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Il manierismo - L'ultima cena

arte



Il manierismo


Il termine manierismo viene applicato all'arte che si sviluppò tra il primo e l'ultimo decennio del XVI secolo, in un periodo caratterizzato da una crisi storica, culminante con il sacco di Roma del 1527 e religiosa sfociante nella Controriforma.
L'arte di questo periodo si distacca dai canoni classici della simmetria, dell'equilibrio e della proporzione, in favore dell'inusuale e dell'eccentrico, portando all'esasperazione alcuni elementi presenti nell'opera dei grandi maestri come Raffaello e Michelangelo.
Nelle opere di questo periodo le figure si fanno allungate tendenti ad una marcata stilizzazione, le pose si fanno contorte, i colori sono accostati in maniera inusuale, le composizioni si fanno complicate e affollate di figure.
Tra i principali esponenti del manierismo ricordiamo Giulio Romano, Rosso Fiorentino, Pontormo, Parmigianino, Beccafumi, mentre esponenti del tardo manierismo sono i fratelli Taddeo e Federico Zuccari.
Per la scultura ricordiamo Baccio Bandinelli, Bartolomeo Ammannati, Benvenuto Cellini e Giambologna.





Tiziano


Tiziano matura uno stile personale dei colori, che vengono stesi in modo rapido e talvolta impreciso, senza disegni preparatori: il risultato è l'immediatezza e l'espressività, le figure sono accennate e più vive e reali.

Agli inizi della sua carriera artistica Tiziano dipinse molte scene di vita pastorale idilliaca (ninfe e pastori) influenzato soprattutto da Giorgione.
Molti quadri di questo periodo sono di difficile attribuzione in quanto a volte Tiziano completava i quadri iniziati da Giorgione.

Il pittore dipinse anche molte immagini di donne bellissime e sensuali, di solito con lunghi capelli sciolti che ricadono sulle spalle nude e per la maggior parte hanno anche qualche accessorio simbolico o allegorico.
Non considerati ritratti, ma generiche esaltazione della bellezza femminile, queste tele erano piuttosto in voga a Venezia all'inizio del Cinquecento e si suppone che alcuni potrebbero rappresentare o alludere alle prostitute per cui la città era famosa.

Tiziano fu uno dei più prestigiosi ritrattisti e sicuramente il più influente, dato che andò oltre la formula del mezzo busto che era predominante nel XV secolo.
 


Amor sacro e amor profano


è un dipinto ad olio su tela di cm 118 x 279 realizzato nel 1513 dal pittore italiano Tiziano.

È conservato alla Galleria Borghese a Roma.

La tela raffigura due donne, una vestita e una nuda, che siedono all'estremità di una fontana di pietra riccamente scolpita dietro la quale si vede un paesaggio illuminato da un tardo sole pomeridiano. Le due donne, di simile perfezione, sono somiglianti e potrebbero sembrare la stessa persona. La figura a sinistra simboleggia la "felicità breve in terra" con l'attributo del vaso di gioie e l'altra a destra la "felicità eterna e celeste" con in mano la fiamma ardente dell'amore di Dio. L'impianto rispecchia quindi la concezione neoplatonica tipica di Marsilio Ficino secondo la quale la bellezza terrena è specchio di quella celeste e la sua contemplazione prelude alla perfezione ultraterrena. L'amor sacro, ammantato di rosso, è raffigurato in piena luce, mentre l'amor profano è fasciato da ricche vesti e si staglia contro uno sfondo ombroso: il bilanciamento luministico, cromatico e compositivo assume quindi anche un preciso significato simbolico.

Lo stemma sulla fontana è quello di Niccolò Aurelio, un politico veneziano, e probabilmente il dipinto è stato commissionato da lui in occasione della sua nozze con Laura Bagarotto nel 1514.

Il titolo, indice di una lettura moralistica non propria dell'autore, è di epoca settecentesca e contrasta con l'acclarato intento dell'autore di esaltare l'amore nell'entrambe le sue forme e di affermare che la contemplazione della bellezza del creato non allena la capacità di percepire la perfezione divina ma anzi la amplifica.



Tintoretto



Nasce a Venezia probabilmente nel 1518 da Giovanni Battista.
Dell'infanzia del pittore si sa ben poco in quanto non esistono documenti che attestino gli studi che ha frequentato.
Le fonti principali sono i pagamenti delle commesse e la biografia scritta da Carlo Ridolfi (1594-1658), anche se Ridolfi non incontrò mai Tintoretto ma attinse le sue informazioni dal figlio del pittore (Domenico).

Nel 1530 inizia a lavorare nella bottega di Tiziano per un breve apprendistato, dopo dieci giorni viene cacciato (secondo Ridolfi per l'invidia del maestro).

Da un documento risulta che nel maggio del 1539 Tintoretto era un "maestro pittore".

Il suo primo capolavoro viene realizzato nel 1548, "Il miracolo di San Marco", per la Scuola Grande di San Marco; la scuola rifiuta l'opera giudicandola troppo originale.
Però con questo dipinto ottiene i primi successi ottenendo incarichi per edifici pubblici Veneziani.


L'ultima cena


è un dipinto ad olio su tela di 366 x 570 cm realizzato tra il 1592 ed il 1594 dal pittore italiano Tintoretto.

È conservato nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia.

Tintoretto ha realizzato numerose tele che avevano come soggetto l'Ultima Cena, questa è la più famosa.
Ambientata all'interno di una taverna popolare, la mensa è disposta trasversalmente al dipinto. La luce proviene da una lampada ad olio appesa al soffitto, che illumina particolari di oggetti e persone secondarie. Poi vi sono le luci delle aureole e quelle degli angeli che si trovano in alto a destra. L'ambientazione è popolare, veritiera, i colori pastosi e monocromatici, lo spazio indefinito.
Il dipinto è diviso in due dalla diagonale della tavolata: dalla parte sinistra il mondo spirituale e dalla parte destra quello terreno.
Gesù è raffigurato con una grossa aureola ed intorno a lui i suoi discepoli; più in disparte viene dipinto anche Giuda

Annibale carracci

Nacque a Bologna nel 1560, sulla sua infanzia si hanno poche notizie: sicuramente fu battezzato il 3 novembre dello stesso anno della sua nascita.
La famiglia di Annibale non aveva una tradizione artistica, ciò nonostante ci furono ben sei pittori che si affermarono nel loro campo: il fratello maggiore Agostino (1557 - 1602) ed il cugino Ludovico furono i due più famosi.

Il primo maestro di Annibale fu suo cugino Ludovico di cinque anni più grande e probabilmente in seguito, intorno al 1575, studiò anche dal pittore bolognese Bartolomeo Passerotti (1529 - 1592), il cui genere di pittura esercitò un'evidente influenza sui suoi primi quadri.
Completò gli studi artistici visitando varie città italiane (Parma-Venezia); durante questi viaggi ha potuto incontrare grandi artisti (Tintoretto, Veronese e Jacopo Bassano).

Nel 1583 ritornò a Bologna dove ottenne diverse commissioni insieme a Ludovico ed Agostino, dello stesso anno è la Crocifissione, della chiesa di San Nicolò a Bologna, dove risente fortemente degli influssi manieristici.
E sempre insieme fondarono un'accademia d'arte nella città bolognese, che nacque probabilmente nel 1582, come una congrega informale di artisti con ideali e finalità comuni, inizialmente l'accademia venne chiamata "Accademia dei desiderosi" ma verso il 1590 il nome cambiò in "Accademia degli incamminati", annoverando fra gli allievi molti artisti che si sarebbero distinti nella successiva generazione (Domenichino, Guido Reni).




Caravaggio


La giovinezza (1571 - 1595)

Riposo durante la fuga in Egitto,1594,Roma,Galleria Doria Pamphilj

Grazie a Prospero Orsi (meglio noto come Prosperino delle Grottesche), pittore con il quale strinse una forte amicizia, il Merisi nel 1595 conobbe il suo primo protettore: il cardinal Francesco Maria Del Monte, grandissimo uomo di cultura ed appassionato d'arte che, incantato dalla sua pittura, acquistò alcuni dei suoi quadri; il giovane lombardo entrò al suo servizio, rimanendovi per circa tre anni. Il Del Monte secondo il Bellori: «ridusse in buono stato Michele [Caravaggio] e lo sollevò dandogli luogo onorato in casa fra i gentiluomini».

La fama dell'artista grazie al suo importante committente cominciò a decollare all'interno dei più importanti salotti dell'alta nobiltà romana. L'ambiente fu scosso dalla sua rivoluzionaria pittura che si pose immediatamente al centro di forti discussioni ed accese polemiche. Grazie alle commissioni e ai consigli dell'influente ed illuminato prelato, Caravaggio mutò il suo stile: abbandonando le tele di piccole dimensioni ed i singoli ritratti e cominciando a dedicarsi alla realizzazione di opere complesse con gruppi di più personaggi che interagiscono tra loro, descrivendo all'interno di un'ambientazione un episodio specifico. Uno dei primi lavori di questo periodo è il Riposo durante la fuga in Egitto.

Nel giro di pochi anni la sua fama crebbe in maniera esponenziale, Caravaggio divenne un mito vivente per un'intera generazione di pittori che ne esaltavano lo stile e le tematiche.

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Attività artistica

Cena in Emmaus, 1602, National Gallery di Londra

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Lo stile pittorico

La particolare tecnica pittorica e realizzativa di Caravaggio, fu una delle chiavi del suo successo. Fino al suo avvento nella pittura, lo stile che caratterizzava la maggior parte degli artisti era estremamente legato ad un tipo di cultura accademica che si basava prevalentemente sullo studio dell'arte classica, con forti influssi derivati dai grandi protagonisti del periodo d'oro del Rinascimento italiano, su tutti le figure di Michelangelo e Raffaello, nel centro Italia; per quanto riguarda il settentrione la pittura si rifaceva soprattutto a Tiziano, Correggio e Leonardo. La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo della sua opera, espresso nei soggetti dei suoi dipinti e nelle atmosfere in cui la plasticità delle figure viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri in cui il pittore lombardo dipinge lo sfondo, che passa nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti, i veri e soli protagonisti della sua opera. Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente.

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I soggetti

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La pretesa omosessualità

Tra le opere giovanili del Caravaggio molte raffigurano ragazzi seducenti solitamente intenti a suonare uno strumento (tradizionale accompagnamento all'amore) mangiare un frutto (simbolo dell'appagamento dei sensi). Sono giovani colti dalla strada, dai luoghi che lui amava frequentare come osterie, bische, bordelli e luoghi di malaffare della città. La continua proposta di questi personaggi, hanno fatto formulare a molti critici, supposizioni riguardo la presunta omosessualità dell'artista e dei suoi due più importanti committenti il cardinale Del Monte ed il marchese Giustiniani, che conservavano molte di queste opere all'interno dei loro gabinetti privati; la più famosa tra queste è l'Amore vincitore, dipinto dai forti toni sensuali, che l'artista dovette replicare per entrambi i committenti. L'opinione di Maurizio Calvesi: «In realta' la presunta omossessualità del Caravaggio, utile ad aggiungere un tocco al quadro del suo "maledettismo", è probabilmente solo un abbaglio; e questo discende da sua discutibile esegesi di alcuni dipinti del primo periodo romano, che presentano figure effeminate o ritenute provocanti. A lungo, del resto, ci si è rifiutati (e molti ancora si rifuitano) di applicare al Caravaggio quella lettura seccondo i codici "iconologici" dell'epoca, che consente di apprezzare le bellissime e rivelatrici simbologie di cui la sua pittura è intessuta, pur nell'approcio realistico. Senza intendere il contesto dei simboli ogni scelta di figure o di oggetti appare come il frutto di un impulso immediato, orientando verso interpretazioni soggettive e modernizzanti.»

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Canestra di frutta

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La natura

Nelle prime opere del Caravaggio si trovano spesso splendidi particolari di nature morte, ma una sola è la composizione completa che sia pervenuta, Canestra di frutta. Ciò è riferibile soprattutto al periodo di apprendistato nella bottega dal Cavalier d'Arpino. La frutta rappresentata dal Merisi sono in perfetta sintonia con i personaggi, le foglie appassite il loro stato di maturazione, danno l'idea di una particolare atmosfera autunnale che vive nei forti contrasti di molte opere di Caravaggio.


Barocco

Il barocco è il termine utilizzato correntemente per indicare la civiltà letteraria, filosofica, artistica e musicale caratteristica del periodo che va dalla fine del XVI secolo alla metà del XVIII secolo. Per estensione, si indica quindi col nome «barocco» il gusto legato alle manifestazioni artistiche di questo periodo.

Sulla derivazione del termine ci sono due ipotesi: 1) Deriva da un'antica parola portoghese, barroco (barrueco in spagnolo), usata per definire una perla scaramazza, ovvero una perla non coltivata, non simmetrica. Proprio per le particolarità del suo stile l'arte barocca si accosta alla perla scaramazza. 2) Deriva dalla figura più complessa del sillogismo aristotelico, il barocco.

BERNINI

L'Apollo e Dafne è un gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini eseguito tra il 1621 e il 1623 e si trova nella Galleria Borghese di Roma.

Il soggetto del gruppo è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, testo diffusissimo nel XVI secolo, soprattutto tramite stampe e fonte d'ispirazione per artisti e poeti che amavano rappresentare e cimentarsi nei temi delle trasformazioni, la storia era stata il soggetto di un libretto del Rinuccini musicato da Jacopo Peri nel 1598. Era ospitato nella stessa stanza dell'Enea e Anchise seguendo il progetto ambizioso di Scipione Borghese di dare forma moderna ai miti del passato antico, offrendo l'opportunità ad uno scultore dalle doti eccezionali come Bernini di confrontarsi con la letteratura e con la rappresentazione del difficile tema della metamorfosi.

Nel testo di Ovidio Apollo si era vantato di saper usare come nessun'altro l'arco e le frecce, per la sua presunzione Cupido lo punisce colpendolo e facendolo innamorare della bella ninfa Dafne, la quale però aveva consacrato la sua vita a Diana e alla caccia. L'amore di Apollo è irrefrenabile, Dafne chiede aiuto a Diana la quale per impedire ai due di congiungersi la trasforma in un albero, il lauro, che da quel momento diventerà sacro per Apollo, questo è in breve l'episodio che Bernini rappresenta fedelmente proprio nel momento della trasformazione della ninfa in pianta.

La scena è spettacolare e terribile al tempo stesso. Rincorsa da Apollo Dafne si protende in avanti, la sua metamorfosi si compie ed è visibile nelle mani che prendono la forma di rami e di foglie, i capelli e le gambe si trasformano in tronco e i piedi in radici; Apollo la guarda incredulo, ma trattandosi di un Dio Apollineo rimane impassibile, invece lo sguardo della Ninfa è al contempo sbigottito e pieno di terrore.

Il confronto con il testo letterario e con il valore evocativo della parola scritta costringeva Bernini ad inventare una figurazione inedita per creare un effetto di spettacolarità e verosimiglianza, una prova che supera brillantemente. Il Mito ha naturalmente un risvolto moraleggiante, interpretabile anche in chiave cristiana, è per questo motivo che poteva tranquillamente essere esposto nella casa di un cardinale, l'interpretazione allegorica, non è particolarmente difficile, ma per comprenderlo meglio si possono usare le parole del distico di Maffeo Barberini scritto per essere esposto sul basamento:

"Il Piacer doppo il quale corriamo o non si giunge mai, o quando si giunga ci riesce amaro nel gustarlo"

Nell'ottica cristiana il significato è quello della difesa della virtù della donna che sfugge alle insidie del piacere fino alle estreme conseguenze e la delusione amara per l'amante che ha inseguito un piacere effimero.

La drammaticità dell'episodio Mitologico è però ingentilito dalla grazia ellenistica, quello della Galleria Borghese è infatti ispirato all'Apollo del Belvedere dei Musei Vaticani del IV secolo e anche al contemporaneo " Atalanta e Ippomene" di Guido Reni di Capodimonte di Napoli dove i personaggi sono Bloccati nel momento culminante e drammatico ma sempre con una grazia formale e una posa elegante assolutamente calibrata.

L'immagine ha una sua sequenza temporale, si percepisce il movimento, la provenienza dei protagonisti e nel caso di Dafne, il suo aspetto prima e dopo l'attimo raffigurato, ma aveva anche una sequenza che l'artista con una soluzione da regista teatrale aveva previsto per l'osservatore, che entrando nella stanza dal lato sinistro, incontrava con lo sguardo prima Apollo, notandone il movimento, poi ponendosi frontalmente veniva posto davanti allo spettacolo raccapricciante della trasformazione con tutti i suoi particolari. Infine scorrendo verso destra scorgeva le espressioni drammatiche dei due "attori", completando la sua immersione nella storia.

Il principio dell'ut pictura poiesis era rispettato pienamente.

L'arte di Bernini sapeva accontentare in pieno i gusti dei committenti che da lui si aspettavano quell'invenzione e quello scatto di genio che potesse dar corpo alle loro attese, in questo caso creare delle forme che, nate da un contesto letterario mantenevano, anzi, amplificavano il valore evocativo della parola.

La spettacolarità dell'immagine tramite i molti particolari verosimili come la carne che si trasforma in legno o le dita che prendono la forma di sottilissime foglie, è uno dei principi di base dell'estetica Barocca.

Il significato morale cristiano venne dato a questo gruppo marmoreo di tema pagano ed erotico, dallo stesso committente, che dettò il seguente distico latino "Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae/ fronde manus implet, baccas seu carpit amaras" (ogni amante che insegua i piaceri della bellezza fuggente/ afferra con le mani la fonda, o meglio gusta bacche amare)





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