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IL NUOVO REGNO (1550-1070 a.C.)

storia dell arte



(1550-1070 a.C.)

La debolezza delle dinastie XIII e XIV (1783-1640 a.C. circa), conduce alla decadenza del potere. Stirpi di popolazioni nomadi asiatiche penetrano in Egitto: gli Hyksos

E' il secondo periodo intermedio, che termina con la XVII dinastia, durante la quale i principi egizi di Tebe riescono a cacciare gli stranieri e a restaurare l'unità nazionale.

Con la XVIII dinastia (1550-1307 a.C.) ha inizio il Nuovo Regno, periodo storico di grande espansione e di grande fioritura artistica.

E' dalla XVIII dinastia che il sovrano viene indicato con il nome di "faraone", derivato dal termine "pha-rao" con cui da sempre veniva designato il palazzo reale.



La capitale è a Tebe. Sulla riva orientale del Nilo, la riva dei viventi, Tebe si arricchisce di templi grandiosissimi che esaltano la maestà del re al cospetto di dio. Sulla riva occidentale, la riva dei morti, 555c27f si moltiplicano le tombe in varie zone.

Poco ci rimane dell'architettura civile egiziana. Le case erano assai semplici sia per i comuni operai che per i sacerdoti. Erano costituite da muri , formati da un impasto di paglia e fango, e stanze di forma rettangolare senza aperture verso l'esterno. La maggior parte possedeva anche un piccolo cortile colonnato.

Poco ci rimane anche della struttura delle città, che non avevano fortificazioni. Esse erano attraversate da un'ordinata rete viaria ortogonale e da una Via Reale, che congiungeva i due edifici cardine : il Tempio e il Palazzo reale

Le uniche costruzioni  egizie non funerarie che i secoli ci hanno tramandato, sono i templi.

Lo schema assai complesso degli edifici di culto si fissa durante il Nuovo Regno. Il nucleo centrale era costituito da una buia stanza di pianta rettangolare, munita di colonne a forma di palma, dal soffitto decorato come un cielo notturno e con un'unica porta. In questa stanza si pensava che il dio vivesse, attraverso la sua statua, e quì veniva accudito quotidianamente dai sacerdoti, che lo lavavano, lo vestivano e gli portavano offerte di cibo.

La scala centrale era il luogo in cui si svolgevano le celebrazioni, costituita da più navate, separate da file di colonne, a forma di palma, che reggevano architravi. C'era un cortile esterno dal quale il popolo assisteva alle cerimonie : esso era delimitato da colonne sui tre lati aperti e ornato da statue colossali.

Elemento fondamentale dell'architettura egizia è il pilone: monumento in muratura di profilo trapezoidale che segnava il limite tra lo spazio terreno e quello sacro.

Non mancavano obelischi e viali ornati di sfingi o leoni che vegliavano sul tempio.

La Tebe antica non esiste più; ma esistono ancora, nelle località dette Kàrnak e Lùxor, due complessi templari, un tempo collegati da un lungo viale fiancheggiato da sfingi.

Il tempio di Kàrnak era dedicato al di 'Amon che divenne, con il Nuovo Regno, una delle maggiori divinità di tutto l'Egitto. Dio creatore, che assommava in sé la solarità del dio di Eliòpoli, Ra, e la fecondità del dio di Kòptos, Min

Il tempio di Kàrnak è la più vasta costruzione egizia, una delle più grandi del mondo. Nella grande impresa si impegnarono vari faraoni. Il complesso è racchiuso dalla cosiddetta cinta muraria di 'Amon, un grande recinto in mattoni crudi, sviluppato per un perimetro di 2400 m. All'interno è il tempio di 'Amon, la cui pianta è costituita da una serie di ambienti, il più interno dei quali è il sacrario. Si accede agli ambienti mediante sei piloni, porte monumentali (dal greco: pyle, "porta") inseriti fra due corpi massicci a forma trapezoidale.

Dal primo pilone si entra nel grande cortile, e da qui, attraverso un secondo pilone, nella Sala ipòstila ("pòstila"è detta ogni sala il cui il tetto sia sostenuto da più file di colonne: dal greco hypò, "sotto", e stylos, "colonna".

Dentro il tempio potevano entrare solo i sacerdoti, ma solo il gran sacerdote e il faraone potevano accedere nel sacrario.

L'interno non era destinato alla gente comune e quindi ad impressionarla; eppure la grande Sala ipòstila ci fa intuire la grandezza della divinità e del re. Il concetto astratto (il divino) viene reso percepibile concretamente.

La sala è percorsa da una navata, la cui parte superiore risulta elevata sul resto dell'ambiente. La navata è sostenuta da dodici colonne con capitello a forma di papiro aperto, collegate da enormi architravi che elevano questo settore fino a 23m. dal suolo, distinguendolo chiaramente da tutto lo spazio circostante. Il soffitto della navata era disseminato di stelle dorate. Le colonne sono istoriate. Sulle pareti esterne della sala sono figurate le imprese militari di Seti I (1306-1290 a.C.) e di suo figlio Ràmses II (1290-1224 a.C.). Sulle pareti interne sono rappresentati gli onori resi dal faraone alle divinità, processioni e cerimonie d'incoronazione.

Il tempio di Lùxor, dipendeva da quello di Kàrnak e serviva per la processione del nuovo anno, in onore del dio 'Amon.

D'avanti all'ingresso monumentale erano collocate sei statue colossali e due obelischi.

L'obelisco è un elemento indispensabile dell'arte e dell'ideologia egizia. E' una forma geometrica perfetta, come la piramide, ma sottile, alta e appuntita elegantemente verso il cielo. Simboleggia il dito del sole e del sole segue il movimento diurno, indicando il trascorrere delle ore con le ombre allungate in terra. Il vertice (piramidion), riluceva, colpito dai raggi solari, perché era rivestito da una lamina metallica.



Anche in questo tempio, le decorazioni del pilone, dei cortili, degli ambienti interni, narrano scene di battaglie vittoriose condotte dai faraoni, o scene religiose.

Dello stesso periodo sono i celebri Colossi di Mèmnon, due gigantesche statue che rappresentavano il faraone Amenhòtep III (1391-1353 a.C.), che affiancavano originariamente l'ingresso del suo tempio funerario, oggi scomparso.

Durante la XVIII dinastia sorge, sulla riva sinistra del Nilo, uno dei tempi funerari più originali di tutto l'Egitto : quello della regina Hatshepsùt. E' un tempio basso e largo, adeguato all'anfiteatro roccioso ai cui piedi si adagia; dimostra una concezione diversa da quella tradizionale del monumento faraonico. Il tempio della regina vive in simbiosi con la natura, salendo gradualmente, per terrazzamenti successivi collegati da rampe, verso la parete montagnosa.

Questa è un'opera dell'architetto Sènmut, influente consigliere della regina, che come Imhòtep, è esaltato oggi fra i maggiori architetti antichi.

I pilastri sono squadrati conferendo alla costruzione porticata un carattere di fermezza e di forza sintetica. Ma vi sono anche colonna athoriate (ossia con il capitello formato dal volto di Hàthor, la dea-vacca)e protodòriche. Queste ultime sono molto diverse dalle colonne doriche greche, sia perché non rastremate verso l'alto, sia perché prive di èntasi, sia perché non scanalate ma tagliate in sedici facce lisce.

All'interno del tempio sono rilievi vivaci, anche se le figure sono sempre riprodotte secondo i canoni usuali.

Hatshepsùt aveva preso il trono allontanando dal potere il nipote e suo predecessore Thutmòsi III (1479-1473 a.C.), regnando da sola per quindici anni (1473-1458 a.C.), vestita da uomo e con la barba posticcia, simbolo di regalità. Alla sua morte Thutmòsi III riprese il trono, vece cancellare ovunque il nome e l'immagine di Hatsheosùt e intraprese una lunga serie di vittoriose campagne militari, portando l'Egitto a una grande estensione territoriale.

Nel 1353 a.C. saliva al trono Amenhòtep IV, il quale attuava la massima rivoluzione religiosa di tutta la lunga storia dell'Egitto. Forse per ridimensionare lo strapotere dei sacerdoti del dio solare 'Amon, i quali amministravano i più fecondi campi del regno e godevano delle decime di tutti i bottini bellici, egli sostituì il culto di 'Amon e degli altri dei con quello unico di Atòn il disco solare, cambiando il proprio nome, Amenhòtep ('Amon è contento), in Akhènaton (Questo piace ad Atòn), chiudendo i templi di 'Amon e disperdendone i sacerdoti, costruendo una nuova capitale nella madia valle del Nilo, Akhètaton (l'orizzonte di Atòn), l'odierna El-Amarna

Le tombe di El-Amarna, si trovano sulla sponda orientale del Nilo, dove nasce il sole, rivolte però ad occidente, dove tramonta.

Dopo la morte di Akhènaton, il giovanissimo faraone Tutankhàton, sotto la spinta della violenta reazione sacerdotale e convinto forse da Nefertìti, la bellissima sposa-sorella di Akhènaton, riaprì al culto i templi di 'Amon, riportò la capitale a Tebe ed assunse il nome di Tutankhàmon (immagine vivente di 'Amon).

I bassorilievi e le sculture a tuttotondo avevano il compito ufficiale di onorare le divinità. In Egitto la scultura ebbe un grande sviluppo anche per l'abbondanza di materia prima: calcare, arenaria, granito, basalto, alabastro.

Le opere venivano dipinte in alcuni dettagli, oppure interamente, dopo essere state ricoperte di gesso. I pigmenti colorati venivano ricavati dalla macinazione delle pietre, diluiti con acqua e mescolati a resine, albume e cera d'api.

Le statue si presentano come un blocco compatto, dove è bandito ogni movimento, ad eccezione di un leggero avanzamento della gamba sinistra nelle statue erette. Nei soggetti rappresentati seduti, le braccia sono sempre poggiate sulle ginocchia, mentre in quelle in piedi esse sono inerti, abbandonate lungo i fianchi con i pugni chiusi.



Tutto ciò risponde a canoni prestabiliti dell'etichetta di corte poiché, nella statuaria minore, il formalismo viene superato in nome di una maggior attenzione alla realtà.

Accanto alla scultura ufficiale abbiamo così testimonianza di una produzione artistica non ufficiale, libera da ogni canone, che esprime con vivacità e realismo aspetti della vita quotidiana del popolo e degli schiavi.

Nel Nuovo Regno si avverte un influenza orientale che aiuta ad alleggerire le forme e contribuisce al raggiungimento di una maggior mobilità e di un più vivo realismo.

Il capolavoro artistico dell'età di Akhènaton è il celebre ritratto di Nefertìti. Qui la rappresentazione realistica del viso della giovane e bella regina trova forma compiuta nella assoluta armonizzazione reciproca delle varie parti, nella raffinatezza del lungo collo flessuoso, nei delicati trapassi chiaroscurali, nell'espressività degli occhi caudati, sottolineati dalle arcate sopracciliari, nella morbidezza delle labbra, nella purezza del profilo con la tenera curva delle orecchie, perfino nell'alto copricapo regale.

Il nome di Tutankhàmon, morto misteriosamente appena diciannovenne senza aver potuto compiere grandi imprese, è tuttavia uno dei più noti fra quelli dei faraoni egizi per le immense ricchezze scoperte all'interno della sua tomba scavata entro le viscere delle pareti rocciose della Valle dei re nella necropoli tebana a occidente del Nilo. Più piccola di tante altre, questa tomba è l'unica pervenuta intatta. Agli occhi degli scopritori, nel 1922  , si presentò piena di tesori affastellati alla rinfusa. Il trono, due carri, quattro grandi sarcofagi in legno dorato inseriti uno dentro l'altro, canòpi di alabastro che contenevano i visceri del re, le bare d'oro, la maschera funeraria, le sue statue di legno dorato e così via.

Nello schienale d'oro vi è una straordinaria vivacità nell'armonico rapporto dei corpi e dei colori, dove gioca un ruolo determinante la brillante preziosità dei materiali esaltati dal fulgore dell'oro riverberato dal piano di appoggio; e vi è un tono affettuosamente familiare nel gesto della regina e nella posa articolata del faraone comodamente seduto.

Le produzioni di lusso per gli Egiziani non erano solo appannaggio di faraoni e dignitari di rango che le utilizzavano per rendere più piacevole la vita, ma venivano ricercate da tutti perché rendessero sfarzosa e più agiata la vita dopo la morte.

L'arte in cui gli Egiziani veramente eccelsero fu quella dell'oreficeria. L'oro, in queste produzioni assunse un alto valore simbolico: testimoniava l'incorruttibilità, l'immortalità della divinità ed era immagine terrena della luce del sole.Le tecniche più frequentemente utilizzate erano quelle della filigrana (intreccio e saldatura di più fili metallici) e del cesello (strumento con cui si eseguono lavori di fine scultura su metalli).

Di altissima qualità sono le opere in cui, mediante l'incastonatura vengono inserite nelle lamine di metallo prezioso paste vitree e pietre dure come lapislazzuli e i turchesi

La maschera d'oro di Tutankhàmon è uno dei capolavori di quest'arte.

Con la XIX (1307-1196 a.C.) e con la XX dinastia (1196-1070 a.C.) i templi reali tornano alle forme tradizionali. Spettacolari e grandiosi sono i due templi di Abu Simbel fatti costruire da Ràmses II. Vicini fra loro, uno più grande dell'altro, furono scavati nella roccia, sulla riva sinistra del Nilo, nella Bassa Nubia. Lo spessore roccioso, nel quale fu ricavato il primo, venne tagliato verticalmente per 33 metri di altezza e 36 di larghezza, così da costruirne la facciata, cui vennero addossate quattro statue colossali, rappresentanti Ràmses II seduto, col nèmes e l'urèo sulla fronte, la corona doppia, la barba posticcia, le mani appoggiate sulle gambe. Fra le sue gambe e ai suoi lati, molto minori di statura, sono principi, principesse e la regina Nefertàri.All'interno, via via che si procede verso il fondo, il pavimento si rialza gradualmente e il soffitto si abbassa, in modo da creare un impianto prospettico che rende illusivamente lontano il punto terminale, il sacrario, ove, solo il faraone e il gran sacerdote potevano accedere.

Poco lontano dal grande tempio, sorge il tempio più piccolo, dedicato a Hàthor, dea della fecondità, nelle cui sembianze, sulla facciata,, è raffigurata, insieme a Ràmses II, anche la moglie, la regina Nefertàri, unico esempio di esaltazione femminile in Egitto e di affetto regale in scala monumentale.










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