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Il genere Bucolico: Origini, riprese e differenze - Il paradiso Terrestre di Dante ( XXVIII canto )

italiano





Il genere Bucolico: Origini, riprese e differenze


Il genere bucolico venne affrontato da diversi autori nel corso dei secoli,da Teocrito, passando da Virgilio a Dante, sino ad arrivare a Tasso. Il locus amoenus è il tema fondamentale delle opere che accomunano questi quattro autori ma come si può notare, a volte affrontato con analogie e a volte con differenze.


Teocrito e la nascita del genere bucolico

La nascita del genere bucolico vengono attribuite a Teocrito, un poeta siracusano del III secolo a.C.

Le due forme principali  che venivano usate del genere bucolico classico erano l'idillio e l'egloga. L'idillio era un poemetto in cui gli autori mettevano in risalto il confronto tra la città e la campagna, il paesaggio agreste,l'evasione quindi in un luogo sereno, ricco d'amore. Questo luogo veniva chiamato Locus Amoenus, dove tutto sembra perfetto, rilassante e sereno rispetto alla città.

L'egloga,invece, tratta anch'essa del tema pastorale, ma in essa vengono trattate le vite dei pastori.



Il locus amoenus in Virgilio.




Virgilio riprende il genere bucolico classico di Teocrito, nell'opera "Bucoliche". Egli rappresenta l'Arcadia,regione montuosa del Peloponneso. Anche se in modo più astratto, Virgilio rappresenta vicende sue personali, in rapporto con la vita politica di Roma di Augusto.

Anche in Virgilio si ritrova il locus amoenus. Egli lo utilizza, con un pizzico di malinconia, per descrivere i paesaggi intatti, la natura bella e serena delle campagne attorno a Mantova.



Il paradiso Terrestre di Dante ( XXVIII canto ).


Il genere bucolico viene ripreso anche da Dante nel canto XXVIII del Purgatorio .Il canto parla del Paradiso Terrestre. Questa si presenta come una foresta viva, popolata da uccelli, ricca di alberi di ogni genere e attraversata da due fiumicelli.

Il paradiso è diviso in due selve: una molto oscura, ricca di vegetazione intrecciata, popolata da bestie selvagge,l'altra chiara e serena, dove la luce è temperata e gli uccelli cantano gioiosamente. Entrambe hanno un valore allegorico: una rappresenta il lato negativo e oscuro dell'uomo, la sua caducità e malvagità, il lato peccatore, e l'altra rappresenta la salvezza dell'uomo attraverso il cammino sino al paradiso. Infatti il locus amoenus dell'età dell'oro di Dante è caratteristico per le due facce che rappresentano la salvezza dell'uomo: l'incontro con i mostri può solo essere utile all'uomo per scappare dal peccato e andare incontro alle creature belle,e ai pastorelli, con le loro storie d'more, che ti avviano alla verità e ti distolgono dall'errore.





L'Aminta di Tasso e l'età dell'oro.


Anche Torquato Tasso nell'Aminta riprende il genere bucolico. Questa fu composta nel 1573, in un periodo in cui Tasso era assillato dagli schemi poetici e letterari della Santa Inquisizione, ma attuava una rivoluzione: il Manierismo, che poi si sarebbe trasformato in una vera e propria rivoluzione con Il Barocco.

Tasso rievoca il locus amoenus dell'età dell'oro, per rimpiangere la libertà, un luogo dove tutto è lecito se appoggiato dalla natura. Egli trasporta il lettore in un mondo di sogno fuori dal tempo, un mondo di pastori poeti in cui vigila la leggerezza, la semplicità accompagnate dall'amore.

L'età dell'oro viene richiamata come regno della libera espansione dell'erotismo, dando libero spazio al senso del peccato, ritornando ad uno stato di natura lontano dai vincoli sociali e religiosi del tempo,al contrario della Gerusalemme Liberata, dove Tasso aveva espresso una sensualità ma poi repressa dagli scrupoli morali della sua religiosità.











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