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LA COSTRUZIONE DELLO SPAZIO EUROPEO UNIFICATO

geografia



LA COSTRUZIONE DELLO SPAZIO EUROPEO UNIFICATO


Regioni e reti nel processo di integrazione territoriale europea

Attualmente assistiamo alla fase in cui, per tutti i paesi membri dell'Unione Europea, si fanno urgenti gli impegni assunti per l'accesso alla fase finale dell'Unione economica e monetaria, ma anche di integrazione politica e di convergenza delle economie reali. Per soddisfare l'ultimo aspetto è necessario un processo di integrazione territoriale che riduca le differenze economiche e sociali tra le parti del territorio comunitario.

Le geografie implicite, che guidano questo processo di integrazione, si propongono nuove rappresentazioni che si intrecciano con nuove modalità di osservazione, descrizione, interpretazione del territorio. L'approccio areale è tradizionale, lo spazio è visto come elemento continuo (a geometria fissa), in cui prevalgono le relazioni di contiguità fra i soggetti territoriali.



L'approccio reticolare è più recente, si basa sullo sviluppo di relazioni a distanza fra soggetti territoriali, lo spazio è visto come variabile discontinua a geometria variabile. Le 2 prospettive di analisi delle trasformazioni territoriali in atto, si presentano come 2 forme di organizzazione e sviluppo territoriale:

sviluppo areale reti che si sviluppano a livello locale;

sviluppo reticolare reti che si sviluppano a livello sovralocale.

Anche il processo di integrazione territoriale europea può essere interpretato a seconda dei 2 punti di vista

integrazione fra regioni, rafforzamento della coesione interna ad alcune aree di scala regionale;

integrazione fra reti, costituzione e consolidamento di reti di ambito sopranazionale.

Le 2 prospettive sono strettamente connesse e complementari.


Gli squilibri territoriali in Europa

Al fine di valutare l'entità dei divari economici e sociali fra paesi e regioni gli indicatori più utilizzati sono il Pil pro-capite e il tasso di disoccupazione. Essi vengono utilizzati per determinare le aree idonee ad azioni di sostegno nelle politiche di coesione dell'UE.


Le disparità in termini di Pil pro-capite

Se i valori assoluti del Pil pro-capite vengono convertiti con valori espressi in standard di potere d'acquisto (spa) che tengono conto dei differenti livelli dei prezzi nei diversi paesi, i divari si riducono. Emerge il divario netto fra i 4 paesi con Pil pro-capite più basso (Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia) e gli altri 11, fenomeno che sta all'origine della creazione del Fondo di coesione, destinato ai 4 paesi. L'analisi dell'evoluzione dei divari fra i paesi membri, in termini di spa, mostra come fra il 1980 e 1984 vi sia stato un periodo di accentuazione, e a partire dal 1985 fino al 1993 essi abbiano manifestato una lenta costante riduzione, favorita dalla crescita sostenuta dall'economia europea nella seconda metà degli anni '80. Le economie dei 4 paesi con Pil pro-capite più basso hanno fatto registrare tassi di crescita superiori a quelli medi comunitari. Il processo di convergenza delle economie dei paesi membri, dopo un rallentamento negli anni '90, sembra essere proseguito anche dopo il '93.

L'Eurostat, l'Istituto Statistico dell'UE, provvede a fornire la base statistica per l'analisi delle disparità territoriali, e provvede a definire la ripartizione del territorio comunitario, il più possibile uniforme.

Il risultato è la Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (Nuts), che suddivide il territorio comunitario in 3 livelli:

Nuts 1 - raggruppamento di regioni o singole regioni;

Nuts 2 - singole regioni;

Nuts 3 - province.

Il Pil pro-capite inferiore alla media comunitaria, si registra nelle periferie; il Pil pro-capite superiore alla media comunitaria si registra in gran parte al centro dell'Europa Occidentale.

Evoluzione temporale dei divari regionali: fra il 1983-1993 si registra una lieve riduzione del Pil pro-capite delle 10 regioni più ricche e le 10 regioni più povere dell'UE.

Analisi complessiva delle disparità: nel corso degli anni '80 si registra un lieve incremento dei divari, seguito da una progressiva riduzione nella fase di espansione economica, mentre nei primi anni '90 aumentano i divari, che si attenuano nel 1993 raggiungendo livelli analoghi al 1983.


Le disparità in termini di tasso di disoccupazione

Le economie dei paesi membri UE devono affrontare gli elevati livelli di disoccupazione: dal 1973-85 si è registrato un incremento (dal 2% al 10%), nel 1990 si è ridotto all'8%, nel 1994 11%, assestandosi al 10,7% nel 1995, contro il 6% statunitense e il 3% giapponese.

Analizzando il tasso di disoccupazione dei primi 15 paesi membri UE si notano disparità accentuate.

Il tasso di disoccupazione della Spagna è 5 volte quello dell'Austria, la Francia e l'Italia registrano valori superiori alla media comunitaria, Spagna e Finlandia registrano livelli elevati a causa del crollo degli scambi con l'Ex Unione Sovietica (1990-94).

L'evoluzione temporale ha seguito, tra il 1970-95, quella di disoccupazione complessivo dell'UE.

Il problema della disoccupazione emerge se analizzato a livello regionale e locale, i divari si manifestano su scala sovranazionale ma anche all'interno dei paesi membri UE.

L'analisi conferma la tendenza all'ampliamento dei divari: il rapporto fra tasso di disoccupazione delle 10 regioni più colpite e le 10 regioni meno colpite, è aumentato tra il 1983-95, passando da 5% a 7%, analogamente se confrontiamo il rapporto delle 25 regioni più colpite e le 25 regioni meno colpite.

Le disparità complessive hanno avuto un andamento che ha seguito quello del tasso di disoccupazione complessivo dell'UE.


Le immagini di sintesi del territorio europeo : caratteristiche dell'attuale assetto del territorio europeo

Gli squilibri regionali, la densità di popolazione, il sistema insediativo, le reti infrastrutturali, sono interpretate attraverso "immagini di sintesi"del territorio europeo:

presenza di un modello centro - periferia, con un'area forte situata nel cuore dell'Europa occidentale, e la progressione di livelli di sviluppo socio-economico nelle periferie geografiche;

triangolo delle capitali, Londra-Parigi-Bruxelles;

golden triangle, Bruxelles-Amsterdam-Francoforte;

dorsale centrale (banana blu), racchiude la regione londinese, Rastand Holland e Ruhr, il nuovo triangolo dinamico Monaco-Stoccarda-Zurigo, e il sistema lombardo. Essa rappresenta l'asse portante del sistema urbano e dell'assetto territoriale europeo (asse consolidato);

Nord del Sud, asse europeo emergente che comprende la fascia ispano-franco-italiana, un'area interessata dallo sviluppo economico, tecnologico e culturale, controbilancia la dorsale centrale.

L'immagine risultante dall'individuazione della dorsale centrale e del Nord del Sud è una T rovesciata.

Sono stati indicati fattori di trasformazione dell'assetto del territorio comunitario, al fine di delinearne gli scenari evolutivi. Brunet individua nel 1)processo di integrazione dei paesi dell'Europa Orientale e nel 2)processo di sviluppo della penisola iberica, i maggiori fattori di trasformazione.

Il primo scenario che emerge riguarda la progressiva affermazione di nuove direttrici di sviluppo legate all'integrazione Est-Ovest.

Nell'ambito del sistema urbano è ipotizzabile un parziale ridisegno delle gerarchie urbane, legato alle direttrici dello sviluppo delle reti di trasporto continentali ad alta velocità.


Elementi della politica territoriale comunitaria : tendenze evolutive spontanee

Le istituzioni conducono una politica territoriale sopranazionale. Gli orientamenti sono espressi esplicitamente in alcuni documenti, o possono essere ritrovati nelle azioni delle istituzioni comunitarie.


Europa 2000 (Documento di prospettiva 1)

Primo documento che contiene i principi e gli orientamenti per una politica territoriale comunitaria.

Ha l'obiettivo di fornire un ampio quadro conoscitivo delle tendenze dello sviluppo dello spazio europeo, e i principali fattori che ne stanno alla base. La Commissione non si assume il ruolo di pianificatore, ma fornisce gli elementi informativi per promuovere la cooperazione tra i soggetti che effettueranno la pianificazione, al fine di creare le condizioni per una politica territoriale sovranazionale, orientata ad altri paesi nel quadro di un progressivo ampliamento della Comunità.

Il rapporto si concentra sull'assetto e sulle trasformazioni del territorio comunitario, dal punto di vista delle caratteristiche demografiche e delle strutture produttive, sul rapporto sviluppo infrastrutturale -coesione territoriale, problematiche ambientali.

Analizza le dinamiche e le prospettive di sviluppo delle aree urbane, rurali, di confine, costiere, insulari.

Notevole rilevanza è data al tema della cooperazione e dell'integrazione transfrontaliera: capitali centrali, regioni alpine, atlantiche, Mediterraneo occidentale - centrale, regioni del Mare del Nord, Francia e Spagna, più Lander della ex Germania democratica.


Europa 2000+ (Documento di prospettiva 2)

Documento che ribadisce l'importanza della realizzazione di un coordinamento della pianificazione nei paesi membri, la predisposizione di un quadro di riferimento a scala sovranazionale, confermando il principio di sussidiarietà. Esso aggiorna le indicazioni contenute nel doc. Europa 2000.

Il documento sottolinea gli obiettivi generali di cooperazione e coordinamento a cui devono conformarsi le politiche di pianificazione territoriale:

maggiore competitività del sistema territoriale europeo rispetto ai grandi sistemi economici mondiali (Stati Uniti-Giappone-Sud/Est Asiatico), tramite la valorizzazione dei diversi modelli di sviluppo economici europei;

modello di sviluppo sostenibile a livello ambientale, tramite lo sviluppo di reti di trasporto miste (stradali-ferroviarie) per alleggerire gli effetti nocivi del trasporto su strada;

adozione di un modello di organizzazione territoriale più equo caratterizzato da una maggiore coesione economica e sociale.

Il documento contiene orientamenti specifici a cui l'azione delle istituzioni comunitarie dovrebbe conformarsi:

sviluppo della cooperazione transfrontaliera;

riduzione dell'isolamento delle regioni periferiche;

sviluppo equilibrato del sistema urbano;

prevenzione del rischio di degrado ambientale nelle aree rurali.

A queste "opzioni transnazionali" si affiancano le "opzioni transcomunitarie", ovvero cooperazione con i paesi vicini.

La suddivisione delle macro-regioni sottolinea l'importanza dei processi dinamici, e incoraggia un nuovo modo di pensare al futuro senza la limitazione dei confini. Per ognuna delle macro-regioni viene indicato uno "scenario tendenziale" che riflette le prospettive di "evoluzione spontanea", e uno "scenario volontario" che riflette un'evoluzione guidata dagli interventi di politica territoriale.


SSSE - Schema di sviluppo dello spazio europeo (Documento di prospettiva 3)

Documento strategico che avrebbe dovuto rappresentare l'estensione politica del doc. Europa 2000+.

Il Consiglio informale dei ministri responsabile della pianificazione territoriale UE, si è riunito a Lipsia nel 1994, e ha fissato congiuntamente i 3 principi ispiratori generali e i 3 obiettivi operativi dello SSSE:

A. il principio della coesione economica/sociale sull'obiettivo dell'equilibrio;

B. il principio dello sviluppo sostenibile sull'obiettivo della protezione;

C. il principio della competitività nel territorio UE sull'obiettivo dello sviluppo.

Il Consiglio si è riunito a Noordwijk nel 1997 per dare la versione ufficiale del documento e per farlo approvare dagli organismi comunitari.

Il documento di Noordwijk sottolinea come lo SSSE sia un documento di natura politica, orientativo, con lo scopo di migliorare l'attuazione delle politiche comunitarie esistenti.

Le politiche territoriali dovrebbero intervenire nell'ambito di 3 sfere di attività che perseguano:

un sistema urbano equilibrato e policentrico e nuove forme di relazione città-campagna;

una pari accessibilità alle infrastrutture e alle conoscenze;

una gestione precisa e uno sviluppo del patrimonio naturale/culturale.

La logica dello SSSE si fonda su 3 tipi fondamentali di interdipendenza:

interdipendenza fra territori (strategie di integrazione territoriale transnazionale);

interdipendenza fra le diverse politiche settoriali nazionali (coordinamento orizzontale);

interdipendenza fra i diversi livelli di governo (coordinamento verticale).


Lo SSSE si concentra sugli obiettivi e le opzioni politiche per lo sviluppo del territorio comunitario, l'analisi (2 parte) è riservata all'assetto del territorio europeo e alle sue tendenze di trasformazione sotto il profilo di evoluzione demografica, trasformazioni economiche, dinamiche ambientali:

dinamiche del sistema urbano;

dinamiche aree rurali;

dinamiche nel settore dei trasporti;

problemi legati al patrimonio naturale/culturale.

Lo SSSE valuta gli effetti territoriali delle principali politiche comunitarie, definisce gli obiettivi e le opzioni politiche per lo sviluppo del territorio comunitario, riferite alle 3 sfere di attività:

SFERA DI ATTIVITA' - sistema urbano equilibrato e policentrico:

maggiore complementarietà e cooperazione fra città;

sviluppo del dinamismo, dell'attrattività, della competitività delle città;

sviluppo sostenibile delle città.

SFERA DI ATTIVITA' - pari accessibilità alle strutture e alle conoscenze:

miglioramento dell'accessibilità complessiva del territorio comunitario;

l'adozione di un modello di utilizzo delle infrastrutture più efficace e sostenibile;

diffusione delle competenze e delle capacità di innovazione.

SFERA DI INFLUENZA - gestione precisa e sviluppo del patrimonio naturale/culturale:

Conservazione/sviluppo del patrimonio naturale;

Gestione precisa delle risorse idriche;

Conservazione/gestione di risorse paesaggistiche e patrimonio culturale urbano.

Il documento di Noordwijk indica un percorso per arrivare alla versione ufficiale dello SSSE:

ampio dibattito politico;

messa in atto di azioni innovative sperimentali;

creazione di un sistema informativo che ponga una solida base scientifica e tecnica.


Regioni e reti nelle politiche comunitarie

Questi documenti fissano le linee guida per lo sviluppo del territorio comunitario, nel principio di sussidiarietà non esiste un sistema di pianificazione territoriale a scala comunitaria, ma esso viene definito attraverso i diversi tipi di azioni messe in atto dalle istituzioni dell'UE.

Differenziazione delle politiche comunitarie in base a 2 criteri:

politiche strutturali (coesione, ambientali); politiche settoriali (politica agricola, reti infrastrutturali transeuropee dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia). Questa suddivisione non è applicabile rigidamente nel contesto della concreta attuazione degli interventi.



politiche areali (coesione, ambientali, agricola) , politiche reticolari (reti transeuropee, ricerca scientifica, teconologica, reti di cooperazione tra città e regioni).

Le sovrapposizioni dimostrano che le diverse azioni comunitarie sono complementari, da ciò l'esigenza di coordinamento delle linee d'intervento dell'UE.


Cap. 2 - L'EUROPA DELLE REGIONI


Premessa

Il trattato di Maastricht del 1992, sottoscritto dai 12 paesi membri della Comunità europea, prevede la costituzione di un Comitato delle regioni, composto da 189 membri (24 per l'Italia), che ha funzioni consultive nei confronti della Commissione e del Consiglio. Esso ha competenze in materia di squilibri economico/sociali, in tema di coesione fra regioni UE.

Nel documento di Maastricht è chiaro il funzionamento amministrativo, ma non è traducibile in azione politica. L'UE nasce dalla fusione di Stati sovrani, ciascuno con situazioni economico/sociali e vicende storico/politiche diverse fra loro, a Maastricht è nata una organizzazione centralistica: le competenze degli Stati sono surrogate dalle regioni, che si occupano di sviluppo locale, ma il cui disegno politico/amministrativo è ancora da definire.

Dai rapporti tra le regioni sono ben riconoscibili le situazioni poste agli estremi, mentre è difficile individuare le situazioni intermedie, perché il modello centro-periferia ha come obiettivo la demarcazione fra aree evolute e aree arretrate. Gli squilibri territoriali sono uno degli elementi di diversità regionale.

Concorrono però altri fattori economici a determinare il processo di individuazione delle regioni europee, attraverso determinati criteri e tenendo conto delle variabili.

In questo contesto si pone l'esigenza politica di definire un quadro organizzativo della struttura territoriale UE, e  l'esigenza geografica di definire le regioni d'Europa.


Gli spazi regionali e l'Europa. L'Europa delle regioni o quali regioni per l'UE

La locuzione "Europa delle regioni"esprime l'esigenza di articolare la UE in un insieme di regioni, ovvero in un insieme di unità territoriali in cui si articola lo spazio continentale. Essa evoca la variabilità di situazioni locali (ambienti, tradizioni, lingue), ha valenza politica poiché fa leva sui valori locali per ipotizzare una UE confederale, ponendosi come semplice somma degli spazi regionali senza significati.

La regione "d'Europa" non può intendersi solo come vissuto proiettato sullo spazio geografico, non può limitarsi a recepire la proiezione territoriale di forme di coesione di diverse culture.

La regionalizzazione dello spazio geografico europeo ha come obiettivo il superamento di una filosofia localistica, per assumere valenza operativa che ristrutturi i poteri comunitari.

La regione si configura come strumento per progettare una Europa volta al superamento di barriere statali.

L'Europa delle regioni non rappresenta un organismo sopranazionale, persegue invece l'integrazione economico-sociale.


Le regioni europee hanno dimensioni, caratteristiche, autonomie, organizzazione diverse

La prospettiva di un'articolazione dello spazio europeo in regioni non è facile da realizzare, poiché diversificato è il rapporto potere centrale / potere locale:

i 16 Lander tedeschi gestiscono direttamente la propria economia;

in Italia la costituzione del 1948 ha istituito la regione e ne ha organizzato le competenze;

in Spagna la riforma costituzionale del 1978 ha istituito le Comunidades autònomas, qui le forme di decentramento sono diverse da regione a regione;

in Francia le regioni esistono dagli anni '50 ma il loro grado di autonomia è limitato dalla cultura verticistica dello stato napoleonico;

il Belgio ha articolato la sua ridotta superficie in 3 regioni autonome (Fiandre, Vallonia, Bruxelles);

il Regno Unito si articola in 4 nazioni ma le funzioni legislative vengono svolte in modo centralistico, solo in Scozia sono state riconosciute modeste competenze regionali;

in Danimarca, Paesi Bassi, Grecia, Irlanda, Portogallo non esistono autonomie regionali.


La necessità di nuove forme di compartimentazione dello spazio europeo

La locuzione "Europa delle regioni" indica l'esigenza di una articolazione territoriale. L'Europa è troppo frammentata e composta da una pluralità di strutture amministrative. L'obiettivo è avviare un processo di omogeneizzazione economica, sociale, territoriale attraverso una riorganizzazione geografica dello spazio europeo.

Il quadro delle regioni che compongono l'UE è troppo eterogeneo, per costituire un sistema di relazioni centro-periferia. Questi obiettivi sono difficili da raggiungere perché manca sinergia fra gli apparati di ricerca e lo Stato.


Possibili sinergie e antagonismi nelle ipotesi di articolazione territoriale dello spazio europeo

In Italia la creazione di nuove unità territoriali non ricorda la collaborazione di territorialisti e geografi.

Le valutazioni scientifiche dovrebbero precedere le valutazioni politiche.

La regionalizzazione dovrebbe avvenire su un piano interdisciplinare (scientifico/politico), dopo che il potere politico avrà precisato le funzioni che questi enti territoriali saranno chiamati a esercitare. Prima è necessario definire le competenze territoriali, poi gli ambiti all'interno dei quali queste regioni eserciteranno le loro capacità decisionali.

Attraverso queste precise indicazioni politiche, le comunità scientifiche definiranno ipotesi all'interno delle quali si muoverà poi il potere politico individuando l'assetto territoriale più adatto per il raggiungimento degli obiettivi politici. 


Europa 2000 e le ipotesi di regionalizzazione dello spazio comunitario: le utopie della eurocrazia

Tra gli anni '80-'90 la Commissione europea sente l'esigenza di elaborare una strategia complessiva in modo da graduare i propri interventi. Il doc. Europa 2000 fa un ipotesi di articolazione del territorio comunitario in 8 macro-regioni, fornendo criteri e principi per la definizione territoriale, riconducibili alla vicinanza geografica e ai rapporti reciproci.  Le 8 macro-regioni transnazionali hanno come obiettivo la suddivisione del sistema decisionale centro-periferia, e lo smantellamento della struttura territoriale disegnata dagli Stati membri, desidera rompere il loro potere che fino adesso si è frapposto all'unificazione politica dello spazio europeo.

La ricerca di soluzioni non abbraccia i modelli scientifici, uno studio pubblicato nel 1989 Le villes europeennes afferma che attraverso la "banana blu" sarebbe possibile arrivare a un'articolazione regionale dello spazio comunitario più accreditata scientificamente.

L'arco atlantico racchiude zone disomogenee fra loro, accomunate solo dalla marginalità geografica, più accreditata è l'esigenza di individuare una regione estesa che contrasti il potere delle zone forti d'Europa.


In Europa non esistono un nord e un sud contrapposti ma modalità diverse di organizzazione territoriale

L'interpretazione in chiave bipolare (nord sviluppato-sud arretrato) dell'economia europea è riduttiva rispetto alla varietà di situazioni presenti nelle diverse regioni d'Europa. L'economia si organizza per complessi territoriali e deve tener conto di variabili strutturali.

La presenza di una regione forte nel cuore dell'Europa (16 lander tedeschi) non è emblematica della condizione dell'intera Germania. All'interno di un'area forte vanno distinte le situazioni che impongono provvedimenti di politica regionale diversi.

A livello europeo si individuano 5 macro-regioni:

1. AREE DEL BOOBMERANG E DEL DISAGIO ECONOMICO-SOCIALE

2. REGIONI DELL'ORGANIZZAZIONE SOCIALE EVOLUTA E DEL BENESSERE

3. ZONE CON PROBLEMI DI RICONVERSIONE PRODUTTIVA

4. AREA SVILUPPATA E DINAMICA

5. ZONE DEL RECUPERO ACCELLERATO.


Considerazioni conclusive

Il problema della compartimentazione dello spazio geografico della UE permane. Il processo di unificazione politica richiede un efficiente tessuto regionale, e un coinvolgimento degli Stati membri e delle forze politiche in essi presenti.


Cap. 3 -  LE POLITICHE DI COESIONE DELL'UNIONE EUROPEA


Squilibri territoriali e politiche di coesione nell'Unione europea

La Comunità economica europea ha come obiettivi l' integrazione commerciale/territoriale, e la coesione economica. In particolare la coesione economica figura, con il mercato unico, e l'unione economica e monetaria,  come una delle priorità dell'unione.

Gli accentuati squilibri regionali hanno richiesto interventi a favore delle aree economicamente svantaggiate, detti politiche di coesione. Essi vengono gestiti dalla Direzione generale Politiche regionali e coesione della Commissione Europea.

Le politiche di coesione sono interconnesse ad altri tipi di azioni comunitarie, ma hanno una propria autonomia perché sono orientate alla riduzione dei divari economici e sociali all'interno del territorio comunitario.

Le politiche di coesione hanno svolto un ruolo proprio delle politiche di riequilibrio territoriale messe in atto dai vari paesi, in alcuni casi affiancandosi ad esse, in altri sostituendole.

I Fondi strutturali sono il principale strumento delle politiche di coesione, e recentemente è sorto il Fondo di coesione.


I 4 Fondi strutturali

Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr) creato nel 1975 per ridurre gli squilibri regionali;

Fondo sociale europeo (Fse) istituito nel 1960 per il sostegno e la lotta contro la disoccupazione;

Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (Feaog) creato nel 1962 per finanziare interventi strutturali nel settore agricolo;

Strumento finanziario di orientamento per la pesca (Sfop) promuovere l'adeguamento del settore pesca e acquacoltura.

L'istituzione di questi fondi è avvenuta nel passato, ma solo recentemente la loro azione si è fatta incisiva

una chiara definizione/applicazione dei principi generali ispiratori degli interventi;

trasparenza nelle procedure di accesso e utilizzo dei fondi;

precisa individuazione delle realtà territoriali che hanno accesso ai finanziamenti comunitari;

aumento dell'entità del finanziamento.


La riforma del 1988 e i Fondi strutturali nel periodo 1989-1993

La riforma del 1988 ha regolato l'attività dei fondi strutturali per il quinquennio 1989-1993.

La riforma si basava sui principi generali ispiratori degli interventi:

principio della concentrazione esprime l'esigenza di indirizzare gli interventi verso obiettivi chiari:

a)obiettivi territoriali (regionali) - individuano specifiche aree di intervento:

-sviluppo e adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo;

-riconversione delle regioni, o parti di regioni, gravemente colpite dal declino dell'industria;

-sviluppo delle zone rurali.

b)obiettivi tematici (orizzontali) - individuano specifiche problematiche di intervento:

-lotta contro la disoccupazione di lunga durata;

-inserimento professionale dei giovani;

-adeguamento delle strutture agricole.

principio del partenariato necessità di collaborazione fra Commissione europea - autorità dei paesi membri nella programmazione/realizzazione degli interventi;

principio della programmazione indicare i tempi per la richiesta di finanziamento e per la realizzazione degli interventi;

principio dell'addizionalità i contributi comunitari devono essere cofinanziamenti, ovvero coprire solo una parte del costo dei progetti.

La riforma incrementò le risorse messe a disposizione, e gli stanziamenti annuali. I maggiori fruitori sono stati i paesi in ritardo di sviluppo. Vennero introdotte le Iniziative comunitarie, ovvero azioni di supporto alla coesione economica e sociale, con lo scopo di lasciare agire autonomamente la Commissione nell'assegnazione di stanziamenti, per soddisfare esigenze che si ritiene non adeguatamente considerate nei Quadri comunitari di sostegno (Qcs).


La revisione normativa del 1993 e i Fondi strutturali nel periodo 1994-1999

La nuova normativa, adottata dal Consiglio dei Ministri dell'UE, ha introdotto delle novità:

il principio del partenariato può essere esteso ;

il principio della programmazione fa riferimento a un periodo di 6 anni anziché 5;

le procedure di programmazione sono state semplificate e accelerate, in alternativa ai Piani di sviluppo nazionali/regionali, gli stati membri possono presentare un Documento unico di programmazione che contiene le priorità e la specificazione dei programmi operativi;

per ciò che riguarda il principio della concentrazione le novità sono: variazione nel contenuto degli obiettivi, variazione nei criteri di ammissibilità agli obiettivi, la creazione di un nuovo obiettivo territoriale.

Nel periodo di programmazione 1994-1999 prosegue l'azione delle Iniziative comunitarie verso 5 principali direttrici d'intervento:

cooperazione e reti transfrontaliere-transnazionali-interregionali;

sviluppo rurale;

integrazione delle regioni ultraperiferiche;

promozione dell'occupazione e sviluppo delle risorse umane;

gestione delle trasformazioni industriali.

Nel quadro delle politiche di coesione dell'UE viene individuata un'iniziativa al di fuori dei Fondi strutturali: il Fondo di coesione (1993), si riferisce a contesti territoriali nazionali (non regionale e subregionale come i Fondi strutturali) rappresentati dai 4 Stati membri con Pil pro-capite inferiore al 90% della media comunitaria, essi sono Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda. 

Il Fondo di coesione finanzia le infrastrutture di trasporto, e progetti in campo ambientale.


Le prospettive per le politiche di coesione dopo il 1999

Il futuro delle politiche di coesione è connesso alle prospettive di ampliamento dell'UE.

L'Agenda 2000, documento redatto nel 1997, presuppone che per i 6 paesi in entrata (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia, Estonia, Cipro)si aprano le trattative nel 1998 per l'entrata prevista fra il 2002-05. Questo implica una revisione delle politiche di coesione dell'Unione:

una quota delle risorse stanziate per le politiche di coesione, verrà destinata ai nuovi paesi in entrata;

il prossimo periodo di programmazione durerà 7 anni dal 2000 al 2006;

per i Fondi strutturali si prevede una riduzione da 6 a 3 obiettivi;

si costituirà una riserva pari al 10% del totale delle risorse dei Fondi;

dal 2000 si costituirà un sostegno finanziario pre-adesione per i paesi interessati.


Cap. 7 - LE REGIONI TRANSFRONTALIERE NEL PROCESSO DI UNIFICAZIONE EUROPEA


Geografia e regioni di confine in Europa

La geografia politica ha agito, all'interno delle conferenze di pace seguite ai 2 conflitti mondiali nel corso del '900, ricercando confini politici giusti e accettabili, che limitassero la conflittualità tra le parti.

Per questo diede più importanza ai confini naturali, rispetto ai confini strategici delle nazioni.

Dagli anni '60 la geografia politica si rivolge alle nuove opportunità di coesistenza fra i popoli, concetto che sta alla base della prospettiva di integrazione europea. L'interesse si spostò dai confini politici ai territori confinari e le loro popolazioni.

La geografia europea continentale ha dimostrato che le regioni di confine svolgono il ruolo di cerniera sociale e territoriale, creando una zona di transizione tra paesi limitrofi. 


Tipologia e caratteri delle regioni di confine europee

Per area di confine intendiamo quella parte di territorio che dista non più di 25 Km dal confine politico, in Europa vi sono oltre 10.000 Km di aree di confine.

Gli stati più piccoli: Lussemburgo, Slovenia, Moldavia, Svizzera, Belgio, le aree di confine occupano più del 75% del territorio statale.



Gli stati più grandi e le isole: Islanda, Russia, Regno Unito, Danimarca, Spagna, Irlanda, Grecia, le aree di confine occupano meno del 10% del territorio statale.

Le aree di confine europee possono essere suddivise in 3 categorie:

Europa occidentale, confini politici vecchi. Dagli anni '70 si sono sviluppate associazioni territoriali transconfinarie per risolvere problemi sociali e culturali. Si sono create relazioni transconfinarie tra regioni confinarie costituendo una sorta di regione di regioni;

Europa centrale, presenza di regioni storiche radicate nel territorio, esse hanno subito vari mutamenti che hanno portato a forme di cooperazione transfrontaliera spontanee. Questa cooperazione si fonda su legami di lunga durata all'interno di regioni storiche unitarie, divise poi politicamente, costituisce una sorta di regioni nelle regioni;

Europa orientale, le singole unità regionali hanno condiviso le vicende presenti nell'Europa centrale, ma qui le pressioni ideologiche hanno distrutto il tessuto sociale nelle regioni (meglio aree) di confine, favorendone lo spopolamento, e accentuando il sottosviluppo sociale ed economico.

In Europa vi sono 2 tipi principali di regioni confinarie:

a)  regioni di confine stabili nel tempo, non hanno conosciuto variazioni sostanziali del confine politico. Queste regioni sono meno inclini all'integrazione transfrontaliera, e si basano su antiche divisioni politiche prediligendo i confini naturali. La popolazione è abituata a condurre la propria vita indipendentemente da quella delle popolazioni d'oltre confine;

b)  regioni di confine che hanno subito variazioni nel tempo, Stati di nuova formazione. Queste regioni sono più inclini all'integrazione transfrontaliera, essi passano all'interno di regioni urbanizzate in cui sono consolidate forme di comunicazione sociale e interscambio economico.  


L'evoluzione del concetto di cooperazione transfrontaliera e il problema della delimitazione delle regioni di confine

Il modello delle società industriali ha portato alla formazione delle nazioni moderne e si basava sulla centralizzazione, ovvero limitava la comunicazione transfrontaliera.

Il modello delle società postindustriali si basa sulla decentralizzazione e la crescita dello scambio commerciale internazionale.

Tuttavia le autorità statali centrali continuano a mantenere le redini, e la centralizzazione dell'economia prosegue ad un livello internazionale. I cambiamenti però si notano, lo sviluppo economico e sociale si propaga uniformemente grazie agli interventi comunitari, con lo scopo di arrivare ad un'integrazione transconfinaria. Questo processo ampio e inarrestabile porta allo scontro fra autorità centrali e comunità regionali. Le autorità centrali vengono spinti a facilitare le relazioni transfrontaliere, ma dall'altro lato non vorrebbero concedere troppo potere alle comunità regionali.

Nell'Europa delle regioni esse acquisiscono nuove funzioni e opportunità.

Le regioni transfrontaliere sono un tipo di regioni periferiche, nelle quali la vita economica/sociale è influenzata dalla prossimità del confine politico, sono regioni complesse e caratterizzate da un certo grado di interdipendenza e integrazione transconfinaria.

I contatti transfrontalieri maggiori riguardano i grandi centri urbani industriali e si configurano lineari, di transito; i contatti transfrontalieri minori, di tipo locale, coinvolgono porzioni di territorio più ampie e sfere di interesse maggiori.

Le regioni transfrontaliere non sono unità territoriali omogenee, sono caratterizzate da legami funzionali basati sulla disparità socio-economiche, e dalla affinità socio-culturali.

Le regioni transfrontaliere sono regioni secondo il principio di funzionalità e il principio di omogeneità.

I criteri convenzionali individuando le aree transfrontaliere quelle comprese non oltre i 25 Km dal confine politico, ma non esprimono la loro effettiva estensione territoriale, poiché a seconda del criterio usato, l'estensione territoriale varia ed è spesso lontana da quella stabilita a tavolino dagli atti politici.

Le regioni transfrontaliere si presentano come regioni di regioni (rimangono invariate nel tempo), associazione di unità amministrative precostituite, e come regioni nelle regioni (la dimensione spaziale è mutevole) se viene utilizzato il criterio dell'individuazione del territorio effettivo.


Cap. 8 - L'ARCO LATINO MEDITERRANEO NEL CONTESTO EUROPEO


Introduzione

Il concetto di arco, come asse di sviluppo, venne formulato nel 1973 con la Conferenza delle regioni periferiche marittime, che riuniva 65 regioni europee con l'obiettivo di bilanciare le grandi concentrazioni umane ed economiche del cuore europeo. Dal 1989 sono nate le associazioni dell'Arco atlantico e dell'Arco mediterraneo.


I confini e le definizioni di arco latino mediterraneo

Questa macroregione viene definita come uno spazio a geometria variabile, ma la definizione migliore la troviamo nel documento Europa 2000+ (regioni meridionali della Spagna, Francia, Italia), la dorsale mediterranea individuata dalla Datar raggruppa solo le regioni centrali. La delimitazione prende in considerazione anche regioni non proprio mediterranee che hanno tuttavia ruolo di punti di ancoraggio dell'arco mediterraneo con l'Europa continentale, e hanno funzione di collegamento con il resto dell'UE.


Caratteristiche e dinamiche di sviluppo socio-economico delle regioni dell'arco latino mediterraneo

La dorsale mediterranea è eterogenea, frammentata, complessa, è una successione di paesaggi, ambienti e contesto politico-economici differenti. Si noti la contrapposizione tra la parte centrale (Europa del Nord), e le 2 estremità (Sud).

Per aspirare all'integrazione e alla collaborazione tra regioni così diverse è necessario scomporre l'arco latino mediterraneo in sub-sistemi regionali e analizzare le dinamiche di sviluppo:

regioni spagnole, insieme eterogeneo caratterizzato da un forte turismo di massa, degrado ambientale, frammentazione territoriale e scarse infrastrutture e servizi.

Catalogna con la capitale Barcellona, è la regione più dinamica, che sta emergendo per diventare il fulcro della dorsale;

Valencia sta emergendo, lo sviluppo è basato sulla piccola industria diffusa, un settore primario competitivo, e un settore terziario basato sul turismo;

Murcia e Andalusia, regioni arretrate che risentono della dipendenza dalle politiche nazionali;

regioni francesi, appaiono meno frammentate e più omogenee poiché le scelte di sviluppo sono state guidate dal governo centrale. Attualmente sta nascendo un circuito autonomo rispetto al governo centrale, nato dal riorientamento locale, e le regioni stanno attuando una politica mediterranea tesa a inquadrarle come fulcro di un nuovo spazio economico.

Marsiglia intravede l'opportunità di ridefinire il suo ruolo nel sistema urbano europeo;

In questa strategia di riorientamento locale e mediterraneo delle politiche di sviluppo, si sottolinea l'importanza delle iterazioni fra regioni costiere con la regione Rhone-Alpes, che rappresenta il collegamento cui esse interagiscono con il resto dell'arco senza passare per Parigi;

regioni italiane, possono suddividersi a loro volta in 3 sub-sistemi principali: toscano, laziale, romano. Liguria, toscana e Lazio hanno dinamiche socio-economiche diverse, ma hanno la stessa difficoltà nell'inquadrare il proprio ruolo all'interno della dorsale mediterranea e in Europa. La Lombardia e la pianura padana svolgono già il ruolo di ponte verso il centro-nord sia verso l'est europeo,  quindi sembra che nessuna regione italiana sia particolarmente interessata alla costruzione dell'arco.

Da ciò emerge: la non uniforme distribuzione dello sviluppo e la varietà dei modelli di sviluppo esistenti, la presenza di regioni o città interessate alla creazione di uno spazio di scambi e relazioni, e regioni non interessate a questa creazione, poiché sono all'inizio dello sviluppo, o perché soggette alla crisi del modello di sviluppo o ancora perché orientate verso altre direttrici territoriali.


Scenari evolutivi

Oggi l'arco latino mediterraneo è una giustapposizione di placche locali che permettono ai diversi stati di trovare una porta verso sud.

Le ragioni del mancato sviluppo dell'arco latino mediterraneo come spazio di relazioni e come dorsale di equilibrio, sono molteplici: la difficoltà di coesione, cooperazione, interazione fra regioni con diversi modelli di sviluppo, esse sviluppano relazioni di competizione più che cooperazione.

Esse sono incapaci di elaborare politiche che sorpassino la barriera del locale, le città e le regioni sono poco presenti e tendono a sviluppare relazioni con il Nord e il Centro Europa. Dal canto suo l'Europa Centro-Nord è più interessata ad aprirsi verso est, che non verso sud.

La Commissione europea, all'interno del rapporto Europa 2000+ ha individuato 2 possibili scenari:

scenario tendenziale viene ipotizzato il perdurare delle dinamiche attuali;

scenario volontarista, viene ipotizzato un cambiamento di rotta rispetto alle attuali tendenze, a seguito di una politica comune a favore dell'integrazione economica e alla costituzione di uno spazio di scambi. ­­­


Conclusioni Attualmente l'arco latino mediterraneo è in fase di crisi poiché rappresenta l'occasione per il riequilibrio dell'Europa e per lo sviluppo del Mediterraneo, ma è minacciato dall'apertura verso est, rischiosa per la marginalizzazione dei territori sud-occidentali.

La Commissione europea vuole affrontare, con politiche e interventi nazionali e comunitari, il problema del potenziamento delle infrastrutture di trasporto e comunicazione, ridurre le disparità dei livelli di sviluppo, incentivare alleanze fra le regioni.

Il ruolo dell'arco come dorsale di riequilibrio rimane una potenzialità inespressa, ma se la si vuole realizzare dipenderà dai singoli sistemi locali (città e regioni) di connettersi fra loro, cooperando, e complementandosi.


Cap. 13 - L'EUROPA DELLE RETI


Dal latino retis, il termine rete sta oggi a rappresentare ciò che permette la circolazione lungo dei fili e attraverso dei nodi. La rete potrebbe essere considerata come mezzo per catturare il progresso, o al contrario, un mezzo per incrementare la ricchezza e il progresso. Essa permette da un lato la comunicazione fra nodi, dall'altro l'irrigazione della superfiche che ricopre. Si possono distinguere:

-reti materiali (infrastrutture per la comunicazione);

-reti immateriali (scambi finanziari, culturali, di informazioni).

Le città sono nodi per una quantità di reti diverse, materiali e immateriali, Ogni città importante è multimodale (ha accesso a diverse reti stradali fluviali marittime); e multireticolare (intrattiene relazioni con diverse città).


Il treillage europeo

Così viene definito l'insieme delle reti che formano le vie di comunicazione. Storicamente la teoria di suddivisione esagonale dello spazio europeo implicava la connessione di 3 vie (treillage). Individuiamo 3 priorità:

il principale asse di relazioni d'Europa ha portato alla formazione di una delle 3 megalopoli mondiali (dalla Lombardia all'Inghilterra), importante perché attraversa un istmo;

sul lato occidentale, in seguito alla crescita della Spagna, emergono le 2 direttrici principali dell'Europa sud occidentale;

le relazioni Est-Ovest, l'esagono centrale ha come vertici Paesi Bassi-Parigi-Lione-Milano-Vienna-Berlino e ha come centro Zurigo-Stoccarda-Francoforte.


Interconnessioni e priorità di infrastrutture

Le priorità infrastrutturali si basano sulle strategie, che possono essere il riequilibrio delle regioni europee, o la concentrazione sull'asse renano. L'opposizione politica è molto forte.

Tutti i nodi di questa rete sono multimodali, ma non tutti hanno lo stesso standard qualitativo, la questione riguarda soprattutto l'efficienza degli aeroporti internazionali, le ferrovie ad alta velocità, lo sviluppo degli interporti (piattaforme multimodali), sotto quest'ultimo aspetto la situazione si complica:

-alcune reti specializzate non condividono la logica del trillage e dipendono dalle grandi città e dai loro collegamenti;

-la grande distribuzione si serve pivot/hub per concentrare e ridistribuire viaggiatori e merci in numerose destinazioni, questi snodi appartengono a reti indipendenti che possono allontanarsi dalle reti base e interagire con il treillage, determinando problemi a livello locale. Questi hubs sono già presenti nel traffico aereo statunitense, mentre in Europa le connessioni sono frutto dell'iniziativa privata.

Le priorità infrastrutturali e le scelte localizzative, sono funzione dei gruppi di pressione da una parte, e dall'altra degli interessi delle regioni europee. La persistenza del modello centro-periferia potrebbe preoccupare.


Le reti di città

La questione dei nodi della rete è stata orientata da 4 ipotesi:

ogni città è nodo di più reti che possono essere indipendenti;

le città si piegano, o potrebbero piegarsi, a logiche d'impresa;

le città sono competitive per attrarre attività e investimenti;

le città si piegano alle legge di concentrazione o "metropolizzazione".


Esistono parecchi approcci teorici riguardo le reti di città:

A. LA GERARCHIA DEI SERVIZI - il modello delle località centrali

prevede la concentrazione di servizi distribuiti uniformemente in più punti, è un modello multicellulare e gerarchico (se vi sono più livelli di concentrazione).  La rete della città assume una forma a fiocco di neve: da una località centrale partono 6 rami che raggiungono 6 città dipendenti. E' valido tutt'ora e utilizzato in Francia, Russia, Spagna, Africa occidentale, Europa. Esso esprime una tra le diverse attività urbane;

B. SEGMENTAZIONE DELLE FILIERE E DIVISIONE DEL LAVORO - modello della logica d'impresa

Questa interpretazione assegna a ciascuna città una posizione nelle reti produttive. Le reti di questo tipo si sono sviluppate negli ultimi 30 anni e rappresentano una delle forme che assume la divisione del lavoro. In questo modello di posizionamento delle reti, spesso si confonde la città con la regione: a volte il nodo della rete non è una città ma una regione;

C. RELAZIONI BASATE SULLA COMPETENZA - modello dei laboratori di ricerca

Molte reti connettono città della stessa natura e funzione, operanti in uno stesso ambito di competenze, le relazioni con paesi simili e concorrenti (Francia-Germania) sono più intense che quelle tra paesi molto diversi (città-stato del '400). Queste reti basate sulla competenze sono autocentrante, poiché gli attori sono locali;

D. GRUPPI DI INTERESSE LOBBIES - reti d'interesse assimilabili a gruppi di pressione le lobbies

Funzionano come cartelli (città termali-porti di pesca), hanno come obiettivo (solitamente di b/termine) la promozione, autovalorizzazione, di un insieme territoriale, regionale, locale, in ambito turistico. Sono reti autocentrante, non gerarchiche perché possono costituirsi attorno a un grande polo, o formarsi secondo le dimensioni delle città;

E. IL PROGETTO - reti di progetto

Hanno delle dimensioni geografiche ben definite, sono autocentrante e si attivano per realizzare operazioni vantaggiose per l'insieme delle città della rete. Sono città che si associano in occasione di un progetto (aeroporto comune-onerose infrastrutture di ricerca-zone di attività transfrontaliera);

F. LA CONDIVISIONE - città vicine che condividono funzioni e infrastrutture

Le autorità possono coordinare le condivisioni fra città vicine, creando un funzionamento a grappolo. Ma oltre una certa distanza questo tipo di reti non funziona: la centralizzazione del sistema urbano francese e la bassa densità di popolazione, hanno avuto l'effetto contrario, hanno rarefatto le città rispetto ai paesi vicini.


Ripensamenti necessari

L'esistenza e l'intreccio di queste reti dalla struttura differente, provoca contraddizioni e tensioni:

A. RETI DI COMPLEMENTARIETA' O DI COMPETIZIONE - le relazioni attuali, tra città europee, sono relazioni fra simili più che tra diversi. Le reti di complementarietà riguardano città con una struttura poco evoluta e che si trovano all'inizio dello sviluppo;

B. AUTONOMIA/ETERONOMIA E REIFICAZIONE/FETICIZZAZIONE DELLE CITTA'

Le città sono entità complesse, luoghi in cui si intrecciano strategie/conflitti tra attori appartenenti a reti diverse. La municipalità può rappresentare un compromesso di interessi fra diverse categorie, o l'interesse di una sola categoria. Nessuna città è autonoma o eteronoma (anomala), ma dipende da imprese multinazionali esterne, decisioni internazionali politiche/finanziarie, speculazioni monetarie. Esistono alcune vriabili:

-dimensione dell'agglomerazione (D);

-posizione all'interno del treillage europeo (P);

-natura delle sue attività specifiche (A);

-la sua posizione nelle reti specifiche (R);

-la natura e la dinamica del suo ambiente locale (E).

Le differenze fra posizione, la natura delle attività, posizione all'interno di reti specifiche, sono più marcate quanto più la dimensione aumenta.

C. METROPOLIZZAZIONE - le popolazioni si agglomerano in grandi metropoli, espandendo i nodi della rete. Esistono fattori di concentrazione come i servizi ad altro livello offerti dalle città, più possibilità d'impiego, ma esistono anche retroazioni, come ad esempio fenomeni di deconcentrazione delle città: la famiglia vuole localizzarsi il più vicino possibile alla città per godere dei vantaggi da essa derivanti, ma abbastanza lontano per evitarne i costi eccessivi e gli aspetti negativi. Non è la dimensione che determina l'importanza di una città, quanto la densità e la qualità dei servizi che essa offre.

D. LA CITTA'-ISOLA - tendenza che considera le città come dei "quasi-stati", delle isole.

I Sindaci gestiscono risorse considerevoli, e per questioni di prestigio, sono emersi conflitti di potere tra città e regioni. Molte città si sono estese, sono entrate a far parte di reti, ma non hanno perso il contatto con le regioni.


La scala delle reti

La scala europea: la reintegrazione dell'Europa dell'Est, e lo sviluppo della penisola iberica, sono fattori di cambiamento e possono portare a un equilibrio delle reti e delle regioni, oppure a un rafforzamento della megalopoli centrale. Esistono 3 ipotesi alternative:

il modello Nord-Sud, frutto di una visione nordista, che considera il Sud Europa in ritardo;

il modello centro-periferia, è un caso particolare, e presuppone l'esistenza di un centro a forma di globulo tra Londra, Parigi, Francoforte, Zurigo. Il Nord Italia viene considerato una periferia. Se un modello forte come questo, viene utilizzato in modo atemporale e aspaziale, si percepiscono i danni. Nei 30 anni fra 1955-1985 si è verificato uno slittamento della Megalopoli verso il Sud.

Il modello culturale dominante è un tentativo di compromesso fra i modelli 1)Nord-Sud; 2)centro-periferia; 3)la megalopoli e le sue proiezioni, con il modello centro-periferia dominante, esso presuppone un'apertura verso Est e una chiusura verso il Mediterraneo. Si potrebbe tentare un modello policentrico, senza dominazioni e concentrazioni, fondato sullo sviluppo dell'Europa Sud-occidentale, e dell'Europa orientale. 

La posizione dei nodi in Europa, non è casuale, e il centro ha forma di asse ben delineato. Sempre in Europa, per controbilanciare il peso della Megalopoli, bisognerebbe supportare i recenti sviluppi del Sud.


La scala dei sottoinsiemi europei

Alcune città o regioni europee stanno creando partenariati per realizzare nuove reti fra loro. Molte di queste reti hanno l'obiettivo di creare o rafforzare nuove reti di trasporto, in effetti la richiesta di collegamenti ad alta velocità e infrastrutture transmodali, è forte ma tuttavia immotivata: non è vero che le infrastrutture creano lo sviluppo, ma la loro assenza crea un handicap. Alcuni di questi partenariati sono transfrontalieri, altri hanno ambizioni più ampie (arco Atlantico e Mediterraneo). Queste reti tentano di bilanciare il forte peso della Megalopoli, di cui sono essi stessi delle proiezioni.




La scala locale 

Lo sviluppo delle grandi reti rischia di essere limitato ad alcune zone, ed introdurre fratture nello spazio europeo. Esistono in Europa dei luoghi di esclusione, la loro reintegrazione è uno degli obiettivi dell'UE. La distribuzione delle città, la valorizzazione delle zone rurali, la mobilità della popolazione, contribuiscono a creare un nuovo territorio a rete. A livello locale si potrebbero risolvere i problemi relativi all'uguaglianza di accesso ai servizi, al contrasto città-campagna, l'equità della pressione fiscale. Questi luoghi di esclusione, che non rientrano nell'arrondissement, hanno dato uno spunto allo Stato francese per elaborare una nuova maglia amministrativa.

A livello locale non esiste contraddizione fra rete-territorio: sono 2 modi diversi ma corretti per valutare la stessa realtà.


Conclusioni

a)non esiste una teoria delle organizzazioni spaziali senza un approfondimento delle logiche sociali che le animano

b)lo studio delle reti geografiche è inutile se non vengono definite le logiche sociali entro cui si pone;

c)è necessario analizzare le reti europee nelle loro diversità, liberi da pregiudizi;

d)per interpretare le reti è necessario unire la ricerca delle logiche sincroniche e diacroniche (evoluzione nel tempo)

e)è bene diffidare delle interpretazioni univoche, meglio basarsi su un insieme di approcci che si completano;

f)meglio analizzare l'articolazione degli elementi, piuttosto che la loro contrapposizione;

g)meglio lavorare sugli effetti dei cambiamenti di scala relativi alle reti (nuove tecnologie amplificate dai mercati);

h)i geografi e i pianificatori devono tenere presente la prodigalità della natura.


Cap. 14 - IL SISTEMA METROPOLITANO EUROPEO TRA CENTRALITA' CONCENTRATA E CENTRALITA' DISTRIBUITA


Il sistema delle città europee: modelli descrittivi

1. RETI CHRISTALLERIANE: descrivono la rete urbana come un sistema gerarchico a più livelli, definiti da rapporti gravitazionali, nel quale i nodi (località centrali) sono equidistribuiti. Ogni nodo con la sua area complementare forma un subsistema, i rapporti tra nodi sono determinati da un principio di complementarità verticale-gerarchica dipesa dalla prossimità; (tipica situazione di equilibrio di un mercato preindustriale)

2. RETI INTERCONNESSE A PIU' LIVELLI: sono sistemi distribuiti nello spazio, le relazioni fra nodi dipendono da complementarietà funzionali orizzontali-verticali; (tipica situazione della più recente economia dell'info)

3. GERARCHIA CENTRO-PERIFERIA: descrive un sistema urbano a più livelli gerarchici di centralità, i nodi di livello superiore tendono a concentrarsi in un'area centrale, quelli di livello inferiore si distribuiscono via via più perifericamente. (economia industriale della prima fase moderna - economie di scala e agglomerazzione).

L'attuale rete urbana europea è una combinazione di questi 3 modelli.

L'asse del Reno è l'area centrale, una rete urbana policentrica. Nella periferia europea permangono reti di tipo christalleriano, reti gerarchiche in cui centri inferiori sono collegati, mediante le metropoli regionali, indirettamente con il centro europeo.


Una verifica empirica 

Alla scala continentale domina il modello centro-periferia, verificata analizzando la distribuzione geografica delle principali città europee secondo livelli di importanza internazionale e importanza nazionale e regionale:

1) area centrale (core) Londra, Amburgo, Berlino, Monaco di B., Venezia, Genova, Lione, Parigi;

2) prima corona, zona intermedia che corrisponde a un'accessibilità pendolare giornaliera al core con mezzi ad alta velocità;

3) seconda corona, periferia comprende tutto il resto esclusa la Scandinavia.

Nel complesso la distribuzione è equilibrata, poiché segue la densità demografica. Se consideriamo le città del 1 livello, la distribuzione è meno equilibrata: il 53% delle città di 1 livello si concentra in una superficie pari al 20% di quella considerata, con una densità 6 volte superiore a quella delle periferie. Ne consegue che le reti regionali periferiche sono scarsamente integrate nella rete europea. Il sistema urbano europeo si articola e si divide in sottosistemi territoriali che conservano caratteri ereditati dal passato. I processi di globalizzazione e le interconnessioni agiscono selettivamente e diversamente sul territorio europeo.

Le zone centrali sono reti interconnesse a più livelli, le zone periferiche sono dominate da vecchie gerarchie territoriali. Qui si applicano gli obiettivi 1 (regioni in ritardo di sviluppo) e 5 (zone rurali problematiche), nell'ambito delle politiche di coesione dell'UE.

Rete urbana e squilibri regionali: scenari spaziali

La struttura geopolitica europea aggrava i divari di centralità centro-periferia, mentre si riducono nella zona intermedia. Uno dei mezzi principali della dilatazione del core (centro) è l'estensione della Tav (rete ferroviaria ad alta velocità). Ma gli effetti di tale dilatazione non raggiungono le periferie. L'ideale sarebbe creare un sistema unificato che integri trasporto aereo e Tav: questa è la condizione per estendere allo spazio europeo, il modello di rete urbana basato su interconnessioni orizzontali, utilizzato nel core, realizzando un processo di riequilibrio regionale basato sul modello di centralità distribuita, più efficace di quello attuale fondato sulla dilatazione della zona centrale. In metropoli come Napoli, Siviglia, Atene si possono trovare esternalità date, migliori di una città minore del core. L'accesso delle grandi città periferiche, alla rete primaria europea, dipende dalla loro capacità di organizzare le proprie risorse interne, così da arricchire il sistema urbano europeo di nuove funzioni.

Inizialmente sarebbe d'aiuto una politica di incentivi nazionali e comunitari, e un graduale inserimento nel circolo competitivo internazionale.   La tendenza all'iper-centralizzazione dovrebbe essere sostituita, in un medio-lungo termine, da una città globale a rete policentrica, estesa anche alle periferie europee.


Cap. 15 - LE RETI DI COOPERAZIONE DELL'UE: IL PROGRAMMA RECITE

Recite è un programma dell'UE che favorisce lo scambio di esperienze e cooperazione tra città e regioni dei diversi Stati membri, questo programma è favorito da processi di internazionalizzazione e dalla creazione di un mercato unico europeo. La politica regionale dell'UE riconosce il ruolo giocato dalla città nei processi di equilibrio e coesione economica e sociale. La prima fase di recite per gli anni 1991-95 ha portato alla creazione di 40 reti di cooperazione fra città, dati i risultati positivi, la Commissione europea ha varato una seconda fase di Recite allo scopo di favorire ulteriormente la cooperazione interregionale valorizzando il potenziale locale delle singole città.


Le trasformazioni urbane in Europa

La crescita delle reti infrastrutturali, la globalizzazione dell'economia e l'integrazione europea sono trasformazioni che investono la nostra società e cambiano il rapporto tra potere economico-città. Le città riacquistano il loro ruolo, il sistema urbano europeo può essere interpretato come l'insieme di diversi subsistemi di rapporti orizzontali.

Le reti urbane diventano un'arma strategica per la competizione tra città europee: la posizione competitiva delle singole città e regioni è determinata dalla loro partecipazione alle reti urbane.

La rete urbana europea è l'insieme di città globali (possiedono tutte le funzioni di rango elevato); città medie (hanno una specializzazione all'interno della gerarchia urbana); città minori (elevate capacità di innovazione, cooperazione, integrazione).


L'Europa dei Network

La rete, a livello comunitario, è una struttura che agevola la circolazione ed evita la concentrazione di ricchezza e popolazione, ma è anche un modello di sviluppo che mette in relazione soggetti diversi, attorno problematiche comuni. I programmi di cooperazione comunitaria si esprimono in una politica di stimoli e incentivi per colmare le disparità regionali.


La politica regionale e le città

I trattati di Roma (1957) e di Maastricht (1992) non prevedono l'obbligo di sviluppare una politica urbana europea, tuttavia dal 1989 la Commissione europea ha deciso di prestare più attenzione ai problemi delle città, dato che l'80% della popolazione dell'UE risiede in aree urbane. Si tratta di incentivi per azioni specifiche:

- sostegno di città situate in regioni ammissibili ai Fondi Strutturali;

- progetti urbani e reti di cooperazione europea;

- iniziativa comunitaria Urban del 1994, per il sostegno dei processi di riqualificazione urbana;

- dialogo con le amministrazioni locali, attraverso il Comitato delle Regioni, istituito a Maastrcht.

Attualmente le politiche comunitarie mirate non riescono a risolvere i problemi riguardanti le città.


I progetti pilota del Fesr art. 10 (Fondo europeo per lo sviluppo regionale)

Esso favorisce lo sviluppo di azioni innovative e il lancio di nuove idee nell'ambito delle politiche regionali attraverso 4 linee di intervento:

pianificazione dello spazio;

cooperazione transfrontaliera;

cooperazione tra città e regioni;

questioni urbane.

Questi progetti non sono vincolati all'appartenenza a regioni che rispondono dei parametri di ammissibilità al Fondo.


Le reti di cooperazione europea

Dal 1989, la Commissione europea, incoraggia direttamente la formazione di reti urbane attraverso il Fesr. Essa promuove la cooperazione interregionale e interurbana attraverso 40 reti di cooperazione transnazionali.

I progetti pilota iniziali, si sono trasformati nell'iniziativa Recite, in cui ogni rete deve favorire lo sviluppo economico dei membri, per raggiungere la coesione sociale ed economica all'interno dell'UE.


Conclusioni

Stimolare la formazione di reti di cooperazione tra città europee rappresenta un'azione strategica per l'equilibrio e la coesione all'interno degli Stati membri, in quanto tenta di contenere i fenomeni di disgregazione sociale-economica che minacciano il territorio europeo. I finanziamenti (Fesr) rappresentano uno stimolo, perché permettono l'avvio di progetti di trasformazione urbana. L'espressione "reti di città" acquista un nuovo significato: prima le connessioni di rete tra città avvenivano tramite organizzazioni sovralocali.

Adesso le città, sistemi di governo locale, si collegano fra loro per risolvere problemi che le reti globali non riescono a risolvere.


Cap. 16 - LE GRANDI RETI TRANSEUROPEE


Introduzione

Le grandi reti transeuropee (Ten) sono formate da: reti di trasporto autostradali, ferroviarie, aeroportuali, reti di telecomunicazione e reti di trasporto dell'energia. Si tratta di realizzare gli anelli mancanti, ovvero collegamenti che aumentino l'efficienza di ogni singola rete, per ridurre il divario economico-sociale fra le aree marginali-aree centrali. Il problema si sposta sui possibili impatti ed effetti che queste reti potrebbero avere sui territori serviti.


I grandi progetti di trasporto europei: il programma Trans European Network

I governi sono consapevoli che lo sviluppo economico, e il benessere dipendono dal livello di mobilità internazionale di persone e merci, non ostacolata da anelli mancanti, dovuti ai diversi gradi di sviluppo delle infrastrutture nei diversi paesi. I principali ostacoli da rimuovere per colmare i divari sono:

-conflitto tra frammentazione delle reti nazionali-transnazionali;

-realizzazione dell'intermodalità (uso sequenziale di diversi mezzi di trasporto);

-realizzazione o espansione di nuovi tratti di rete;

-impatto ambientale delle infrastrutture di trasporto;

-entità dei finanziamenti per sostenere interventi di potenziamento delle differenti reti.

Ciò permetterà l'accorciamento delle distanze geografiche, vantaggi derivanti dalla mobilità di persone e merci in grado di sviluppare le aree marginali e rafforzare la coesione fra i paesi dell'UE.


Caratteristiche principali delle reti di trasporto transeuropee

Devono possedere elevati livelli di interconnessione e interoperabilità, questo avverrà grazie al potenziamento del trasporto combinato e della intermodalità.

La rete del trasporto combinato di merci è organizzato per corridoi multimodali (riducono i costi, alzano i livelli di qualità e affidabilità, riducono la congestione stradale, l'impatto ambientale è più contenuto, si integrano diversi sistemi-paese). I corridoi multimodali sono le direttrici di maggior traffico, che puntano sugli interporti, piattaforme di interconnessione fra reti differenti. Non molte città europee sono dotate di un interporto, ai margini nord-sud della dorsale sono presenti interporti incompleti.


Effetti e impatti delle grandi reti infrastrutturali di trasporto

Gli effetti e gli impatti delle grandi strutture di trasporto classificano queste infrastrutture con il grado di "grandi":

le grandi infrastrutture hanno un impatto ambientale ampio e hanno ripercussioni anche a distanza;

le infrastrutture progettate per incrementare la velocità creano corridoi che a loro volta, hanno effetti e impatti;

questi effetti e impatti possono essere discontinui a causa della diversa possibilità di accedere all'infrastruttura;

al momento della costruzione è necessario individuare effetti diretti e indotti legati alla costruzione stessa;

gli interventi sulle reti possono modificare il concentramento o il decentramento delle attività di un'area;

L'accessibilità alla grande infrastruttura di trasporto è un elemento chiave perché contiene gli effetti negativi di tipo territoriale/ambientale/economico, manifesti nelle aree marginali. L'accessibilità dovrebbe essere garantita da una politica di supporto, ma è talvolta difficoltosa. Tale difficoltà è legata alla varietà di interventi da adottare.

Nei grandi progetti di reti di trasporto transeuropee, le politiche adottate dai diversi paesi devono seguire la specifica situazione nazionale, e devono essere coordinate fra loro a livello europeo. Le difficoltà da superare sono:

la natura transfrontaliera dei progetti;

le grandi dimensioni degli interventi;

il rischio relativo al programma di finanziamento.

Gli ostacoli possono essere:

tipo politico: difficoltà a raggiungere un accordo tra le autorità interessate;

tipo regolamentare: legati alle procedure amministrative;

tipo finanziario: legati all'elaborazione del piano finanziario per tutte le fasi del progetto.

Questi ostacoli vengono affrontati orizzontalmente, estendendo ai vari paesi esperienze positive nel caso di specifici interventi. Nelle grandi infrastrutture di trasporto, l'incompletezza dell'analisi degli effetti e degli impatti territoriali, riducono la capacità di mettere a punto interventi di supporto che valorizzino l'intervento strutturale.

Le politiche generali devono essere legate a politiche locali specifiche, prestando attenzione agli effetti economici redistributivi. Gli effetti di feedback evidenziano come la struttura delle attività, modificata dalla presenza di una nuova infrastruttura, eserciti pressioni sulle decisioni di intervento per la creazione di nuove infrastrutture.

L'evoluzione strutturale delle reti richiede un approccio diacronico (non sincronico). L'infrastruttura di rete viene considerata come una struttura il grado di evolvere.


Progetti prioritari a livello comunitario

carattere transfrontaliero;

dimensione (in relazione al tipo di progetto e alle dimensioni degli Stati membri coinvolti);

tipologia dei finanziamenti;

utilità degli interventi in relazione agli obiettivi di coesione e sviluppo stabiliti dall'UE;

conformità dei progetti alle politiche UE non di tipo trasportistico (contenimento impatti ambientali negativi);

stato di avanzamento dei progetti.

Ostacoli che accentuano problematiche relative a:

le scelte di priorità dei diversi paesi membri non coincidono;

le procedure amministrative e i tempi di approvazione dei progetti sono diversi;

le problematiche ambientali vengono affrontate con politiche differenziate;

difficoltà nell'utilizzo di fondi pubblici e privati.

La realizzazione dei progetti prioritari dovrebbe:

aumentare la competitività attraverso trasporti rapidi, sicuri, economici;

creare equilibrio territoriale attraverso l'incremento della mobilità;

migliorare la qualità del trasporto e collegare paesi marginali.


Reti di trasporto e politiche comunitarie

Le politiche UE per le reti di trasporto sono indirizzate a ridurre le differenze di dotazioni infrastrutturali dei paesi membri. La politica comune dei trasporti, è orientata verso la liberalizzazione e l'integrazione, le politiche sono state formulate tenendo conto delle esigenze del mercato, ma anche dei fattori regionali e sociali.  

Un primo obiettivo è quello di adottare politiche che riducano le incongruenze delle scelte nazionali sugli investimenti infrastrutturali, e indirizzarle verso la mobilità sostenibile.

Nei vari paesi è difficile che si abbia uno sviluppo omogeneo ed equilibrato delle modalità di trasporto:

-il trasporto su strada sarà la principale modalità di trasferimento delle aree periferiche;

-il trasporto marittimo, nell'arco Mediterraneo e nell'Irlanda;

-il trasporto aereo efficiente e conveniente, potrebbe indurre sviluppo nelle aree periferiche.

La difficoltà principale è l'accumulo di vantaggi in un ristretto numero di centri urbani (le capitali).

I centri minori devono essere coinvolti, attraverso il potenziamento delle reti secondarie, come dovrebbero essere potenziati i collegamenti fra aree periferiche.






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