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IL REALISMO

storia dell arte




IL REALISMO


Il termine "Realismo", inteso in senso generale, indica la riproduzione fedele della realtà così come appare ai nostri occhi. Da questo punto di vista il realismo è sempre stato il fondamento dell'arte che, secondo il Vasari, nasce proprio come "imitazione della realtà" ed è presente in diversi periodi. Ma in ogni epoca, a seconda delle culture e situazioni storiche, si è attribuito un diverso significato alla rappresentazione della realtà: l'affermazione della supremazia di Roma nell'epoca romana, il dominio dell'uomo sul mondo nel Rinascimento, la chiarezza razionale nell'Illuminismo, il bello ideale nel Neoclassicismo e il sentimento nel Romanticismo. Solo alla metà dell'Ottocento la parola realismo viene usata nel senso stretto di riproduzione oggettiva della realtà, senza interferenze o interpretazioni da parte dell'autore, in concomitanza con le tendenze della letteratura contemporanea (Flaubert, Zola, ecc.). In questo senso il Realismo è lo scopo principale della pittura di Gustave Courbet che, riallacciandosi ai realisti del 515e45f '600, da Caravaggio a Velàsquez, si pone dopo un inizio romantico in polemica non soltanto con il Romanticismo ma, soprattutto, con la cultura ufficiale dell'impero di Napoleone III, e con l'Accademia delle Belle Arti, che trasmette le direttive del governo. Il Realismo si afferma in Francia alla metà degli anni 40 ma la sua definitiva consacrazione risale al 1855 quando Courbet, polemicamente, espone le sue opere in una sorta di baracca, il Padiglione del Realismo, costruita nei pressi della mostra ufficiale di pittura, in evidente contrapposizione ad essa, proponendosi di fare della sua opera e, in particolare, del quadro "Atelier", il manifesto del Realismo cercando di ispirarsi non più al principio romantico dell' "arte per l'arte" ma alla rappresentazione del "vero utile". Il Realismo di Courbet è, prima ancora che uno stile, un costume morale, politico, umano. Per questo Courbet ha sempre negato valore alla scuola, la quale può solo insegnare regole e quindi reprimere la libertà. Affigge nello studio un cartello con quattro comandamenti: 1) Non fare quello che faccio io, 2) Non fare quello che fanno gli altri, 3) Anche se tu facessi quello che fece Raffaello, non esisteresti: è un suicidio, 4) Fai quello che vedi, che senti, che vuoi. E' la negazione della scuola, perché, come scrive egli stesso in un articolo contemporaneo, "Non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittori". Rispondendo ad un gruppo di giovani artisti egli scrisse: "Io non ho e non posso avere allievi. Siccome io credo che ogni artista debba essere il maestro di se stesso, così non posso pensare a fare il professore. Non posso insegnare la mia arte, né l'arte di una scuola qualsiasi, perché nego l'insegnamento dell'arte, o in altri termini sostengo che l'arte è tutta individuale e che, per ciascun artista, non è altro che il risultato della propria ispirazione e dei propri studi sulla tradizione". Purtroppo, come tutte le tendenze innovative, anche il Realismo sul nascere ricevette molte critiche e, in particolare, il parallelo diffondersi della fotografia contribuì a dare al movimento un'accezione negativa riducendolo alla banale rappresentazione della realtà, fredda, impersonale e priva di creatività, simile a quella operata dal processo fotografico. Courbet rispose a queste critiche sostenendo che, al contrario, egli aveva voluto rappresentare i costumi, le idee e la mentalità di un'epoca rendendo l'arte viva e che il Realismo, ben lontano dalla semplice imitazione, si proponeva di rappresentare il mondo nella sua complessità, rivitalizzando l'arte resa sterile dall'accademismo. L'adozione di strumenti di analisi imparziali e obiettivi inoltre, avvicinava il Realismo più che alla fotografia semmai al metodo scientifico che aveva trovato nella reale osservazione dei fatti delle solide basi.



Cronologicamente il Realismo succede al Romanticismo anzi, poiché la storia non procede per salti ma ogni periodo è strettamente collegato al successivo, nasce dal precedente movimento di cui sviluppa alcune premesse come la concezione della storia come progresso continuo o l'amore per la natura e getta le basi del movimento successivo: l'Impressionismo. Infatti come i realisti tentarono di cogliere la contemporaneità, il momento presente, gli Impressionisti tenteranno addirittura di cogliere l'istante; il loro obiettivo rimarrà in sostanza l'osservazione attenta della natura e della vita quotidiana e anche i loro soggetti saranno tratti soprattutto dalla storia contemporanea. All'epoca della prima esposizione di Courbet era Delacroix a dominare la scena artistica francese e la sua reazione non si fece attendere: egli ostacolava quel genere di pittura perché "essendo la pittura di storia rappresentazione di gesta eroiche questa non può che ispirarsi al passato e alle grandi civiltà greche e romane, la pittura tratta da altre epoche e a maggior ragione dal presente, non può essere definita pittura di storia ma di genere". Courbet replicherà invece che la pittura di storia in quanto tale non può che essere contemporanea perché dovendo, per la sua natura storica narrare fatti reali, richiede un'adeguata conoscenza del periodo in questione e l'artista può dipingere in maniera esatta solo l'epoca contemporanea che sta vivendo e la cui mentalità, seppur inconsciamente, si riflette nelle sue opere. Le opere di Courbet destarono scandalo per l'eccessivo realismo poiché, pur limitandosi a rappresentare la realtà così come appariva a tutti, senza abbellimenti, risultavano brutali e volgari. Non erano soltanto i temi delle sue opere, che descrivevano persone umili e gente del popolo, a scandalizzare ma il modo di rappresentarli senza alcun ornamento e, in effetti, egli non ricorse quasi mai a temi sociali o politici perché riteneva che la realtà stessa, esposta così com'è parlava da sola. Ecco il perché di opere come "Gli spaccapietre", che indaga sulle misere condizioni del proletariato rurale mostrando un cresciuto interesse verso i problemi sociali, o "Le bagnanti" o ancora "Funerale a Ornans" che stupì per l'estremo realismo nella rappresentazione di borghesi e contadini del paese dimostrando un evidente ripudio per ogni tentativo di idealizzazione della realtà.

Ma la tendenza realista nell'ambito pittorico risale a molti anni prima con l'opera di Vernet "Capi arabi raccontano una novella". Sebbene ancora in forma embrionale si possono già notare molte caratteristiche della pittura realista in questa tela ispirata alle "Donne di Algeri" di Delacroix. Vernet, infatti, mostra un maggiore distacco nei confronti dell'azione utilizzando un linguaggio quasi scientifico che lascia inalterata l'opera la quale non risente della partecipazione o della minima influenza da parte dell'autore. Più tardi Couture si avvicinerà ancor di più al Realismo con "I Romani della decadenza" in cui ispirandosi tanto alla classicità di Poussin quanto al realismo del Tiepolo e del Veronese, svolge una funzione di mediazione e illustrando i costumi rilassati e la licenziosità di un banchetto tardo imperiale, vuole essere l'allegoria dei vizi della società francese durante il regno di Luigi Filippo. L'opera che dà effettivamente l'avvio alla corrente realista è però "Le barricate di Rue de la Mortellerie" di Meissonier che si rivela realistica sia nella scelta di un soggetto di storia contemporanea, sia nella crudele rappresentazione del fatto.

L'altro esponente più autorevole del Realismo è Honorè Daumier che ha fatto della sua arte uno strumento di accesa lotta politica. La sua attività principale fu quella di caricaturista sui giornali ma le sue vignette non erano bonari commenti sulla vita pubblica bensì violenti attacchi al potere che reprimeva spietatamente la libertà e infieriva sugli umili. Napoleone e la Francia bonapartista erano i bersagli preferiti delle feroci vignette ma la sua opposizione era cominciata all'epoca di Luigi Filippo tanto che esordì con una caricatura del re raffigurandolo nelle vesti del gigante Gargantua per simboleggiare la sua ingordigia. Fu immediatamente arrestato e condannato a sei mesi di carcere . Una volta libero ripropone la satira politica con "Rue Transnonian" che si ispirava alla feroce repressione di una rivolta scoppiata durante la Monarchia di luglio. Soppressa la libertà di stampa e "La Caricature", il giornale umoristico fondato in collaborazione con Philippon, egli si limiterà alla sola satira sociale raffigurando ogni categoria borghese: giudici, avvocati, parlamentari, mettendone a nudo l'avidità e la bassezza morale. Pur essendosi imposto tramite la caricatura, non va dimenticata la sua attività di pittore e scultore che, essendo comunque influenzata dall'attività di disegnatore, presenta sempre uno stile unitario, una linea rapida e balenante da realismo impressionista che vuole far balzare agli occhi la verità. Daumier si serve soprattutto della tecnica litografica che gli consente un tratto dai contorni e dalle ombreggiature sfumate attraverso cui comunicare un severo giudizio morale sulla società. Con l'avvento della Seconda Repubblica riprende la satira politica in una nuova testata "Le Charivari" ma contemporaneamente si dedica anche alla pittura con maggiore attenzione per le condizioni del popolo e per i soggetti tratti dalla vita quotidiana. Ne è un esempio "Scompartimento di terza classe" che rappresenta la classe dei poveri, affollati promiscuamente in un spazio buio e ristretto, trasportati su una vettura traballante, come bestie, simboleggiati in primo piano dalla contadina pensierosa, invecchiata anzitempo per la durezza del lavoro nei campi, accompagnata da una ragazza che tiene in grembo il figlioletto in fasce destinata anch'essa a un invecchiamento precoce e dal bambino addormentato sulla panca. Ne "Il dramma" svolge il medesimo tema in due versioni: litografia e pittura a olio. Nella litografia prevalgono i dettagli e la caratterizzazione dei singoli personaggi mentre nel dipinto viene intensificato il realismo evidenziando la massa degli spettatori in primo piano. Più tardi con una sequenza di dipinti tratterà anche il tema della giustizia. Ad ogni modo la caricatura di Daumier, per quanto fondata sull'esagerazione e sullo stravolgimento dei rapporti proporzionali, non suscita mai il riso ma è sempre contenuta e limitata al tono ironico e all'umorismo anche se il suo scopo è sempre quello di mettere a nudo gli aspetti negativi della realtà politica e sociale. 




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