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CORRENTE ELETTRICA : CONDUZIONE ELETTRICA

fisica



CORRENTE ELETTRICA


CONDUZIONE ELETTRICA


I materiali conduttori solidi sono costituiti da un reticolo spaziale ai cui vertici si trovano gli ioni positivi, e al cui interno si muovono gli elettroni liberi. In un metallo questi sono gli unici portatori mobili di carica.


Il moto degli elettroni liberi in un conduttore in equilibrio elettrostatico, è completamente disordinato. In qualsiasi volume V, piccolo su scala macroscopica, ma contenente un numero N di elettroni abbastanza elevato, la velocità media è nulla;


Vm = 1 i Vi = 0

N


dove Vi sono le velocità dei singoli elettroni. Per cui non esiste una direzione di moto preferenziale per gli elettroni.

Mettendo a contatto due conduttori, C1 e C2 isolati, a potenziali V1 e V2 diversi, si raggiunge una condizione di equilibrio in cui entrambi i conduttori si portano alla stesso potenziale V. Nel processo un certo numero di elettroni passa dal conduttore a potenziale minore a quello maggiore, sotto l'azione del campo elettrico E, dovuto alla differenza di potenziale ∆V.



Questo moto ordinato di elettroni in una certa direzione costituisce una corrente elettrica, e il fenomeno è un esempio di conduzione elettrica.

In questo caso specifico, la corrente elettrica dura un tempo molto breve.

Affinché il fenomeno duri più a lungo, è necessario avere un dispositivo capace di mantenere una d.d.p. e quindi un campo elettrico tra due conduttori a contatto, ovvero tra due punti di uno stesso conduttore.

In questo modo si istaura una corrente elettrica stabile, in un regime di equilibrio dinamico e non più di equilibrio elettrostatico.

Un qualsiasi dispositivo con le caratteristiche appena descritte è definito generatore di forza elettromotrice (f.e.m.).

Il lavoro necessario per mantenere un moto ordinato di cariche in un circuito chiuso, è ottenuto dalla trasformazione di energia meccanica in energia elettrica.


Il simbolo usato per i generatori è: 






Sono molto importanti nella tecnologia elettronica i semiconduttori, i quali sono materiali solidi isolanti, nei quali con un trattamento opportuno è possibile avere portatori di carica dei due segni, e mantenere quindi una corrente elettrica se viene applicata una d.d.p.

In tutti i casi di conduzione elettrica, il moto delle caric 545h75f he è ostacolato dal mezzo in cui avviene il moto, a l'analisi di questo fatto porta al concetto di resistenza del conduttore. E' allora sempre necessaria la spesa di un lavoro per vincere le forze che si oppongono al passaggio di corrente, lavoro che come abbiamo già notato è ottenuto a spese dell'energia interna del generatore di f.e.m.


L'unica eccezione si ha in alcuni metalli puri e leghe metalliche a temperature vicine allo zero assoluto, e si parla di superconduttività: una corrente elettrica può essere mantenuta in essi per tempi molto lunghi, senza spesa di potenza.


CORRENTE ELETTRICA


Supponiamo che in una certa regione di spazio di un conduttore, ci siano n portatori di carica e per unità i volume, e che in essa agisca un campo elettrico E, prodotto da un generatore di f.e.m.; i portatori si muovono sotto l'azione della forza elettrica F=eE, dando origine alla corrente elettrica.

La loro velocità lungo la direzione del campo elettrico E, è Vd, che è detta anche velocità di deriva.

Consideriamo una superficie ∑ tracciata all'interno del conduttore; detta ∆q la carica che passa attraverso ∑ nel tempo ∆t, si definisce intensità di corrente la grandezza


i=lim ∆q = dq

∆t 0 ∆t dt


Tale definizione è generale, e vale per fenomeni variabili nel tempo.


Per relazionare la corrente elettrica al moto delle cariche, ci riferiamo ad una superficie infinitesima d∑ la cui normale n forma un angolo θ con il campo elettrico E e quindi con la velocità Vd delle cariche positive.










Nel tempo ∆t le cariche percorrono la distanza Vd∆t per cui la carica complessiva che passa attraverso d nel tempo ∆t è quella contenuta nel volume infinitesimo dV definito da d e Vd∆t.


Quindi:

dV = Vd ∆t d∑ cos θ


e ∆q = n e dV = n e Vd d∑ cos θ ∆t


da cui, in base alla definizione di intensità di corrente i:


di = ni e Vd d∑ cos θ


Definiamo j = n e Vd come vettore densità di corrente j

e la relazione diventa: di = j n d∑


Integrando ambo i membri si ottiene l'intensità di corrente attraverso la superficie ∑:

UNITA' DI MISURA


A= C/S (AMPERE)

 


i = j n d∑



che risulta uguale al flusso del vettore densità di corrente attraverso la superficie ∑.

In particolare se ∑ è ortogonale a j, cioè a Vd, e j ha lo stesso valore in tutti i punti di ∑, abbiamo che:

i = j∑ e j = i


La densità di corrente è la corrente che attraversa l'unità di superficie perpendicolare alla direzione del moto delle cariche.


Il fatto che la densità di corrente sia sempre concorde ad E, discende dalla definizione di j come prodotto della carica per unità di volume per la velocità di deriva e riflette la circostanza sperimentale che su scala macroscopica non è possibile correlare il verso della corrente al segno dei portatori di carica.


Si assume convenzionalmente come verso della corrente quello del moto delle cariche positive, ovvero quello che và dai punti a potenziale maggiore ai punti di potenziale minore.


CORRENTE ELETTRICA STAZIONARIA


Consideriamo un conduttore percorso da una corrente di densità j. Se ∑1 ed ∑2 sono due sezioni del conduttore, le rispettive intensità di corrente sono:


i1= j1 u1 d∑1   e i2= j2 u2 d∑2  

∑1 ∑2


e rappresentano rispettivamente la carica che entra e quella che esce nell'unità di tempo nel volume delimitato da ∑1, ∑2 ed ∑l (elle, superficie laterale) attraverso il quale non c'è flusso di carica.


Se si ipotizza che nel tronco del cono di basi ∑1, ∑2 non vari nel tempo la carica, allora:


i1=i2 CONDIZIONE DI STAZIONARITA'


In condizioni stazionarie l'intensità di corrente è costante attraverso ogni sezione del conduttore.




ATTENZIONE: La condizione di stazionarietà non implica necessariamente che la corrente sia costante nel tempo: essa può variare purchè la carica che per unità di tempo entra in una data superficie chiusa ∑ sia uguale a quella che ne esce, sempre nell'unità di tempo.


LEGGE DI OHM DELLA CONDUZIONE ELETTRICA


In un conduttore sottoposto ad una differenza di potenziale si stabilisce , in regime stazionario, una densità di corrente j legata al campo elettrico E dalla relazione:

Legge di OHM della conduttività elettrica.

 


j=σE

dove σ è una grandezza caratteristica del conduttore, detta conduttività elettrica.

Questa legge definisce all'interno di conduttore percorso da corrente, il campo vettoriale j le cui linee sono parallele e concordi alle linee del campo vettoriale E che dà origine alla corrente.

Spesso la legge di Ohm è scritto nella forma E=pj, dove p=1/σ è chiamata resistività del conduttore.


Minore è la resistività, e maggiore è la densità di corrente che può circolare in un conduttore a parità di campo elettrico E.

Applichiamo la legge di Ohm ad un conduttore metallico cilindrico di lunghezza h e sezione ∑.










Ai capi del conduttore è applicata, tramite un generatore di f.e.m. una d.d.p. V = VA-VB.

Il regime è stazionario, l'intensità di corrente ha lo stesso valore attraverso qualsiasi sezione del conduttore, e vale:

i=j E segue che E= P i

P


Supponiamo però che tra campo elettrico e d.d.p. sussiste la relazione:

A

V= VA-VB =  E ds = Eh

B


e quindi V= Ph i



Chiamiamo la grandezza R= p h RESISTENZA DEL CONDUTTORE



Per cui V= ph i segue che V=Ri LEGGE DI OHM PER I CONDUTTORI METALLICI



Se la sezione del conduttore è variabile, per un tratto lungo dh e di sezione abbiamo:


-dV= E ds = p dh i


A

e integrando lungo il conduttore si ha V= VA-VB = E ds = Ri

B

A

dove R =  p dh (Resistenza del conduttore)

B ∑


In regime stazionario il rapporto tra la d.d.p. applicata ai capi di un conduttore metallico e l'intensità di corrente che a seguito di corrente che a seguito di ciò l'attraversa è pari ad una grandezza detta resistenza del conduttore, che dipende solo dalla natura del conduttore (resistività p) e dalle sue dimensioni.


V=Ri segue che R= V UNITA' DI MISURA: Ω = V (Ohm = Volt/Ampere)

i A




EFFETTI TERMICI


La resisitività nella maggior parte dei conduttori metallici puri è una funzione crescente della temperatura.

In un intervallo limitato (qualche decina di gradi) intorno alla temperatura di 20° C la relazione è praticamente lineare:


p=Pro (1+α∆t)


dove ∆t=t-20 e Pro è la resistività misurata a 20°C

α = coefficiente termico definito come:

α= 1 ∆p

Pro ∆t

dove ∆p è la variazione di resistività nell'intervallo ∆t.



Nei conduttori l'andamento della resistività con la temperatura si scosta decisamente dalla linearità a basse temperature e la resistività ad un valore finito po al tendere della temperatura allo zero assoluto.

Esiste una classe di conduttori la cui resistività si annulla al di sotto di una certa temperatura della temperatura critica Tc.

Tali conduttori sono detti superconduttori. La loro proprietà è che in essi si può mantenere una corrente, anche elevata, senza l'applicazione di una d.d.p.


POTENZA. EFFETTO JOULE




Consideriamo una carica dq che si muove attraverso la d.d.p. V=VA-VB; per questo spostamento, viene compiuto il lavoro:

dW= Vdq=Vidt


e spesa la potenza: P= dW = Vi

dt

Se vale la legge di Ohm:

P=Ri2= V2

R


Il passaggio di corrente attraverso un conduttore metallico per un tempo t comporta il lavoro:

t t

W= ∫Pdt = ∫Ri2 dt

0

che, se la corrente è costante nel tempo, si riduce a:

W= Ri2t


Questo lavoro è necessario per vincere la resistenza opposta dal reticolo cristallino al moto ordinato degli elettroni e, da un punto di vista termodinamico, esso viene assorbito dal conduttore, la cui energia interna aumenta. Di conseguenza aumenta la temperatura del conduttore: se esso è isolato termicamente dall'ambiente, il processo porta alla fusione del metallo; se invece avviene il contatto con l'ambiente, la sua temperatura cresce fino a che si raggiunge uno stato di equilibrio in cui l'energia interna non varia più e il lavoro elettrico viene ceduto all'ambiente sotto forma di calore (purchè temperatura equilibrio < temperatura di fusione del conduttore).

L'effetto di riscaldamento di un conduttore percorso da corrente si chiama effetto Joule.

RESISTORI IN SERIE E IN PARALLELO


Conduttori Ohmici caratterizzati da un determinato valore della resistenza, sono molto usati nei circuiti elettrici.

Vengono chiamati resistori e oltre al valore della resistenza, viene sempre precisato il valore massimo della potenza che può essere in essa dissipata senza causare alterazioni irreversibili.


Il simbolo che rappresenta il resistore è:


Più resistori possono essere collegati tra loro, da fili o piattaforme metalliche la cui resistenza è di norma completamente trascurabile.


Resistori in serie


I resistori in serie hanno un estremo in comune. In regime stazionario l'intensità di corrente che li attraversa è la stessa.



Applichiamo a ciascun resistore la legge di Ohm e sommiamo:


VA-VB = R1 i

VB-VC = R2 i

VA-VC = (R1+R2)i = Req i



Req =R1+R2




Quindi la resistenza equivalente di un sistema di resistori collegati in serie è uguale alla somma delle singole resistenze.

Req è sempre maggiore del valore di ogni singola resistenza.


Resistori in parallelo


I resistori in parallelo sono collegati tra loro in entrambi gli estremi.

In questo caso la d.d.p. V= VA-VB è comune.


E in base alla legge di Ohm essi sono attraversati da due correnti diverse, per cui diversi sono i valori delle resistenze.


Per la condizione di stazionarietà i=i1+i2


Allora i1=∆V  e i2= ∆V

R1 R2


Sommando membro a membro abbiamo i = ∆V( 1 + 1)

R1 R2

Da cui 1 = 1 + 1 Il reciproco della resistenza equivalente è uguale alla somma dei reciproci

Req R1 R2 delle singole resistenze. Per cui la Req è minore delle singole resistenze.


FORZA ELETTROMOTRICE, LEGGE DI OHM GENERALIZZATA


Per un conduttore di resistenza R vale la legge di Ohm:

A

V= VA-VB =  E ds = Ri

B

che mette in relazione l'intensità di corrente i nel conduttore con il campo elettrico E prodotto da un generatore esterno ai cui poli è collegato il conduttore. Tale relazione applicata ad un circuito chiuso diventa: A

E ds = RTi



B

dove RT è la resistenza totale del circuito.

E ds coincide con la definizione di f.e.m. per cui tutta la relazione afferma che per ottenere nel circuito una corrente di intensità i è necessaria la presenza nel circuito di una sorgente di f.e.m. ovvero di un campo E la cui circuitazione non sia nulla.

Ne segue che non può essere un campo elettrostatico E a fare circolare le cariche nel circuito in quanto esso è conservativo e la corrispondente f.e.m. è sempre nulla.


Quindi la sorgente di f.e.m. non deve avere al suo interno forze di natura elettrostatica, devono essere non conservative per determinare il moto continuo delle cariche.

Definiamo campo elettromotore il campo Ee di natura non elettrostatica all'interno del generatore. Esso è capace di far muovere le cariche.

L'integrale di Ee lungo il circuito è:

A B

E Ee dl = ∫E dl

B A

pari alla tensione dello stesso tra B e A calcolata lungo una linea interna al generatore.

Il dispositivo può sfuttare azioni meccaniche, reazioni chimiche, il fenomeno dell'induzione elettromagnetica ed altri.

Tuttavia il generatore è comunque caratterizzata anche dalla sua resistenza interna r, per la quale vale la legge di Ohm quando è percorsa dalla corrente i.










Studiamo l'andamento di V dal morsetto negativo di B, ove convenzionalmente VB=0.

VB + E ri - Ri = VB


quindi   E = (r+R)i = RTi    segue che i = E

r+R

La corrente i che circola è data dal rapporto tra la f.e.m. E fornita dal generatore e la resistenza totale RT = R+r

La d.d.p. ai capi della resistenza è VA-VB = Ri = E - ri

Questa ultima relazione, definizione operativa della f.e.m. di un generatore;

la f.e.m. è uguale alla d.d.p. misurata ai capi del generatore a circuito aperto (cioè quando i=0).


Per quanto riguarda invece l'andamento dell'energia potenziale:

Passando da B ad A all'interno del generatore la carica acquisita ad opera del campo elettromotore l'energia potenziale qE che perde parzialmente dentro il generatore stesso (per effetto della resistenza interna) e poi nel resistore (per effetto della resistenza esterna) cosicché in B la sua energia è nulla.

Si può affermare allora che la f.e.m. è numericamente pari al lavoro fornito dal generatore alla carica unitaria che lo attraversa.


CORRENTE DI SPOSTAMENTO


Attraverso lo spazio compreso tra le armature di un condensatore non c'è trasporto di carica. Nel processo di carica e scarica di un condensatore, nel circuito circola un'intensità di corrente i(t), variabile nel tempo, ma costante in ciascuna sezione del circuito.


Spiegazione intuitiva: per una variazione di carica dq su una armatura, c'è una variazione -dq sull'altra.

Ciò equivale a dire che quando una carica dq arriva su un'armatura una carica dq lascia l'altra armatura (come se dq fosse passata attraverso il condensatore). Il ragionamento è valido solo in regime variabile.

A parte il fenomeno transitorio, che dura poche costanti di tempo, nei circuiti RC come quelli esaminati non può sussistere un regime di corrente continua.

Calcoliamo i (ricordiamo che per un condensatore piano C=εoed E= V)

h h

is= dq = d(CV) = o d ∑V = o d E∑ o d φE

dt dt dt h dt dt


Quindi la corrente variabile nel tempo è messa in relazione con la derivate rispetto al tempo del flusso del campo elettrico attraverso la sezione del condensatore.

Questa corrente è nota come corrente di spostamento e fu introdotta da Maxwell per spiegare alcune incongruenze delle equazioni del campo magnetico.

N.B. "Corrente di spostamento" non vuol dire che ci sia spostamento di materia.


js = is = εo dE Densità di corrente di spostamento diretta perpendicolarmente al campo E.

∑ dt


LEGGI DI KIRKHHOFF PER LE RETI ELETTRICHE


Esistono circuiti con geometrie più complicate che non possono essere ridotti ad un unico resistore equivalente soltanto con operazioni di serie e parallelo.

Essi sono esempi di rete elettrica.

Gli elementi geometrici distintivi di una rete sono i nodi e i rami.

Un nodo è un punto nel quale convengono almeno 3 conduttori; i nodi sono collegati da rami, in cui possono esserci componenti attivi (generatori) e passivi (resisori).

All'interno di una rete è possibile individuare determinanti comuni chiusi, detti maglie, costituiti da più rami; un dato ramo può contenere più maglie.

L'analisi delle reti elettriche si basa essenzialmente sull'uso delle leggi (o principi) di Kirchhoff, relativi ai nodi e alle maglie: esse sintetizzano ciò che è stato detto sui circuiti elettrici resistivi percorsi da corrente elettrica stazionaria.

I legge di Kirchhoff (legge dei nodi)


La somma algebrica delle correnti che confluiscono in un nodo è nulla:

kik=0

Si tratta di una generalizzazione della condizione di stazionarietà (i1=i2), conseguenza del principio di conservazione della carica.


II legge di Kirchhoff (legge delle maglie)


La somma algebrica delle f.e.m. presenti nei rami della maglia è uguale alla somma algebrica dei prodotti Rkik, cioè delle d.d.p. ai capi dei resistori Rk situati nei rami della maglia:


kE k = Rkik


I segni dei vari termini devono soddisfare delle regole:


a) Se nel ramo K-esimo la corrente ik è concorde al verso scelto nella maglia, Rkik ha segno +;

b) In caso contrario ha segno -;

c) Se la sorgente di f.e.m. k viene attraversata dal senso di percorrenza fissato nel verso che và dal polo- al polo +, essa và presa col segno +;

d) In caso contrario k ha segno -






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