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Giuditta II - Gustav Klimt

storia dell arte



Titolo:  Giuditta II


Autore: Gustav Klimt


Collocazione attuale: Venezia, Galleria d'Arte Moderna


Cronologia: 1909


Tecnica e materiali: Olio su tela




Dimensioni: cm 178 x 41

DESCRIZIONE ICONOGRAFICA


La donna rappresentata nel quadro è una delle più celebri eroine bibliche: Giuditta. Durante l'assedio della città di Betulia da parte del re Nabucodonosor (sovrano di Babilonia dal 604 al 562 a.C.) Giuditta, giovane vedova ebrea, si  introdusse nel campo nemico e, dopo aver avvicinato il comandante Oloferne, sedotto dalla sua bellezza, lo decapitò nel sonno preservando la sua virtù.

Di norma veniva ritratta come fanciulla bella ed elegantemente vestita e suoi attributi fissi erano la spada e la 828f59i testa mozza di Oloferne tenuta per i capelli o calpestata.

I temi di Giuditta e Salomè, altra leggendaria donna biblica, furono ripresi a inizio secolo non soltanto da Klimt, ma anche da molti altri artisti come Moreau, Wilde, Strauss e Mallarmè. Klimt sceglie Giuditta e non Salomè perché vuole con evidenza celebrare la donna compiuta e non l'adolescente davanti a cui il re, ossia il potere, abdica e concede i suoi favori. Giuditta è lei stessa il potere: non chiede ma decide e compie con le sue mani il delitto. Diventa quindi allegoria della donna moderna a cui viene riconosciuta la possibilità di scegliere liberamente la propria vita.


Questo quadro è intitolato "Giuditta II" perché esiste una "Giuditta I" che l'autore dipinse nel 1901 suscitando grande scandalo. Infatti la pia eroina biblica era ritratta coi connotati di una "femme fatale".

Nella versione del 1909 la donna è girata di tre quarti e avanza verso sinistra. L'espressione è tesa. Le bellissime mani febbrili sono aggrappate alla gonna mentre trattengono per la chioma la testa decapitata, che pare sprofondare tra i tessuti variopinti.


ANALISI FORMALE E COMPOSITIVA


Il quadro  si allunga in maniera esasperata assumendo un formato verticale che ricorda le stampe giapponesi, di cui Klimt era grande ammiratore.

Il dipinto è inscindibile dalla cornice dorata. L'oro, il cui utilizzo è ispirato dai mosaici bizantini di Ravenna, ha la funzione di trasfigurare la realtà e fissare l'immagine in un'eterna, sublime trascendenza, congelandola nella distanza e nella perfezione del metallo.

L'immagine si fonda sul voluto contrasto tra il naturalismo del volto, del busto e delle mani e l'assenza di profondità, unita all'astrattismo, dei due piani decorativi: l'abito e lo sfondo.

La linea è sinuosa, morbida ed elegante. Si snoda attraverso la tela in maniera ritmica attorcigliandosi in spirali oppure creando motivi geometrici quadrati.

Le forme che prevalgono sono quelle rotondeggianti e morbide. Esse simboleggiano in Klimt il mondo femminile, mentre le forme dure e angolose sono connaturate del mondo maschile.

Anche il colore contribuisce a dividere le tre zone del quadro: le varie tonalità del rosa naturale per il corpo di Giuditta, colori accesi e caldi insieme alle brillanti spirali dorate per lo sfondo, toni scuri invece per l'abito. Si realizza perciò una sorta di gioco "svelamento-velamento" del corpo che conferisce a Giuditta un aspetto ancora più intrigante. Il netto contrasto e la bidimensionalià catturano, quindi, una profondità onirica.

Lo sguardo dell'osservatore è attirato per lo più dal volto e dalle mani sia perché zone chiare su fondo scuro, sia per la presenza di linee di forza quasi verticali nella parte inferiore della tela rappresentate dalle pieghe del vestito. Lo slancio però si ferma sul viso di Giuditta, poiché la linea orizzontale dei capelli impedisce di uscire dai confini del quadro.

La posizione che occupa è emblematica: è girata di tre quarti e tenta di incedere sottraendosi a ogni rapporto diretto con l'osservatore.

La tela è animata da un certo movimento, anche se bloccato sul nascere. Giuditta si slancia verso sinistra, ma il suo impeto è subito fermato dalla fitta trama decorativa che occupa il resto del dipinto. Il capo, inoltre, è nettamente separato dal resto del corpo tramite il pesante gioiello che porta al collo. Esso è simbolo non soltanto della donna contemporanea alla moda, ma soprattutto di una decapitazione simbolica. Decapitazione non intesa come vendetta, come contrappasso, per la morte di Oloferne, la cui testa è in secondo piano, collocata in basso, colorata di un rosa spento, ma la volontà di ritrarre una donna e un uomo indifferentemente coinvolti e travolti dalla stessa sorte: la polarità tra morte e sessualità.  

ANALISI ICONOLOGICA


Il risultato che Klimt ottiene con quest'opera è la resa di una femminilità feroce di una "femme fatale" dall'aspetto anche un po' diabolico. Appare come un uccello multicolare che sminuzza e divora la sua preda preferita (l'uomo), prigioniera in una gabbia (il vestito, lo sfondo, la cornice) dalla quale non può fuggire. E' allegoria della personificazione della femminilità, in cui coesistono le potenze della natura e dell'arte, intese come principi notturni e ambiguamente inquietanti. Giuditta è attiva partecipante alla lotta dei sessi, ma anche lei è coinvolta nel dualismo imperituro tra Eros e Thanatos, tra sessualità e morte. Inoltre se da un lato "decapita" le ristrettezze morali e le convenzioni sociali in nome della propria autodeterminazione, dall'altro si immerge coraggiosamente nel vortice del cambiamento, a costo di venirne travolta e. decapitata. Giuditta, assieme alle altre donne mitologiche che spesso Klimt ritrae (Salomè, Igea, Pallade Atena) sono figure femminili che hanno saputo "perdere la testa" o la faccia o la ragione, per abbandonare la loro stereotipata immagine sociale. Diventano libere, assetate di vita, cariche di erotismo, adescatrici, ma enigmatiche e distanti, esprimendo così la paura, lo smarrimento, la solitudine e l'isolamento generati da questo cambiamento. Non a caso il dipinto "Giuditta II" è permeato da una tensione implacabile, da un'isteria consumatrice.


ANALISI STORICA-SOCIO-CULTURALE


La Vienna in cui Gustav Klimt si forma e si afferma è una delle grandi metropoli europee della fine del secolo, prodotto di una società vitale e complessa. La compattezza dell'impero asburgico comincia a vacillare sotto le spinte delle tensioni nazionalistiche ( i movimenti indipendentisti ceco, slavo, ungherese) e delle tensioni sociali. La borghesia industriale diventa il nuovo motore della società, e il suo stile di vita ridefinisce radicalmente la vita sociale viennese, in contrapposizione ai rigidi cerimoniali dell'aristocrazia di corte. Negli anni in questione si svolge la grande modernizzazione della capitale austriaca: l'introduzione della luce elettrica, del telegrafo, del telefono, il grande potenziamento del sistema tranviario di trasporto, le prime automobili e la moltiplicazione delle testate giornalistiche.

I giovani intellettuali assorbono una dimensione dionisiaca, principalmente attraverso la musica, grazie all'influenza esercitata da Wagner e dal pensiero di Nietzsche. Le due fonti della creatività venivano riconosciute nello spirito razionale (Apollo) e in quello irrazionale (Dionisio). La crisi di fiducia nelle possibilità del linguaggio razionale di comunicare il reale in tutta la sua complessità attraversa tutta la cultura viennese e spinge gli intellettuali verso lo studio della parte sconosciuta e nascosta della personalità umana, quella che sotto la crosta dell'educazione e del perbenismo cela un nodo aggrovigliato di pulsioni, come raccontato da Schnitzler in "Doppio Sogno" e come formalizzato dalla psicoanalisi di Freud. Quest'ultimo individua nell'inconscio la motivazione sotterranea ma reale di gran parte delle nostre azioni e rivaluta l'eros come pulsione positiva e fondamentale della personalità. La donna diventa l'incarnazione dell'eros.

Sotto l'impulso di Klimt nacque il movimento della Secessione. Gli artisti che ne facevano parte, contrapponendosi alla tradizione ufficiale ( ma con un solido appoggio delle istituzioni governative), si collegano al movimento internazionale detto in generale Art Nouveau, organizzando mostre nelle quali presentano ampie panoramiche dell'arte europea, fondando la rivista "Ver Sacrum" e costruendo un padiglione espositivo: il "Palazzo della Secessione" progettato da Olbrich.



CENNI BIOGRAFICI


Figlio di un orafo e cesellatore di origine boema, Klimt nasce nel 1862. Compie gli studi presso la Scuola d'arti e mestieri di Vienna. A partire dal 1879, lavora insieme al fratello minore Ernst e a Franz Matsch. Il 1897 è la data che segna l'inserimento di Klimt e di altri artisti viennesi nel movimento culturale mitteleuropeo della Secessione.

Inizia in questo periodo l'attività più significativa dell'artista: prepara i pannelli per l'Aula magna dell'Università raffiguranti le allegorie della Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. Compie diversi viaggi in Italia, in particolare a Ravenna (1903), dove approfondisce la tecnica del mosaico. Tiene mostre in tutta Europa: Parigi, Dresda e Berlino. Proprio in Germania nel 1914 cominciano le critiche ai suo dipinti, per effetto delle teorie espressioniste. Nel 1918, al ritorno da un viaggio in Romania, è colpito da un colpo apoplettico e, nel giro di un mese, muore.

La sua pittura è un progressivo superamento del Naturalismo impressionista e del rigore accademico fino a elaborare una pittorica in cui decorazione e soggetto simbolico coincidono nell'enfasi del colore, della preziosità delle materie impiegate (oro, vetri, mosaici), della stilizzazione estrema alla quale ogni elemento compositivo è ricondotto.


OSSERVAZIONI CRITICHE


"So dipingere e disegnare.

Lo credo io stesso e anche gli altri dicono di crederci.

Ma non sono sicuro che sia vero.

Solo due sono cose certe:

1- Di me non esiste alcun autoritratto, non mi interessa la mia persona come oggetto di pittura, mi interessano piuttosto le altre persone, specie se di sesso femminile, ma più ancora le altre forme.

Sono convinto che la mia persona non abbia nulla di particolare; sono un pittore che dipinge tutti i santi giorni, dalla mattina alla sera: figure, paesaggi, ritratti un po' meno.

2- La parola parlata e scritta non mi è congeniale, neppure quando devo esprimermi sulla mia persona e sul mio lavoro.

Perfino quando devo scrivere una lettera mi viene paura e angoscia come di fronte alla minaccia del mal di mare

Chi vuole saperne di più su di me cioè sull'artista, l'unico che valga la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio."


Gustav KLIMT 1900

"La gente deve ricominciare a vedere i quadri, veri quadri, non olografie dipinte a mano: deve potersi di nuovo ricordare che la loro materia è una scrittura magica che, con macchie di colore in luogo delle parole, ci trasmette un visione interiore del mondo - il mondo misterioso, arcano, meraviglioso - non un'attività commerciale"


"L'arte del colore domina l'anima umana non diversamente da quella dei suoni"


Hugo von Hofmannsthal (poeta)

BIBLIOGRAFIA


Gilles Néret

Gustav Klimt 1862-1918

Benedikt Taschen editore



Cristina Maelloni

Gustav Klimt: il sigillo della contraddizione

Arsenale Editrice



Eva di Stefano

Klimt -l'artista e le opere-

Giunti Editore



Eva di Stefano

Klimt -Le donne-

Giunti Editore



Piero Adorno

L'arte italiana

Casa editrice G. D'Anna


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