverse forme di comunicazione. Se questo significato di convergenza lo assimiliamo al mercato, possiamo distinguere quattro settori fondamentali di esso: il settore dei computer, ossia dell'informatica, il settore delle telecomunicazioni, il settore dei contenuti o dei 'content' e il settore del 'consumer', ovvero degli apparati domestici a costi particolarmente bassi. Questa convergenza si chiama delle "4 C", ed è caratterizzata da un immenso mercato che viene valutato in 3000 miliardi di dollari statunitensi nel 2010. Da studi statistici si è rilevata la prospettiva di un mercato di dimensioni gigantesche; in questo mercato è rintracciabile il settore della multimedialità interattiva di tipo personalizzato o, se si vuole, della multimedialità online. Infatti, noi continueremo ad avere un mercato puro delle telecomunicazioni, un mercato puro dei contenuti, un mercato puro del consumer, un mercato del computer; ma i mercati più interessanti si hanno nelle intersezioni: se mettiamo insieme il consumer e le telecomunicazioni o le comunicazioni, abbiamo il mercato attuale dei broadcaster; se uniamo il mercato del computer con quello dei content abbiamo il mercato attuale dei CD ROM, ovvero della multimedialità off-line. Il mercato di gran lunga più interessante è quello che combinerà computer, comunicazioni e contenuti: il mercato della multimedialità online, tipo Internet, con sistemi a banda larga che permettono anche di trasmettere televisione oltre che messaggi di natura scritta o immagini. Questo immenso mercato si svilupperà all'incrocio di tutte queste 'C' che abbiamo elencato ed è essenzialmente caratterizzato dalla multimedialità di tipo personalizzato. L'interattività può essere di tipo simmetrico o asimmetrico. Se io ho necessità di richiedere un film, quello che si chiama "video on demand", posso mandare l'informazione anche su linea telefonica, perché è un'informazione a bassa velocità; in realtà è solo il titolo del film. Quando questa informazione arriva a un centro di servizio, quest'ultimo riesce, dall'invio di pochi bit, a riconoscere il mio desiderio e mi manda in senso contrario il film. Il film può durare due ore, va a velocità molto alta e occupa una porzione di spettro, di risorse, molto importante. Questo tipo di interattività che alcuni chiamano debole, io preferisco chiamarla assimmetrica perché se voglio il video on demand il servizio è completo. Per questo tipo d'interattività occorrono, quindi, velocità molto differenti nei due sensi. Anche un satellite, quindi, può realizzare un tipo di interattività assimmetrica, però sembrerebbe assurdo che una frequenza da satellite in grado di coprire tutta l'Europa, la si usi in senso personalizzato, per un solo utente. Se dal punto di vista tecnico l'interattività sarebbe possibile, dal punto di vista pratico ed economico sicuramente non viene effettuata. Diverso è il caso di un cavo, in cui non si sprecano risorse di uso generalizzato e si può avere a casa un'interattività di tipo personalizzato; ecco perché un punto di arrivo fra vent'anni sarà sicuramente quello di avere un sistema in cavo, per di più simmetrico come la fibra ottica, che permette, da un lato, di avere tutte le forme di multimedialità possibili online, ma nello stesso tempo di non ingombrare risorse dello spettro che andranno sempre di più verso i servizi mobili. In questo scenario così complesso sono state dette diverse cose; probabilmente, alcune molto affrettate, quale può essere la strategia e la politica della RAI: se pensiamo all'incrocio dei due mercati - contenuti e comunicazioni - che danno luogo al broadcasting e pensiamo invece all'incrocio più generale dei mercati, compreso il computer, compreso il consumer che abbiamo denominato multimedialità online, per la RAI si pone il problema di come spostarsi dall'attuale fornitura di servizi o canali generalizzati, canali generalisti da servizio pubblico ad una zona, invece, che è più ampia, più ricca, in cui sono comprese tutte le altre forme di diffusione, quali le televisioni a pagamento, quale la multimedialità interattiva. Ormai la televisione è già presente in tutte le famiglie, e se non si affronta per il futuro anche la possibilità di potere fornire servizi multimediali di tipo interattivo, la RAI come sta percorrendo questo cammino? Si è interessata molto di televisione da satellite, offrendo anche l'accesso di tre nuovi tipi di canali satellitari-free; tuttavia, nel prossimo futuro l'azienda affronterà anche il tema della televisione a pagamento, che è un settore in rapida espansione e attraverso il quale può arrivare anche la multimedialità domestica. La RAI, ancora, si è interessata molto dal punto di vista della sperimentazione di televisione cellulare in quanto è un mezzo interessante; anche come accesso a banda larga verso l'utente si è interessata del problema Internet, ristrutturando totalmente il proprio sito e dando dei servizi a particolare valore aggiunto, alcuni dei quali, addirittura, vengono concepiti contemporaneamente al canale televisivo come RAIsat 1 e RAIsat 2 e RAIsat 3: essi hanno i corrispondenti canali Internet concepiti con un'unica regia. I canali con particolare valore aggiunto, fra l'altro, la RAI li offre in tecnologia push, ovvero attraverso una tecnologia in cui invece di aspettare i lunghi tempi di Internet, mentre la persona è fuori, essi possono essere caricati automaticamente dal computer: uno arriva a casa e secondo le sue scelte ha trovato caricato quello che desiderava. Un altro grande campo di sviluppo della multimedialità è il Digital Audio Broadgasting o DAB che, come è stato accennato, è più di un sistema di tipo radiofonico, il primo, vero, sistema multimediale di tipo diffusivo per arrivare alla forma più avanzata di multimedialità. La RAI, oggi, ha un grande progetto in corso: quello della gestione degli archivi numerici. La RAI, dunque, possiede un grandissimo patrimonio, che consiste in quattrocentomila ore di televisione, quattrocentomila ore e forse più di radio e occorre organizzarla al meglio affinché sia fruibile sia dai ricercatori, sia all'interno del sistema RAI per fare produzioni nuove, ma anche per poter avere la possibilità di offrire dei servizi all'esterno, eventualmente anche a pagamento. Il progetto è articolato in diversi sotto-progetti che contemplano la revisione completa dei metodi di indirizzo per gli archivi, in modo da avere una larga possibilità di chiavi di accesso che riguardano, soprattutto, la creazione di un vero e proprio catalogo multimediale che può anche viaggiare su Internet. Questo catalogo porta un'enorme quantità di informazioni relativamente ad un programma, riporta tutti i testi scritti e l'audio del programma in forma particolarmente compressa. Nel caso televisivo, riporta anche dei francobolli di cambio immagini che danno l'immediata sensazione del tipo di programma a cui io mi debbo riferire, riporta i cosiddetti time code, e si è quindi in grado di determinare automaticamente qual è l'intervallo di programma. Un altro sottoprogetto è la cosiddetta 'teca fast'; a velocità facilmente gestibili e facilmente distribuibili si può accedere a vedere il pezzo televisivo desiderato ad una velocità di cinque o sei megabit. Questo può essere interessante per un ricercatore e nell'ambito dei vari centri produttivi della RAI distribuiti sul territorio. Si può pensare, con molta probabilità, che per le news per le quali è molto più importante la rapidità di quanto non lo sia la qualità ottimale delle immagini, che attraverso questo sistema si possa riuscire, in un centro di produzione, a fare dei nuovi montaggi con riferimento a database non di tipo locale. C'è, inoltre, una teca master di alta qualità, sempre numerizzata, attraverso la quale si possono realizzare dei montaggi e delle produzioni di alta qualità; in questo caso o si aspetta un tempo differito per trasmettere l'informazione ad alta velocità o si fa una prenotazione e poi, nel luogo in cui è il database, si opera il montaggio del pezzo desiderato in alta qualità. Gli ultimi due sistemi che vorrei citare che fanno parte di questo grandioso progetto sono la possibilità di avere un Intranet da satellite che realizza questi trasferimenti del catalogo multimediale a tempi molto brevi senza aspettare dei noiosi secondi dovuti alla strozzatura della rete su cui oggi viaggia Internet. Questo servizio sarà disponibile entro pochi mesi: una Intranet che permetta in tempi molto veloci di individuare il particolare compreso nel catalogo multimediale. Successivamente all'individuazione del particolare pezzo di interesse, si può attivare l'invio - via satellite - del pezzo desiderato. Si tratta di un servizio interno al mondo RAI o esteso a pochi enti: grandi mediateche, grandi biblioteche con la quale la RAI abbia degli accordi ben precisi. Un ultimissimo progetto molto importante è quello della 'security': occorre proteggere i database Rai da accessi e virus indesiderati e nello stesso tempo si hanno sistemi di riconoscimento della fonte di informazione; questa security agisce come una specie di filigrana che non riesce a vedersi sulle immagini, ma che imprime il database che ha inviato l'informazione; oltre al nome RAI il data base ha inviato quell'informazione e, nelle macchine terminali presso alcuni utenti o presso i centri di produzione, imprime una specie di marchio di riconoscimento. Se si hanno duplicazioni indesiderate si ha la certezza di riconoscere la fonte di provenienza e la fonte dove realmente è stata estratta questo tipo di informazione. La RAI, insomma, si proietta verso il futuro, andando incontro anche a delle grandi sfide.
Che cosa è la storia della televisione satellite?
Per capire la storia della televisione satellite, in primo luogo dovete andare tutto il senso di nuovo agli anni 50 durante la corsa dello spazio fra gli S.U.A. e la Russia. Il primo satellite per orbitare intorno alla terra era Sputnik, lanciato dai Russi in 1957. Era 6 anni più tardi fino a lanciare il primo satellite di comunicazioni. Questo satellite è stato sviluppato sia dalle grandi società che dalle entità di governo. È stato denominato Syncom II ed ha volato in un'orbita che circonda 22.300 miglia sopra l'Oceano Atlantico. Per mezzo di questo satellite, le prime telecomunicazioni hanno avvenuto fra una nave del blu marino degli Stati Uniti nel porto in Nigeria e una stazione navale in Lakehurst Nuovo-Jersey, S.U.A. in luglio di 1963.
Tuttavia, non era fino 15 anni a più successivamente che i segnali normali della televisione sono stati trasmessi via i satelliti. La televisione si è avviata trasmettere per radio con il satellite il 1 marzo 1978 e da questo punto tutte le reti principali della televisione hanno adottato questo stile delle comunicazioni come i mezzi principali di distribuzione alle filiali della rete con 1984.
A questo punto, molta gente che ha vissuto nelle zone rurali che non potevano osservare la televisione di radiodiffusione normale ha comprato i piatti satelliti da DTH (diriga verso la sede). Questi piatti erano parecchi piedi di diametro e sono stati usati prendere le radiodiffusioni della televisione dai satelliti lassù.
Tuttavia uno degli svantaggi di trasmissione dei segnali via il satellite era la capacità affinchè quasi chiunque ricevi i segnali per libero. Le stazioni di paga TV, sono andato sollecitare per combattere per la destra limitare l'accesso al loro segnale della TV. Tuttavia, il FCC regolato contro le stazioni della TV e dichiarato che ha avuto "una politica dei cieli aperti". Ciò regolare dichiarato che se le stazioni della TV avessero la destra trasmettere per radio i segnali sopra il satellite, il pubblico ha avuto la destra ricevere i segnali.
A questo punto i distributori a spaglio della TV hanno deciso cifrare il segnale. Mentre chiunque può ricevere il segnale, per osservare programmandosi, dovrebbero non soltanto avere un piatto satellite, ma anche un decodificatore.
Con la domanda delle televisioni satelliti che crescono, il FCC in 1980 ha stabilito le regolazioni per i satelliti diretti di radiodiffusione o DBS, questo sarebbe un nuovo servizio che consisterebbe dei satelliti di radiodiffusione che ruotano intorno alla terra nell'orbita geostazionaria. Per osservare il segnale di radiodiffusione, i consumatori avrebbero bisogno di un piatto satellite di ricevere i segnali e le attrezzature speciali decodificare i segnali cifrati.
Non era fino al 1991 che la prima azienda di DBS è stata formata (Primestar)and ha occorr soltanto alcuni più anni per Primestar (ora defunct) per avere la concorrenza, specificamente altri servizi quale TV diretta (1994) e PIATTO Network (1996), dimostrante che la TV satellite come mezzo di radiodiffusione funziona ed è vantaggiosa.
Cenni di storia dei sistemi
di informazione e comunicazione
La televisione
All'inizio la televisione ebbe uno sviluppo discontinuo. C'erano stati esperimenti di trasmissione "elettromeccanica" di immagini nel 1884. Il tubo catodico era stato inventato nel 1897. La televisione esisteva come tecnologia sperimentale nel 1925 - a colori nel 1929. Le prime trasmissioni televisive avvennero in Gran Bretagna nel 1936 e negli Stati Uniti nel 1939. Ma la televisione cominciò a diffondersi dopo la seconda guerra mondiale. Molti, all'inizio, credevano che non sarebbe stata più di un giocattolo snobistico per pochi.
Dopo cinque anni di trasmissioni sperimentali, un regolare servizio televisivo cominciò in Italia nel 1954. Nello stesso anno si realizzò il primo collegamento in eurovisione.
Le prime trasmissioni a colori avvennero nel 1953, ma cominciarono a diffondersi nel 1960 (in Italia "divieti" politici impedirono la televisione a colori fino al 1977).
Il primo videoregistratore fu realizzato dalla Ampex nel 1956. Nel 1970 la Sony propose il sistema U-matic, tuttora dominante nel settore professionale. Nel 1975 lanciò il Betamax, che ebbe un successo iniziale, ma fu poi sostituito dal Vhs, nato nel 1976. Il "caso Betamax" è diventato proverbiale come esempio di sconfitta di una tecnologia di qualità superiore per affermazione commerciale di una meno valida.
I videoregistratori sono largamente diffusi nelle famiglie italiane, ma poco usati. Occasionalmente per vedere cassette, raramente per registrare. Il quadro potrà forse cambiare con la diffusione dei DVD (chiamati all'origine digital video disk proprio perché la loro maggiore capacità permette la riproduzione di un film) o con altre tecnologie che si potranno sviluppare. Ma quelle eventuali evoluzioni sono, ovviamente, imprevedibili.
La situazione della televisione in Italia, come tutti sappiamo, è cambiata più di vent'anni fa. Nel 1976 una sentenza della Corte costituzionale, dopo ventidue anni di incontrastato dominio della televisione pubblica, dichiarò incostituzionale il monopolio.
Uno sconcertante errore dell'intera classe politica (di ogni tendenza e partito) portò al tentativo di mantenere il controllo della Rai sulle trasmissioni nazionali e di favorire una dispersione di piccole emittenti locali. Il risultato fu una mancanza di norme chiare, che non impedì lo sviluppo di reti nazionali private, ma ne perse il controllo.
La situazione di "duopolio" risultante è quella che conosciamo, con tutte le conseguenze su cui si continua a discutere. Compreso il predominio di un "generalismo" appiattito che non favorisce lo sviluppo di qualità più precise e più adatte alle esigenze di un pubblico molto meno "omogeneo" di come lo si immagina secondo i cliché della "cultura di massa".
Sembra che le evoluzioni debbano essere tutte affidate alle "nuove tecnologie", come satellite, cavo, "piattaforma digitale" eccetera. Su questo tema ritornerò poco più avanti. Intanto vediamo quale è stato lo sviluppo dimensionale della televisione in Italia. Il prossimo grafico mostra la crescita degli abbonamenti dal 1954 al 2002.
È abbastanza sorprendente constatare che c'è stata una crescita anche negli ultimi due decenni del secolo scorso - solo in parte attribuibile all'aumento delle "unità abitative" (cioè del numero di famiglie piccole o di persone che vivono da sole). Una leggera accelerazione a metà degli anni '80 può essere attribuita alla più ampia scelta di programmi derivante dallo sviluppo delle emittenti commerciali (ma è molto modesta rispetto all'andamento generale). Dalla metà degli anni '90 si è arrivati a una soglia sostanzialmente insuperabile perché rappresenta la quasi totalità della popolazione.
L'Italia non è, come qualcuno potrebbe immaginare, la nazione più "televisiva" del mondo - né dell'Europa. Questo è il numero di televisori, in proporzione al numero di famiglie, in 14 paesi dell'Unione Europea più gli Stati Uniti.
Come è noto ed evidente la penetrazione della televisione è quasi totale in tutti i paesi che non soffrono di gravi restrizioni. La differenza non sta nel numero di televisori - e neppure nel numero di persone che guardano, più o meno spesso, la televisione. Sta nel genere, qualità e varietà dei programmi, nel modo in cui si guarda e si "fruisce", nella maggiore o minore ricchezza della gamma di strumenti utilizzata.
Sono molto più estese, purtroppo, in Italia quelle categorie di persone che alla televisione aggiungono poche altre risorse. Insomma quella larga parte (circa metà) della popolazione italiana che soffre di scarsità non è "ricca" di televisione, ma "povera" di altri strumenti di informazione e comunicazione.
"Nuovi" sistemi?
In Italia non si è mai sviluppata la televisione "via cavo", che in altri paesi ha avuto una larga diffusione. I motivi sono vari, ma il principale è uno. Quando stava per aprirsi la possibilità della diffusione "via cavo" in Italia, fu scelto invece di "liberalizzare" le trasmissioni "via etere". Un'improvvisa crescita del numero di canali disponibili distolse l'attenzione dalle possibilità che avrebbe offerto lo sviluppo di aree "cablate" (che in altri paesi sono state, parecchi anni fa, anche il primo strumento di accesso alle trasmissioni satellitari). Anche nella ricezione delle trasmissioni dai satelliti l'Italia è in forte ritardo. Ora la situazione si sa evolvendo, ma ovviamente è troppo presto per poter fare ipotesi o previsioni su come si svilupperà nei prossimi anni.
La televisione a cinquecento o mille canali è ormai da tempo una concreta possibilità tecnica. Se si realizzasse permetterebbe un cambiamento radicale dei comportamenti. Ognuno potrebbe scegliere il programma che vuole, all'ora che preferisce. Ma la televisione "generalista" è radicata nelle abitudini (più di chi produce la televisione che di chi la guarda). Produrre e organizzare i contenuti necessari per una televisione più selettiva, che offra a ciascuno una larga libertà di scelta, è un'impresa molto impegnativa. Ciò che la tecnologia permetterebbe di realizzare in tempi brevi probabilmente si farà attendere ancora per parecchi anni.
Tv commerciale e cultura |
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La diagnosi è molto semplice. La tv commerciale ricava tutte
le sue entrate economiche dalla pubblicità; le aziende che fanno pubblicità
chiedono giustamente che i loro spot siano visti da un ampio bacino di pubblico;
le trasmissioni cosiddette culturali sono rivolte a un pubblico ristretto.
La prognosi quindi sembrerebbe infausta: impossibile programmare proposte
d'élite sulla tv commerciale. Ma non è così: anche la tv commerciale (mi
astengo qui da ogni commento sui doveri del servizio pubblico, il canone e
quant'altro) ha un ruolo decisivo nella diffusione dei temi meno facili presso
le grandi platee televisive. E vi spiego perché.
Mediaset ha sempre mostrato grande sensibilità verso attività che non si traducono
immediatamente in opportunità commerciali. Perché lo riteniamo un dovere
sociale in quanto consapevoli della forza di un mezzo che entra nelle case di
tutti gli italiani e della responsabilità editoriale che questo comporta.
Sono quattro gli ambiti principali in cui si articola il nostro impegno.
1) Il primo riguarda l'accesso in tv riservato a enti e organizzazioni
impegnati in attività culturali e sociali, sia attraverso specifiche produzioni
televisive sia attraverso l'offerta gratuita di numerosi spazi di comunicazione
istituzionale, mettendo a disposizione personale specializzato e mezzi tecnici
per la realizzazione di intere campagne di sensibilizzazione (per intenderci
stiamo parlando degli spot contornati da una cornice verde con la scritta "Comunicazione
sociale Mediaset"). Nel 2003 abbiamo mandato in onda 8.500 comunicati di
questo genere a favore di oltre 60 diverse associazioni.
2) Il secondo ambito è relativo al nostro impegno diretto sul fronte della
promozione culturale attraverso la sponsorizzazione di manifestazioni ed
eventi. Qualche esempio: nel corso dell'anno Mediaset sostiene tra gli altri,
La Mostra del Libro Antico, La Festa del libro, La Festa del cinema, Il Forum
della televisione promosso dall'Onu, Il Premio Cenacolo.
3) La terza area di impegno riguarda l'organizzazione diretta di manifestazioni
e progetti culturali che approdano anche sulle nostre reti televisive.
Nel tentativo di avvicinare alla grande musica una platea sempre più vasta,
Mediaset ha sostenuto la nascita dell'Orchestra filarmonica della Scala, un
ensemble di professori d'orchestra del Teatro alla Scala chiamati a suonare in
tutto il mondo. E tutte le domeniche mattina le nostre reti trasmettono il
programma Domenica in Concerto, esecuzioni musicali dell'Orchestra filarmonica
registrate al Teatro alla Scala: finora sono andate in onda oltre 600 puntate
del programma che sono state viste da milioni di persone. Ogni singola
trasmissione raggiunge un pubblico superiore a quello che in un intero anno
riesce fisicamente ad assistere alla programmazione del Teatro.
E poi c'è il nostro sostegno al mondo del cinema. Mediaset deve molto al cinema
che ha costituito, soprattutto negli anni di lancio della televisione
commerciale, gran parte del nostro palinsesto. Per questo motivo Mediaset ha
avviato il progetto di restauri cinematografici Cinema Forever-Dedicato a Carlo
Bernasconi per il recupero e la salvaguardia dei più importanti film della
storia del cinema italiano, una memoria di inestimabile valore che rischia di
andare perduta per sempre a causa del processo di deterioramento fisiologico
della pellicola cinematografica. Oltre a ristabilire le condizioni originarie
dei negativi dei film, Cinema Forever ha il merito di riproporre all'attenzione
del grande pubblico un patrimonio che altrimenti rischia di andare dimenticato.
I film restaurati infatti, sono messi a disposizione per centinaia di
proiezioni gratuite in eventi nazionali e internazionali, e sono state avviate
collaborazioni con il Museum of Modern Art, il Lincoln Center e il Guggenheim
di New York. Si possono valutare in oltre 200 mila gli spettatori che in questi
anni hanno visto i film di Cinema Forever (in scuole, università, cineclub e
durante festival ed eventi speciali). Ma soprattutto vale la riproposizione
televisiva di questi capolavori che coinvolge non solo appassionati da cineclub
ma tutti i telespettatori italiani, compresi quelli delle nuove generazioni
che, in caso contrario, avrebbero scarse occasioni di vedere per la prima volta
i grandi titoli della nostra cinematografia degli anni
Cinquanta-Sessanta-Settanta. Finora il progetto ha recuperato 21 film
(capolavori di registi come Fellini, Rossellini, De Sica, Antonioni,
Bertolucci), l'ultimo dei quali è Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini,
tornato nelle sale nel mese di aprile 2004.
4) Infine, la programmazione ordinaria, l'ambito più difficile, ma anche quello
in cui stiamo registrando i passi avanti più significativi. Ogni giorno la
televisione italiana viene vista per almeno un minuto da oltre 40 milioni di
persone, il 24% delle quali, secondo gli ultimi aggiornamenti, ha conseguito
solo la licenza elementare. è una situazione di cui tenere conto quando si
organizzano i palinsesti. E in questo senso credo la televisione stia giocando un
ruolo molto importante con la produzione massiccia di fiction italiana. Molti
telespettatori hanno infatti pochissime occasioni di imbattersi in vicende
legate alla letteratura e alla storia, e una divulgazione ben fatta attraverso
il racconto televisivo può costituire una possibilità in più di conoscenza,
proprio come accadeva negli anni Sessanta con i grandi sceneggiati in bianco e
nero curati da Anton Giulio Manano o Sandro Bolchi.
Da una parte, infatti, c'è un approccio all'arte del romanzo (che non a caso in
inglese viene tradotto con il termine "fiction"), alla narrazione e
alla recitazione. Dall'altra un'introduzione a vicende storiche reali, spesso
non conosciute o comunque non vissute con passione e coinvolgimento emotivo.
Pensate solo al fenomeno di Elisa di Rivombrosa, una fiction storica in costume
che ha saputo attrarre milioni di telespettatori. E chissà se l'attenzione
accesa dalle numerose fiction in onda sulle reti italiane non faccia nascere
nel telespettatore la voglia di saperne di più, di acquistare un libro, insomma
di rompere la barriera che troppo spesso separa la gente dalla
"cultura", parola che già di per sé intimidisce?
Un altro esempio di pubblico televisivo "difficile" è quello dei
ragazzi, spesso disinteressati alle vicende pubbliche, siano esse la politica
italiana o le vicende internazionali. Trovo quindi coraggiosa l'idea che ha
proposto a Mediaset Maria De Filippi. Dalla prossima edizione del suo programma
Amici, una scuola di canto, ballo e recitazione per formare giovani talenti,
Maria De Filippi tenterà un esperimento apparentemente proibitivo: invitare in
ogni puntata il direttore di un grande quotidiano italiano che in pochi minuti
dovrà raccontare al pubblico in sala (e a quello a casa) il giornale pubblicato
quel giorno e invogliare in questo modo i ragazzi a comprarlo il giorno dopo.
Un compito difficile perché l'indice di lettura di quotidiani tra i minori è
decisamente basso e perché, per noi della televisione, il rischio del cambio di
canale è sempre in agguato (ricordate la diagnosi iniziale sulla necessità di
ascolti alti?). Ma noi siamo convinti che il patrimonio di credibilità
acquisito da Maria De Filippi sul pubblico giovane sia robusto e che la
scommessa potrà essere vinta. Ne riparleremo a esperimento concluso.
La stampa italiana
tra passato e presente
L'importanza derivava dal fatto che quella stampa, quei giornali, parlavano
alle classi dirigenti del paese e quindi avevano una grande influenza su quelli
che prendevano le decisioni a livello politico e istituzionale. Il Corriere
della Sera, che è stato il giornale che negli ultimi decenni dell'Ottocento è
diventato il primo quotidiano italiano, restandolo per lungo tempo, e da alcuni
anni riprendendo ad esserlo, era un giornale che si leggeva molto in tutte le
sedi istituzionali che contavano, come si poteva vedere dal modo in cui erano
titolati e scritti gli articoli. La prima pagina dei quotidiani di quel periodo
era fatta per un pubblico ristretto, scritta in un linguaggio che non solo quel
74% ma anche altri, che erano alfabetizzati, non sarebbero stati in grado di
cogliere, e direi che questa è stata una caratteristica genetica della stampa
italiana e che poi è rimasta per molto tempo. Per chi studia storia della
stampa è impressionante vedere le scarse differenze che ci sono tra il periodo
della caduta del fascismo e quello dei primi anni della Repubblica, tra i
modelli di quotidiani che c'erano negli anni Trenta e quelli che c'erano negli
anni Cinquanta fino agli anni Sessanta. Il giornale che ha incominciato a
rompere questa crosta è stato sicuramente il Giorno nel 1956, ma è stato un
processo non immediato, ci sono voluti molti anni e poi la successiva scossa è
avvenuta, nel giornalismo italiano, con l'uscita di Repubblica nata da una
costola dell'Espresso e quindi con tutte le caratteristiche e i caratteri di un
giornale che, come gli altri settimanali, tentava di rivolgersi ad un pubblico
più alto.
Il fascismo ha portato alle estreme conseguenze un processo che c'era già nell'Italia liberale. Per fare l'esempio di un uomo politico, che è stato sicuramente un riformatore nell'Italia liberale, e cioè Giolitti, se si guardano le sue carte pubblicate, in parte comunque presenti nei nostri archivi, si vede che attraverso i Prefetti e attraverso il Ministero dell'Interno arrivavano sovvenzioni o punizioni ai giornali in base all'atteggiamento che avevano nelle elezioni. Quindi direi che i rapporti, per esempio tra governo e giornali nell'Italia liberale, già c'erano; naturalmente il fascismo essendo una dittatura ma, notate bene, la dittatura di un uomo come Mussolini che aveva fatto il giornalista e che era molto sensibile all'opinione pubblica, ha portato alle estreme conseguenze questo e la stampa è stata completamente asservita, dopo una resistenza di alcuni anni, da parte della Federazione Nazionale della stampa. Poi, attraverso gli ordini alla stampa e alle veline, ha cercato di pubblicare un solo giornale con alcune variazioni lasciando un minimo di libertà al Corriere della Sera perché bisognava lasciare quella libertà, un minimo di libertà alla Stampa, un minimo di libertà al Secolo XIX di Genova ma, nella sostanza, asservendo i giornali e facendoli diventare un filo diretto rispetto al potere politico e all'esecutivo. Questo, naturalmente, ha influito sulla stampa anche dopo la liberazione. Dobbiamo anche ricordare che nel giornalismo italiano non c'è stata una vera epurazione. Se escludiamo dei personaggi che avevano sposato in tutto il fascismo diventandone non solo sindacalisti ma veri e propri corifei, sono stati pochissimi i giornalisti che non hanno continuato a fare il giornalismo, anzi studiando quegli anni è curioso vedere come molti di questi nel '45 si dichiarassero di sinistra per poter rientrare e poi, dopo alcuni anni, tornavano alla destra da cui venivano, ma avevano fatto alcuni anni nei giornali dei partiti di sinistra per ritrovarsi una nuova coscienza.
Ha sicuramente avuto la sua influenza, l'esempio delle veline è qualcosa che continua ben oltre il '45. Vorrei solo dire, a vantaggio dei giornalisti, che non è stato l'unico settore in cui non c'è stata epurazione, questa nella pubblica amministrazione, nell'esercito, nelle forze armate è avvenuta allo stesso modo.
E' un po' un'altra storia, nel senso che prima parlavamo della lentezza della modernizzazione della stampa quotidiana in Italia. In fondo proprio perché erano nati come strumenti politici, e quindi si preoccupavano poco dei lettori, della diffusione, della pubblicità, i giornali tardavano a modernizzarsi. La modernizzazione della stampa in Italia è avvenuta dopo il '45 attraverso i settimanali, non attraverso i quotidiani; allora, a questo punto, si era determinata una situazione difficile cioè il fatto che questi giornali, anche perché non modernizzati, perdevano copie e non riuscivano a resistere. In fondo le provvidenze per l'editoria servivano da una parte a garantire la continuazione di un certo pluralismo, soprattutto nei confronti di aziende più deboli, e dall'altra a fare in modo che le testate che volevano farlo si modernizzassero, quindi sono state un aiuto anche alla modernizzazione. Naturalmente alcuni dei problemi, diciamo del regime della stampa in Italia, sono rimasti, io vorrei citare il fatto che la nostra Costituzione non ha stabilito delle norme precise sui finanziamenti ai giornali e questa mancanza di chiarezza sui finanziamenti è durata per molti anni nella Repubblica, mentre invece è una Costituzione in cui si garantiscono i diritti sia dei cittadini ad esprimersi, sia degli altri cittadini a sapere da dove provengono delle opinioni, non è stato rispettato. direi prima di tutto che bisogna distinguere quotidiani e settimanali, nei settimanali sono nate delle imprese nel secondo dopoguerra che si sono affermate, basta pensare a tutti i settimanali della Rizzoli, ai settimanali della Mondadori, ai settimanali della Rusconi e così via, quindi c'è stata effettivamente una nascita di imprese industriali. Nel campo dei quotidiani la situazione è stata diversa, ma era in qualche modo anche già predeterminata, nel senso che i grandi giornali del periodo precedente il fascismo erano appannaggio o di una famiglia o di una grande impresa, e questo è rimasto, di fatto, anche successivamente. La questione degli editori puri è una questione che richiama le caratteristiche del mercato italiano, un grande mercato rende possibili gli editori puri a differenza di un mercato ristretto. Certo la commistione di interessi industriali, di altro tipo rispetto agli interessi editoriali, non è un fatto positivo per la libertà e l'autonomia della stampa in Italia.
Probabilmente gli editori italiani pensavano che fare i giornali e fare televisione non fossero cose molto diverse, ho l'impressione che non si siano resi conto che fare televisione è una cosa abbastanza diversa da quella di editare dei giornali, per varie ragioni, e quindi hanno sottovalutato la differenza e poi è avvenuto quello che lei dice. C'è stato un momento in Italia in cui c'è stato addirittura il rischio che alcuni grandi editori di giornali fossero anche gli editori televisivi e che il cerchio poi si chiudesse completamente. Questo, per fortuna, non è avvenuto però in compenso abbiamo avuto una televisione privata che è diventata dominante del mercato, sia dal punto di vista pubblicitario che dal punto di vista appunto della commistione giornali-televisione. La cosa principale è che i quotidiani e la radio avevano una funzione importante per quanto riguarda le notizie, comunque conservavano un certo primato nel dare le informazioni, le grandi notizie italiane e estere ai lettori. L'arrivo dei telegiornali e la diffusione dei telegiornali, la capacità di espansione dei telegiornali, che arrivano in tempo reale, cioè molto prima dei quotidiani, di fronte a una serie di avvenimenti, ha posto ai quotidiani il problema di trattare in modo diverso le informazioni, quindi di abbondare nel commento, che la televisione non può fare per ragioni di tempo, di puntare su cose che la televisione non riporta. Tuttavia mi sembra che la stampa quotidiana italiana, rispetto a questa grande trasformazione, non abbia scelto le strade più difficili ma abbia scelto la strada più facile, cioè quella di inseguire la televisione, quindi di cercare di vincere la concorrenza con la televisione alla ricerca degli scoop, alla ricerca del sensazionalismo, alla ricerca degli scandali e direi a volte, in questi ultimi anni, anche perdendo l'attenzione al rigore delle notizie, al controllo delle notizie. Quello che vediamo, a livello di diffusione e di vendita, dimostra che questa strada non paga. Silvio Berlusconi ha sicuramente un posto molto importante nella nascita e nello sviluppo della televisione commerciale in Italia, è stato, non da solo ma sicuramente con una centralità, il creatore di questa stampa commerciale che poi è diventata così forte da mettere in crisi il servizio pubblico. Sul piano della stampa Berlusconi è stato fin dall'inizio, se pure indirettamente, non proprio dall'inizio, ma poco dopo, uno degli azionisti del Giornale di Montanelli e l'evento poi più drammatico è stato lo scontro con Montanelli nel momento in cui Berlusconi è entrato in politica, è diventato un uomo politico, e Montanelli non si è trovato più d'accordo nel gestire il Giornale. Però mi sembra che Berlusconi, mentre ha una grande importanza sul piano della comunicazione televisiva, sul piano della carta stampata non ha avuto un ruolo paragonabile. Che i media non abbiano memoria è una cosa che i lettori, questa volta i lettori, e ancora di più gli storici, possono constatare. Direi che in qualche modo è legato alla loro funzione. Se lei ci pensa bene, la televisione, che è il più grande mezzo di comunicazione, nel mondo in cui viviamo, è un mezzo che si fonda sull'eternità del presente, tutto diventa presenta, annulla, in qualche modo, quella che è invece una caratteristica fondamentale della storia, che è questo rapporto tra passato e presente, qui c'è solo il presente. Io non so se anche gli altri media abbiano questa caratteristica, però non attribuirei questa mancanza di memoria ai giornalisti, gli uomini hanno la memoria che hanno, mi sembra che siano più importanti i fatti strutturali, a proposito della memoria, che per quanto riguarda la televisione io individuo chiaramente proprio in una caratteristica dello strumento, per quanto riguarda i giornali mi limito a constatare che spesso non c'è memoria
STORIA GRUPPO MEDIASET
La storia del Gruppo Mediaset inizia meno di trent'anni fa,
nel 1978, quando viene fondata una tv locale di nome Telemilano. Due anni dopo,
nel 1980, si trasforma in Canale 5e inizia
le trasmissioni su tutto il territorio nazionale. A Canale 5 si affiancano poi Italia 1(acquisita dall'editore Rusconi nel
1982) eRetequattro (acquisita
dall'Arnoldo Mondadori Editore nel 1984).
E' dal 1984 che il polo televisivo del Gruppo Fininvest (denominato Rti) assume
la conformazione che ha oggi: tre
reti nazionali analogiche, affiancate da una concessionaria
pubblicitaria esclusiva denominata Publitalia '80 e da due ulteriori società:
Videotime, che esercita tutta l'attività tecnologica e di produzione tv, ed
Elettronica Industriale che garantisce la diffusione del segnale televisivo
attraverso la gestione della rete di trasmissione.
Da quel momento il peso del polo televisivo commerciale è
via via cresciuto in termini di ascolti, ricavi e risultato operativo.
Dal , Rti,
Videotime ed Elettronica Industriale costituiscono un unico gruppo denominato
Mediaset che è stato quotato in
Borsa, aprendo l'azionariato a importanti investitori
istituzionali e a piccoli azionisti (circa ).
Nel 1997 Mediaset si espande all'estero con una partecipazione in Telecinco emittente privata spagnola.
Nel 1999, il Gruppo Mediaset allarga la sua attività al mondo web con
Mol-Mediasetonline (oggi Mediaset.it ),
portale televisivo dedicato a Canale
5 Italia 1 e Retequattro arricchendo poi la sua presenza con Tgcom quotidiano d'informazione on line, fruibile da diversi mezzi di
comunicazione (internet, televisione, radio, teletext Mediavideo e telefonia
mobile).
Nel corso del 2004 viene quotata alla Borsa di Madrid anche Telecinco di cui il Gruppo Mediaset, dal 2003, è
azionista di riferimento.
Ma il 2004 è anche l'anno del debutto in Italia della televisione digitale terrestre un innovativo sistema di diffusione del segnale ricevibile con la
normale antenna televisiva e un piccolo apparecchio per la decodifica del
segnale.
Nel 2005 il Gruppo lancia Mediaset
Premium servizio per la
televisione digitale terrestre che permette di avere il calcio di Serie A in
diretta TV, senza abbonamento. Mediaset Premium ha lanciato successivamente offerte
in pay per view per cinema, teatro ed eventi live. Sempre nel 2005 Mediaset si
è aggiudicata, per la prima volta nella storia televisiva italiana, i diritti
in chiaro degli highlights del Campionato di Serie A e ha raggiunto con Tim
(Gruppo Telecom Italia) un accordo che pone le basi per il lancio commerciale
in Italia della tv mobile in digitale terrestre con tecnologia DVB-H (Digital
Video Broadcast-Handheld) che garantisce, in mobilità, qualità trasmissive in
tutto simili a quelle offerte dal digitale terrestre sul televisore. Il
Digitale terrestre
Digitale Terrestre (DVB-T) è un innovativo sistema di diffusione del segnale televisivo in formato digitale: permette di ricevere i programmi digitali attraverso la normale antenna televisiva (dunque: non servono parabole o antenne speciali). La fruizione è semplice e gratuita. Per poter utilizzare questa nuova tecnologia basta avere un "set top box" interattivo collegato alla presa d'antenna, al televisore con il cavo SCART (lo stesso tipo di collegamento del videoregistratore) e, per usufruire appieno dei servizi interattivi, anche alla presa telefonica. Ovviamente, occorre anzitutto sapere se il nuovo segnale digitale è già disponibile nella propria area di residenza, informazione presente alla pagina "copertura su territorio italiano".
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