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Inquinanti principali - Ossidi di zolfo SO

chimica



Inquinanti principali

L'aria che respiriamo può essere contaminata da sostanze inquinanti provenienti da industrie, veicoli, centrali elettriche e molte altre fonti. Questi inquinanti rappresentano un grosso problema per gli effetti dannosi che possono avere nei confronti della salute o dell'ambiente in cui viviamo. Il loro impatto dipende da vari fattori, come ad esempio la quantità di inquinante dell'aria al quale si è esposti, la durata dell'esposizione e la pericolosità dell'inquinante stesso. Gli effetti sulla salute possono essere di piccola entità e reversibili (come un'irritazione agli occhi) oppure debilitanti (come un aggravamento dell'asma) o anche fatali (come il cancro).

In questa parte del sito ho riportato varie informazioni inerenti i principali inquinanti dell'aria: il monossido di carbonio, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto, l'ozono, il particolato, il radon, il benzene, l'asbesto, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed il cloruro di vinile.

Per ognuno degli inquinanti sono descritte le caratteristiche principali, le sorgenti, le modalità di diffusione, gli effetti sull'uomo e sull'ambiente (se particolarmente rilevanti) ed infine le relative leggi e linee guida.




Ossidi di zolfo SO

caratteristiche


Normalmente gli ossidi di zolfo presenti in atmosfera sono l'anidride solforosa (SO ) e l'anidride solforica (SO ); questi composti vengono anche indicati con il termine comune SOx.

L'anidride solforosa o biossido di zolfo è un gas incolore, irritante, non infiammabile, molto solubile in acqua e dall'odore pungente. Dato che è più pesante dell'aria tende a stratificarsi nelle zone più basse.
Rappresenta l'inquinante atmosferico per eccellenza essendo il più diffuso, uno dei più aggressivi e pericolosi e di gran lunga quello più studiato ed emesso in maggior quantità dalle sorgenti antropogeniche.

Deriva dalla ossidazione dello zolfo nel corso dei processi di combustione delle sostanze che contengono questo elemento sia come impurezza (come i combustibili fossili) che come costituente fondamentale.

Dall'ossidazione dell'anidride solforosa si origina l'anidride solforica o triossido di zolfo che reagendo con l'acqua, sia liquida che allo stato di vapore, origina rapidamente l'acido solforico, responsabile in gran parte del fenomeno delle piogge acide. Dato che la reazione di ossidazione che conduce alla formazione dell'anidride solforica è molto lenta, e data la reattività di questo composto con l'acqua, in genere la concentrazione del triossido di zolfo varia fra l'1 e il 5% della concentrazione del biossido di zolfo (che viene considerato l'inquinante di riferimento).


Fonti inquinanti


Le emissioni naturali di biossido di zolfo sono principalmente dovute all'attività vulcanica (circa 20 milioni di tonnellate l'anno).
Le emissioni antropogeniche rappresentano più di 150 milioni di tonnellate all'anno e sono dovute principalmente ai processi di combustione dei combustibili fossili e liquidi (carbone, petrolio, gasolio); oltre il 90% del biossido di zolfo viene prodotto nell'emisfero Nord.
Il carbon fossile ha un contenuto di zolfo che varia dallo 0,1 al 6% e il petrolio gre 616f52g ggio dallo 0,05 al 4,5%. Oltre il 90% dello zolfo presente nel combustibile viene trasformato in biossido di zolfo (lo 0,5-2% viene trasformato in anidride solforica ed il resto rimane nelle ceneri sotto forma di solfati).

Rilevanti sono anche le emissioni nei processi di produzione dell'acido solforico, nella lavorazione di molte materie plastiche, nella desolforazione dei gas naturali, nell'arrostimento delle piriti, nell'incenerimento dei rifiuti; l'apporto inquinante dato dalle emissioni dei mezzi di trasporto appare invece trascurabile.
L'emissione di biossido di zolfo in Italia è approssimativamente dovuta per il 5% al riscaldamento domestico, per il 40% ai processi industriali comprese le combustioni e per il 50% alla produzione di energia elettrica ad opera delle centrali termoelettriche; assieme le altre sorgenti contribuiscono per un valore pari al 5%.
Da notare che i combustibili a basso tenore di zolfo non sono facilmente disponibili e i processi di desolforazione sono costosi. Solo una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul problema delle piogge acide negli ultimi anni, sembra stia spingendo verso interventi nel settore.

Pur essendo notevolmente diminuite dagli anni ottanta, le emissioni di biossido di  zolfo permangono estremamente elevate: più di un milione di tonnellate all'anno.


diffusione

La concentrazione di fondo è stata valutata attorno a 0,2-0,5 µg/mc, mentre nelle aree urbane si possono raggiungere i 50 µg/mc; nelle grandi città industrializzate ed in via di sviluppo vengono spesso rilevati anche livelli di 300 µg/mc (dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, 1998).
Il biossido di zolfo permane in atmosfera per 1-4 giorni subendo reazioni di trasformazione e principalmente l'ossidazione ad acido solforico che ricade in forma di nebbie o piogge acide. Gli ossidi di zolfo di notte vengono anche assorbiti dalle goccioline di acqua presenti nell'aria dando origine ad un aerosol che determina una foschia mattutina.

A causa della grande reattività del biossido di zolfo, le concentrazioni negli ambienti interni sono generalmente molto basse (almeno la metà di quelle esterne). Inoltre nei mesi invernali, quando il livello di concentrazione all'esterno tende ad aumentare per effetto del maggior utilizzo del riscaldamento domestico, le abitazioni restano chiuse per il freddo e pertanto la concentrazione indoor risulta più contenuta.
Nelle abitazioni sono inoltre presenti numerose sostanze ed oggetti che assorbono il biossido di zolfo (oggetti in pelle, coperte di lana) e contribuiscono a diminuire la concentrazione dell'inquinante. Una precauzione da osservare durante gli episodi acuti di smog è infatti quella di rimanere chiusi nelle abitazioni.
Nel corso degli ultimi anni, a causa degli interventi che sono stati adottati per il miglioramento della qualità dei combustibili e per la diffusione della metanizzazione degli impianti di riscaldamento, l'emissione degli ossidi di zolfo nelle aree urbane dei Paesi Occidentali si è notevolmente ridotta, per cui l'importanza del biossido di zofo come inquinante è leggermente diminuita (almeno nei centri abitati).


Effetti sull' uomo


Per l'elevata solubilità in acqua il biossido di zolfo viene facilmente assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore dell'apparato respiratorio (questo rappresenta una fortuna dato che solo quantità molto ridotte possono raggiungere gli alveoli polmonari). L'alta reattività lo rende un composto estremamente irritante. E' stato comunque notato un effetto sinergico con le polveri sospese per la capacità che queste hanno di veicolare gli inquinanti nelle zone più profonde dell'apparato respiratorio.
A basse concentrazioni gli effetti del biossido di zolfo sono principalmente legati a patologie dell'apparato respiratorio come bronchiti, asma e tracheiti e ad irritazioni della pelle, degli occhi e delle mucose.

Analisi epidemiologiche hanno evidenziato un aumento dei ricoveri ospedalieri, specie di anziani e bambini, a concentrazioni superiori a 0,3 mg/mc. Già a concentrazioni di 0,06 mg/mc come valore medio annuale si verificano episodi di bronchite e infezioni alle prime vie respiratorie.
Il caratteristico odore pungente del biossido di zolfo viene percepito dal naso alla concentrazione di 0,8-2,6 mg/mc. A questi livelli bisogna infilare la maschera antigas o, trattenendo il respiro, raggiungere una zona non contaminata. Per brevi periodi, in assenza di maschera, ci si può proteggere anche tenendo sul naso e sulla bocca un panno umido.
Brevi esposizioni di 10' a concentrazioni di 3 mg/mc provocano un aumento del ritmo respiratorio e del battito cardiaco; concentrazioni di 25 mg/mc provocano irritazioni agli occhi, al naso ed alla gola, oltre ad un aumento della frequenza cardiaca. Concentrazioni maggiori di 5 g/mc producono asfissia tossica con morte per collasso cardiocircolatorio.


Effetti sull' ambiente


L'azione principale operata ai danni dell'ambiente da parte degli ossidi di zolfo consiste nell'acidificazione delle precipitazioni meteorologiche con la conseguente compromissione dell'equilibrio degli ecosistemi interessati. Gli effetti corrosivi dell'acido solforico si riscontrano anche sui materiali da costruzione, sui metalli e sulle vernici.
L'acido solforico trasforma i carbonati insolubili dei monumenti e delle opere d'arte in solfati solubili che vengono dilavati per azione della pioggia. (Per maggiori informazioni consiglio di fare riferimento alla parte del sito che tratta delle piogge acide).

Il biossido di zolfo a basse concentrazioni provoca un rallentamento nella crescita delle piante, mentre ad alte concentrazione ne provoca la morte alterandone la fisiologia in modo irreparabile.
Nelle foglie il biossido di zolfo viene trasformato in acido solforoso e solfiti, da questi per ossidazione si generano i solfati (la forma in cui lo zolfo viene metabolizzato nelle piante). Quando il livello di anidride solforosa nell'aria diviene insostenibile, nelle foglie si accumulano inutilizzati i solfiti che ad alta concentrazione causano la distruzione della clorofilla, il collasso delle cellule e la necrosi dei tessuti. Le foglie presentano fra i margini e le nervature delle aree irregolari di colore bianco, giallo o marrone, che presentano necrosi; negli aghi delle conifere diviene marrone l'apice delle foglie. Questi effetti aumentano quando si è in presenza di un'umidità relativa elevata, vi sono alte temperature, c'è un'intensa luminosità ed anche nel caso in cui le piante siano vecchie.
L'effetto di una esposizione prolungata a concentrazioni di anidride solforosa incapaci di causare sintomi evidenti è più difficile da rilevare: consiste in una serie di alterazioni fisiologiche fra le quali la riduzione della crescita e della riproduzione e la senescenza anticipata.
L'effetto sulle piante è particolarmente accentuato quando l'anidride solforosa si trova in presenza di ozono (sinergismo).

Il biossido di zolfo a basse concentrazioni provoca un rallentamento nella crescita delle piante, mentre ad alte concentrazione ne provoca la morte alterandone la fisiologia in modo irreparabile.
Nelle foglie il biossido di zolfo viene trasformato in acido solforoso e solfiti, da questi per ossidazione si generano i solfati (la forma in cui lo zolfo viene metabolizzato nelle piante). Quando il livello di anidride solforosa nell'aria diviene insostenibile, nelle foglie si accumulano inutilizzati i solfiti che ad alta concentrazione causano la distruzione della clorofilla, il collasso delle cellule e la necrosi dei tessuti. Le foglie presentano fra i margini e le nervature delle aree irregolari di colore bianco, giallo o marrone, che presentano necrosi; negli aghi delle conifere diviene marrone l'apice delle foglie. Questi effetti aumentano quando si è in presenza di un'umidità relativa elevata, vi sono alte temperature, c'è un'intensa luminosità ed anche nel caso in cui le piante siano vecchie.
L'effetto di una esposizione prolungata a concentrazioni di anidride solforosa incapaci di causare sintomi evidenti è più difficile da rilevare: consiste in una serie di alterazioni fisiologiche fra le quali la riduzione della crescita e della riproduzione e la senescenza anticipata.
L'effetto sulle piante è particolarmente accentuato quando l'anidride solforosa si trova in presenza di ozono (sinergismo).



Come si può chiaramente vedere dalla foto, un'esposizione anche breve al biossido di zolfo provoca notevoli danni a livello fogliare.


Ossidi di azoto NO

Caratteristiche

Pur essendo presenti in atmosfera diverse specie di ossidi di ozoto, per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria si fa quasi esclusivamente riferimento al termine NOx che sta ad indicare la somma pesata del monossido di azoto (NO) e del biossido di azoto (NO

L'ossido di azoto (NO) è un gas incolore, insapore ed inodore; è anche chiamato ossido nitrico. E' prodotto soprattutto nel corso dei processi di combustione ad alta temperatura assieme al biossido di azoto (che costituisce meno del 5% degli NOx totali emessi). Viene poi ossidato in atmosfera dall'ossigeno e più rapidamente dall'ozono producendo biossido di azoto. La tossicità del monossido di azoto è limitata, al contrario di quella del biossido di azoto che risulta invece notevole. Il biossido di azoto è un gas tossico di colore giallo-rosso, dall'odore forte e pungente e con grande potere irritante; è un energico ossidante, molto reattivo e quindi altamente corrosivo. Esiste nelle due forme N O (forma dimera) e NO che si forma per dissociazione delle molecole dimere. Il colore rossastro dei fumi è dato dalla presenza della forma NO (che è quella prevalente). Il ben noto colore giallognolo delle foschie che ricoprono le città ad elevato traffico è dovuto per l'appunto al biossido di azoto. Rappresenta un inquinante secondario dato che deriva, per lo più, dall'ossidazione in atmosfera del monossido di azoto. Il biossido di azoto svolge un ruolo fondamentale nella formazione dello smog fotochimico in quanto costituisce l'intermedio di base per la produzione di tutta una serie di inquinanti secondari molto pericolosi come l'ozono, l'acido nitrico, l'acido nitroso, gli alchilnitrati, i perossiacetililnitrati, ecc. (per maggiori informazioni consiglio di fare riferimento alla parte del sito che tratta dello smog fotochimico).

Si stima che gli ossidi di azoto contribuiscano per il 30% alla formazione delle piogge acide (il restante è imputabile al biossido di zolfo e ad altri inquinanti). Da notare che gli NOx vengono per lo più emessi da sorgenti al suolo e sono solo parzialmente solubili in acqua, questo influenza notevolmente il trasporto e gli effetti a distanza.

Fonti inquinanti

Su scala globale si stima che le emissioni di ossidi di azoto naturali ed antropogeniche siano dello stesso ordine di grandezza (circa 200 milioni di tonnellate).
Le sorgenti naturali sono costituite essenzialmente dalle decomposizioni organiche anaerobiche che riducono i nitrati a nitriti; i nitriti in ambiente acido formano acido nitroso che, essendo instabile, libera ossidi di azoto. Da segnalare anche l'azione dei fulmini, gli incendi e le emissioni vulcaniche.

La principale fonte antropogenica di ossido di azoto è data dalle combustioni ad alta temperatura, come quelle che avvengono nei motori degli autoveicoli: l'elevata temperatura che si origina durante lo scoppio provoca la reazione fra l'azoto dell'aria e l'ossigeno formando monossido di azoto.

La quantità prodotta è tanto più elevata quanto maggiore è la temperatura di combustione e quanto più veloce è il successivo raffreddamento dei gas prodotti, che impedisce la decomposizione in azoto ed ossigeno.
Da notare che le miscele "ricche" (cioè con poca aria) danno luogo ad emissioni con basso tenore di monossido di azoto (ma elevate emissioni di idrocarburi e monossido di carbonio per effetto di combustioni incomplete) a causa della bassa temperatura raggiunta nella camera di combustione. Miscele "povere" (cioè con elevata quantità di aria) danno ancora luogo a basse concentrazioni di NO nelle emissioni, ma impediscono una buona resa del motore perché l'eccesso di aria raffredda la camera di combustione. Quando i fumi vengono mescolati con aria allo scarico si forma una significativa quantità di biossido di azoto per ossidazione del monossido ad opera dell'ossigeno.
In generale i motori diesel emettono più ossidi di azoto e particolati (fumo) rispetto ai motori a benzina, i quali però emettono più ossido di carbonio e idrocarburi.
Si stima che in Italia vengano emesse in atmosfera circa 2 milioni di tonnellate all'anno di ossidi di azoto, di cui circa la metà è dovuta al traffico degli autoveicoli.
Altre importanti fonti di ossidi di azoto sono gli impianti termici e le centrali termoelettriche; le quantità emesse sono comunque relativamente minori dato che nel corso della combustione vengono raggiunte temperature di fiamma più basse. Sorgenti antropogeniche di ossidi di azoto sono inoltre la produzione dei fertilizzanti azotati, la produzione di acido nitrico per ossidazione dell'ammoniaca e la fabbricazione degli esplosivi, tutti i processi chimici che impiegano acido nitrico (come ad esempio la dissoluzione di metalli).

diffusione

Negli ultimi anni le emissioni antropogeniche di ossidi di azoto sono aumentate enormemente, soprattutto a causa dell'aumento del traffico veicolare, e questo ha comportato di conseguenza un aumento dei livelli di concentrazione nelle aree urbane.
La concentrazione di fondo del monossido di azoto in atmosfera varia da 0,2 a 10 µg/mc; nell'aria inquinata la concentrazione di NO è in genere di 50-750 ppb (62-930 µg/mc).
Nel caso in cui l'inquinamento sia dovuto ad una casualità fortuita, la concentrazione dell'inquinante nell'aria cala rapidamente nel giro di 2-5 giorni: infatti l'ossido di azoto viene sempre rimosso per ossidazione.

Nelle atmosfere inquinate in modo continuativo (in genere dagli autoveicoli) si assiste ad un ciclo giornaliero di formazione di inquinanti secondari: il monossido di azoto viene ossidato tramite reazioni fotochimiche (catalizzate dalla luce) a biossido di azoto; si forma così una miscela NO-NO , che raggiunge il picco di concentrazione nelle zone e nelle ore di traffico più intenso. Attraverso una serie di reazioni, ancora catalizzate dalla luce solare, si giunge alla formazione di ozono e di composti organici ossidanti (vedi smog fotochimico). Durante la notte queste sostanze decadono formando composti organici nitrati, perossidi ed aerosol acidi. Una situazione del genere si verifica specialmente nelle città ad elevato traffico e molto soleggiate come ad esempio Los Angeles, Città del Messico, Santiago del Cile (nella foto a lato), Roma, ecc. Le città sembrano avvolte che una nube di inquinanti che, oltre a provocare una diminuzione della visibilità costituiscono un pericolo per la salute dei soggetti più deboli come i bambini, gli anziani e gli asmatici. La situazione può diventare estremamente seria se fenomeni di intrappolamento ed assenza di vento impediscono alla nube di disperdersi.
La concentrazione ambientale del biossido di azoto oscilla tra 1 e 9 µg/mc; nei Paesi Occidentali la media annuale è compresa fra 20 e 90 µg/mc, mentre nelle città in genere non supera i 40 µg/mc.

Negli ambienti indoor la concentrazione di ossidi di azoto risulta più elevata nelle cucine per le combustioni aperte dei fornelli (spesso può arrivare a concentrazioni più elevate di quelle esterne). La diminuzione di questi inquinanti risulta comunque estremamente rapida non appena vien meno la causa della loro produzione.

effetti sull' uomo

L'azione sull'uomo dell'ossido di azoto è relativamente blanda; inoltre, a causa della rapida ossidazione a biossido di azoto, si fa spesso riferimento esclusivo solo a quest'ultimo inquinante, in quanto risulta molto più tossico del monossido.
Il biossido di azoto è un gas irritante per le mucose e può contribuire all'insorgere di varie alterazioni delle funzioni polmonari, bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare. Lunghe esposizioni anche a basse concentrazioni provocano una drastica diminuzione delle difese polmonari con conseguente aumento di rischio di affezioni alle vie respiratorie.

L'azione sull'uomo dell'ossido di azoto è relativamente blanda; inoltre, a causa della rapida ossidazione a biossido di azoto, si fa spesso riferimento esclusivo solo a quest'ultimo inquinante, in quanto risulta molto più tossico del monossido.
Il biossido di azoto è un gas irritante per le mucose e può contribuire all'insorgere di varie alterazioni delle funzioni polmonari, bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare. Lunghe esposizioni anche a basse concentrazioni provocano una drastica diminuzione delle difese polmonari con conseguente aumento di rischio di affezioni alle vie respiratorie.

effetti sull' ambiente

L'inquinamento da biossido di azoto ha un impatto sulla vegetazione di minore entità rispetto al biossido di zolfo. In alcuni casi, brevi periodi di esposizione a basse concentrazioni possono incrementare i livelli di clorofilla; lunghi periodi causano invece la senescenza e la caduta delle foglie più giovani.

Il meccanismo principale di aggressione comunque è costituito dall'acidificazione del suolo (vedi fenomeno delle piogge acide); gli inquinanti acidi causano un impoverimento del terreno per la pedita di ioni calcio, magnesio, sodio e potassio e conducono alla liberazione di iono metallici tossici per le piante.
Da notare che l'abbassamento del pH compromette anche molti processi microbici del terreno, fra cui l'azotofissazione.

Gli ossidi di azoto e i loro derivati danneggiano anche edifici e monumenti, provocando un invecchiamento accelerato in molti casi irreversibile.

Monossido di carbonio CO

Caratteristiche

L'ossido di carbonio CO) o monossido di carbonio è un gas incolore, inodore, infiammabile, e molto tossico. Si forma durante le combustioni delle sostanze organiche, quando sono incomplete per difetto di aria (cioè per mancanza di ossigeno). Le emissioni naturali e quelle antropogeniche sono oramai dello stesso ordine di grandezza, e questo fa chiaramente comprendere quale sia il trend inquinante che si è instaurato nel corso dell'ultimo secolo. Il monossido di carbonio è estremamente diffuso soprattutto nelle aree urbane a causa dell'inquinamento prodotto dagli scarichi degli autoveicoli.
Gli effetti sull'ambiente sono da considerarsi trascurabili, mentre gli effetti sull'uomo sono particolarmente pericolosi. La sua pericolosità è dovuta alla formazione con l'emoglobina del sangue di un composto fisiologicamente inattivo, la
carbossiemoglobina, che impedisce l'ossigenazione dei tessuti. A basse concentrazioni provoca emicranie, debolezza diffusa, giramenti di testa; a concentrazioni maggiori può provocare esiti letali.



fonti inquinanti

Le principali emissioni naturali sono dovute agli incendi delle foreste, alle eruzioni dei vulcani, alle emissioni da oceani e paludi e all'ossidazione del metano e degli idrocarburi in genere emessi naturalmente in atmosfera.

La fonte principale di emissione da parte dell'uomo è costituita dall'utilizzo dei combustibili fossili per i motori a scoppio degli autoveicoli e per le attività industriali (soprattutto impianti siderurgici e raffinerie di petrolio).

Escudendo l'anidride carbonica, la quantità di ossido carbonio che viene emesso dai processi di combustione che avvengono negli autoveicoli è circa 10 volte maggiore di quella degli altri inquinanti. A seconda del regime di marcia la concentrazione usuale che si riscontra nei gas di scarico delle automobili varia fra il 3,5 e il 10%. Le concentrazioni più elevate nei gas di scarico si riscontrano quando il motore funziona al minimo, a regimi più elevati la produzione di CO è nettamente minore. Per questo motivo nelle zone urbane dove il traffico procede a rilento e dove le fermate ai semafori sono frequenti, la concentrazione del CO può raggiungere punte particolarmente elevate. I motori Diesel, funzionando con maggiori quantità di aria, garantiscono una combustione più completa ed emettono minori quantità di CO rispetto ai motori a benzina (in compenso emettono più particolati). Negli ultimi anni la quantità di CO emessa dagli scarichi degli autoveicoli è diminuita per il miglioramento dell'efficienza dei motori, per il controllo obbligatorio delle emissioni e per il crescente utilizzo delle marmitte catalitiche.

Per quanto riguarda le attività industriali c'è da sottolineare il fatto che il CO è un discreto combustibile e la sua emissione con i gas di combustione costituisce una perdita energetica, per questo si cerca sempre di attuare le combustioni in eccesso di aria, migliorandole come resa e di conseguenza limitando l'emissione di ossido di carbonio. Combustioni incomplete possono avvenire solo quando gli impianti non vengono manutenzionati, oppure all'avviamento degli impianti, quando la combustione avviene in difetto di aria per brevi periodi. Fra i processi industriali che provocano emissioni rilevanti di CO in atmosfera, le principali sono le emissioni degli impianti siderurgici, dove si impiega il coke per la riduzione del materiale ferroso, o nelle conversioni, dove si impiega l'ossigeno per ossidare il carbonio contenuto nelle ghise per convertirle in acciaio o per abbassare il tasso di carbonio. Altre fonti sono le industrie petrolchimiche che producono il gas di sintesi (una miscela di CO e idrogeno) che serve per le produzioni di importanti composti chimici sintetici, e le raffinerie di petrolio

diffusione

In atmosfera la concentrazione di fondo del monossido di carbonio è di 0,1-0,2 ppm nell'emisfero nord e di 0,04-0,06 ppm nell'emisfero sud, a dimostrazione dell'importanza del consumo di combustibili come fonte dell'inquinamento. Nell'aria inquinata di aree intensamente urbanizzate può raggiungere 1-10 ppm, in alcune gallerie stradali sono state rilevate concentrazioni di 500 ppm. Il CO permane in atmosfera per circa 3-4 mesi e viene rimosso attraverso reazioni di ossidazione ad anidride carbonica o attraverso reazioni fotochimiche coinvolgenti il metano e i radicali OH. Per questa sua scarsa reattività viene spesso utilizzato come tracciante dell'andamento temporale degli inquinanti a livello del suolo.
Negli ambienti interni il monossido di carbonio proviene dalle stufe a gas, a legna, ad olio combustibile, dai fornelli, dalle sigarette e dalle automobili accese in garage. In alcuni casi sono stati rilevate anche concentrazioni di 50 ppm per operazioni di movimentazione dell'auto in garage, che confina di norma con l'abitazione, quando all'esterno la concentrazione misurata era al massimo di 1 ppm.

effetti sull' uomo

Per le sue caratteristiche l'ossido di carbonio rappresenta un inquinante molto insidioso, soprattutto nei luoghi chiusi dove si può accumulare in concentrazioni letali. Tali situazioni sono purtroppo frequenti e innumerevoli sono i casi di avvelenamento e gli incidenti anche mortali imputabili alle stufe o agli scaldabagni difettosi o non controllati. Essendo il CO incolore, insapore, inodore e non irritatante, può causare morti accidentali senza che le vittime si rendano conto di quel che sta loro succedendo. Frequenti sono pure i suicidi provocati dai gas di scarico delle automobili nei locali non aerati.

Una volta respirato, il CO si lega all'emoglobina con una affinità che è 220 volte superiore a quella dell'ossigeno e formando un composto inattivo fisiologicamente che viene chiamato carbossiemoglobina. Questa sostanza, al contrario dell'emoglobina, non è in grado di garantire l'ossigenazione ai tessuti, in particolare al cervello ed al cuore. La morte sopravviene pertanto per asfissia. L'effetto del CO risulta maggiore in altitudine, per la ridotta percentuale di ossigeno nell'aria. In caso di intossicazione bisogna immediatamente portare all'aria aperta il soggetto colpito, perché la respirazione di aria arricchita di ossigeno aiuta l'eliminazione del CO dalla carbossiemoglobina.
Una concentrazione di CO nell'aria pari a 2000-4000 ppm (0,2%-0,4%) provoca la morte in circa 15 minuti, dopo aver provocato perdita di conoscenza. In presenza di 1000 ppm si sopravvive circa 90 minuti. I primi sintomi dell'avvelenamento sono l'emicrania e un senso di vertigine, purtroppo il gas provoca anche sonnolenza e questo impedisce spesso alle vittime di avvertire il pericolo e di aerare il locale.
A causa del traffico automobilistico la popolazione urbana è spesso soggetta a lunghe esposizioni a basse concentrazioni. La lenta intossicazione da ossido di carbonio prende il nome di ossicarbonismo e si manifesta con sintomi nervosi e respiratori. Nel sangue è presente una percentuale di carbossiemoglobina che dipende dalla concentrazione di CO alla quale una persona è esposta: per ogni ppm di CO presente in aria, lo 0,16% di emoglobina viene trasformato in carbossiemoglobina; sono necessarie però alcune ore perchè si raggiunga la massima saturazione. In proporzione periodi di esposizione più brevi formano meno carbossiemoglobina. Sono considerate fisiologiche concentrazioni di carbossiemoglobina minori dell'1% dell'emoglobina circolante nel sangue. Quando nell'aria la concentrazione di CO è di 12-31 ppm si arriva al 2-5% di carbossiemoglobina e si manifestano i primi segni con aumento delle pulsazioni cardiache, aumento della frequenza respiratoria e disturbi psicomotori (nei guidatori di auto si allungano in modo pericoloso i tempi di reazione). A 100 ppm di esposizione per diverse ore (come nel caso di lunghe soste in gallerie stradali) compaiono vertigini, cefalea e senso generale di spossatezza, che possono essere seguiti da collasso.
Nei fumatori la percentuale di carbossiemoglobina presente nel sangue può variare dal 6% in fumatori moderati, sino al 10% in accaniti fumatori di sigarette che siano esposti anche ad una concentrazione esterna di CO di circa 40 ppm per 1 ora, quando al confronto un non fumatore ha un aumento di carbossiemoglobina da 1,6 al 2,6%.
L'esposizione a monossido di carbonio comporta inoltre l'aggravamento delle malattie cardiovascolari, un peggioramento dello stato di salute nelle persone sane ed un aggravamento delle condizioni circolatorie in generale.

Particolato atmosferico

Caratteristiche

Spesso il particolato rappresenta l'inquinante a maggiore impatto ambientale nelle aree urbane, tanto da indurre le autorità competenti a disporre dei blocchi del traffico per ridurne il fenomeno.
Le particelle sospese sono sostanze allo stato solido o liquido che, a causa delle loro piccole dimensioni, restano sospese in atmosfera per tempi più o meno lunghi; le polveri totali sospese o
PTS vengono anche indicate come PM (Particulate Matter).
Il particolato nell'aria può essere costituito da diverse sostanze: sabbia, ceneri, polveri, fuliggine, sostanze silicee di varia natura, sostanze vegetali, composti metallici, fibre tessili naturali e artificiali, sali, elementi come il carbonio o il piombo, ecc.

In base alla natura e alle dimensioni delle particelle possiamo distinguere:
- gli
aerosol, costituiti da particelle solide o liquide sospese in aria e con un diametro inferiore a 1 micron (1 µm);
- le
foschie, date da goccioline con diametro inferiore a 2 micron;
- le
esalazioni, costituite da particelle solide con diametro inferiore ad 1 micron e rilasciate solitamente da processi chimici e metallurgici;
- il
fumo, dato da particelle solide di solito con diametro inferiore ai 2 µm e trasportate da miscele di gas;
- le
polveri (vere e proprie), costituite da particelle solide con diametro fra 0,25 e 500 micron;
- le
sabbie, date da particelle solide con diametro superiore ai 500 µm.

Le particelle primarie sono quelle che vengono emesse come tali dalle sorgenti naturali ed antropiche, mentre le secondarie si originano da una serie di reazioni chimiche e fisiche in atmosfera. Le particelle fini sono quelle che hanno un diametro inferiore a 2,5 µm, le altre sono dette grossolane. Da notare che il particolato grossolano è costituito esclusivamente da particelle primarie.
Le polveri
PM rappresentano il particolato che ha un diametro inferiore a 10 micron e vengono anche dette polveri inalabili perché sono in grado di penetrare nel tratto superiore dell'apparato respiratorio (dal naso alla laringe).
Le
polveri toraciche sono quelle in grado di raggiungere i polmoni.
Le polveri
PM costituiscono circa il 60% delle PM e rappresentano il particolato che ha un diametro inferiore a 2,5 micron. Le PM sono anche dette polveri respirabili perché possono penetrare nel tratto inferiore dell'apparato respiratorio (dalla trachea fino agli alveoli polmonari).



Fonti inquinanti

Le polveri si originano sia da fonti naturali che antropogeniche. Le polveri fini derivano principalmente da processi di combustione (particolato primario cioè prodotto direttamente) e da prodotti di reazione dei gas (particolato secondario); la frazione grossolana delle polveri si origina in genere da processi meccanici (solo p. primario).

Le principali fonti naturali di particolato primario sono le eruzioni vulcaniche, gli incendi boschivi, l'erosione e la disgregazione delle rocce, le piante (pollini e residui vegetali), le spore, lo spray marino e i resti degli insetti.

Il particolato naturale secondario è costituito da particelle fini che si originano in seguito alla ossidazione di varie sostanze quali: il biossido di zolfo e l'acido solfidrico emessi dagli incendi e dai vulcani; gli ossidi di azoto liberati dai terreni; i terpeni (idrocarburi) emessi dalla vegetazione.

Il particolato primario di origine antropica è invece dovuto: all'utilizzo dei combustibili fossili (riscaldamento domestico, centrali termoelettriche, ecc.); alle emissioni degli autoveicoli; all'usura dei pneumatici, dei freni e del manto stradale; a vari processi industriali (fonderie, miniere, cementifici, ecc.). Da segnalare anche le grandi quantità di polveri che si possono originare in seguito a varie attività agricole.
Le polveri secondarie antropogeniche sono invece dovute essenzialmente all'ossidazione degli idrocarburi e degli ossidi di zolfo e di azoto emessi dalle varie attività umane.


Un'impressionante eruzione  dell'Etna ripresa dal satellite.  Come si può vedere l'emissione   di gas e polveri è enorme.

[NCI1] Diffusione

Si stima che ogni giorno vengano immesse nell'aria circa 10 milioni di tonnellate di particolato; di queste il 94% è di origine naturale (nella foto a lato si vedono gli effetti di un'enorme tempesta di sabbia nel deserto del Sahara). La concentrazione nell'aria di queste particelle viene comunque limitata dalla naturale tendenza alla deposizione per effetto della gravità e dall'azione delle nubi o delle piogge (rimozione umida). Nell'aria pulita in genere la concentrazione di questo inquinante è dell'ordine di 1-1,5 µg/mc.
Oltre che dalla natura dei venti e dalle precipitazioni la permanenza in atmosfera è fortemente condizionata dalle dimensioni delle particelle. Quelle che hanno un diametro superiore a 50 micrometri sono visibili nell'aria e sedimentano piuttosto velocemente causando fenomeni di inquinamento su scala molto ristretta.

Le più piccole possono rimanere in sospensione per molto tempo; alla fine gli urti casuali e la reciproca attrazione le fanno collidere e riunire assieme, in questo modo raggiungono delle dimensioni tali da acquistare una velocità di caduta sufficiente a farle depositare al suolo. Le polveri PM possono rimanere in sospensione per 12 ore circa, mentre le particelle con un diametro inferiore ad 1 µm fluttuano nell'aria anche per 1 mese.
Il particolato emesso dai camini di altezza elevata può essere trasportato dagli agenti atmosferici anche a grandi distanze. Per questo motivo parte dell'inquinamento di fondo riscontrato in una determinata città può provenire da un'industria situata a diversi Km dal centro urbano. Nei centri urbani l'inquinamento da polveri fini (che sono le più pericolose per la salute) è essenzialmente dovuto al traffico veicolare ed al riscaldamento domestico. Per questo motivo, quando la concentrazione di particolato nell'aria diventa troppo alta, vengono attuate delle limitazioni al traffico; in varie nazioni può anche essere imposto un limite alla temperatura del riscaldamento negli ambienti chiusi: 18°C in Germania o 20°C in Italia.

Effetti sull' uomo

A prescindere dalla tossicità, le particelle che possono produrre degli effetti indesiderati sull'uomo sono sostanzialmente quelle di dimensioni più ridotte, infatti nel processo della respirazione le particelle maggiori di 15 micron vengono generalmente rimosse dal naso. Il particolato che si deposita nel tratto superiore dell'apparato respiratorio (cavità nasali, faringe e laringe) può generare vari effetti irritativi come l'infiammazione e la secchezza del naso e della gola; tutti questi fenomeni sono molto più gravi se le particelle hanno assorbito sostanze acide (come il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, ecc.).

Per la particolare struttura della superficie, le particelle possono anche adsorbire dall'aria sostanze chimiche cancerogene; trascinandole nei tratti respiratori e prolungandone i tempi di residenza, ne accentuano gli effetti. Le particelle più piccole penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e possono trascorrere lunghi periodi di tempo prima che vengano rimosse, per questo sono le più pericolose. Queste polveri aggravano le malattie respiratorie croniche come l'asma, la bronchite e l'enfisema.
Le persone più vulnerabili sono gli anziani, gli asmatici, i bambini e chi svolge un'intensa attività fisica all'aperto, sia di tipo lavotrativo che sportivo.
Nei luoghi di lavoro più soggetti all'inquinamento da particolato l'inalazione prolungata di queste particelle può provocare reazioni fibrose croniche e necrosi dei tessuti che comportano una broncopolmonite cronica accompagnata spesso da enfisema polmonare.

effetti sull' ambiente

Gli effetti del particolato sul clima e sui materiali sono piuttosto evidenti.
Il particolato dei fumi e delle esalazioni provoca una diminuzione della visibilità atmosferica; allo stesso tempo diminuisce anche la luminosità assorbendo o riflettendo la luce solare. Negli ultimi 50 anni si è notata una diminuzione della visibilità del 50%, ed il fenomeno risulta tanto più grave quanto più ci si avvicina alle grandi aree abitative ed industriali. Le polveri sospese favoriscono la formazione di nebbie e nuvole, costituendo i nuclei di condensazione attorno ai quali si condensano le gocce d'acqua. Di conseguenza favoriscono il verificarsi dei fenomeni delle nebbie e delle piogge acide, che comportano effetti di erosione e corrosione dei materiali e dei metalli.

Il particolato inoltre danneggia i circuiti elettrici ed elettronici, insudicia gli edifici e le opere d'arte e riduce la durata dei tessuti. Le polveri (ad esempio quelle emesse dai cementifici), possono depositarsi sulle foglie delle piante e formare così una patina opaca che, schermando la luce, ostacola il processo della fotosintesi.
Gli effetti del particolato sul clima della terra sono invece piuttosto discussi. Sicuramente un aumento del particolato in atmosfera comporta una diminuzione della temperatura terrestre per un effetto di riflessione e schermatura della luce solare, in ogni caso tale azione è comunque mitigata dal fatto che le particelle riflettono anche le radiazioni infrarosse provenienti dalla terra. E' stato comunque dimostrato che negli anni immediatamente successivi alle più grandi eruzioni vulcaniche di tipo esplosivo (caratterizzate dalla emissione in atmosfera di un'enorme quantità di particolato) sono seguiti degli anni con inverni particolarmente rigidi. Alcune ricerche affermano che un aumento di 4 volte della concentrazione del particolato in atmosfera comporterebbe una diminuzione della temperatura globale della terra pari a 3,5°C.


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