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Leonardo da Vinci - L'adorazione dei Magi

storia dell arte





Leonardo nasce a Vinci il 15 Aprile 1452 e a diciassette anni, nel 1469, entra nella bottega del Verrocchio, dove gli sono compagni i giovani Perugino e Lorenzo di Credi, e dove probabilmente incontra anche il Botticelli. Nel 1472 si iscrive alla compagnia di pittori di san Luca.

Fin dalle sue prime prove il giovane Leonardo manifesta una sensibilità pittorica originalissima. Abbandona il contorno <duro e tagliente caro ai maestri del Quattrocento >, che trova l'espressione più radicale in Botticelli, tende ad ambientare la figura, dai contorni mossi, evanescenti e sfumati, nella luce e nell'atmosfera naturale.

La polemica con il Botticelli e con il raffinato estetismo della Corte medicea è così già aperta. Leonardo si terrà sempre lontano da ogni intellettualismo, dalle <bugiarde scienze mentali>, per ancorarsi, con l'animo sperimentale dell'uomo di scienza, al dato empirico, all'osservazione diretta della natura, sconfinato, inesauribile campo per le sue indagini.

Per Leonardo la pittura è specchio del mondo, di cui egli esplora instancabile ogni aspetto, non limitandosi ad imitarne i fenomeni di superficie ma, esercitandola come un "discorso mentale", filosofico, la vive quale strumento di conoscenza della struttura profonda del reale.



Sono del primo periodo fiorentino alcune Madonne, L'Annunciazione, il Ritratto di Ginevra Benci e l'Adorazione dei Magi.

Già in queste prime opere si evidenzia quale sarà la grande innovazione stilistica di Leonardo: le figure e il paesaggio che le circonda, così come ogni altra zona del dipinto, non vivono una vita pittorica autonoma ma, attraverso sottilissim 656g66g e variazioni chiaroscurali, si fondono come palpitando nell'atmosfera colorata che ricrea la luce naturale che li avvolge.

E' l'invenzione del celebre "sfumato" che si fonda anch'essa sull'osservazione diretta dei fenomeni naturali. Nel vastissimo campo di ricerche in cui spazia questo "uomo di genio universale" permane indefettibile l'esigenza di verificare la teoria sul dato di natura, di rifarsi all'esperienza, "madre di ogni certezza", in modo che scienza teorica e applicazione, teoria dell'arte ed arte abbiano uguale, parallelo sviluppo.

Nel 1482 Leonardo si presenta a Ludovico il Moro, alla cui Corte lavorerà come ingegnere idraulico nella regolamentazione dei corsi d'acqua, come architetto al progetto del tiburio del Duomo, come scenografo e regista teatrale per le feste di corte, come decoratore delle sale del Castello Sforzesco.

In questo fervido periodo milanese la sua fama resta soprattutto legata a straordinarie opere pittoriche: La Vergine delle Rocce, il Cenacolo e alcuni ritratti.

A seguito della conquista da parte dei Francesi del ducato di Milano, nel 1499, Leonardo soggiorna brevemente a Venezia, quindi a Mantova, alla corte di Isabella d'Este, per tornare infine a Firenze. Qui lavora al cartone della Sant'Anna e nel 1503 inizia, secondo il Vasari, la Gioconda.

Nel 1504 il maestro lavora al cartone per la Battaglia di Anghiari, di cui eseguirà in parete il murale "a encausto[G. G.1] ", andato poi distrutto, nella sala del Gran Consiglio in Palazzo Vecchio.

Nel 1512 è a Roma. Dal 1516 in poi è in Francia alla corte di Francesco I.




L'Annunciazione

L'attribuzione a Leonardo della meravigliosa tavola- modellata attraverso sottili variazioni chiaroscurali che già annunciano la grande innovazione stilistica dello "sfumato" nelle due figure, immerse in una luminosa atmosfera naturale- ha fatto a lungo discutere i critici di tutto il mondo.

Infine, la scoperta di due contorni preparatori- per il braccio dell'angelo e il panneggio della veste della Madonna è stata decisiva per assegnarla al grande maestro toscano.

Il magico prato fiorito, dipinto come un erbario, mostra in che modo per Leopardo la pittura, vera scienza, si fondi sull'attenta investigazione della natura, approfondita al di là della minuziosa descrittività fiamminga.

Ritratto di Ginevra Benci

Il ritratto- probabilmente mutilato nella parte inferiore- richiama una scultura del Verrocchio, La dama del mazzolino, ma al tempo stesso si riallaccia, nell'impostazione frontale, nei valori cromatici e luministici, alla grande ritrattistica fiamminga.

Di enorme portata innovativa sono le delicate notazioni psicologiche nell'espressione del viso e l'uso finissimo del chiaroscuro, che muove e ombreggia il volto luminoso, in netto contrasto con la macchia scura del cespuglio di ginepro su cui è campito, e che filtra e diffonde la luce naturale proveniente dal fondo.



L'adorazione dei Magi


In quest'opera Leonardo affronta uno dei temi più ricorrenti della pittura fiorentina del Quattrocento, l'Epifania, interpretandola in chiave simbolica e discostandosi dall'iconografia tradizionale.

Le figure dei Magi sono disposte intorno alla sacra apparizione e non giungenti in corteo, poste in una ressa di persone agitate. Scompare l'elemento capanna e la Madonna viene posta al centro dell'opera, ma non troneggia: è un semplice insieme di linee curve che funge da fulcro alla massa di figure circostanti.

L'Epifania si trasforma da mero concetto a fenomeno che sorprende, turba, emoziona e in cui si manifesta il divino, si mette in moto tutta la realtà (a destra un giovane invita la gente a guardare volgendosi verso l'esterno, a sinistra un vecchi china il capo e riflette).

La natura e il mondo umano si legano nel fenomeno. Il furor si riflette tanto nelle figure più lontane, dove appare come lotta di guerrieri, sia in quelle più vicine, come incontenibile impeto di affetti e di moti.

Il movimento delle figure, però, è incompiuto perché nella realtà nulla è compiuto e tutto si risolve in un conflitto di infinite forze. E' come se tutti fossero pervasi dal furor e nei loro gesti dessero vita ad un'unità disarmante simile ad una figura con tante mani protese.



La Vergine delle Rocce

La tavola fu dipinta da Leonardo per i frati del convento della Concezione.

La "piramide magica" delle figure è inserita in un ambiente naturale, pieno di mistero. Nelle rocce, da cui i personaggi, legati da armoniosi rapporti affettivi e formali, sembrano emergere, palesa -oltre un richiamo al Mantenga- l'interesse del maestro per <l'evento formativo dei monti >.

Nell'erba in primo piano gioca il ricordo, rielaborato poi a diretto contatto con la natura, delle bellissime nature morte di Hugo van der Goes.

Le figure e il paesaggio roccioso si fondono in un trapassare leggero di ombre e di luci, sfumando senza contrasti in un'atmosfera di grande suggestione.

Le figure sono alla soglia di una grotta che riceve luce dall'alto e dalle aperture del fondo; sono disposte in croce, all'incontro di quattro direttrici di spazio: Gesù si inclina, in primo piano, verso lo spazio esterno; il Battista e l'Angelo suggeriscono l'espansione laterale dello spazio; la Madonna sovrasta il gruppo e sembra accennare a una cupola da cui scenda la luce.

L'angelo, probabilmente lo stesso che aveva portato l'annuncio a Maria, indica col dito il Battista. La sua missione mistica, infatti, è finita (Cristo è nato) e tocca all'uomo diffondere gli annunci tra gli uomini.

Le immagini non hanno movimenti ben precisi; sono immagini di spinte spirituali profonde ed ecco perché sono ancora nella spelonca sotterranea benché sulla soglia.

In quest'opera Leonardo si pone il problema del contrasto tra massimi (tra cui la grotta, vasta cavità in cui si concentra una densa atmosfera) e minimi (erbe e fiori descritti con la massima cura fin nei minimi particolari) al quale da una soluzione di impronta psicologica: la mente umana è, secondo l'artista, in grado di passare da una scala all'altra senza bisogno di ricorrere ad una media proporzionale.

L'opera è carica di significati ermetici, che l'autore vuole intenzionalmente conservare nascosti in modo tale che siano visibili solo le forme: come i fenomeni naturali che si vedono ma non hanno cause che si conoscano a priori.

La caverna affascina Leonardo sia dal punto di vista geologica e scientifico, sia dal punto di vista di "interiora" della Terre, natura sotterranea o subnatura.

I ghiacciai alludono ad un remoto passato del mondo che finisce con la nascita di Cristo, quando natura e storia si schiudono e il mistero imperscrutabile del reale diventa un segreto che l'uomo può svelare.




Il cenacolo


Commissionato da Ludovico il Moro per il refettorio del Convento, posto accanto alla chiesa la cui abside e la cui cupola erano allora in cantiere sotto la guida del Bramante, l'affresco fu eseguito, a testimonianza dello spirito sperimentale del grande maestro, con una tecnica inusuale: tempera all'uovo su un arriccio duro e levigato, come uno stucco in due strati di cui il superiore sottilissimo.

Leonardo vuole ritornare sul già fatto, correggere, mutare; è il primo artista incontentabile che fino all'ultimo vuole avere la possibilità di mutare anche solo una sfumatura espressiva in una figura in rapporto a una nota magari all'estremo opposto del quadro.

Già dopo un ventennio il dipinto cominciò a deteriorarsi, tanto che il Vasari, con costernazione lo definisce una "macchia abbagliata".

Le figure degli Apostoli, scandite a gruppi di tre, sono mosse dallo stupore all'annuncio del tradimento del Cristo. L'espressione drammatica e magistrale che i sentimenti, è al culmine della ricerca leonardesca sui moti corporei e sui tratti fisionomici alterati dalle passioni. In contrasto il Cristo, appare immobile e ieratico, fulcro compositivo e concettuale dell'insieme.

Fa ricorso a una fusione tra convergenza tra prospettiva lineare e prospettiva ottenuta mediante rapporti di luce ed ombra, per giungere ad esprimere una situazione unitaria composta di infiniti fattori dati così nella stessa condizione di spazio, tempo e luce.

Le figure posseggono dimensione maggiore rispetto al vero, condizione necessaria per rendere visibili, nei movimenti del corpo e nelle variazioni fisionomiche, i moti dell'animo.



Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnello


La mirabile composizione -di cui esiste una variante in cartone preparatorio conservato a Londra - apparve ai contemporanei rivoluzionaria: il complesso intersecarsi delle linee strutturali crea un gioco incalzante di rapporti e di movimenti, corporei e insieme affettivi, imperniati sull'asse verticale di Sant'Anna.

Il paesaggio di rocce azzurrine, l'atmosfera magica, atemporale, la finezza psicologica dei bellissimi volti, sono potenziati attraverso <il massimo molecolare affinamento dello sfumato atmosferico >.



La Gioconda


E' il quadro più esplicativo della poetica di Leonardo, cioè del rapporto che egli stabilisce tra particolare e universale. I mezzi stilistici e la tecnica dello sfumato giungono a perfezione.

Il busto della modella, in primo piano, è raccordato attraverso delicatissimi passaggi, luministici e atmosferici, con lo scorcio di paesaggio sul fondo, fortemente irreale, più sognato che visto.

Il paesaggio, infinitamente profondo, fatto di rocce corrose e sfaldate tra corsi d'acqua, come un'atmosfera satura di vapori in cui si rifrange e filtra la luce è l'immagine della natura naturans, del ciclico trapasso della natura dallo stato liquido all'aeriforme: è il termine ultimo del continuo evolvere della natura, che si dà come fenomeno universale, come bellezza.

Risente forse degli studi che Leonardo andava allora compiendo sulla formazione preistorica della crosta terrestre e dei mari.

La figura della donna è costruita in una luce che l'investe, la penetra: progredisce dal fondo e si concretizza nella trasparenza dei veli, infine dilaga sulla pelle del viso e delle mani.

Il suo sorriso non mostra alcun particolare sentimento, piuttosto un senso diffuso del proprio essere in una condizione di perfetto equilibrio con il mondo naturale.














 [G. G.1]Tecnica pittorica consistente nello sciogliere i colori nella cera fusa che veniva poi riscaldata al momento dell'applicazione. Usata dai bizantini e dai romani.





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