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Il Risorgimento

storia



Il Risorgimento


La parola "Risorgimento" indica il movimento politico e intellettuale dal quale, nel corso dell'800, nacque lo stato nazionale italiano. Le sue origini risalgono agli anni 1789-99 durante i quali nacque l'idea di un'Italia libera, indipendente e repubblicana.

Giuseppe Mazzini fu il patriota che dedicò tutta la sua vita alla costruzione dell'unità d'Italia ed ebbe anche il merito di radicare questo principio nella coscienza degli Italiani.

Mazzini precisò inoltre i tre obiettivi da raggiungere:

l'unità d'Italia e non una federazione di Stati indipendenti come molti liberali cominciavano a sostenere.

l'indipendenza e quindi la cacciata degli Austriaci e dei sovrani ad essi collegati.



la Repubblica e non quindi la monarchia anche se costituzionale, alla quale avevano creduto liberali e  carbonari.

La grande novità del pensiero di Mazzini fu però quella di legare la rivoluzione alle masse popolari, cioè alla classe sociale più numerosa e più povera.

Sulla base di queste idee, nel 1831 Mazzini fondò a Marsiglia la Giovine Italia, un'associazione segreta che si contrapponeva alla Carboneria, che era sorta precedentemente, ma che aveva fallito nei suoi intenti perché il popolo non aveva partecipato alle sommosse.

Mazzini era convinto che il luogo più favorevol 151b13b e all'azione rivoluzionaria fosse il Regno di Sardegna.

Qui dunque preparò nel 1833 la prima insurrezione. Essa però fu scoperta e stroncata sul nascere con durezza.

Mazzini non si scoraggiò e, sempre dal suo esilio di Marsiglia, organizzò per il 1834 una spedizione militare in Savoia e un'insurrezione a Genova, che però fallirono ugualmente.

L'insuccesso e i costi delle insurrezioni causarono la fine della Giovine Italia ed una profonda crisi delle idee mazziniane.

Fu ancora una volta Parigi a fare scoccare in tutta Europa la scintilla della rivoluzione.

L'occasione fu il rifiuto opposto dal governo francese, alla richiesta del suffragio universale (cioè il diritto di voto) per i cittadini adulti di sesso maschile.

Il 23 febbraio 1848, borghesi, operai e artigiani impugnarono le armi ed improvvisarono barricate in tutta Parigi.

Il giorno dopo, avendo ottenuto anche la solidarietà della Guardia nazionale, gli insorti costrinsero Luigi Filippo ad abdicare e proclamarono la Seconda repubblica.

Nel marzo del 1848 cominciò la Prima Guerra d'Indipendenza italiana: Carlo Alberto, alla testa dell'esercito piemontese, varcò il confine del regno di Sardegna e mosse contro gli Austriaci.

Carlo Alberto diede battaglia a Custoza, vicino a Verona, e fu sconfitto dagli austriaci.

Nell'agosto del 1848 il Piemonte chiese l'armistizio, che fu firmato da Radetzky e dal generale piemontese Salasco.

Nel frattempo, il 20 marzo 1849, Carlo Alberto, cedendo alle pressioni dei suoi ministri, aveva ripreso la guerra contro l'Austria, andando incontro ad un nuovo disastro: dopo soli tre giorni, infatti, l'esercito piemontese veniva annientato da Radetzky a Novara.

Volendo dare prova di dignità e salvare l'onore della dinastia Savoia, il re abdicò in favore del figlio, Vittorio Emanuele II che il 29 marzo 1849 firmò l'armistizio di Vignale, ponendo fine alla Prima Guerra d'Indipendenza.

Il dopo '48 fu un periodo triste e grave di conseguenze per tutta l'Europa, ma in particolare per l'Italia, dove la sconfitta del Piemonte causò il rafforzamento del dominio austriaco.

Tutti gli stati italiani ristabilirono le precedenti dittature e inasprirono il loro potere; l'unica eccezione era rappresentata dal Regno di Sardegna.

Il nuovo re, Vittorio Emanuele II, mantenne infatti lo Statuto concesso dal padre Carlo Alberto e ciò permise al Piemonte di attuare una moderata politica riformista, che in qualche anno diede alla regione una prosperità che non aveva mai conosciuto prima.

Il merito principale di questa trasformazione va attribuito a Camillo Benso, conte di Cavour, moderato in politica ed eletto ministro per l'Agricoltura ed il Commercio.

Cavour aveva in mente un grande obiettivo: l'indipendenza e l'unità d'Italia sotto la guida del Piemonte e del Re.

Per raggiungerlo egli svolse una politica antiaustriaca .

Convinto che il Piemonte da solo non fosse in grado di battere l'Austria, Cavour decise di guadagnarsi l'alleanza di Luigi Napoleone, che nel 1852 si era autoproclamato Imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone III.

Convintasi che il Piemonte stava preparando un attacco, l'Austria, certa della propria superiorità militare, e all'oscuro del patto tra Cavour e Napoleone, cadde nella trappola e nell'aprile 1859 passò il confine ed aggredì il Piemonte.

L'esercito francese si mise in marcia, mentre i Piemontesi, in attesa degli alleati, allagavano le risaie dei territori di Vercelli e Novara per rallentare la marcia degli Austriaci.

La Seconda Guerra d'Indipendenza era cominciata.

L'esercito austriaco fu battuto a Solferino dai Francesi e a San Martino dai Piemontesi.

Così, tenendo all'oscuro Cavour e avvertendo soltanto Vittorio Emanuele II, Napoleone III e Francesco Giuseppe firmarono improvvisamente l'armistizio di Villafranca nel luglio del 1859.

Intanto i democratici, rinunciando ormai ad ogni collaborazione con i Savoia, avevano deciso di organizzare in Sicilia un'insurrezione e di estenderla fino allo Stato Pontificio.

Ai primi di maggio, Garibaldi salpò da Quarto con un migliaio di volontari, quasi tutti veterani delle guerre d'indipendenza, i leggendari Mille.

Il 26 ottobre 1860, a Teano, nei pressi di Caserta, Garibaldi incontrò Vittorio Emanuele II e rimise nelle mani del re il potere sui territori del Sud liberati e, in attesa di tornare a combattere per Roma e Venezia, si ritirò nell'isola di Caprera.

Cinque mesi dopo, il 17 marzo 1861, Vittorio Emanuele II fu proclamato Re d'Italia dal primo Parlamento nazionale.

Per completare l'unità nazionale rimanevano ancora in sospeso le annessioni del Veneto e di Roma.

Nel 1866 la Prussia, dopo essersi assicurata la neutralità della Francia e della Russia, propose all'Italia un patto vantaggioso: l'esercito prussiano avrebbe attaccato l'Austria da nord per strapparle la confederazione germanica; l'Italia l'avrebbe attaccata da sud, al di qua delle Alpi ed in cambio avrebbe ottenuto il Veneto.

L'Austria, infatti, fu costretta a chiedere l'armistizio e cedette il Veneto all'Italia.

A questo episodio italiano della guerra austro-prussiana fu poi dato il nome di Terza Guerra d'Indipendenza.

La sconfitta della Francia a Sedan da parte dei Prussiani e la cattura di Napoleone III, permisero di risolvere il problema dell'annessione di Roma all'Italia.

Venti giorni dopo Sedan, sicuri ormai che nessun esercito francese fosse più in grado di proteggere la città, un reparto di bersaglieri sfondò Porta Pia, vi aprì una breccia e, dopo un breve combattimento contro le truppe pontificie, entrò nella città del Papa.

Poco dopo, con un plebiscito, la popolazione romana votò l'annessione al Regno d'Italia.

Con la breccia di Porta Pia ebbe fine il Risorgimento.








Risorgimento

Concetto storiografico che indica la genesi e lo sviluppo del processo di unificazione realizzato con la nascita dello stato nazionale in Italia. Il termine cominciò ad affermarsi alla fine del XIX secolo, quando gli storici si interrogarono sulle radici dello stato unitario e sulle modalità della sua costruzione.

Si affacciarono allora alcune tendenze interpretative che si sarebbero confrontate nei decenni successivi. Una corrente legata ai principi del nazionalismo insisteva sulla matrice autoctona del Risorgimento italiano, considerato un autonomo sviluppo di idee e di precondizioni che risalivano al XVIII secolo. Una versione filosabauda scorgeva infatti nell'espansione territoriale del Regno di Sardegna, avviata nella prima metà del XVIII secolo, le origini del Risorgimento, che veniva così accreditato a un fattore dinastico e tutt'al più statalistico.

Al contrario, la tradizione democratica e repubblicana metteva l'accento sull'importanza della Rivoluzione francese e dell'età napoleonica, scorgendo in esse il laboratorio politico di quelle idee di libertà, di indipendenza, di organizzazione liberale del potere che avrebbero animato gli uomini e i movimenti più impegnati a favore dell'Italia unita.

Nel secondo dopoguerra la lettura marxista del Risorgimento si orientò a cogliere i limiti sociali della costruzione unitaria, identificandoli nella mancata rivoluzione agraria, nella passività delle masse contadine e nella scarsa diffusione dell'ideale unitario, limitato a ristretti nuclei di notabilato locale.

In tempi recenti è tornata sotto nuova veste la questione inerente il rapporto tra l'idea di nazione e lo stato, come nodo fondamentale per comprendere potenzialità e carenze della storia d'Italia. Nella critica storiografica è riaffiorata la contraddizione tra un'idea culturale dell'Italia, che ha origini antiche, e il ritardo con cui si forma lo stato italiano, che per di più vede la luce grazie a iniziative elitarie e legate al quadro internazionale, nascendo così privo di un forte radicamento nella coscienza degli italiani.

La storia







È possibile ripercorrere le vicende del Risorgimento, muovendo dai moti napoletani e piemontesi del 1820-21 (Vedi Moti del 1820-21) e da quelli scoppiati a Modena e nelle Legazioni pontificie nel 1831 (Vedi Moti del 1830): furono esperienze politiche di raccordo tra il passato napoleonico e massonico, a cui i rivoluzionari di quel decennio attinsero progetti d'azione e forme organizzative, e il futuro, al quale consegnavano l'esigenza di istituzioni liberali, svincolate dall'assolutismo e fondate sulle costituzioni.

Negli anni Trenta Giuseppe Mazzini fu il più tenace e convinto assertore della necessità dell'unificazione politica, da lui concepita come atto volontario, di uomini che sceglievano liberamente un destino comune nell'orizzonte della democrazia e della repubblica. Chi aderiva alla mazziniana Giovine Italia, un'organizzazione sorta nel 1831, sapeva di dover lottare per l'indipendenza nazionale: e fu questo il primo passo verso l'unità. Tale obiettivo non era condiviso dalla corrente moderata e monarchica, che si batteva per l'indipendenza dell'Italia, ma non per la sua unione politica, considerata un progetto irrealizzabile. Eppure tutti i rappresentanti del moderatismo ebbero una parte di rilievo nel formare la classe politica risorgimentale, che dopo il 1861 avrebbe governato l'Italia almeno fino alla fine del secolo.

Le rivoluzioni del 1848-49 introdussero un fattore nuovo, che venne sperimentato nel vivo delle insurrezioni antiaustriache e nel fuoco della prima guerra d'Indipendenza (1848-49), consistente in un legame, esile e carico di equivoci, ma pur sempre operante, tra l'iniziativa dinastica dell'esercito sardo e l'azione volontaria dei patrioti, la maggior parte di formazione mazziniana. La Repubblica romana (1849) che Mazzini e Garibaldi difesero come una libera istituzione italiana, rimase il punto politicamente più alto raggiunto dai democratici nel corso di tutto il Risorgimento.

Dopo la sua sconfitta fu il regno sabaudo a proporsi come centro di aggregazione delle istanze nazionali, qui vissute come aspetti di diplomazia internazionale. La strategia di Cavour trovava la sua forza nel fatto che era l'unica in Italia ad associare le aspirazioni nazionali all'indipendenza della penisola con le tradizioni espansionistiche di uno stato. Il regno sardo aveva queste peculiarità e per di più poteva mettere in campo strutture e tradizioni diplomatiche e militari adeguate al compito.

Il passaggio decisivo nel processo di unificazione avvenne con gli accordi tra il Regno di Sardegna e la Francia di Napoleone III, frutto di una convergenza tra obiettivi ben distanti tra loro: il primo puntava a un ampliamento dei confini settentrionali e alla contemporanea estinzione dell'egemonia austriaca in Italia; il secondo coltivava il proposito di esercitare un rilevante peso internazionale e di accrescere il consenso all'interno portando nuove terre alla nazione francese (Savoia e Nizza). La guerra svelò le ambiguità dell'accordo: dopo i successi delle prime settimane, i francesi si ritirarono, lasciando l'alleato in una posizione delicata, in quanto alcune regioni della penisola avevano visto le popolazioni insorgere per chiedere l'annessione al Piemonte.

Tutto il quadro degli accordi tra Cavour e Napoleone III si stava alterando di fronte a un'imprevista accelerazione degli eventi, che assunsero una piega ancora più netta nell'estate del 1860. Fu quello il momento militare dei democratici, la cui azione si esaltò nell'impresa di Garibaldi conclusa con la liberazione del Sud dal dominio borbonico: sul piano politico l'impresa dei Mille cadde sotto il controllo di Cavour e del re di Sardegna, il quale invase lo Stato Pontificio per congiungersi con Garibaldi e vanificare il progetto di un attacco a Roma, temuto perché avrebbe scatenato la reazione internazionale.

Il 17 marzo 1861, con la proclamazione di Vittorio Emanuele II a re d'Italia, si compiva la prima fase del Risorgimento: le successive tappe (terza guerra d'Indipendenza, 1866, e presa di Roma, 1870) aggiungeranno il Veneto e Roma; per le altre aree di cultura italiana, anche se non completamente, ossia il Trentino, l'Alto-Adige, il Friuli, sarà la prima guerra mondiale a concludere il processo di unificazione.






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