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Il Sole che da miliardi di anni riscalda la terra, che è stato causa della vita sulla Terra, e
ogni giorno da tantissimi anni ci illumina e riscalda con i suoi raggi e solo uno delle tantissime stelle presenti nell'Universo, un puntino qualsiasi, che con la sua luce, di giorno non ci permette i vedere le altre stelle. La sera quando il cielo è sereno, si possono vedere in cielo dei puntini luminosi, che fin dall'antichità hanno affascinato studiosi e di cui anche oggi non si conosce con precisione la loro fase evolutiva.
Nel 1885 l'astronomo Edward Charles Pickering iniziò uno studio
fotografico degli spettri stellari, poi proseguito da Annie J. Cannon. Queste
ricerche condussero all'importante scoperta che gli spettri stellari possono
essere ordinati in una sequenza continua sulla base dell'intensità relativa di
alcune linee di assorbimento. Le variazioni osservate nella sequenza forniscono
indizi sull'età delle diverse stelle e sul loro stadio di evoluzione.
Le varie parti della sequenza spettrale, dette classi, sono indicate con le
lettere O, B, A, F, G, K, ed M, e sono caratterizzate soprattutto da una
diversa intensità delle righe dell'idrogeno, sebbene siano importanti anche le
righe degli altri elementi. Un indice numerico da 0 a 9 viene invece utilizzato
per sottolineare le differenze in ciascuna classe.
Classe O
È un gruppo caratterizzato essenzialmente dalle righe dell'elio, dell'ossigeno e dell'azoto (oltre che dell'idrogeno). Comprende stelle estremamente calde e stelle che mostrano righe dell'idrogeno e dell'elio scure o molto brillanti.
Classe B
In questo gruppo le righe dell'elio raggiungono la loro massima intensità nel tipo B2 e si indeboliscono progressivamente nei tipi successivi. L'intensità delle righe dell'idrogeno aumenta progressivamente con il procedere dei tipi. Il gruppo è rappresentato dalla stella Epsilon Orionis.
Classe A
Comprende le cosiddette stelle a idrogeno, il cui spettro è dominato dalle righe di assorbimento di questo elemento. Una stella tipica del gruppo è Sirio, la più luminosa della volta celeste.
Classe F
Comprende stelle nelle quali sono particolarmente intense le righe H e K del calcio e le linee caratteristiche dell'idrogeno. Appartiene al gruppo la stella Delta Aquilae.
Classe G
Comprende stelle con righe H e K del calcio molto evidenti e linee dell'idrogeno meno intense. Sono presenti nello spettro anche le righe di molti metalli, in particolare del ferro. Il Sole appartiene a questo gruppo e le stelle G sono perciò spesso dette stelle di tipo solare.
Classe K
Comprende stelle che hanno intense righe del calcio e di altri metalli. La luce violetta dello spettro è meno intensa che nelle classi precedenti. Il gruppo è rappresentato dalla stella Arturo.
Classe M
Comprende stelle con spettri dominati da bande dovute alla presenza di
molecole di ossidi di metalli, in particolare dell'ossido di titanio. L'estremo
violetto dello spettro è meno intenso di quello delle stelle K. La stella
B 141h75b etelgeuse, o Alpha Orionis, è un esempio tipico di questo gruppo.
Le stelle che appartengono a una stessa classe sono di composizione chimica
simile e sono ordinate secondo temperature decrescenti.
Determinata la distanza di una stella (mediante la parallasse), non è sempre possibile risalire al diametro effettivo dell'astro, in quanto anche con i più grandi telescopi non si riesce a ricavare la
dimensione angolare. Invece è possibile misurare per via indiretta il diametro reale di una stella osservandone il colore che, per una nota legge della fisica, è in relazione alla luminosità per unità di superficie. Infatti, per esempio, un metro quadrato di superficie di una stella azzurra irradia molto più intensamente di un metro quadrato di una stella rossa. Inoltre se si conoscono la distanza (grazie alla parallasse) e la luminosità apparente della stella, si può risalire alla sua luminosità reale, assoluta. Basta confrontare tale emissione totale con quella per unità di superficie (stabilita nel modo prima descritto) e si giungerà a
conoscere la superficie dell'astro nonché il diametro e il volume. Si è
giunti così a individuare con una certa precisione il diametro effettivo di
molte stelle. Si è constatato che alcune stelle sono grandi più o meno come il
nostro Sole, ma che ve ne sono altre molto più grandi, dette appunto stelle
giganti, al cui confronto il nostro astro sembra un granello di sabbia. Si
pensi alla Stella Polare, che è 11 volte più grande (in diametro) del Sole; o
ad Aldebaran, nella costellazione del Toro, che è 50 volte maggiore del nostro
astro. Davvero gigantesca è poi Betelgeuse, della costellazione di Orione, il
cui diametro è ben 280 volte più grande del diametro solare. Il Sole, che è una
stella nana gialla, però non va annoverato tra le stelle più piccole. Vi sono
infatti alcuni astri dal diametro sensibilmente inferiore a pianeti come Giove
e Saturno. Bisogna però stare attenti a non confondere il volume delle stelle
con la loro massa. Rimanendo inalterata quest'ultima, il volume può differire a
seguito di variazioni di densità dovute a sconvolgimenti interni alla stella.
Essendo, al pari del Sole, delle sfere gassose, le stelle sono facilmente
soggette a considerevoli mutamenti della loro densità, pur non correndo per
questo il rischio di disintegrarsi.
A seguito di ripetute osservazioni, gli astronomi hanno constatato che molte
stelle subiscono variazioni di splendore. Alcuni di questi mutamenti sono del
tutto irregolari, altri invece obbediscono a un ritmo costante. La stella Mira
Ceti, della costellazione della Balena, presenta una variazione di splendore
assai tipica. Per quindici giorni brilla come una stella di seconda grandezza;
poi il suo splendore diminuisce fino a scomparire del tutto. Dopo cinque mesi
comincia lentamente ad aumentare di splendore fino a riapparire brillante come
prima. Inoltre essa muta anche di colore: giallo nel periodo di massimo
fulgore, rosso nel periodo di opacità. Gli scienziati attribuiscono le sue
variazioni alla periodica dilatazione (con conseguente raffreddamento e
arrossamento) degli strati superficiali. Gli elementi che compongono tali
strati vanno a formare una nube opaca che si dissolve lentamente nello spazio
in tempi successivi, consentendo alla stella di mostrarsi di nuovo in tutto il
suo fulgore.
Algol, della costellazione di Perseo, è una stella di rapidissima variazione.
In tre giorni essa discende dalla seconda alla quarta grandezza. A che cosa è
dovuta la variabilità nelle stelle? Nel caso di Algol, che è una stella doppia,
gli astronomi ne attribuiscono la causa a una periodica eclissi. Infatti uno
dei due astri è oscuro, per cui, quando si interpone tra il suo compagno e la
Terra, la luminosità del sistema diminuisce sensibilmente. Ciò succede a molte
altre stelle doppie.
Le variabili Cefeidi
Il gruppo di stelle variabili denominate Cefeidi, termine derivato dal nome dell'astro più noto tra esse, che appartiene alla costellazione di Cefeo: questi astri sembrano aumentare e diminuire periodicamente di volume. Gli scienziati hanno dunque avanzato l'ipotesi che tali stelle "respirino", mutando continuamente il loro splendore. Quando la temperatura alla superficie raggiunge i 1000° k, e la luminosità è ai massimi livelli, il colore di queste stelle varia: si sposta tendenzialmente dal giallo o arancio al bianco. Per la loro caratteristica variabilità sono state raggruppate in un'unica classe di 706 stelle.
La vita di una stella è una continua ricerca di equilibrio tra la pressione verso l'esterno del suo gas reso caldo dalle reazioni nucleari al suo interno e l'attrazione gravitazionale dei suoi stessi elementi. Quando la stella esaurisce le sue risorse di combustibile nucleare, questo equilibrio viene meno e pertanto l'astro si raffredda e si contrae.
Se la sua massa è abbastanza piccola, esso riesce a trovare un'ulteriore
configurazione di equilibrio, nota come stadio di nana bianca, in cui
l'attrazione gravitazione è controbilanciata dalla cosiddetta pressione di
degenerazione degli elettroni (è una conseguenza della Meccanica Quantistica e
del principio di esclusione di Pauli. Gli elettroni si comportano, in quelle
condizioni, come passeggeri di un autobus affollato che resistono alla
pressione degli altri agitandosi e dando gomitate). Nel 1931, però,
l'astrofisico indiano S. Chandrasekhar mostrò che esiste un limite superiore
per la massa delle nane bianche, di circa 1,4 masse solari, al di sopra del
quale neanche la pressione di degenerazione degli elettroni è in quelle
condizioni, come passeggeri di un autobus affollato che resistono alla
pressione degli altri agitandosi o dando gomitate). Nel 1931, però l'astrofisico
indiano S. Chandrasekhar mostrò che esiste un limite superiore per la massa
delle nane bianche, di circa 1,4 masse solari, al di sopra del quale neanche la
pressione di degenerazione degli elettroni è in grado di opporsi all'attrazione
gravitazionale. L'ulteriore contrazione di una nana bianca (o l'evoluzione
finale di una stella di massa superiore a 1,4 masse solari) fa sì che gli
elettroni si fondano con i protoni, dando origine a neutroni. Si forma così un
oggetto ancora più compatto e
denso, una stella di neutroni. In questo caso è la pressione de-genere
del gas di neutroni che
riesce ad evitare l'ulteriore collasso. Ma anche per le stelle di neutroni
esiste un valore limite per la massa sostenibile, che è di circa 2-3 masse
solari, come fu mostrato da Oppenheimer e Volkhoff nel 1939.
E la storia finisce qui. Se si cerca di comprimere ulteriormente una stella di
neutroni (o se si considera il destino di una stella di massa elevata), non
esiste alcuno stato della materia capace di opporsi all'ulteriore catastrofica
contrazione gravitazionale.
La teoria dell'evoluzione stellare prevede pertanto che una stella molto
massiccia debba alla fine soccombere al suo stesso campo gravitazionale dando
origine ad un buco nero. Questa fase può essere compresa solo facendo uso della
teoria della Relatività Generale.
Per un astronauta che si trovi sulla superficie della stella che collassa, le
ultime fasi del collasso durano pochi millesimi di secondo. E quando il raggio
della stella diviene uguale a R = 1,48x10 alla -27 M (lo stesso valore trovato
da Laplace!), il suo campo gravitazionale diviene talmente intenso e la
conseguente deflessione della luce talmente elevata, che la sua stessa luce (e
quindi nessun altra cosa) riesce ad allontanarsi. Si crea così una regione
dello spazio-tempo da cui è impossibile fuggire: questo è un buco nero, ed il
suo confine è conosciuto come orizzonte degli eventi
Per tentare di definire le proprietà delle singole stelle, può essere
utile raggrupparle secondo criteri che tengano conto delle effettive
correlazioni esistenti tra gli astri. Questo è uno dei compiti principali della
statistica stellare.
Conoscere le stelle in questo modo può essere utilissimo:
può darci, per esempio, un'idea della vita media di una stella e della sua
evoluzione. Questo non è un particolare trascurabile, giacché la vita terrestre
dipende proprio da un astro, cioè dal Sole.
Per conoscere meglio le stelle, tra il 1905 e il 1913 l'olandese Einar
Hertzsprung e l'americano Henry Norris Russel idearono un diagramma, detto
appunto di Hertzsprung-Russel (H-R) o anche diagramma colore-luminosità. Essi
esaminarono le caratteristiche delle stelle conosciute, le collocarono su un
diagramma e scoprirono che la sequenza ottenuta non era casuale.
La maggior parte delle stelle si pone infatti su una cosiddetta sequenza
principale che attraversa il diagramma: in alto a sinistra si trovano le stelle
azzurre di grande massa e luminosità, in basso a destra le nane rosse; in
mezzo, le stelle gialle simili al Sole. In alto a destra, nella cosiddetta zona
delle giganti, si individua un'alta concentrazione stellare. Un numero esiguo
di altre stelle, dette nane bianche, si colloca in basso a sinistra.
Nei primi anni del XVIII secolo l'astronomo Halley, confrontando la
posizione di alcune stelle con quella assegnata loro dal catalogo di Tolomeo,
scoprì che nell'intercorso periodo di quindici secoli tali stelle si erano
mosse.
Solo in tempi più recenti, con l'ausilio di perfezionati e precisissimi
strumenti di misura, si è riusciti a determinare con maggiore esattezza lo
spostamento angolare degli astri. In genere si registrano spostamenti annui
medi inferiori al secondo d'arco, ma anche spostamenti sensibilmente superiori.
Procione e Sirio hanno per esempio uno spostamento annuo pari a circa
1,3"; quello di Arturo è eguale a 2,3". Proxima Centauri, la stella a
noi più vicina, è animata da un notevole moto pari a circa 3,2". In ordine
crescente si susseguono, poi, la 61 del Cigno, con 3,7"; la 1830 Grombridge,
con circa 7"; il Corridore, con 9,3"; la stella di Barnard, nella
costellazione del Serpente, con 10,3".
La costellazione dell'Orsa Maggiore
La conseguenza più rilevante dello spostamento delle stelle è
soprattutto lo sconvolgimento delle distanze reciproche degli astri appartenenti
a una medesima costellazione, e quindi il mutamento di forma di quest'ultima.
Si consideri per esempio l'Orsa Maggiore, il cui aspetto un tempo era simile a
una croce; la sua attuale forma di carro potrebbe tra 50 000 anni assumere le
fattezze di una semplice linea spezzata. Ciò che accade all'Orsa Maggiore
succede a tutte le altre costellazioni.
Spostamenti angolari e radiali
Come è possibile misurare gli spostamenti delle stelle? Immaginiamo di collegare idealmente con una retta la Terra con una qualsiasi stella. Misurando l'ampiezza dell'angolo formato dalla nuova posizione in cui si trova l'astro rispetto alla precedente, ci si potrà rendere conto dei suoi spostamenti. Questi si definiscono spostamenti angolari. Si chiamano invece spostamenti radiali quelli che l'astro compie in modo da rimanere sempre nella stessa direzione della Terra, sia che si avvicini sia che se ne allontani. In questo caso, mancando angoli da valutare, gli strumenti ottici risultano del tutto inutili. Serve invece il preziosissimo e semplice spettroscopio. Grazie a questo strumento, come sappiamo, si può effettuare l'analisi chimica delle stelle, stabilendo quali elementi compongono la loro massa. Ma c'è di più: attraverso lo spettroscopio si può anche valutare la velocità di spostamento, sfruttando il principio dell'effetto Doppler in ottica.
L'effetto Doppler
Un grande scienziato, Christian Doppler, studiando il comportamento delle
sorgenti sonore in movimento, scoprì un fenomeno caratteristico, denominato
appunto effetto Doppler. Una sorgente sonora, come il fischio di una
locomotiva, emette un suono più acuto mentre si avvicina all'ascoltatore e un
suono più grave mentre se ne allontana. Ciò significa che la frequenza di un
dato suono aumenta o diminuisce quando l'emittente del suono stesso si avvicina
o si allontana dall'ascoltatore. Supponiamo di conoscere esattamente la
frequenza del fischio di una locomotiva e di sapere che essa rimane costante
nel tempo. Misurando le variazioni di frequenza del suono che si ode, sarà
possibile stabilire, anche senza vederla, se la locomotiva si allontana o si
avvicina e a quale velocità si muove.
Effetto Doppler e velocità delle stelle
Nello spettroscopio la luce in arrivo viene scissa nei suoi componenti da un prisma. Questo seleziona gli impulsi luminosi scomponendoli e deviandoli nella zona del rosso o in quella del violetto della banda colorata, a seconda che si tratti di vibrazioni a bassa o ad alta frequenza: è quello che viene denominato spettro della luce esaminata. La luce della stella, causata dall'eccitazione delle particelle dei gas che ne compongono la massa, dà uno spettro caratteristico: una banda colorata solcata da righe scure proprie di ciascun gas presente nella stella, dove ogni riga occupa la posizione corrispondente alla sua frequenza. Se la stella presa in
esame dovesse avvicinarsi o allontanarsi si verificherà esattamente
quello che ha descritto Doppler a proposito del fischio della locomotiva: le
frequenze luminose delle varie righe dello spettro risulteranno aumentate
rispetto al loro valore normale se la stella ha un movimento che la avvicina
alla Terra (spostamento verso la banda del violetto o violet-shift);
risulteranno diminuite se l'astro è animato da un moto di allontanamento dalla
Terra (spostamento verso la banda del rosso o red-shift). Una volta conosciuta
la distanza di una stella si può stabilire di quanto e in quale direzione si
sia mossa semplicemente confrontando il suo spostamento radiale con quello
angolare.
Dalle misure effettuate risulta che le stelle si muovono in tutte le direzioni
e a velocità diverse. Si avvicinano al sistema solare stelle quali Sirio, alla
velocità di 7 km/s; Vega, della costellazione della Lira, a 14 km/s; Alpha del
Centauro, a 22 km/s. Al contrario se ne allontanano Betelgeuse, a 21 km/s;
Capella, della costellazione dell'Auriga, a 29 km/s e Aldebaran, della
costellazione del Toro, a 54 km/s.
Il moto di traslazione delle
stelle
I moti angolari e radiali sono le componenti di un unico movimento delle
stelle, quello di traslazione. Vi sono alcune stelle che si muovono
solidalmente, pur non appartenendo ad alcun sistema di doppie o di multiple.
Tali astri hanno avuto, probabilmente, origine da un unico, sconvolgente evento
cosmico, che li ha "generati" insieme. Tra questi gruppi di stelle il
più noto è quello delle Pleiadi, che comprende circa 130 astri. Un altro gruppo
è quello delle Iadi, distante dalla Terra all'incirca 133 anni luce. Vi sono
infine dei gruppi di stelle che, pur muovendosi in modo solidale, stanno
discosti l'uno dall'altro, come pesci trasportati dalla corrente.
Il fenomeno delle "correnti" stellari coinvolge migliaia di stelle,
misteriosamente convogliate in gruppi verso determinati punti, nei quali
convergono altre correnti altrettanto imponenti e nutrite. Forse, è proprio per
effetto di queste correnti che nel cosmo avvengono ciclopici scontri tra
stelle, dai quali nascono nuovi astri, nuovi gruppi, nuove correnti, in un
incessante e straordinario alternarsi di eventi.
Magnitudine apparente e magnitudine assoluta
L'astronomo Ipparco, come si è
visto, fu il primo a tentare una classificazione delle stelle in base
alla loro distanza, grandezza e luminosità.
Si deve a lui il primo catalogo stellare, in cui si ha una prima suddivisione
delle stelle per ordine di grandezza su una scala da 1 a 6. La suddivisione di
Ipparco teneva conto della luminosità apparente della stella, cioè le stelle
erano catalogate secondo varie classi a seconda del loro splendore agli occhi
dell'astronomo.
Oggi però si preferisce sostituire al termine grandezza quello di magnitudine,
che si riferisce al grado di luminosità delle stelle. La luce di una stella
osservata dalla Terra non dà però alcuna indicazione sull'effettiva luminosità
dell'astro, cioè sulla reale energia emanata da esso. La luminosità dipende
infatti dalla distanza della stella dal punto
di osservazione. La luminosità, così come appare ai nostri occhi, viene
perciò detta magnitudine apparente, mentre la luminosità effettiva viene
chiamata magnitudine assoluta. Quest'ultima corrisponde alla magnitudine
apparente che la stella avrebbe se fosse situata a una distanza convenzionale
di 32,6 anni luce (10 parsec).
Se una stella si trova proprio a quella distanza, si dice che le sue due
magnitudini corrispondono. Se invece si trova più lontano, la sua luminosità
apparente, cioè quella che percepiamo dalla Terra, è inferiore a quella che
effettivamente viene emanata dall'astro. Per esempio, Sirio, che è molto vicina
a noi (solo 8,6 anni luce!), è molto più luminosa di Betelgeuse che dista ben
650 anni luce. È chiaro però che questo effetto di luminosità dipende dalla
distanza degli astri dal punto di osservazione.
Stelle doppie e stelle multiple
Esistono coppie di stelle in posizione talmente ravvicinata tra loro da formare
un sistema unico, per effetto del quale entrambe risultano indissolubilmente
legate da reciproci rapporti di attrazione. Tali stelle, dette appunto doppie,
ruotano vicendevolmente l'una attorno all'altra e si spostano insieme nello
spazio. L'esistenza di stelle doppie è stata accertata dall'astronomo inglese
William Herschel nel 1800 circa. Le stelle doppie reali si distinguono in: a)
sistemi binari visuali, ossia sistemi osservabili per via ottica, scoperti da
Herschel; b) sistemi binari spettroscopici, rilevabili solo per mezzo dello
spettroscopio; c) sistemi binari fotometrici, in cui la duplicità è colta solo
attraverso variazioni di luminosità per le reciproche eclissi dei componenti
del sistema. Attualmente si contano alcune decine di migliaia di stelle doppie.
Vi sono delle coppie costituite da un astro maggiore con un compagno di piccole
dimensioni. Si pensi per esempio a Procione, nella costellazione del Cane
Minore, intorno alla quale si muove una stella di tredicesima grandezza.
Sirio e la sua compagna
Si conoscono poi dei casi singolari. Sirio, la stella più fulgida, è accoppiata a Sirio B. Questa non solo impiega 50 anni per compiere il suo giro di rotazione intorno a Sirio, ma è anche responsabile, data la notevole massa di cui è dotata, delle sue oscillazioni nel cielo. L'osservazione del cielo ha messo in evidenza anche l'esistenza di stelle multiple, in un sistema formato da tre o più stelle. Tali sono la stella tripla di Andromeda, la stella quadrupla della Lira, quella tripla del Cancro e moltissime altre ancora. La maggior parte di queste stelle è stata individuata attraverso lo spettroscopio poiché gli astri minori di uno stesso sistema multiplo vengono sommersi dalla luminosità degli astri maggiori, risultando quasi invisibili ai mezzi ottici.
Nascita di una stella
La nascita di una stella, evento che si verifica continuamente nell'universo,
avviene in circostanze particolari coinvolgendo una grande quantità di materia,
( soprattutto gas ) che, per effetto dell'attrazione gravitazionale all'interno
di una Nebulosa, si concentra in uno spazio sempre minore.
L'attrazione gravitazionale è la forza (scoperta da Isaac Newton ) che fa
cadere una mela dall'albero ed è quella forza che spinge tutto verso un punto
comune: il centro della Terra, nel nostro caso.
L'addensarsi del gas in uno spazio più piccolo ne causa la diminuzione del
volume e l'aumento della temperatura. ( Per la legge dei gas perfetti ). Nel
caso in questione il gas è il più semplice dell'intero universo, ovvero l'Idrogeno
( H ), che è anche il gas presente in maggiore quantità nell'universo.
Da notare, tra l'altro, che l'idrogeno non e' l'unico gas presente in queste
nubi. Infatti oltre ad esso vi e' in piccola parte dell'elio ( il gas dei
palloncini che volano appena li si lascia ) e altri elementi ancora meno
numerosi, comprese particelle di polvere cosmica, che altro non sono che
molecole (o insiemi di atomi).
Riepilogando la composizione di queste nubi pre-stellari è la seguente:
idrogeno
elio
ossigeno
azoto
carbonio
polvere interstellare
L'estensione di una nebulosa ( la "fabbrica" nella quale si producono
le stelle ) si può aggirare anche attorno al centinaio di anni luce, vale a
dire che, se la si volesse percorrere tutta in lungo e in largo alla velocità
della luce (300.000 Km/sec) si impiegerebbero cento anni.
Mentre, forse questo aiuta a capire l'estensione, percorrendola alla velocità
di 100 Km/h si impiegherebbe circa un miliardo di anni (ora forse è più
chiaro).
Come detto, il gas della nebulosa inizia a concentrarsi verso il centro per
effetto della forza gravitazionale che spinge gli atomi di idrogeno l'uno
contro l'altro.
Ad un certo punto, quando gli atomi di H sono concentrati enormemente
nel centro, inizia un processo di fusione nucleare, vale a dire il processo che
è in grado di fornire il massimo dell'energia dalla materia.
Inizialmente queste nubi di gas e polvere interstellare si trovano ad una
temperatura di circa 100 °K (circa -170°C) ed inoltre la loro densita' è di
qualche centinaio di atomi per metro cubo, centinaia di volte lo spazio
circostante perché questa é di appena qualche atomo per metro cubo.
Basti pensare che la densita' di qualsiasi cosa sulla terra e' di miliardi di
atomi per metro cubo. Il vuoto di cui stiamo parlando, quindi, e' milioni di
volte piu' "spinto" del piu' grande vuoto spinto creato sulla terra
con apparecchiature ad alta tecnologia.
In questo stato in cui la materia sta addensandosi e stanno inziando le
reazioni di fusione la stella è nella cosiddetta fase T TAURI dal nome di una
stella della costellazione del Toro in una simile condizione. Di solito, poichè
le nubi di gas sono molto estese e ricche di massa, non si forma una sola
stella ma molte di più. Avviene quindi la nascita simultanea di più stelle tutte
dalla stessa nube e queste, poichè sono a distanze relativamente vicine,
formano quello che viene chiamato un "Ammasso aperto". Gli ammassi
sono indice di formazione stellare ed infatti le stelle che li compongono sono
relativamente giovani ed azzurre (per la grande quantità di materia che hanno a
disposizione si formano stelle massive).
Lo sbalzo termico e' enorme: infatti la temperatura che la nube deve
raggiungere nel suo nucleo per far si che la stella nasca é di circa 12 milioni
di gradi. Se la nube in contrazione (detta anche protostella) non risce a
raggiungere tale temperatura perche' la sua massa di partenza non era
sufficiente, allora la stella non si accendera' al 100% e si presentera' un
oggetto detto "Nana Bruna" vale a dire una piccola stella con una
temperatura piuttosto bassa e poco luminosa.
Quantità di materia ancora più piccole possono invece arrivare a formare
oggetti simili a Giove o Saturno che, in quanto tali, possono essere
considerati stelle mal riuscite.
Quindi, nel caso in cui la quantità di materia iniziale è ridotta ma comunque
sufficiente a generare temperature adatte alla fusione, allora si formerà una
stella molto piccola rossastra che, però, splenderà moltissimo tempo per motivi
che poi vedremo.
Al contrario se la massa inziale è più che sufficiente allora si formerà una
stella ben più grossa con un colore, dovuto alla alta temperatura, che tenderà
al bianco o, addirittura all'azzurro. La stella in tal caso sarà detta una
Gigante azzurra.
Come si può immaginare questi sono i due estremi: da un lato la stella piccola
e rossastra che sarà destinata a vivere miliardi di anni. Dall'altro una stella
grande azzurra o bianca che, al contrario, vivrà poco più di 100 milioni di
anni o giù di lì.
Naturalmente una via di mezzo a questi due "estremi" esiste ed è
rappresentata da stelle come il Sole di colore giallo-arancio.
Il processo di fusione genera un'energia e la temperatura inzia a salire
enormemente.
Una cosa molto importante da notare e' la caratteristica dell'ambiente che si
viene a creare nei dintorni della stella nascente. Infatti, tutto il sistema
con la stella al centro e e le polveri che la circondano ruota perchè
nell'universo tutto ha un movimento rotatorio.
Durante la rotazione gli elementi più pesanti si accrescono urtandosi a vicenda
grazie ad un processo che porterà alla formazione di pianeti e satelliti.
Stiamo assistendo in pratica alla creazione di un sistema solare.
La formazione di sistemi planetari come il nostro dovrebbe quindi essere la
norma nell'universo, per quanto riguarda le stelle singole. Cosa che non
dovrebbe accadere nelle stelle doppie.
Quando la temperatura all'interno del nucelo ha raggiunto i 12 milioni di gradi
la stella si accende e inizia la fase evolutiva. Il processo di combustione,
che genera dell'elio, è un processo molto efficiente per produrre energia
perche' basti pensare che da un chilogrammo di idrogeno si ricavano, nella
combustione di una stella, energie prodotte da 200 tonnellate di petrolio. Ed
e' questa energia che ci fa vivere e fa splendere il nostro sole per cosi'
tanto tempo.
Ed è anche questa energia che sulla Terra si spera di governare, creando la
cosiddetta "Fusione controllata". Per ora gli sforzi in questa
direzione portano solo alla creazione di ordigni di fatale mostruosità.
Evidentemente quindi non si riescono ancora a sfruttare le potenzialità delle
fornaci stellari, solo per scopi civili e comunque controllabili.
Attenzione pero', perche' se l'idrogeno genera un'energia cosi' efficiente,
l'elio non si comporta allo stesso modo. Infatti la sua combustione dura molto
di meno, come vedremo, stabilendo così la durata della vita stellare.
Il processo di fusione, del resto, e' sempre meno efficiente man mano che si
passa ad elementi piu' pesanti fino ad arrivare al ferro, la cui combustione
non e' per niente efficiente come l'idrogeno, cosa che causa eventi
catastrofici.
L'evoluzione
Una volta accesa, cioè una volta che inizia la combusione nucleare, la stella
inizia la sua fase più lunga: l'evoluzione.
Questa fase dura, nel caso di una stella come il Sole, una decina di miliardi
di anni in tutto. (Infatti il nostro Sole è giunto alla mezza età perchè ha
circa 5 miliardi di anni e gliene restano poco meno di 5, dopodichè a meno che
la razza umana (sempre che esista ancora ) non abbia sviluppato tecnologie in
grado di trasferirsi su un'altro "Sistema solare", sarà vermente la
fine.
Ma questo non è il momento di parlare di questo e non mi sembra il caso di
preoccuparsi, visti i tempi. In questa fase la stella è stabile e presenta
delle caratteristiche comuni nella maggior parte dei casi: la sua stabilità è
dovuta al contrasto tra due forze enormemente potenti: la stella rimane tale
perchè è in una fase di "Equilibrio".
Mentre da un lato c'è la forza di gravità, che tende a contrarre la stella
verso il centro, dall'altro c'è n'è un'altra che spinge verso l'esterno come
vedremo.
Infatti mentre la gravità è una forza unicamente attrattiva che spinge verso il
centro, c'è il contrasto di un'altra forza: la forza che spinge verso l'esterno
della stella provocata dalla pressione generata dalla combustione nucleare. In
poche parole la pressione nucleare. La stella inoltre tende a mantenere questo
equilibrio "delicato" perchè si comporta come se avesse un termostato
che la regola.
Infatti se la forza di gravità dovesse prendere il sopravvento per una
diminuzione della temperatura interna ( e quindi della pressione nucleare ), la
stella reagirebbe con una contrazione che, diminuendo il volume ne aumenterebbe
la temperatura e quindi anche la pressione nucleare, ristabilendo il vecchio
equilibrio.
Viceversa, se dovesse aumentare la pressione nucleare nei confronti della forza
di gravità per una eccessiva combustione, questo provocherebbe un aumento della
massa della stella. E poichè la forza di gravità è proporzionale alla massa si
verificherebbe anche un aumento dell'intensità della forza di gravità, che così
facendo, ristabilisce il vecchio equilibrio.
Questo "termostato naturale" funziona finché c'è dell'idrogeno da
bruciare.
Dopo, la situazione si complica e la stella va incontro ad una serie di
sconquassi, che come vedremo ne segneranno l'esistenza.
La morte della stella
La fine di una stella non è sempre la stessa per tutte le stelle.
Tutte però seguono un percorso comune fino ad un certo punto.
Come detto, tutte le stelle consumano l'idrogeno contenuto in esse fino al suo
esaurimento. A tal punto, nel momento in cui l'idrogeno finisce, resta il
prodotto della combustione: l'elio. Questo, però, richiede una maggiore energia
per essere bruciato, e ciò comporta per la stella un cambiamento di aspetto e
di "abitudini".
Se, infatti fino ad ora la stella era abituata ad usare il suo termostato nel
caso in cui le cose andavano storte, ora questo viene a mancare perchè di
idrogeno non c'è n'è più nel nucleo.
L'assenza dell'idrogeno è accompagnata da un'altra assenza di rilievo: quella
della pressione nucleare. Ora la gravità la fa da padrona e comprime la stella
nelle sue mani.
Questa, comprimendosi, si inizia a riscaldare enormemente fino a raggiungere
nel nucleo i 100 milioni di gradi. In tutto questo trambusto la stella si
contrae e spasima fino al momento in cui avviene la sua nuova
"Accensione" momentanea.
Infatti nel nucleo vengono raggiunte temperature necessarie alla fusione
dell'elio in carbonio ed ossigeno in un'altra reazione nucleare che stavolta
richiede energia maggiori e genera energie minori. Questo rappresenta un nuovo
ma breve equilibrio per la stella.
Già il suo aspetto è cambiato però, perchè bruciando elio la temperatura e salita
enormemente anche lontano dal suo nucleo ove l'idrogeno incombusto che se ne
era stato lontano dal core si accende anch'esso. Questo procova due cose:
1) la stella si espande grazie alla combustione dell'idrogeno che si allarga
nello spazio e
2) diventa rossa per il rapido raffreddamento delle sue parti esterne a
contatto col vuoto cosmico.
La stella è diventata una Gigante rossa.
Il nuovo periodo di stabilità non dura però 10 miliardi di anni ( sempre
prendendo come esempio una stella simile al sole ) ma "solo" cento
milioni di anni.
Questo perche', come detto, la fusione dell'elio non e' cosi' efficiente come
quella dell'idrogeno. Il paragone più adatto a descrivere la morfologia della
stella in questo momento è quello della cipolla. Si creano infatti dei gusci
concentrici ognuno dei quali brucia un carburante nucleare diverso. Nella fase
di "Gigante rossa", si raggiungono luminosità molte volte più grandi
del Sole e dimensioni ragguardevoli. In cielo si possono ammirare tante stelle
giunte a questa fase e molte di loro si trovano proprio nelle costellazioni
piu' famose e visibili ad occhio nudo.
A questo punto entra in gioco una variabile che decide come finirà di evolversi
la stella nelle sue fasi finali: la massa. Infatti per stelle con una massa
simili a quella del sole la stella procede verso una fine tranquilla.
Stelle con massa medio-piccola
Essendo la massa della stella non eccessiva, la stella continuerà a bruciare
elio ancora per qualche centinaio di milioni di anni. Finito anche l'elio resta
il suo prodotto e cioè il carbonio.
Ma, poichè la massa è relativamente ridotta, la forza di gravità non riesce a
comprimere la stella in modo tale da accendere anche gli altri combustibili
nucleari.
La forza di gravità diventa di nuovo padrona della situazione e comprime la
stella fino a farle raggiungere densità elevatissime e faceno salire gravemente
la temperatura. In questo modo diventa molto piccola ed assume una colorazione
bianco acceso.
La densità di queste stelle raggiunge valori 40.000 volte maggiori di qualunque
metallo sulla Terra.
Si è appena formata una "Nana bianca". La nana bianca sopravvive
nelle sue ultime fasi sotto un altro equilibrio che la spegnerà lentamente con
il passare del tempo.
Ai livelli di densità raggiunti, il gas non è formato più da molecole
"normali" e in quanto tale non si comporta più da gas normale.
Nonostante ciò è ancora in grado di opporre una resistenza alla forza di
gravità, dovuta alla pressione del gas degenere, raffreddandosi lentamente e
inesorabilmente diventando una nana nera.
In pratica un faro spento.
La nana bianca è circondata da una quantità notevole di materia espulsa nella
fase di gigante rossa e diventa una cosiddetta nebulosa planetaria costituita
dalle polveri lasciate dalla stella ex giagante rossa che bruciando ha
allontanato i gas dalla stella.
Stelle con massa grande
Le cose vanno molto diversamente però se la stella in questione ha una massa
molto più grande del sole ( diciamo 10 volte).
Infatti, in tal caso, la gravità prende il sopravvento sulle altre forze e nel
nucleo si arrivano a formare nuclei di ferro per merito della fusione nucleare
a catena che, stavolta non si ferma come succedeva alla gigante rossa ma va
avanti fino al ferro, grazie alle temperature superiori raggiunte. Quindi la
stella si viene a trovare in uno stato molto inquieto e inizia ad espandersi in
modo incotrollabile divenendo una Supergigante rossa che viene ad avere un
diametro grande quanto tutto il sistema solare.
Arrivati a questo punto però i nuclei di ferro non possono essere più fusi
perchè la loro fusione non genera energia ma la assorbe. La catena di reazioni
nucleari si interrompe.
Il modello della cipolla è sempre fedele solo che questa volta gli strati sono
di più con il ferro nel nucleo, altri metalli, e man mano verso l'esterno
elementi più semplici.
Le supergiganti rosse sono stelle aventi un core ferroso e le cui temperature
interne possono raggiungere 1 miliardo di gradi.
Il problema è che, nonstante questa grande temperatura, non vi è emissione di
energia e quindi la stabilità è sempre più compromessa perchè manca un
contrasto alla gravità.
In una stella di questo tipo la densità raggiunge un miliardo di grammi per cm3
cioè un cucchiaino di materia peserebbe un miliardo di tonnellate sulla Terra.
Quando il nucleo diviene stracolmo di atomi di ferro la stella non regge più
alla pressione della gravità ed esplode in un modo terrificante gettando nello
spazio tutto quello che aveva creato compresi gli atomi più pesanti.
Come se non bastasse la sua capacità di "creare" non si arresta
perchè, se nel suo core non ha avuto le possiblità di produrre elementi più
pesanti del ferro come l'oro, l'argento, l'uranio, ecc., l'esplosione e
l'immane temperatura generata da essa con tutta la quantità inimmaginabile di
radiazioni che emana è in grado di creare in un processo chimico comlpesso
anche atomi di oro e i restanti elementi della tavola periodica.
La tavola periodica, con tutti i suoi elementi compresi quelli del nostro corpo
come l'ossigeno, l'acqua e il carbonio solo per citarne alcuni non sono altro
che il prodotto di quelle combustioni nucleari che poi le supernove hanno
"distribuito" nello spazio.
Espulsi i materiali che circondavano la stella si crea quella che viene detta
residuo di supernova o nebulosa.
Quello che rimane del nucleo stellare puo' essere diverso a seconda della
massa.
Se la massa e' compresa tra 1,4 e 3,4 masse solari si forma quella che viene
detta stella a neutroni o pulsar.
Questa non e' altro che il residuo dell'esplosione ed e' in uno stato
particolare per la enorme forza di gravita'.
Gli atomi non esistono piu' in quanto tali ma si spezzano e i protoni e gli
elettroni si scontrano con grande energia formando i neutroni. I neutroni, riescono
a respingere la forza di gravità.
Se pero' la massa del residuo rimanente e' maggiore di 3,4 masse solari si puo'
creare un oggetto la cui forza di gravita' e' talmente forte da non far uscire
nemmeno la luce: un buco nero.
Per chiarire questo basti pensare a questo esempio:
se noi volessimo uscire dall'orbita della terra e sfuggire al suo campo
gravitazionale in modo tale da poter andare nello spazio senza ricadere sulla
terra ( quello che fanno i razzi che accompagnano i satelliti in orbita ), dovremmo
superare una velocita' critica.
Questa velocita', sulla terra, e' di 11 chilometri al secondo.
Su un pianeta come Giove e' superiore perche', avendo una massa maggiore la
forza di gravita' e' maggiore e quindi anche la velocita' di fuga.
Ora noi sappiamo che la velocita' della luce non e' infinita ma e' di 300.000
chilometri al secondo. Un valore molto grande ma comunque finito.
Ora, se la forza di gravita' è cosi' grande da imporre una velocita' di fuga
maggiore di 300.000 chilometri al secondo, la luce non puo' andare nello spazio
circostante ma ricade sull'oggetto.
Questa faccenda causa conseguenze che la fisica non e' ancora bene in grado di
spiegare, e situazioni tali da far rabbrividire. Naturalmente visto che, anche
se non si vedono, questi oggetti generano comunque un campo gravitazionale
perchè hanno massa e quindi fanno sentire la loro presenza su qualunque cosa
gli passi vicino.
Un ipotetico pianeta che si venisse a trovare vicino ad un buco nero di massa
simile a quella del Sole, ad una distanza di sicurezza gli orbiterebbe intorno
proprio come fa la Terra con il Sole.
Se però la distanza di sicurezza dovesse diminuire fino ad un punto detto
" Orizzonte degli eventi " allora il pianeta sarebbe
"risucchiato" dal buco nero e per definizione noi non potremmo sapere
più che fine a fatto, perchè non potremmo più osservarlo.
Difficilemente potremo sapere se una stella, tanto benevola nel creare materia,
possa essere in grado di creare oggetti simili od opporsi a ciò diminuendo
quella massa oltre la quale la velocità della luce e la forza di gravità si
contendono il primato di restare.
E mai potremmo sapere nel caso in cui esistano mostri del genere, che fine fa
quello che ci va a finire dentro e se le leggi della fisica valide in tutto
l'universo valgano anche lì.
E' comunque molto probabile che un buco nero, viste le premesse e vista la
teoria della relatività, non le conosca nemmeno le leggi della fisica con tanto
di conseguenze che non possiamo immaginare.
Fattostà che, secondo il grande Stephen Hawking, anche questi mostri dovrebbero
morire.. evaporando!
Composizione
Ma veniamo alla composizione della stella. Una stella è costituita da strati
concentrici non tutti aventi le stesse dimensioni.
Nel suo centro vi è una parte detta "Core", ovvero il nucleo
dell'astro. Esso raggiunge i milioni di gradi centrigradi ed è qui che si
verifica la fusione dell'idrogeno in elio.
Vi sono poi varie zone che le radiazioni devono attraversare prima di giungere
alla superficie della stella. Gli strati intermedi sono la zona convettiva e la
zona radiativa in cui i fotoni luminosi trovano difficoltà ad attraversare
perché questa è una zona molto "opaca" alle radiazioni.
Per superare questa zona la luce può impiegare migliaia di anni, e dopo di chè
si ritrova sulla fotosfera, lo strato più esterno, assieme alla cromosfera, di
una stella. La luce che noi vediamo viene da questi strati esterni. Quindi
basta pensare che la luce, anzi la radiazione (perché la luce è radiazione!),
parte dal centro della stella, generata dalla combustione nucleare, e dopo
varie migliaia di anni giunge in superficie, negli strati più esterni e da lì
intraprende un altro lungo viaggio verso i nostri occhi che può durare dagli 8
minuti ( la stella più vicina a noi ) ai miliardi di anni per le stelle più
lontane mai osservate.
Tra l'altro assieme alla luce visibile, una stella emana nello spazio grandi
quantità di raggi X, raggi gamma, raggi ultravioletti e raggi infrarossi fino a
riempire tutto lo spettro delle onde elettromagnetiche comprese le onde radio.
Inoltre le stelle sono luoghi ove si verificano tempeste magnetiche, e il Sole
ogni tanto ce ne da una dimostrazione facendo danni al nostro sistema
satellitare e delle telecomunicazioni.
Dal nucleo della stella si dipartono, tra l'altro, i "Neutrini" che
altro non sono che particelle con massa e dimensioni quasi nulle che vengono
prodotte nel core dalle reazioni nucleari.
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