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Mussolini, Benito - MUSSOLINI SOCIALISTA

storia



Mussolini, Benito

Mussolini, Benito (Dovia di Predappio, Forlì 1883 - Giulino di Mezzegra, Como 1945), uomo politico, fondatore e leader del fascismo italiano.

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MUSSOLINI SOCIALISTA

Figlio di un fabbro, si avvicinò da giovanissimo al socialismo, anche per influenza del padre. Conseguito il diploma di maestro nel 1901, l'anno successivo fuggì in Svizzera per sottrarsi al servizio militare; vi rimase fino al 1904, segnalandosi come agitatore politico e attivista anticlericale. Rientrò in Italia, dove esercitò l'insegnamento fino a quando, nel 1909, si trasferì a Trento avviandosi all'attività giornalistica (fu direttore del settimanale "L'avvenire del lavoratore"). Tornato a Forlì, vi diresse la federazione socialista provinciale e il settimanale "La lotta di classe". Nel 1911 fu tra i capi delle violente proteste popolari condotte in Romagna contro la guerra di Libia, e venne condannato a cinque mesi di carcere.



Al congresso del Partito socialista italiano di Reggio Emilia (luglio 1912 121c26b ) Mussolini si impose come uno dei leader dell'ala rivoluzionaria, e nel dicembre fu nominato direttore del quotidiano socialista "Avanti!". Alla vigilia della prima guerra mondiale si schierò apertamente dalla parte degli interventisti, scelta che provocò la sua espulsione dal partito e lo privò della direzione dell'"Avanti!". Fondò un nuovo quotidiano, "Il Popolo d'Italia", dalle cui pagine condusse una vivace battaglia a favore dell'intervento. Arruolatosi come volontario nel settembre del 1915, partecipò al conflitto sino al febbraio del 1917, quando venne ferito.

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MUSSOLINI FASCISTA

Nel marzo del 1919 fondò a Milano i Fasci di combattimento, che derivavano il nome da un antico simbolo romano, il fascio littorio. Il movimento (che era nazionalista e antiliberale, ma avanzava anche rivendicazioni tipiche dei gruppi socialisti, come la giornata lavorativa di otto ore) ottenne l'appoggio, anche finanziario, dei grandi agrari e in seguito di importanti gruppi industriali.

Nel 1921, con la costituzione del Partito nazionale fascista, Mussolini abbandonò le aperture sociali del programma del 1919 e pose l'accento sulla difesa dello stato e sull'antiparlamentarismo, trovando seguaci in particolare tra i reduci di guerra, i gruppi giovanili e i ceti medi. Presentatosi invano alle elezioni del 1919, fu eletto deputato nel 1921. Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) ebbe da Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il nuovo governo. Il passaggio al vero e proprio regime fascista avvenne dopo che Mussolini rivendicò alla Camera la responsabilità politica dell'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti (discorso del 3 gennaio 1925), cui fece seguito una serie di provvedimenti che annullarono il precedente sistema liberaldemocratico.

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MUSSOLINI DITTATORE

Sotto l'autorità del duce (titolo con cui fu sempre più spesso chiamato dopo la marcia su Roma), il ruolo e la presenza dell'unico partito autorizzato, il Partito nazionale fascista, divennero preponderanti nella società e nelle istituzioni. Strumento nelle mani di Mussolini e di una cerchia ristretta di gerarchi, il partito si impossessò di molteplici associazioni giovanili, studentesche, ricreative, culturali e di enti parastatali.

Preoccupato di rafforzare il suo potere, Mussolini stipulò con la Santa Sede i Patti lateranensi (1929), che sancirono la conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa, dopo mezzo secolo di contrasti. Salutato come "uomo della Provvidenza" anche da esponenti della Chiesa, il "duce" intraprese una politica estera volta a soddisfare le sue ambizioni espansionistiche e colonialistiche (conquista dell'Etiopia, 1935-36) e a stabilire, con la costituzione dell'Asse Roma-Berlino (1936) e con la firma del patto Anticomintern (1937), più forti legami con la Germania nazista, insieme alla quale appoggiò il generale Francisco Franco nella guerra civile spagnola (1936-1939).

Sebbene isolato dalle potenze occidentali (che in seguito alla conquista dell'Etiopia avevano sottoposto l'Italia a sanzioni economiche), Mussolini ebbe un ruolo di mediatore nella questione dei Sudeti, che contrapponeva la Germania alla Cecoslovacchia. I positivi, se pur contraddittori, esiti del patto di Monaco - che autorizzava la Germania, in un estremo tentativo di evitare lo scoppio di un conflitto europeo di vaste proporzioni, ad annettersi, dopo l'Austria, i Sudeti - non rilanciarono però il ruolo internazionale di Mussolini, né riavvicinarono l'Italia alle potenze democratiche occidentali.

Convinto che l'alleanza con la Germania avrebbe garantito all'Italia grandi opportunità di espansione economica e territoriale, Mussolini strinse relazioni sempre più strette con Adolf Hitler, che venne accolto trionfalmente nella visita compiuta in Italia nel maggio del 1938. In ossequio al dittatore nazista, nel settembre di quello stesso anno Mussolini promulgò le leggi "per la difesa della razza", con le quali i circa 70.000 ebrei italiani venivano banditi dalla pubblica amministrazione, dalla scuola, dall'esercito, dalla vita civile. Nel contempo, Mussolini accelerò il programma di militarizzazione, nella prospettiva di un conflitto che gli eventi internazionali annunciavano come imminente. Come mossa correlata alla politica espansionistica tedesca decise l'invasione dell'Albania (aprile 1939), a cui seguì nel maggio la stipula del cosiddetto patto d'acciaio (vedi Potenze dell'Asse) che legava militarmente e politicamente l'Italia alla Germania.

L'ingresso dell'Italia nel conflitto mondiale fu voluto da Mussolini allo scopo sia di controbilanciare la supremazia tedesca, esaltata dai risultati conseguiti con l'occupazione della Polonia e della Francia, sia di emulare Hitler su fronti meno impegnativi, nei quali sperava di ottenere facili vittorie che gli consentissero di trattare alla pari con la Germania in merito alla nuova sistemazione dell'Europa. Alla base di tale ipotesi agiva in lui la convinzione che la guerra si sarebbe conclusa rapidamente, non appena la Gran Bretagna, isolata e sottoposta a un duro attacco tedesco, avesse intavolato trattative di pace.

Il messaggio lanciato da Mussolini agli italiani il giorno della dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna (10 giugno 1940) era la sintesi di quei contenuti ideologici su cui il fascismo aveva costruito le sue fortune. Facendo ricorso alla trita retorica di cui il paese, impreparato militarmente alla guerra, era ormai pervaso, Mussolini giustificò l'intervento presentandolo come un'occasione di lotta dei popoli poveri e laboriosi contro gli stati detentori delle ricchezze e della finanza mondiali, rivisitando il mito della "nazione proletaria". In questo modo rilanciava le campagne di stampa impostate sotto il suo controllo alla fine degli anni Trenta, che irridevano alla borghesia dei paesi democratici rappresentata come un organismo corrotto e decadente, ed esaltavano le presunte virtù morali e le attitudini guerriere del popolo italiano temprato dal fascismo.

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LA CADUTA DI MUSSOLINI

Ma la guerra segnò sia la fine del sogno imperiale fascista, svanito dopo le numerose sconfitte militari - che costarono enormi sacrifici umani al popolo italiano - in Grecia, in Africa, nel Mediterraneo, sia quella dello stesso Mussolini. Messo in minoranza dal Gran consiglio del fascismo con il cosiddetto "ordine del giorno Grandi" il 25 luglio 1943, il duce fu destituito e fatto arrestare dal re, che nominò capo del governo il maresciallo Badoglio. Liberato dai tedeschi, Mussolini divenne un semplice strumento nelle mani di Hitler, che lo pose formalmente alla guida della Repubblica sociale italiana, il regime collaborazionista instaurato nell'Italia settentrionale controllata dai tedeschi.

Il 27 aprile del 1945, travestito da soldato tedesco, Mussolini tentò di fuggire in Svizzera con la sua amante Claretta Petacci. Riconosciuto dai partigiani a Dongo, fu catturato e giustiziato il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como; il suo cadavere venne esposto accanto a quelli di Claretta Petacci e di altri gerarchi fascisti in piazzale Loreto a Milano, nello stesso luogo dove nell'agosto del 1944 i nazifascisti avevano esposto, come monito alla Resistenza italiana, i corpi trucidati di quindici partigiani. Il 30 di aprile il comando del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia giustificava così la decisione di giustiziare Mussolini: "Il CLNAI dichiara che la fucilazione di Mussolini e complici da esso ordinata è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali.".





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