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Plastica - I polimeri si dividono in

chimica



Plastica

La plastica è una sostanza organica, come il legno, la carta e la lana. Nasce da risorse naturali: prevalentemente carbone, sale comune, gas e soprattutto petrolio, di cui la produzione mondiale di materie plastiche assorbe circa il 4% annuo. Le materie plastiche sono dunque sostanze costituite da polimeri ad alto peso molecolare, forgiabili nelle forme volute mediante riscaldamento e compressione.

Originariamente molte materie plastiche venivano prodotte con resine di origine vegetale, ad esempio la cellulosa (dal cotone), il furfurale (dalle glumette d'avena), gli oli (dai semi di alcune piante), i derivati dell'amido e il carbone; tra i materiali non vegetali usati è invece da citare la caseina (dal latte). Sebbene la produzione di nylon fosse basata in origine su carbone, acqua e aria, e il nylon 11 sia ancora basato sull'olio estratto dai semi di ricino, la maggior parte delle materie plastiche è attualmente derivata dai prodotti petrolchimici, facilmente utilizzabile e poco costosa. Tuttavia, poiché la riserva mondiale di petrolio è limitata, si stanno sperimentando nuove tecniche basate sull'uso di altre materie prime, come la gassificazione del carbone.

Gli additivi chimici vengono spesso usati nelle materie plastiche per conferire a queste alcune particolari caratteristiche: ad esempio, gli antiossidanti proteggono il polimero dalla degradazione chimica causata dall'ossigeno o dall'ozono; allo stesso modo gli stabilizzatori ultravioletti lo proteggono dall'azione degli agenti atmosferici. I plastificanti rendono il polimero più flessibile; i lubrificanti riducono i problemi dovuti all'attrito e i pigmenti conferiscono il colore. Gli antifiamma e gli antistatici sono tra gli altri additivi più usati.



Molte delle&n 333c26d bsp;materie plastiche sono impiegate nella produzione dei cosiddetti materiali compositi nei quali il materiale rinforzante, di solito fibre di vetro o di carbonio, viene aggiunto a una base di materia plastica. I materiali compositi possiedono resistenza e stabilità paragonabili a quelle dei metalli, ma hanno generalmente un peso inferiore.

I polimeri si dividono in:

I polimeri di sintesi o resine sintetiche costituiscono il gruppo più importante, e sono ottenuti attraverso processi di sintesi, partendo da composti organici molto semplici ricavati dal petrolio o dal carbon fossile. I polimeri di sintesi si formano per unione di molecole semplici di uno o più tipi, dette monomeri, che sottoposte a particolari reazioni chimiche, e in determinate condizioni di temperatura, irraggiamento etc., si legano tra loro formando catene stabili che danno luogo a grandi molecole, dette appunto polimeri.

Polimerizzazione  per condensazione

Il polimero finale si ottiene in un'unica fase della mutua reazione di almeno due tipi di monomeri appartenenti a famiglie chimiche diverse.

Polimerizzazione per addizione

Il polimero finale si ottiene attraverso una graduale aggregazione, realizzata in più fasi, di monomeri di natura diversa.

I polimeri naturali sono composti in modo naturale. Tra i più importanti troviamo la cellulosa, la cera e il caucciù.

Tra i polimeri naturali il più comune è la cellulosa, la cui struttura è costituita da uno zucchero semplice, il glucosio. Di questa sostanza vengono scelte le fibre più lunghe e regolari che, immerse in soda caustica, si trasformano in alcali-cellulosa. Quest'ultima, opportunamente trattata, diventa viscosa, come un liquido vischioso con il quale si producono fili o fogli sottili. La cellulosa, reagendo con altre sostanze chimiche, permette di ottenere diversi prodotti come la nitrocellulosa e l'acetato di cellulosa.








La storia delle materie plastiche

Lo sviluppo delle materie plastiche iniziò intorno al 1860, quando la fabbrica statunitense Phelan e Collander, produttrice di biliardi e palle da biliardo, offrì un premio di 10.000 dollari a chi avesse proposto un sostituto soddisfacente dell'avorio. L'inventore statunitense J.W. Hyatt(in foto) sviluppò un metodo per la lavorazione a pressione della pirossilina, una nitrocellulosa a bassa nitrazione plastificata con canfora e con una ridotta quantità di solvente alcolico. Hyatt non riuscì a vincere il premio, ma il suo prodotto, brevettato come celluloide, trovò un'ampia diffusione e venne usato nella fabbricazione di svariati tipi di oggetti, dalle dentiere ai colletti. Nonostante fosse facilmente infiammabile e soggetta a deterioramento se esposta alla luce, la celluloide raggiunse un notevole successo commerciale.

Nei decenni successivi vennero introdotte altre materie plastiche, tra le quali le prime di tipo interamente sintetico, dette resine fenoliche o fenoplasti, ottenute dal chimico belga-statunitense L.H. Baekeland nel 1909 e commercializzate con il nome di bachelite. Durante lo stesso periodo, vennero introdotti i polimeri sintetici come il rayon, prodotto dai derivati della cellulosa.

Nel 1920 si verificò un avvenimento che determinò il futuro sviluppo delle materie plastiche. Il chimico tedesco H. Staudinger ipotizzò che esse fossero polimeri costituiti da macromolecole: i conseguenti sforzi per provare questa affermazione diedero un notevole impulso alla ricerca scientifica che giunse a risultati importanti. Negli anni Venti e Trenta furono introdotti molti nuovi materiali, tra cui il cloruro di polivinile (PVC), usato per produrre tubi, pannelli di rivestimento e guaine isolanti per cavi elettrici, e le resine ureiche, usate per produrre vasellame e per applicazioni elettriche.

Una della materie plastiche più conosciute tra quelle che vennero sviluppate in questo periodo è il plexiglas o lucite brevettato in Gran Bretagna.

Questo materiale ha eccellenti proprietà ottiche ed è adatto per produrre lenti da occhiali, obiettivi fotografici e materiale per l'illuminazione stradale e pubblicitaria. Le resine polistireniche, derivate dal polistirene, o polistirolo, prodotto commercialmente per la prima volta intorno al 1937, sono caratterizzate da alta resistenza all'alterazione chimica e meccanica a basse temperature e dall'assorbimento contenuto di acqua. Queste proprietà le rendono particolarmente adatte soprattutto per la produzione di materiale per l'isolamento dalle frequenze radio e per accessori di apparecchi, macchine e strumenti usati in condizioni di basse temperature, come gli impianti di refrigerazione e gli aeroplani progettati per voli ad alta quota. Il politetrafluoretene (PTFE), apparso nel 1938, fu brevettato come teflon nel 1950 e quindi commercializzato con questo nome. Molto importante, durante gli anni Trenta, fu inoltre la sintesi del nylon, la prima materia plastica usata nell'ingegneria.



Durante la seconda guerra mondiale le nazioni belligeranti dovettero fronteggiare la scarsità di materie prime. L'industria della materie plastiche trasse da questa circostanza un impulso considerevole, divenendo una ricca fonte di sostituti: la Germania, ad esempio, iniziò un importante programma che portò allo sviluppo di una gomma sintetica, mentre negli Stati Uniti il nylon divenne la principale fonte di fibre tessili, i poliesteri furono usati nella fabbricazione di blindati e di altro materiale bellico, e vennero prodotti vari tipi di gomma sintetica.

Lo slancio scientifico e tecnologico nell'industria delle materie plastiche continuò nel dopoguerra. Di particolare interesse furono i progressi dei materiali da costruzione come i policarbonati, gli acetali e i poliammidi; altri materiali sintetici vennero usati al posto di quelli metallici in macchinari, caschi protettivi, dispositivi utilizzabili in condizioni di alte temperature ecc. Nel 1953 il chimico tedesco K. Ziegler introdusse il polietene, originariamente noto come polietilene, e l'anno successivo il chimico italiano G. Natta(in foto) sviluppò il polipropene, o polipropilene, isotattico, brevettato e commercializzato come Moplen; nel 1963 Ziegler e Natta ottennero il premio Nobel per la chimica per i loro studi sui polimeri.


Come si produce?

Per produrre la plastica si utilizzano essenzialmente due processi: di polimerizzazione e di policondensazione.

  1. Processo di polimerizzazione

Nella polimerizzazione i monomeri vengono riaccorpati e legati  in lunghe catene. Si ottengono così i polimeri, ciascuno dei quali ha proprietà, struttura e dimensione diverse in funzione dei differenti tipi di monomeri di base.

  1. Processo di policondensazione

La policondensazione è l'altro processo di largo impiego che serve a produrre ad esempio il polietilentereftalato che viene usato soprattutto per la produzione di bottiglie per bibite gassate. L'unione dei monomeri è favorita eliminando le molecole che si formano nella reazione, quali acqua e metanolo.

Per realizzare i prodotti finali pronti per il loro utilizzo, alle materie plastiche si uniscono additivi, cioè sostanze che ne esaltano o ne attenuano le proprietà, quali: 1) coloranti, 2) agenti con caratteristiche speciali (antifiamma, antiossidanti, antistatici, plastificanti), 3)cariche naturali o artificiali, per aumentare la rigidità e migliorare le proprietà meccaniche, 4)espandenti, per ottenere un prodotto più leggero, come ad esempio nel caso del polistirolo espanso.

I processi di trasformazione

I polimeri possono essere in polvere, granuli, liquidi o in soluzioni. I principali procedimenti che li trasformano in prodotti finali, utilizzando pressione e calore, sono:

Calandratura

Consistere nel distendere e comprimere con una macchina, costituita da cilindri riscaldati, il polimero riscaldato e reso plastico, ottenendo fogli di spessore desiderato. Da questo processo vengono prodotti soprattutto la carta e alcuni tipi di gomme.

Soffiatura

Il polimero fuso viene sottoposto a soffiaggio con aria o vapore, in modo da assumere la forma dello stampo in cui è alimentato

Estrusione

Consiste nella trasformazione in continuo di materiale plastico riscaldato e spinto da una vite senza fine, attraverso un ugello che dà al materiale la sagoma richiesta e che per raffreddamento assume la sua forma stabile. È il procedimento più diffuso nella lavorazione delle materie plastiche.

Infine bisogna dire che con questo processo, il materiale viene forzato attraverso una filiera sagomata; i prodotti estrusi (tubi, barre, fili ecc.) sono caratterizzati dalla sezione costante e possono essere di lunghezza indeterminata.



Stampaggio

Tecnica che vede il polimero fuso alimentare uno stampo di cui, per compressione e raffreddamento, assume la forma desiderata. Lo stampaggio può essere di quattro tipi:

-a compressione, per ottenere manufatti con caratteristiche meccaniche migliori e omogenee (come per oggetti di forma complessa, quali prese e spine elettriche),

-per stratificazione, per realizzare prodotti anche di grandi dimensioni,

-a iniezione, usato per produrre bottiglie e oggetti cavi delle forme più varie, il materiale allo stato fuso viene iniettato in uno stampo e soffiato internamente, in modo che si espanda fino ad appoggiarsi su tutta la parete interna dello stampo stesso, assumendone la forma.

-rotazionale, che viene usato per manufatti come serbatoi e cavi.

Nel processo di trasformazione, le materie plastiche possono essere integrate da fibre arammidiche, di carbonio o di vetro, per consentire prestazioni particolari. La temperatura di impiego è tra 150-170°C per i termoplastici più usati e 220°C per alcuni polimeri speciali.

Attraverso un procedimento di compressione, i materiali termoindurenti vengono plasmati in oggetti che, una volta induriti, hanno la resistenza dell'acciaio. Quando vengono applicati calore e pressione, la plastica si ammorbidisce e aderisce alle pareti dello stampo assumendo la forma desiderata. I laminati di plastica vengono fabbricati ponendo diversi strati di materiale in una matrice, dove delle lastre riscaldate sciolgono la plastica e la pressano fino a formare un'unica lamina dello spessore desiderato.

Gli usi

Le materie plastiche hanno una gamma d'uso sempre più vasta, praticamente in ogni settore industriale e di consumo; l'industria dell'imballaggio è comunque l'utente principale. Il polietene a bassa densità (LDPE) è commercializzato soprattutto in pellicola sottile, particolarmente adatta all'imballaggio; il polietene ad alta densità (HDPE) viene invece prodotto in forma di pellicola di spessore maggiore, come quella usata per confezionare i comuni sacchetti di plastica per la spesa o i sacchi per rifiuti. Altre materie plastiche usate nell'imballaggio sono il prolipropene, il polistirene e il cloruro di polivinile (PVC); in particolare il polipropene è molto resistente al vapore acqueo ed è quindi usato per produrre articoli casalinghi e come fibra per confezionare tappeti e cordami.

L'industria edilizia è un altro grande consumatore di materie plastiche. Con il polietene ad alta densità e il cloruro di polivinile si producono tubi per impianti idraulici e pannelli usati come materiale da costruzione, mentre il polistirene e il poliuretano espansi sono utilizzati per produrre pannelli per l'isolamento termico e acustico.

Molte altre industrie ormai dipendono dalle materie plastiche. Per citare solo un esempio, molti componenti delle automobili sono costruiti con questi materiali, dalle prese d'aria alle pompe del carburante ai paraurti, oltre ai pannelli interni, ai sedili e alle finiture. Nell'ambito della produzione dei beni di consumo, le materie plastiche spaziano dagli equipaggiamenti sportivi, alla valigeria, ai giocattoli.

Rischi per la salute e l'ambiente

Poiché le materie plastiche sono relativamente inerti, i prodotti finali non presentano generalmente rischi per la salute degli addetti alla lavorazione e degli utenti; tuttavia è stato dimostrato che alcuni monomeri usati nella fabbricazione di materie plastiche sono cancerogeni, come il benzene, un'importante materia prima nella sintesi del nylon. I problemi collegati alla fabbricazione di materiale plastico sono in genere in parallelo con quelli dell'industria chimica in generale.

La maggior parte delle materie plastiche sintetiche non è biodegradabile; a differenza del legno, della carta, delle fibre naturali e persino dei metalli e del vetro, le materie plastiche non si decompongono né si rompono con il tempo. Esiste perciò un problema ambientale associato alla loro eliminazione: il riciclaggio è apparso il metodo più efficace per combattere questo problema, specie con prodotti come le bottiglie di polietilentereftalato (PET) usate per bibite gassate, in cui il processo di riciclaggio è molto più semplice.






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