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TEOCRITO - Gli idilli

greco



TEOCRITO


Contemporaneo di Callimaco, dicevano che fosse nato a Cos perché lì ha partecipato alle Talisie, però non tenevano conto del fatto che vi partecipò come poeta già affermato! Lui descrive la campagna siciliana, inoltre scrive un'opera intitolata "le Siracusane" in cui è encomiastico nei confronti del tiranno siciliano, per cui sicuramente è nato in Sicilia, probabilmente a Siracusa; di lì si trasferì a Cos dove c'era Filita/Fileta; poi andò ad Alessandria dove morì. Se ha fatto due viaggi di quel tipo evidentemente fu invitato privatamente, poi fu invitato ad Alessandria per la sua fama.

È considerato l'inventore dell'arcadia, invece non è vero. "Arcadia" non indica solo la poesia arcadica, ma è collegata anche all'Arcadia (regione greca)! In tutta la produzione di Teocrito non c'è alcun aggancio all'Arcadia! È l'inventore della poesia bucolica, non dell'Arcadia! Il primo a parlare degli Arcadi come musici è Polibio, ma la riporta solo come notizia. Poi la critica l'ha attribuita a qualcuno tra Teocrito e Virgilio; oggi quest'ipotesi è in decadenza e si tende ad attribuirla a Virgilio. Virgilio è il primo ad ambientare la  poesia in Arcadia, però noi intendiamo l'Arcadia come locus amoenus, invece in Virgilio l'Arcadia fa da sfondo all'amore infelice di Cornelio Gallo e l'ambiente partecipa di quest'infelicità; non è un locus horridus, però è triste. Probabilmente il dolce è stato attribuito all'Arcadia perchè era il maggior produttore di miele. 131i89b

Teocrito è l'inventore della poesia bucolica: le vicende sono ambientate nelle campagne, il mondo che descrive è quello dei pastori; hanno una rigida scala di valore nel lavoro; non erano proprietari del gregge ma lo accompagnavano: rispondevano ad una graduatoria:



BOVARO

PECORAIO

CAPRAIO

È un criterio per distinguere le poesie di Teocrito: rispondono sempre a quest'ordine.

Nell'introduzione parla di canti βουκολικας: secondo Callimaco ha inventato lui la parola.

Teocrito scrive:

30 idilli, epilli,

3 mimi (di origine siciliana),

24/25 epigrammi,

1 παιγμιον, carme figurato (Zampogna) con la lunghezza dei versi si disegna sulla carta quello che sta descrivendo: è uno zufolo. Viene ripreso abbastanza recentemente da Gregory Corso con la BOMBA: disegna la bomba atomica. Però il lavoro dei greci era più difficile perché avevano il vincolo della materia. Era un esercizio fine a sé stesso di grande abilità tecnica. Probabilmente è la prima: non si poteva quando la diffusione avveniva oralmente.


Gli idilli

Da ειδιλιον diminutivo di οδη, piccola poesia. Non c'entra con il contenuto, indica solo la breve durata del canto. Teocrito ha portato a dignità letteraria il genere della poesia bucolica che esisteva già come popolare. Probabilmente in Sicilia i pastori che sorvegliavano la mandria si dedicavano a gare poetiche tra loro, improvvisate, senza struttura fissa o altro. Teocrito la trasforma in genere letterario nuovo, dandogli valore letterario e caratteristiche proprie: usa l'esametro (metro dell'epica) con una patina omerica ma dorizzandola: parole con impostazione omerica e terminazione dorica. Non ha valore sacrale la Sicilia è stata colinizzata dai Dori. L'alfacismo dà effetti fonetici diversi, più piacevoli.

Per collocarli cronologicamente, si guarda il ritornello: alcuni ce l'hanno, altri no; il ritornello aiuta la poesia orale (per la memorizzazione) probabilmente quelli con il ritornello sono i più antichi; invece le più recenti si staccano dalla loro origine fino ad eliminare il ritornello.

L'argomento principale è l'amore, sentimento tipico dell'ellenismo che non ha più valori pubblici: sostituisce la passione per la gloria e i valori condivisi. È anche l'ambiente adatto a parlare di questo tipo di vita, quello privato.

Tirsi

È il primo idillio, riguarda la morte di Dafni cantata dal pastore Tirsi. Non si sa di cosa muoia, evidentemente era talmente noto che non c'era bisogno di dirlo. È messo per primo per dare il tono di poesia pastorale; Dafni è una figura mitica legata  al mondo pastorale.

Ciclope

Fa del ciclope un pastore innamorato. È la persona più lontana dall'amore, ma non importa. Sul ciclope compone due idilli:

c'è una ninfa innamorata di lui, ma lui non la vuole; si specchia e si vede bello.

È più triste, ma non arriva mai alla tragedia Polifemo è innamorato e vorrebbe una ninfa marina, Galatea.

Già in Omero Polifemo era un pastore che si prendeva cura della mandria, e provava un certo affetto per l'ariete l'idea del pastore solo era già presente nella tradizione, la novità sta nel fatto che è innamorato. L'idillio è dedicato al medico Nicia, amico e poeta; nell'introduzione ricorda che solo un canto può portare conforto ad un dolore d'amore. Si rivolge a Galatea con paragoni adatti ad un pastore: la paragona ad un agnello per la morbidezza, ad una vitella, che ha più dignità, all'uva acerba, per la freschezza dissetante, alla panna per il bianco. Ora capisce che l'occhio che prima (nel primo idillio) vedeva come bello, lucente, con belle ciglia, invece è brutto, un sopracciglio percorre tutta la fronte, aggiunge il naso camuso. Il fisico non può attrarla, però è ricco: ha tante pecore, latte, formaggio, poi sa suonare e cantare, le ha messo da parte animaletti con cui giocare, anche con il collare sono addomesticati. Vorrebbe avere le branchie per raggiungerla: fa quasi pena.

Saffo aveva citato rose e viole nelle corone; già i critici alessandrini avevano notato "l'errore", fa una citazione sul tipo. Alla fine comunque si consola: se non mi vuole lei, ci saranno altre che mi vorranno, sono qualcuno.

È un gioco, presenta la stessa persona da due punti di vista diversi: prima respinge l'innamorata, poi è lui l'innamorato. C'è un dramma satiresco di Euripide che racconta la stessa vicenda di Omero: era l'unica versione conosciuta. Capovolge la tradizione: non è più il prendere il mito meno conosciuto, addirittura lo capovolge. C'è la CREDUTA FALSITA' DEL MITO (definizione del Moreschini): era creduto vero, ma nell'ellenismo sanno tutti che è falso, per cui ci può giocare. In Omero faceva tenerezza perché era solo, qui no, fa sorridere, è un pastorello normale. Ha aggiunto la reminiscenza per dire che l'amore può colpire chiunque.

Talisie

Ambientato a Cos, isola dove è stato; sono la sua consacrazione poetica quando era già famoso in Sicilia. È una descrizione della festa in onore di Demetra; si presenta con il nome di Simichida come capraio e incontra Licida: chi è? Secondo alcuni è Fileta; ora si pensa che sia Apollo che lo consacra vero poeta (si riallaccia a Callimaco). C'è la dichiarazione poetica di non voler salire troppo (epica tradizionale). Descrive la campagna di Cos, ma in realtà è la campagna siciliana è la descrizione più significativa di Teocrito. È la Sicilia perché è troppo abbondante, raccolti enormi. È un locus amoenus, ci sono la sorgente sacra alle muse, animali, suoni piacevoli perché limitati in altezza. È mezzogiorno, ma non c'è arsura perché ci sono sorgenti e alberi, rami agitati, aria, il sole illumina, ma non acceca perché c'è ombra. È il punto descritto più abbondantemente. Questo pezzo viene in genere confrontato con quello di Virgilio, che è diverso perché:

È sera e autunno

Di frutti ci sono solo castagne, non c'è tanto raccolto, qui ce n'è di più

I colori: in Teocrito sono chiari, c'è ricchezza, natura gioiosa e rigogliosa; in Virgilio è una natura verso l'inverno, che produce poco, mancano i colori, c'è tristezza (è Virgilio che ha scelto di ritrarla non quando è tanto abbondante, per riflettere lo stato d'animo di Melibeo che la sta abbandonando la campagna di Mantova è abbondante). Là è una poesia che sta morendo, qui è in piena fioritura.

I mietitori

Non è squisitamente bucolico perché non sono pastori, ma fa lo stesso. Inserisce due personaggi:

Milone è quello che canterà un pezzo non suo che attribuisce ad un altro. Fa l'esaltazione del lavoro, cosa strana per un greco.

Buceo: canta il suo amore: è triste. In Teocrito è importante l'elemento amoroso, è interessante vedere l'amore di Buceo per la sua donna, che tipo di donna può apprezzare uno così.

La donna di Buceo è chiamata "Bombica": sembra un vezzeggiativo amoroso. Ha due caratteristiche non tipiche:

v  È magra

v  Cotta di sole scura di pelle. È siracusana, non greca; se non è una schiava è una lavoratrice.

È strano per i gusti greci, che amavano le donne abbondanti e bionde, con gli occhi azzurri e la pelle chiara, perché non lavoravano. Per parlare di lei fa paragoni adatti al suo mondo: il lupo cerca la pecora, la gru l'aratro (forse è una pianta), io te. È un mondo povero e aspira al denaro; anche se di solito è visto negativamente, loro non possono che cercarlo perché non ce l'hanno. Avesse i soldi di Creso, farebbe 2 statue d'oro "ex voto" per loro due da mettere nel tempio di  Afrodite; d'oro perché dà l'idea del lusso. La immagina con il flauto, una rosa e una mela: probabilmente lei è una di quelle ragazze che danno da bere ai mietitori e suonano il flauto (le flautiste erano viste male); poi con una rosa e una mela: si tende a collegare la rosa all'amore sensuale, fisico (culto di Afrodite); non la sta attaccando nel senso che è una prostituta, ma non può aspirare ad altro. La statua di lui avrebbe le scarpe nuove: simbolo di ricchezza → lui è ritratto con i simboli di ricchezza, lei con i suoi simboli, flauto. Lui dice che lei ha i piedi d'avorio (ma se è abbronzata?!) → è per indicare l'idea del prezioso e agile (è una danzatrice); è un complimento spontaneo, senza pensare all'assurdo, d'altra parte anche Ariosto descrive Medoro come un uomo europeo. Dice che la sua voce stordisce: è un complimento, perché è affascinante. È una donna che ha caratteristiche diverse da quelle classiche, si salva perché descrive un mondo diverso.

Milone contrappone un canto al lavoro, sperando che Demetra doni un grande raccolto per lavorare molto. Dà consigli sul momento della giornata in cui conviene fare determinate attività. Sottolinea l'arsura e la sete, per alleviare la quale c'erano schiavi addetti a dare da bere agli aratori: quest'usanza era già indicata nello scudo di Achille. Avevano diritto e bere e al pranzo: lenticchie e crescione, forniti da quello che Catone chiamava "fattore", non il proprietario ma il gestore, che ne dava il meno possibile. Però non c'è niente di drammatico, non suscita pietà, è solo la descrizione di un mondo che i dotti non conoscevano, ha caratteristiche realistiche, però non si poteva fare un inno al lavoro. In questo mondo ci si può anche innamorare, ma di gente adatta.

Mimi

Ne scrive 2,si parla anche di amore. Si discute su quale sia l'origine del genere:

Secondo qualcuno, ha origini culturali: scritto per un avvenimento.

Secondo altri, e più probabilmente, nasce da farse teatrali improvvisate: infatti ha almeno 2 interlocutori.

Ne parla Aristofane per primo, per questo si è pensato che fosse collegato alle falloforie, ma non è vero. Il mimo diventa genere letterario con Sofrone, siciliano; come Teocrito dà dignità letteraria alle bucoliche, Sofrone al mimo. Quindi non è Teocrito l'inventore del mito perché lo è qualcun altro.

L'amore di Cinisca

Un certo Eschine (strano: è un nome aristocratico) è innamorato di Cinisca e racconta ad uno la sua vicenda; il finale è encomiastico. Descrive quanto è successo: lui, un Argivo e Agide (un Tessalo guidatore di cavalli: colui al quale si lasciavano i cavalli nelle gare) si incontrano ad un banchetto ci dà una delle poche informazioni sul modo di mangiare dei greci. Mangiano cipolle e lumache, non si sa se marine o terrestri, né come sono cotte: se non è specificato, doveva essere noto. Uccide due polli e un maialino: deve stare bene per permettersi la carne! È una trasformazione dell'antico banchetto: il simposio in epoca classica era un luogo di discussione, ora non c'è più discussione, ma è un momento d'incontro tra amici, per fare una mangiata e una bevuta. È pur sempre gente umile. Le dosi di vino, nel banchetto classico, erano fatte per mantenere la mente lucida per pensare, ora invece servono per far durare di più il banchetto. Finiscono con un brindisi, facendo dei nomi. C'era con loro una donna, l'amante di Eschine, che partecipava al banchetto; il fatto che sia l'unica donna tra 4 uomini ad un banchetto è indice della posizione della donna, che non è più relegata in casa, anche se bisogna tenere conto che sta parlando di un mondo di cui la letteratura non si era mai occupata, ma comunque prima non doveva avere una libertà estrema! Di norma se c'erano donne, erano prostitute. Lei taceva. Uno la prende in giro, le chiede se non parla perché ha visto il lupo (c'era la credenza che si diventava muti), lei arrossisce. Lui sospetta che lei lo tradisca: ha un rivale più bello (lui lo definisce spilungone): c'erano voci che lei stesse con lo spilungone. Lui la manda via, lei non se è più fatta vedere, per dire da quanto, dice: 20 giorni, poi 8, poi 9, aggiungine altri 2 → sembra che lui si sia continuato a dire "se non si fa sentire entro 20 giorni non ci penso più", e che poi si sia dato una proroga. Se ricorda anche i numeri, è proprio ossessionato! È disperato e non sa più come fare, poi gli viene in mente che un suo amico è partito per il mare ed è guarito, e vuole partire anche lui: parte come soldato mercenario. L'amico però risponde con una lode encomiastica a Tolomeo (è stato composto proprio quando lui era ad Alessandria,e doveva tenerselo buono). Dice che Tolomeo dà una buona paga ai mercenari, ha tutte le caratteristiche migliori: è un encomio sfacciato, dice che è generoso con chi lo ama, e ancora di più con chi non lo ama. Poi attenua l'elogio eccessivo: quando si chiede, dà tutto, però non bisogna esagerare. L'amico dice che se Eschine vuole arruolarsi, deve sbrigarsi prima della vecchiaia.

È interessante per l'elemento encomiastico e per la "nuova" donna, diversa da com'era descritta finora: ora può scegliere di andare con un altro, non è sposata per volontà altrui.

Incantatrici

È un mimo, ricorda Sofrone (per il titolo). È un racconto d'amore: Simeta, abbandonata dall'uomo che ama, decide di fare un incantesimo: c'è l'elemento magico. Nella seconda parte Simeta racconta alla luna la sua vicenda d'amore. Il racconto è intervallato da un ritornello. Descrive quest'amore: è uno degli interessi maggiori di Teocrito e dell'ellenismo. L'ha chiamata una che è morta ad andare alla processione, vede lui a Delfi e se ne innamora. Lui è appena uscito dalla nobile palestra: era nobile in età classica perché ci si esercitava per le Olimpiadi (un buon atleta era anche un buon soldato, quindi un eroe), qui però non siamo in Grecia e non c'erano Olimpiadi, la palestra è fine a se stessa. Non c'era più l'attività militare, la palestra era diventata autonoma, un modo di passare il tempo. Lei però dopo l'incontro soffre: è la sofferenza d'amore che si impossessa di una persona producendo tormento ed effetti fisici: colore giallo, caduta di capelli, dimagrimento: la sofferenza logora il corpo (ripreso da Saffo). Lui passa tutto il tempo in palestra: si vede che razza di bellimbusto è!!

Saffo diceva che diventava gelata, sudava, non parlava, si irrigidiva. Qui ci sono più paragoni, si dilunga e diluisce, perdendo di efficacia. Lei ha tanta più libertà: l'ha mandato a chiamare. La donna prende l'iniziativa: è diversa dalla posizione classica. È una donna nuova, adatta ad un uomo nuovo, socialmente inutile, che passa le giornate in palestra, è solo καλός, pieno di sé, ne approfitta, vanitoso e ipocrita. Lascia da lei l'ampolla d'olio, con cui si ungevano gli sportivi: ci tiene solo a quello. Lei scopre che lui è innamorato di un'altra: ricorre alla magia. È un'epoca in cui la magia prende piede, entra anche a Roma. Tutte le volte che la religione va in crisi subentra l'elemento magico, che invece viene guardato male quando la religione è in auge. Fa un sacrificio a Selene, dea tradizionale, però è notte, è un sacrificio più magico che religioso, usa filtri mortali: o torna da me, o muore. Alla fine però si pente, capisce che è stato solo un momento di rabbia e ha paura di fargli del male. Secondo qualcuno leopardi si è ispirato a Teocrito nel dialogo con la luna. Il ritornello è tipo una formula magica: si inquadra nel rito.

Siracusane

Altro mimo. Da qui si pensa che Teocrito sia di Siracusa, si trasferiscono ad Alessandria con lui. Questo mimo è stato esaltato, ora la critica lo demolisce. È un quadro grazioso fine a se stesso. È suddiviso in tre fasi, con tre ambientazioni diverse, con un cambio di registro.

CASA

STRADA

PALAZZO DI TOLOMEO

Nei primi due punti il tono è colloquiale e semplice, nel terzo è più elevato, cantatrice: inno in onore di Adone. GORGO e PRASSINOA stanno andando al palazzo di Tolomeo per la festa di Adone (motivo encomiastico). È un pezzo che non si vedevano. La più vecchia ad un certo punto si siede: non ce la fa più, è una lunga strada ed è molto affollata. Si può notare un atteggiamento diverso: dicono peste e corna dei loro mariti cretini: hanno una libertà nell'esprimersi che la donna classica non aveva. Il marito stufo che a Siracusa queste due parlassero sempre insieme, quando si sono trasferiti ha scelto una "tana", non una casa, lontana. La più vecchia, più esperta, le dice di non parlare male del marito davanti al bambino. Hanno libertà però è l'uomo che va a fare la spesa: o vuole controllare le spese, o se no è una contraddizione! Il bambino non era mai comparso in età classica, in quanto non ancora perfetto (se non come figura incosciente, proiezione del genos). È una conversazione di tutti i giorni di due donne che si incontrano. Poi escono dalla casa e continuano a chiacchierare. Si lamentano della folla, inserisce un piccolo elogio a Tolomeo → apprezzano la sicurezza di oggi nel girare ad Alessandria.

Il senso di diffidenza e di disprezzo nei confronti degli stranieri è espresso dai loro pregiudizi. Pio guarda i cavalli da guerra del re. C'è troppa folla e non riescono ad entrare: la più vecchia dice che a forza di tentare anche gli Achei sono entrati a Troia: fa sfoggio del proprio mito. L'altra risponde. Entrano nel palazzo, ammirano gli arazzi e il lusso, uno di fianco a loro dice di stare zitte perché non ne può più della loro pronuncia: evidentemente questo è greco → c'è una forma di disprezzo nei confronti della pronuncia più dura del dorico, anche all'interno della comunità greca. Lei non si fa zittire, anzi rivendica con orgoglio le sue origini, e già che c'è, il Peloponneso e Bellerofonte. Qui ci sono le lodi di Adone. È un po' più elevato come tono perché cerca di riprodurre il registro linguistico.





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