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Vitamina

chimica



Vitamina



Denominazione di sostanze organiche contenute negli alimenti in quantità molto piccole, indispensabili per l'accrescimento e il normale mantenimento degli organismi, la cui mancanza o insufficiente presenza nella dieta determina specifiche manifestazioni 646h72g morbose, dette avitaminosi.

La  prova sperimentale dell'esistenza di fattori dietetici accessori risale al 1881, quando si dimostrò che topi alimentati con proteine, grassi, carboidrati e sali inorganici subivano un arresto dell'accrescimento e che si aveva un ripristino della normalità se alla dieta veniva aggiunto un po' di latte. Nel 1897 C. Eijkman riuscì per la prima volta a riprodurre sperimentalmente nei pulcini una malattia, nota come beri-beri, alimentandoli esclusivamente con riso brillato; la malattia regrediva se trattata con estratti di pula di riso. Ciò portò all'identificazione (Eijkman, 1906) di un fattore dietetico presente nella pula di riso e, successivamente, al suo isolamento (Funk, 1911). Poiché la sostanza, a reazione basica, conteneva un gruppo amminico, Funk la chiamò «amina della vita», da cui il nome «vitamina». Rifacendosi agli esperimenti eseguiti sui topi, F. G. Hopkins nel 1909 estrasse con alcool dal latte una frazione attiva, nella quale due gruppi di ricercatori americani che si interessavano di problemi della nutrizione identificarono due fattori: un fattore A solubile nei grassi e un fattore B solubile in acqua. Nel 1913 gli stessi ricercatori americani riconobbero la relazione tra fattore A e una malattia degli occhi, la xeroftalmia. Man mano che questi fattori dietetici venivano riconosciuti, li si designava con lettere dell'alfabeto, utilizzando il termine generale di vitamina proposto da Funk. Così il fattore liposolubile fu chiamato vitamina A e quello idrosolubile vitamina B. Dopo il 1920 altre manifestazioni morbose furono poste in relazione con carenze dietetiche, come ad es. lo scorbuto, che poteva esser curato somministrando succhi di frutta; il fattore contenuto nella frutta fu chiamato vitamina C. Nel fattore liposolubile A vennero individuate in seguito due vitamine: una, cui fu conservato il nome di vitamina A, che cura la xeroftalmia, e una che combatte il rachitismo, cui venne dato il nome di vitamina D. Nel 1926 si dimostrò che anche il fattore idrosolubile B conteneva in realtà più fattori, che furono distinti in B1, B2, ecc.; l'espressione tuttora in uso di «complesso B» è giustificata dal fatto che queste vitamine sono sinergiche. Di molte vitamine si conobbero per lungo tempo solo le proprietà biologiche; la loro identificazione e l'isolamento avvennero molti anni dopo. Così, per es., mentre già nel 1926 gli estratti epatici venivano usati con successo nel trattamento dell'anemia perniciosa, solo nel 1948 si riuscì a isolare dal fegato la vitamina B12. Ciò comportava anche l'uso di una terminologia che si rivelò inadeguata quando di molte vitamine venne chiarita la struttura e fu possibile designare queste sostanze con nomi più descrittivi: tiamina per la B1, riboflavina per la B2, cianocobalammina per la B12, ecc. Pur tuttavia l'indicazione con le lettere dell'alfabeto è rimasta la più usata. È abbastanza curioso il fatto che la prima vitamina isolata dagli estratti di pula di riso fu l'acido nicotinico, ma Funk non la riconobbe come vitamina in quanto non curava il beri-beri; solo nel 1937, quando si trovò che guariva la blacktongue dei cani e la pellagra umana, venne riconosciuta la sua natura e la si chiamò vitamina PP. Molte vitamine sono indispensabili non solo per l'uomo o per gli animali, ma anche per i batteri. Infatti, circa la metà delle vitamine finora note furono identificate dapprima come fattori di crescita dei batteri. Anche la loro indispensabilità non è assoluta: mentre molti organismi devono necessariamente introdurre le vitamine con la dieta, altri sono in grado di compierne la biosintesi; per es. la vitamina C è tale solo per l'uomo, le scimmie e la cavia. Il meccanismo d'azione delle vitamine fu per lungo tempo mal interpretato. Si riteneva infatti che esse non entrassero a far parte delle unità strutturali dell'organismo ma in epoca più recente si è accertato che molte vitamine entrano nella costituzione di coenzimi indispensabili al normale svolgimento delle attività metaboliche. Il loro fabbisogno si misura nell'ordine di milligrammi o di microgrammi e in una percentuale sul totale degli alimenti introdotti nelle ventiquattr'ore che va dallo 0,005 allo 0,00002. (Gli amminoacidi essenziali devono invece essere presenti nella dieta in quantità circa mille volte maggiori.) Attualmente l'utilizzazione pratica delle vitamine, la cui diffusione è stata determinata dall'incremento delle conoscenze strutturistiche e dalla conseguente facilità di sintesi industriale, non é limitata all'ambito terapeutico, ma si estende a quello alimentare (soprattutto additivi per mangimi e conservanti antiossigeno).










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