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CARATTERISTICHE DELLA PATOLOGIA - FISIOPATOLOGIA DELLA MALATTIA

medicina



CARATTERISTICHE DELLA PATOLOGIA


FISIOPATOLOGIA DELLA MALATTIA


La Fibrosi Cistica (FC) è la più comune malattia ereditaria a prognosi infausta tra le popolazioni di razza caucasica, con un'incidenza che varia da 1:2000 a 1:2600 nati vivi ed ha una frequenza di eterozigoti del 4%. E' una malattia con prognosi sfavorevole, che coinvolge tutte le ghiandole esocrine dell'organismo alterandole in senso dapprima funzionale e poi strutturale, con ripercussioni sulla funzionalità dei vari organi. (Kerem E. Prediction of mort) Le caratteristiche cliniche di questa patologia sono rappresentate da alte concentrazioni di sodio e cloro nel sudore, una maldigestione con relativo malassorbimento e un'infezione broncopolmonare suppurativa cronica. I progressi terapeutici degli ultimi decenni hanno migliorato l'aspettativa di vita per i bambini colpiti da questa patologia permettendo ad oltre la metà di loro di sopravvivere fino a circa trenta anni, ma nessuno dei trattamenti messi a punto finora è stato in grado di



correggere l'anomalia biochimica che è alla base della malattia e quindi di permetterne la guarigione.

LA GENETICA DELLA FIBROSI CISTICA


Nel 1989 è stato individuato il gene responsabile della mutazione che causa la fibrosi cistica, denominato Cystic Fibrosis Conductance Transmembrane Regulator (CFTR). Studi effettuati a metà degli anni ottanta, hanno mappato il gene sul braccio lungo del cromosoma. Il gene CFTR è costituito in 27 esoni (parti codificanti) e codifica una proteina di 1480 amminoacidi con un peso molecolare di circa 170.000 daltons. Questa proteina svolge la funzione di canale del cloro. Sebbene la Fibrosi Cistica sia dovuta alla mutazione di un singolo gene (CFTR), le mutazioni del CFTR sono molto eterogenee, poiché ogni parte del gene può mutare.

La mutazione più comune è rappresentata da DF508, presente nei due terzi dei cromosomi con FC. Questa consiste nella delezione (delta), cioè nella perdita di tre basi del gene, nell'esone 10, che codificano per l'aminoacido fenilalanina In Italia circa il 50% delle mutazioni del gene della Fibrosi Cistica sono DF508.

La frequenza di questa malattia varia nei diversi paesi;è maggiore nel nord dell'Europa, mostrando un gradiente più basso nell'area del Mediterraneo. Attualmente sono state identificate oltre 1000 mutazioni. I difetti molecolari che sono stati finora identificati nel gene CFTR sono stati suddivisi in quattro classi in base ai diversi effetti che possono avere sulla struttura e sul funzionamento della proteina.

Le mutazioni della I classe sono in genere responsabili di una ridotta o assente attività della proteina. Le mutazioni della II classe, cui appartiene anche la DELTA F508, causano problemi del trasporto intracellulare e della corretta collocazione delle proteine CFTR.

I difetti molecolari appartenenti alla III classe sono responsabili di una non corretta regolazione del canale ionico: si tratta in genere di mutazioni localizzate a livello delle sequenze che codificano per i domini che legano l'ATP.

Alla IV classe, infine, appartengono le mutazioni con sostituzioni di singoli amminoacidi,che sono localizzate a livello delle sequenze che codificano per i domini transmembrane. Generalmente i soggetti nelle cui cellule vi sono due copie del gene con la mutazione che coinvolge la fenilalanina 508 tendono ad avere una patologia dai sintomi molto marcati





Tabella1. Classificazione delle mutazioni


Oggi, grazie alla scoperta del gene FC che produce la proteina anomala CFTR, possiamo dire che tutti i pazienti con manifestazioni cliniche di fibrosi cistica hanno una mutazione su ambedue le coppie del gene (i cromosomi materno e paterno); alcuni individui sono portatori di mutazioni "lievi" su ambedue i cromosomi e manifestano una normale funzionalità pancreatica e polmonare con normale dosaggio del cloro al test del sudore, ma presentano un'assenza congenita di entrambi i vasi deferenti degli organi sessuali,determinando sterilità.


Tabella 2   QUADRO CLINICO DELLA FIBROSI CISTICA

Malassorbimento,

Steatorrea,

Infezioni respiratorie ricorrenti,

Clubbing ungueale (dita a bacchette di tamburo)



LA  PATOGENESI DELLA FIBROSI CISTICA


La mutazione del gene CFTR causa una riduzione dei liquidi secreti in tutte le ghiandole dell'organismo dell'apparato respiratorio, del pancreas, del fegato e delle vie biliari, dell'intestino e della cute.

Ciò determina sulla superficie delle mucose e quindi nelle secrezioni, una notevole riduzione d'acqua con conseguente disidratazione dei secreti che, in tal modo, diventano più densi e più viscosi. L'aumento di viscosità delle secrezioni è responsabile dell'ostruzione tubulare e successivamente dell'alterata funzione ghiandolare, che determinano le più importanti manifestazioni cliniche della malattia. Queste possono essere raggruppate principalmente in respiratorie e gastrointestinali. Le alterazioni delle funzioni di trasporto ionico degli epiteli hanno come conseguenza un'anomalia delle secrezioni esocrine, delle secrezioni mucose sia delle secrezioni sierose. Nei dotti sudoripari la proteina CFTR è l'unico canale capace di riassorbire lo ione cloro del sudore. L'anomalia funzionale di tale proteina nei pazienti con la fibrosi cistica determina un aumento di cinque volte della concentrazione di cloro nel sudore, dovuto all'incapacità del tessuto epiteliale di assorbirlo,e alla conseguente compromissione dell'assorbimento del sodio. Non vi è alcuna ostruzione delle ghiandole sudoripare poiché esse non secernono muco. L'aumentata secrezione di elettroliti è alla base del principale test diagnostico di questa malattia, il test del sudore.


La patogenesi della malattia polmonare


Lo sviluppo della Fibrosi Cistica a livello polmonare si differenzia in maniera significativa rispetto a quella di altri organi. La malattia può causare danni all'intestino, pancreas e fegato già nel periodo fetale mentre il polmone non subisce alterazioni finchè il bambino è in utero.

Solo dopo la nascita, le ghiandole submucosali dei bronchi si dilatano e compaiono i segni di infezione e infiammazione. Le ciglia, presenti sul bordo delle cellule, non si possono muovere liberamente, a causa delle secrezioni dense, ed in tal modo esse non riescono a rimuovere il muco. La persistente presenza sia del muco sia dell'infiammazione bronchiale determina la tosse che è il principale meccanismo di difesa contro il ristagno delle secrezioni.

Inoltre, nei pazienti neonati con Fibrosi Cistica, è sempre presente un bassissimo livello d'interleuchina 10 che possiede un azione antinfiammatoria. Tale riduzione sembra determinata da un'incapacità delle cellule bronchiali stesse a produrla.


Le infezioni polmonari


Le infezioni polmonari sono la causa più importante del progressivo danno polmonare nei pazienti con fibrosi cistica. Inizialmente le infezioni sono periodiche, ma successivamente diventano croniche e sono la principale causa dei decessi dei pazienti.

Si possono distinguere tre diverse fasi nell'evoluzione delle infezioni polmonari in questa patologia:

Stadio I - inizio del danno;

Stadio II - colonizzazione transitoria;

Stadio III- persistente colonizzazione o infezione cronica;

La durata delle singole fasi varia da paziente a paziente. In alcuni casi è possibile che lo stadio III non si manifesti mai, o che bambini molto piccoli siano già cronicamente colonizzati.

I batteri più frequentemente isolati sono: lo stafilococco aureo (è il patogeno più comunemente isolato nei bambini), lo pseudomonas aeruginosa, e l'haemophilus influenzae. Indipendentemente dall'età, lo pseudomonas earuginosa è il principale patogeno nei pazienti con Fibrosi Cistica (83 % dei casi). Particolare attenzione merita lo Pseudomonas Burkholderia cepacia, che infetta solo pazienti immunologicamente compromessi ed è responsabile di broncopolmoniti fulminanti, o comunque di un deterioramento progressivo della funzionalità respiratoria fino all'exitus. Le infiammazioni croniche sono associate a maggiori spese energetiche e al TNF-alfa.





Tabella 3. Principali germi che colonizzano le vie aeree dei   pazienti con Fibrosi cistica


Stafilococco aureo  Pseudomonas aeruginosa

Haemophilus influenze Pseudomonas

cepacia

Escherichia coli  Klebsiella



I sintomi respiratori


Nel bambino piccolo la sintomatologia è spesso sfumata e può essere facilmente confusa, nei casi senza compromissione pancreatica,con asma o infezioni recidivanti delle vie aeree superiori, mentre nei pazienti che presentano sintomi da malassorbimento, la diagnosi generalmente è più precoce perché la diarrea e lo scarso accrescimento sono sintomi che più facilmente richiamano l'attenzione dei genitori, e quindi, del medico curante. Durante la pubertà si sviluppa la colonizzazione batterica, con graduale aumento del danno polmonare e la riduzione della funzione respiratoria. Con il progre 454f51e dire della malattia, aumenta il volume delle secrezioni mucopurolente e la tosse, diventa sempre più importante. Si riduce la tolleranza allo sforzo e diventa sempre più evidente il clubbing ungueale (dita a bacchetta di tamburo tipiche dei pazienti con insufficienza respiratoria). Nonostante i frequenti cicli di terapia endovena, la situazione polmonare si deteriora progressivamente determinando un insufficienza cardiorespiratoria irreversibile, responsabile dell'exitus in oltre 90 % dei casi.

Esiste comunque un importante eterogenicità nel modo di presentarsi della patologia polmonare e nella velocità di progressione della stessa a seconda delle mutazioni.

Le complicanze a livello delle vie respiratorie sono:


Aspergillosi broncopolmonare (colonizzazione da funghi,candida o aspergillus, favorita dal danno polmonare e dalla continua terapia antibiotica);

Atelettasie (mancata o incompleta espansione del polmone);

Emottisi (rara nei pazienti più piccoli);

Pneumotorace (il danno polmonare progressivo causa intrappolamento d'aria con formazione di microascessi o bolle che possono rompersi e causare lo pneumotorace);

Polipi nasali;

Sinusite.


I sintomi gastrointestinali


Le manifestazioni gastrointestinali comprendono:


Le alterazioni pancreatiche

A livello del pancreas l'ispessimento del secreto pancreatico causa un ristagno a monte con conseguente dilatazione degli acini; le cellule vengono distrutte ed il tessuto ghiandolare viene progressivamente sostituito da tessuto connettivo.

La ghiandola pancreatica diventa fibrotica determinando la mancanza del flusso nell'intestino di enzimi e bicarbonati necessari per i processi digestivi.

La maldigestione dei grassi, delle proteine, dei carboidrati, si manifesta quando la distruzione del parenchima pancreatico interessa oltre l'85 % della ghiandola.

In alcuni casi ciò si verifica sin dai primi giorni di vita, in altri, può manifestarsi più tardivamente. I pazienti con sufficienza pancreatica, rappresentano circa il 15% di tutta la popolazione con Fibrosi Cistica. Essi presentano una espressione più lieve della malattia con una digestione relativamente normale, una migliore crescita pondero-staturale, più lenta progressione del danno polmonare, e migliore sopravvivenza.

Insufficienza pancreatica. La maggior parte dei pazienti con Fibrosi Cistica, già alla nascita, presenta un'insufficienza pancreatica e pertanto mostra una malnutrizione calorico-proteica, poichè la produzione di enzimi è inferiore al 1% rispetto la norma.

Solo una piccola percentuale di bambini (< 5%) si presenta con una grave forma di malnutrizione, con edemi, ipoproteinemia, anemia, con flaccidità muscolare e addome meteorico, nonostante, il più delle volte, il paziente abbia un normale appetito. Le feci emesse più volte al giorno sono voluminose, oleose e con odore putrefattivi, o di consistenza ridotta (diarrea cronica). La malnutrizione si accompagna ad un deficit biochimico di vitamine liposolubili ( A, D, E, K) e bassi livelli di precursori degli acidi grassi essenziali (AGE), che diventa più grave quanto più è tardiva la diagnosi. I quadri clinici con grave malnutrizione spesso si associano ad importanti sintomi respiratori. Solo il 10-15 % dei pazienti mostra una normale digestione, avendo una funzione pancreatica sufficiente a prevenire la steatorrea e pertanto presenta un normale stato nutrizionale.

Pancreatite. I pazienti che presentano una funzionalità pancreatica residua, circa il 15%, possono andare incontro a crisi ricorrenti di pancreatite che possono far porre la diagnosi di Fibrosi Cistica. .

La pancreatite può manifestarsi con un attacco acuto e grave di dolore addominale, o con dolori addominali ricorrenti cronici.

L'ostruzione dei dotti pancreatici comincia già nella vita fetale, causando infiammazione e fibrosi, con conseguente perdita della funzione pancreatica. Gli enzimi pancreatici non riescono a raggiungere l'intestino e causano un'auto digestione dell'organo stesso, determinando una pancreatite sintomatica.

Diabete. Circa il 50% dei pazienti adulti mostra un'intolleranza glucidica con livelli patologici d'emoglobina glicosilata, mentre solo il 7% del totale dei pazienti sviluppa diabete insulino- dipendente. .

L'aumento dell'età media di sopravvivenza ha determinato un aumento della frequenza di queste complicanze, poiché i pazienti negli anni vanno incontro ad una significativa riduzione della produzione di insulina. Le isole di Langherans infatti, sono coinvolte dalla progressiva fibrosi del pancreas e quindi dalla graduale perdita delle cellule beta, più tardivamente rispetto alla parte esocrina dell'organo. Anche la produzione di glicogeno si riduce progressivamente con l'età in rapporto al progressivo deterioramento del tessuto pancreatico e quindi delle cellule alfa delle isole di Langherans. Per questo motivo l'iperglicemia nei pazienti con Fibrosi Cistica è facilmente controllabile e raramente si verifica la chetoaciduria e la chetoacidosi. E' stata ipotizzata una correlazione tra diabete e gravità della malattia polmonare. Infatti, se il diabete non è trattato, può peggiorare lo stato nutrizionale, e può incidere in modo sfavorevole sull'evoluzione del danno polmonare, anche se di per sé, non rappresenta un indice prognostico sfavorevole. Il declino della funzione polmonare in questi casi, non sembra però secondario ad un peggioramento su base infettiva, ma piuttosto alla riduzione della capacità funzionale dei muscoli respiratori. Recentemente, sono stati riportati quadri clinici da angiopatia diabetica (retinopatia, nefropatia, neuropatia) anche in questi pazienti.






L'epatopatia


Un'altra complicanza della Fibrosi Cistica è rappresentata dalla malattia epatica, che interessa circa il 5% degli adulti. .

Lo sviluppo della complicanza epatica è stato attribuito all'ostruzione dei dotti biliari a causa delle secrezioni dense ( la proteine CFTR è localizzata nelle cellule epiteliali che rivestono i dotti biliari). Il danno epatico può essere di vario grado, dalla steatosi alla cirrosi biliare ostruttiva, presente in circa il 10 % dei pazienti.

Nei bambini più piccoli può manifestarsi una steatosi epatica quando è presente una maturazione clinicamente evidente. La diminuzione del flusso biliare e la perdita fecale degli acidi grassi primari e secondari determina una insufficiente emulsione dei grassi e dunque un peggioramento del loro assorbimento.

Complicanza rara della Fibrosi Cistica è la comparsa di varici esofagee (nel 30% dei pazienti con cirrosi conclamata). Circa il 75 % dei pazienti ha una colecisti occlusa e nel 30 % di essi è possibile riscontrare microcalcoli responsabili di complicanze come coliche biliari e ostruzioni.

Le proteine sieriche totali sono inizialmente normali, ma con il progredire della malattia, si verifica la riduzione dell'albumina e l'aumento della frazione alfa1, alfa 2 e delle gamma globuline.


Alterazioni intestinali


Ileo da meconio. La presenza di un'alterata funzione pancreatica, già presente durante la vita fetale, e l'abnorme secrezione di muco da parte delle ghiandole intestinali, sono responsabili dell'ileo da meconio, (un'ostruzione dell'ultimo tratto ileale che è presente fisiologicamente alla nascita), nel 10 % dei pazienti con Fibrosi Cistica. .

L'ileo da meconio può essere diagnosticato già in utero intorno alla 17°-18° settimana di gestazione ed entro 48 ore dalla nascita si può presentare un'ostruzione intestinale con iperemesi, complicata in alcuni casi da perforazione con conseguente peritonite meconiale.

Ostruzioni intestinali tardive. Sono equivalenti all'ileo da meconio (oppure DIOS da Distal Intestinal Obstruction Sindrome) e rappresentano un problema che coinvolge 10-20% dei pazienti più grandi.

L'eziologia non è ben definita, poiché coinvolge anche pazienti con sufficienza pancreatica; probabilmente la mancanza di una quantità sufficiente d'enzimi pancreatici, associata alla presenza di muco particolarmente vischioso e aderente e ad un'alterata motilità intestinale, causa un impatto fecale. I pazienti presentano generalmente dolori addominali ricorrenti. Quando l'ostruzione è completa, compare distensione addominale e vomito. A volte la sintomatologia è così grave da confondersi con l'appendicite acuta, morbo di Crohn, fistole, ascessi appendicolari, o cisti ovariche.

Prolasso rettale. E'favorito dall'emissione di feci abbondanti ed interessa il 20% dei pazienti.

Reflusso gastroesofageo (RGE). La presenza di RGE è riscontrata in circa un terzo dei pazienti. Fino ad alcuni anni fa questa complicanza era stata scarsamente considerata, perché i suoi sintomi sono, sovrapponibili a quelli tipici della fibrosi cistica( dolori addominali, vomito, anoressia, tosse, apnea nei lattanti . I segni e i sintomi riferibili ad una patologia da RGE vanno attentamente ricercati, in particolare ogni qualvolta il paziente manifesta dolori addominali, scarso appetito, o crescita rallentata nonostante una buona compliance terapeutica, così pure quando è presente un non altrimenti giustificabile progressivo danno polmonare. L'esofagite, provocata dal reflusso acido, frequentemente associata a dolore, anoressia e vomito in seguito a colpi di tosse, è comune in pazienti con malattia polmonare avanzata.

Stipsi cronica. E' una caratteristica abbastanza comune nei pazienti con Fibrosi Cistica. Le manifestazioni cliniche sono scarse, subdole, spesso asintomatiche e devono essere confermate attraverso un esame radiologico diretto dell'addome che evidenzia ristagno fecale. Solo nei casi gravi compare dolore addominale. A volte una sintomatologia da stipsi è difficile da differenziare da una DIOS (sindrome dell'ostruzione dell'intestino distale).


La disidratazione


A causa delle aumentate perdite di sali ed acqua attraverso il sudore, i pazienti con Fibrosi Cistica possono andare facilmente incontro a disidratazione soprattutto nelle stagioni calde. Nei lattanti questa complicanza è ancora più frequente, poiché il rapporto tra superficie e massa corporea è decisamente più alto. La grave perdita di sali ed acqua, determina una disidratazione iponatremica, ipocloremica, con conseguente alcalosi. Lo squilibrio elettrolitico, se non corretto in tempo, può provocare innalzamento della temperatura corporea e stato soporoso fino al coma.

La migliore strategia per il trattamento è la prevenzione, che deve essere attuata durante i periodi critici (ad esempio in estate), con una maggiore quantità di sale aggiunto alla dieta.


LA DIAGNOSI


Ancora oggi la diagnosi di Fibrosi Cistica si basa prevalentemente sul dosaggio del cloro nel sudore del paziente. Il test del sudore, secondo la metodica di Gibson e Cook, in uso dal 1959, è ancora oggi il metodo più accurato. I valori di sodio e cloro inferiori a 40 mEq/l vengono considerati normali, quelli superiori a 60 mEq/l si considerano patologici.

Valori compresi tra 40 e 60 mEq/l sono considerati dubbi.

Nei casi dubbi è oggi possibile cercare la mutazione della CFTR. I pazienti che risultano border line, presentano un'insufficienza pancreatica ed un coinvolgimento più lieve della funzione polmonare. Il test del sudore rimane l'unico test uniformemente accettato, può essere effettuato a qualsiasi età anche se non è specifico per la Fibrosi Cistica. (Tab. 4)

Per formulare una diagnosi certa, un test risultato patologico, dovrebbe essere sempre confermato, così anche un test negativo, se esistono sospetti clinici, dovrebbe essere ugualmente ripetuto. Il dosaggio di cloro nel sudore, il riscontro di una patologia polmonare e di un'insufficienza pancreatica, costituiscono la "triade diagnostica" per la Fibrosi Cistica.


Tabella 4  Tests impiegati nella diagnosi della Fibrosi Cistica

Il test del sudore

Il dosaggio della chimotripsina fecale

Il dosaggio dell'elastasi fecale








La diagnosi prenatale e lo screening neonatale


Con il l'identificazione e il clonaggio del gene FC è possibile ricercare direttamente la mutazione tramite prelievo dei villi coriali alla 10° settimana di gestazione. Lo screening neonatale per la Fibrosi Cistica viene effettuato con il dosaggio della tripsina (elevata nei neonati con Fibrosi Cistica) su una goccia di sangue prelevata dopo la terza giornata di vita con lo scopo di diagnosticare la malattia prima della comparsa dei sintomi. Infatti una diagnosi precoce permette di attuare una terapia preventiva, ritardando i danni che derivano dalle infezioni ripetute. La misurazione di questo enzima, associata al test del sudore e all'analisi della mutazione, costituisce la base dei programmi di screening neonatale per la Fibrosi Cistica in molte parti del mondo.

In una famiglia in cui è già presente un bimbo malato, il rischio di avere un altro figlio con la fibrosi cistica è elevato (1: 4);






La diagnosi di insufficienza pancreatica


La diagnosi d'insufficienza pancreatica si effettua ricercando la riduzione o l'assenza dell'attività enzimatica pancreatica e la ridotta secrezione di bicarbonato in seguito a stimolo con secretina. Il test per il dosaggio del bicarbonato rimane in ogni caso un test riservato ai casi dubbi poiché è invasivo e non può essere usato routinariamente. La raccolta delle feci di 72 ore è più facile e ripetibile, impiegato nella valutazione del contenuto di grassi persi al giorno e mostra indirettamente la funzionalità residua esocrina del pancreas. Tale parametro confrontato con le quote d'introduzione lipidica giornaliera, derivato da un recall alimentare, permette di conoscere il coefficiente d'assorbimento dei grassi in un soggetto (bilancio dei grassi). La quantità di grassi escreta fisiologicamente è <7g/die in pazienti adulti e <a 2 g/die nei bambini, pari al 5% circa dei grassi ingeriti giornalmente. Il dosaggio della chimotripsina fecale e dell'elastasi fecale, in caso d'insufficienza digestiva, si attesta su valori inferiori alla norma.

Misurazioni occasionali di chimotripsina fecale, sono utili per monitorare la terapia enzimatica; i valori restano bassi in caso di un trattamento insufficiente, indicando una prescrizione inadeguata o una non compliance del paziente. (Sfortunatamente valori normali non escludono una rilevante steatorrea.) Nei pazienti con steatorrea si trova una diminuzione dei livelli ematici dei carotenoidi, vitamina A, ed E, acidi grassi essenziali e colesterolo.

L'elastasi fecale (ELI 1) è una specifica proteasi umana ben correlata con test stimolanti la funzione pancreatica. Nei pazienti con la Fibrosi Cistica c'è una netta separazione tra pazienti con sufficienza pancreatica, con valori normali (> 200 micro g/g di feci), e pazienti con insufficienza pancreatica, con valori molto bassi.


La diagnosi di danno polmonare


Alla nascita, l'esame radiologico del torace appare nella norma, mentre con il progredire della malattia, l'esame radiologico mostra intrappolamento d'aria, bronchiectasie, noduli, infiltrati polmonari, con occasionali atelettasie.

Gli esami più importanti per la quantizzazione del danno polmonare, sono le prove di funzionalità respiratoria e l'esame radiologico del torace. Lo studio della funzionalità respiratoria nei bambini al di sotto dei tre anni di vita, viene valutata attraverso lo squeezing. I tests di funzionalità respiratoria mostrano ipossiemia e riduzione della capacità vitale forzata (forced vitality capacity, FVC), del volume espiratorio forzato in un secondo (forced expiratory volume in 1 second, FEV1) e del rapporto volume residuo/capacità polmonare totale.(the manual merk) Il FEV1 continua a ridursi progressivamente nel corso della vita indicando un difetto ostruttivo e diventa un parametro predittivo di sopravvivenza (con valori di FEV1 inferiori al 30%, la metà dei pazienti muore entro i due anni successivi). L'esame colturale dell'espettorato, ripetuto routinariamente per valutare le condizioni cliniche e scegliere l'adeguata terapia antibiotica, riflette la flora microbica che colonizza le basse vie respiratorie.











Tabella 6 Evoluzione del danno polmonare

Secreti densi delle vie aeree


Ostruzione Colonizzazione batterica


Enfisema    Infezioni polmonari


Infezione cronica e risposta immunitaria amplificata


Bronchiectasie


Fibrosi polmonare










LA MALNUTRIZIONE


La malnutrizione è definibile come "uno stato di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell'organismo conseguente alla discrepanza tra fabbisogni nutrizionali specifici, introito di nutrienti essenziali e di calorie.

La malnutrizione è valutata attraverso il rapporto peso - altezza e l'indice di massa corporea (IMC); valori inferiori al 90% del rapporto tra peso altezza nei bambini nei bambini o con un IMC inferiore a 18 negli adulti indicano malnutrizione. L'obbiettivo del trattamento della malnutrizione è di incrementare la massa magra.

La malnutrizione cronica è frequente nei pazienti con Fibrosi Cistica e comporta un ritardo significativo dell'accrescimento ponderale e staturale. E' stata dimostrata una correlazione tra la gravità dello stato nutrizionale, la severità della malattia polmonare e come conseguenza, con il tasso di sopravvivenza.

La malnutrizione, anche negli individui sani, indebolisce il sistema immunitario, aumenta la suscettibilità alle infezioni polmonari, riduce la forza ed il volume dei muscoli respiratori, contribuendo al peggioramento della funzione polmonare.

Una malnutrizione si osserva in circa il 50% dei lattanti non trattati e talvolta persiste nonostante una corretta terapia enzimatica sostitutiva se è già presente un'infezione cronica polmonare scarsamente controllata dalla terapia antibiotica. Nelle successive età, essa è meno spiccata in relazione al minore ritmo di accrescimento corporeo presente dopo il primo anno di vita; nel periodo adolescenziale si può avere un ritardo dello sviluppo puberale associato ad un aggravamento delle condizioni cliniche dei pazienti che influenzano negativamente la situazione nutrizionale.



I fattori determinanti la malnutrizione

Aumento dei fabbisogni: Deficit delle introduzioni:

Aumento delle perdite intestinali:   - Anoressia,

- alterato metabolismo dei sali biliari, - Depressione,

- insufficienza pancreatica, - Disordini alimentari,

- malattia epatobiliare, - Esofagite,

- vomito da reflusso gastroesofageo - Restrizione iatrogena dei grassi;


Aumento dei fabbisogni energetici:

- malattia polmonare;

La maldigestione ed il malassorbimento, derivati dall'insufficienza pancreatica, portano alla perdita per via fecale, di sostanze nutrienti, e contribuiscono allo squilibrio energetico. Infatti, nonostante l'uso degli enzimi pancreatici sostitutivi, non si realizza mai una totale digestione ed assorbimento di lipidi, carboidrati e proteine. I motivi di una incompleta digestione dei nutrienti sono da attribuire ad :

Una riduzione della secrezione di bicarbonati da parte del pancreas; ciò permette all'acido gastrico di entrare nel duodeno, abbassando il pH intestinale, riducendo l'attività enzimatica.

Gli acidi biliari vengono precipitati in un ambiente acido e la loro concentrazione nel duodeno può scendere al di sotto di quella che permette la formazione delle micelle; perciò essi vengono persi con le feci, aggravando la maldigestione dei grassi.

Inoltre i sali biliari riversati in quantità maggiori nella circolazione enteropatica, non vengono riassorbiti riducendo il pool totale dei sali biliari; viene alterata la proporzione tra acido glicocolico e taurocolico, che si legano alle proteine non assorbite, aggravandone la perdita. Ed in fine la presenza di uno strato di muco più denso sulle pareti intestinali altera la funzione intestinale assorbente delle sostanze nutritive e degli acidi biliari.

E' stata dimostrata una correlazione tra la gravità dello stato nutrizionale e la severità della malattia polmonare.

La perdita di peso comporta inizialmente una perdita di tessuto adiposo ed in seguito, quella di tessuto muscolare; viene intaccata l'elasticità dei muscoli e quindi la funzione respiratoria, espressa come FVC (capacità vitale sottosforzo) e da FEV1 (volume espiratorio sottosforzo in un secondo). Inoltre la frequenza e la gravità delle infezioni polmonari possono indurre anoressia e vomito, con riduzione dell'assunzione degli alimenti.

Se a questi fattori si aggiunge l'enorme costo metabolico delle infezioni respiratorie, è facile capire perché i pazienti con Fibrosi Cistica siano spesso gravemente malnutriti.



Tabella 7 Criteri per identificare una deplezione nutrizionale in atto

Apporto calorico < 80 % del fabbisogno medio

Calo di peso > 5 % rispetto al precedente

Peso /altezza < 90% o al 10° percentile

Albumina sierica  < 3.2 mg/dl







L' ASSISTENZA DELLA FIBROSI CISTICA IN ITALIA


Esattamente 40 anni fa , il Professore Gianni Mastella all'ospedale di Verona iniziò a prendersi cura dei bambini affetti da F.C. , una patologia fino ad allora sconosciuta o quasi nel nostro paese.

Analoga iniziativa era sorta intorno al 1960 presso l'istituto G. Gaslini di Genova con il professore Romano. Dopo il 1971 si svilupparono servizi specializzati per la F.C. presso la "Clinica Pediatrica di Milano" con la professoressa Annamaria Giunta e di Roma con il professor Mariano Antonelli.

Già nel 1973 il Centro di Verona istituì uno dei primi centri specializzati di screening neo-natale per F.C. in Europa. Attualmente il centro di Verona è , per numero di pazienti seguiti , il più grande del nostro continente. A partire dagli anni '80 , grazie anche al lavoro di formazione e sensibilizzazione svolto dal centro di Verona e dagli altri centri pionieri , hanno cominciato a sorgere altri centri e servizi di F.C. in varie regioni d'Italia

Per quanto concerne il processo assistenziale , sostenuto fin dall'inizio dal professor Mastella e dal centro di Verona , si diffuse in tutti i centri che si occupano della cura della F.C. in Italia.

L'assistenza al paziente affetto da F.C. consiste in un approccio

solistico   alla persona con F.C. e persegue l'idea di un'assistenza

che prenda globalmente in carico il paziente sotto i punti di vista : non solo clinico , ma anche riabilitativo , psicologico , sociale , scolastico , lavorativo , economico , riproduttivo ecc.. In questa visione ciascun centro di F.C. cerca di essere un punto di riferimento per ogni tipo di bisogno del paziente derivante dalla sua patologia.

Attualmente in Italia ci sono 20 centri di F.C. regionali , più di 14 centri minori dipendenti dai primi , che si occupano di circa 4100 pazienti , 1400 circa dei quali hanno più di 18 anni. Due centri , quello di Roma e di Verona , sono strutturati sia come servizio ambulatoriale , sia con un proprio reparto di degenza specifico. Gli altri sono costituiti da un servizio ambulatoriale che , per i ricoveri dei propri pazienti , si avvalgono di posti letti all'interno di altri reparti di pediatria , pneumologia , o medicina generale. Solo in tre regioni esistono centri separati per l'età adulta e per l'età pediatrica.

Per l'assistenza al paziente affetto da F.C. , particolare importanza ricopre il ruolo dell'infermiere.

Il numero degli infermieri che lavorano all'interno di ciascun centro è diverso: nello staff di alcuni centri è presente un solo infermiere mentre in altri , in particolare dove esiste un reparto di degenza , c'è un organico di anche 25 - 30 elementi: così , come

può essere diverso il ruolo che occupano all'interno dello staff del centro.

Nonostante le distanze anche notevoli tra i vari centri distribuiti sul territorio nazionale , la scarsità di contatti e scambi di informazioni tra i vari staff infermieristici e le differenze nel ruolo assegnato agli infermieri di ciascun centro , esiste tra gli infermieri di F.C. italiani una certa uniformità di comportamenti assistenziali , quasi uno stile comune.











IL RUOLO DELL'INFERMIERE NEL CENTRO DI F.C.


L'infermiere all'interno del centro di F.C. , è a pieno titolo un membro dello staff insostituibile , autorevole , con un suo ruolo specifico ed incisivo , nell'ambito della "presa in carico globale" del paziente con F.C. . Lui è autonomo , investito di grosse responsabilità e può prendere in molti ambiti , decisioni sulla base del proprio giudizio e con un ampio margine di discrezionalità. Gli infermieri dei centri di F.C. italiani in questi ultimi anni sono stati per certi aspetti dei precursori , rispetto agli altri infermieri italiani , in fatto di assunzione di responsabilità e di autonomia di azione .

Per tracciare il profilo di un tipico infermiere di F.C. , inizieremo col dire che l'infermiere si occupa , normalmente , dell'organizzazione generale del centro di F.C. ed è responsabile di vigilare sul buon andamento del servizio , sorvegliando la qualità delle prestazioni offerte ed il mantenimento degli standard stabiliti: tiene l'agenda degli appuntamenti , stabilisce l'ordine degli ingressi dei pazienti nei locali e quindi garantisce il rispetto delle norme di segregazione. Pianifica i controlli annuali e periodici dei pazienti e li dispone , occupandosi dell'organizzazione degli appuntamenti per la diagnostica strumentale e tenendo i rapporti con i vari servizi dell'ospedale. E' responsabile dei rifornimenti (farmaci , presidi monouso ecc. ).

Ha la responsabilità di far seguire la manutenzione ed il controllo periodico di funzionalità degli apparecchi elettromedicali.

Si occupa di tutti gli aspetti burocratici della permanenza del paziente al centro (ammissioni , dimissioni , problemi amministrativi ). Tiene i rapporti con le farmacie territoriali incaricate di fornire ai pazienti i farmaci , i presidi sanitari e l'ossigenoterapia domiciliare. E' responsabile dell'ordine , dell'aggiornamento e della conservazione delle cartelle cliniche e vigila sul ritorno dei referti dalle varie diagnostiche.

Sul paziente lo prepara alla visita di controllo eseguendo le rilevazioni auxologiche , ossimetriche , dei parametri vitali , esegue le prove spirometriche , esegue prelievi di sangue ed i tamponi faringei , gestisce autonomamente la terapia venosa con piena potestà decisionale sul catetere venoso centrale , il luogo di inserzione ecc..

Inoltre , in alcuni centri da qualche tempo gli infermieri hanno iniziato la pratica del posizionamento del catetere venoso centrale tipo Mieline.

Tiene il calendario vaccinale del paziente e provvede alle vaccinazioni.

Attraverso il colloquio col paziente e la famiglia , esegue la valutazione dei bisogni assistenziali e la diagnosi infermieristica ; li riporta par la discussione nella riunione settimanale di reparto per le decisioni conseguenti.

Svolge l'opera di educazione e di addestramento all'esecuzione della terapia aerosolica , spiegando il corretto utilizzo , la manutenzione dei dispositivi e le norme igieniche da seguire.

Quasi tutti i centri italiani , hanno adottato la politica di incoraggiare e favorire il più possibile la gestione dei cicli di terapia antibiotica endovenosa da parte dei pazienti in modo autonomo al proprio domicilio .

L' infermiere del centro è la figura che è responsabile dell'addestramento del paziente o della famiglia alla preparazione ed auto - somministrazione dell'antibiotico endovena , alla manutenzione del catetere venoso , centrale o periferico , della verifica periodica dell'apprendimento.

Lo stesso ruolo , l'infermiere lo ha anche per quel che riguarda la nutrizione entrale artificiale ( per sonda nasogastrica o per gastrostomia ) eseguita a domicilio : si occupa dell'insegnamento e dell'addestramento alla famiglia e della verifica periodica dell'apprendimento.

Fornisce telefonicamente consulenza su tutti e tre gli argomenti descritti , in tutti i casi in cui il paziente abbia bisogno di chiarimenti , o abbia dei problemi che non riesce a risolvere da solo.

Un aspetto importante dell'attività del centro di F.C. di cui sempre più gli infermieri si stanno assumendo in prima persona la responsabilità è quello del controllo delle infezioni : sono loro che sempre più si fanno carico di stabilire i protocolli contenenti le regole e le misure per la prevenzione delle infezioni crociate tra i pazienti , sia all'interno dell'ambulatorio che nei reparti di degenza e di metterle in atto e farle rispettare.

Il ruolo di "avvocatura" a favore del paziente e della sua famiglia è un altro dei ruoli che l'infermiere svolge da sempre all'interno del centro di F.C..

Grazie al particolare rapporto che l'infermiere ha con il paziente , più informale , diretto ,confidente e libero , poò svolgere il ruolo di raccordo tra essi ed i medici per bisogni non rilevati , esigenze non espresse , disturbi taciuti o sottostimati , domande di chiarimento nono fatte. Una funzione importante per garantire un'assistenza ottimale ai pazienti.

Il "triage telefonico" è un altro servizio che gli infermieri sanno gestire ottimamente. Infatti , ci sono sempre più centri in cui i medici affidano agli infermieri telefonate dei pazienti contenenti richieste di aiuto. E' una necessità dovuta al sempre crescente carico di lavoro , ma è anche un modo per razionalizzare le poche risorse esistenti e quindi di migliorare il servizio offerto . Nel centro di F.C. della Toscana , circa il 20% delle telefonate con richiesta di consulto provenienti dai pazienti vengono soddisfatte dagli infermieri , senza bisogno che il medico prenda il telefono.

In molti centri gli infermieri eseguono il "test del sudore" ed in alcuni casi si occupano anche della gestione delle comunicazioni di richiamo alle famiglie dei neonati risultati positivi allo screening neonatale ; in questi casi è l'infermiere che abitualmente svolge il compito di fornire in questa delicata fase ai genitori dei bambini richiamati le informazioni sul significato clinico dello screening stesso.

Non sono pochi , però , i centri che devono fronteggiare una carenza di organico. L'infermiere assume quindi il ruolo di un vero e proprio jolly e spesso è chiamato a supplire ai compiti di altre figure professionali. Non è quindi raro che gli infermieri svolgano nei centri di F.C. italiani le funzioni che sarebbero proprie dell'assistente sociale , del fisioterapista , e talora anche del terapista nutrizionale ( dietista )


L'assistenza domiciliare e le cure palliative


L'assistenza domiciliare è in un certo senso il punto più debole per quanto concerne l'assistenza . Nel nostro paese ha dominato a lungo una cultura sanitaria , ancora non del tutto superata , che considerava l'ospedale come l'unico luogo di cura possibile , aiutata anche dalla persistenza a livello popolare della percezione della malattia , ed in particolare di quella cronica , come qualcosa di cui vergognarsi , da tenere nascosto e quindi lontano da dove si abita , per non essere "scoperti" . Anche se , fortunatamente questa mentalità sta andando scomparendo , ancora molta gente

rifiuta l'idea delle cure in casa propria e concepisce solo l'ospedale come luogo ad esse deputato.

L'assistenza infermieristica domiciliare è quindi nata sia culturalmente che operativamente da poco ed in alcune parti di Italia non è stata ancora pienamente attivata dalle autorità locali.

Inoltre , laddove l'assistenza domiciliare esiste , essa agisce in modo indipendente e scollegato dalle strutture ospedaliere. I centri di F.C. italiani sono tutti parte di una struttura ospedaliera e quindi non hanno servizi domiciliari propri . Per cui , nei casi in cui è necessaria una presenza infermieristica a domicilio per la prosecuzione del piano terapeutico , l'infermiere del centro non può far altro che delegare al servizio domiciliare , con base extra - ospedaliera , e fare da raccordo tra il centro e quest'ultimo , con cui però raramente ha un rapporto di collaborazione operativa reale.

In concreto , quindi , l'assistenza domiciliare , laddove esiste , è fornita da infermieri che , salvo rari casi , non hanno conoscenze specifiche nel campo della F.C. , ma si occupano prevalentemente di pazienti oncologici o affetti da AIDS : patologie che richiedono un approccio diverso da quello della F.C..

Le "cure palliative e terminali del dolore" sono un altro campo in cui c'è molto da fare. In Italia siamo in ritardo , anche a causa di un'idea ancora assai radicata che considera il dolore e la sofferenza come qualcosa che non può , e quindi non deve essere del tutto eliminata. E' proprio l'infermiere la figura professionale che più si sta facendo carico del problema anche all'interno dei vari centri di F.C. , e sta cercando di sensibilizzare gli altri operatori sull'importanza di riconoscere e trattare adeguatamente il dolore e pianificare la fase terminale.

Sempre più spesso , infine , gli infermieri sono parte attiva nei progetti di ricerca condotti all'interno dei vari centri , a cui partecipano con la raccolta e l'elaborazione dei dati.

Nonostante il ruolo che l'infermiere occupa , è molto difficile aggiornarsi , approfondire e migliorare le proprie conoscenze , specializzarsi : il Servizio Sanitario Nazionale dota tutti gli ospedali pubblici di fondi destinati all'aggiornamento del personale , ma per gli infermieri è di fatto impossibile accedervi , e la quasi totalità dei fondi vengono solitamente utilizzati per l'aggiornamento dei medici. Gli infermieri che vogliono aggiornarsi devono quindi pagare le spese da soli e talora hanno persino difficoltà a vedersi riconosciuto il diritto ad assentarsi da lavoro per farlo.


L' infermiere e il day hospital


Ad ogni visita ambulatoriale , l'infermiere dovrà rilevare nel bambino :

Peso ;

Altezza ;

Esame batteriologico dell'escreto ;

Esami ematochimici .

Ai bambini più piccoli che hanno difficoltà ad espettorare verrà eseguito un tampone faringeo , i pazienti più grandi , invece , dovranno espettorare in un contenitore sterile .

Ogni sei mesi , invece , verrà effettuata una radiografia del torace , che però potrà essere ripetuta anche tra una visita ed un'altra se dovesse sorgere un dubbio che la situazione polmonare possa essere variata.

Verranno effettuate prove di funzionalità respiratoria ( spirometria ) e quando necessario , il cardio - test da sforzo per valutare la meccanica durante lo sforzo.














Rapporto infermiere - paziente


Per tutti gli individui essere SANI significa "essere efficienti ed in grado di svolgere le normali attività" e vivere una "situazione di stabilità e di equilibrio psico - fisico" piuttosto che "assenza di malattia e di sintomi".

Nell'ambito della cronicità , la salute può essere , infatti , considerata come uno stato di equilibrio , mentre la malattia corrisponde alla crisi , alla ricaduta , alla complicanza. Questo cambiamento di concetto ha delle conseguenze dirette sul modo in cui i curanti considera no le loro azioni verso dei pazienti cronici. Abituati per la loro formazione a ritenere che il loro ruolo sia quello di identificare e di porre rimedio il più rapidamente possibile ad un evento morboso transitorio , per riportare l'individuo ad uno stato di salute , il personale sanitario deve oggi accettare di "accompagnare" per anni delle persone che non riusciranno mai a guarire , ma piuttosto a stabilizzarsi

Per curare efficacemente un malato cronico , oggi non è sufficiente limitarsi alla corretta interpretazione dei segni e sintomi clinici della malattia ed alla semplice prescrizione di farmaci o altri rimedi. Un approccio terapeutico completo implica che tra curante e paziente si stabilisca una vera e propria alleanza terapeutica , e delle solide relazioni umane .

La "malattia" diviene così , sempre più frequentemente un luogo di incontro tra persone.

Purtroppo , sempre più frequentemente , in assenza di un'adeguata comunicazione , il paziente ed il curante finiscono per contraddirsi. Tutto ciò va a discapito non solo della "qualità" dell'assistenza , ma anche della "qualità" della loro vita relazionale e professionale. Infatti , oltre a migliorare il rapporto con gli assistiti , una buona comunicazione riduce stress ed incomprensioni , creando condizioni di maggiore armonia e di coordinamento anche tra coloro che prestano assistenza.

Una comunicazione aperta e chiara , oltre ad essere un tramite di informazioni cliniche , diviene , pertanto, anche un prezioso strumento di collaborazione tra curanti e malati.

Collaborare significa spartire speranza , impegno , difficoltà , problemi , preoccupazioni , obiettivi e progetti. In tal modo , entrambi saranno meno "soli" di fronte alla malattia. Tuttavia gli ostacoli alla comunicazione ed alla collaborazione possono essere numerosi : barriere culturali , linguistiche , emotive , scarsa motivazione , pregiudizi , difficoltà organizzative , economiche e logistiche , ma anche una formazione alla relazione ed una capacità di ascolto insufficienti.

Di conseguenza : OGNI PROFESSIONISTA SANITARIO , PERSTABILIRE UNA RELAZIONE COMUNICATIVA E COOPERATIVA EFFICACE CON IL MALATO E LA SUA FAMIGLIA , DEVE DOTARSI DI UNA VERA E PROPRIA COMPETENZA PROFESSIONALE




Coinvolgimento attivo del paziente : dall'informazione all'educazione


La malattia , soprattutto se cronica , obbliga il paziente a scelte e comportamenti che investono la sua vita quotidiana ( lavoro , studio , alimentazione , attività , terapie farmacologiche e riabilitative , ecc. ) anche negli aspetti più intimi . Quindi , è importante che affinché la malattia si possa affrontare al meglio , il paziente deve avvantaggiarsi di specifici INTERVENTI EDUCATIVI.

A differenza dell'informazione - passiva ed incentrata su chi la fornisce - , l'educazione è un processo basato su colui che apprende.

L'informazione fa parte del dialogo tra curante e malato ed è costituita da un insieme di consigli , raccomandazioni ed istruzioni.

L'educazione è , invece , una pratica più complessa che implica una diagnosi educativa , la scelta di obiettivi di apprendimento e l'applicazione di tecniche d'insegnamento e di valutazione pertinenti al fine di consentire al paziente di:

Conoscere la propria malattia ( sapere = conoscenza );

Gestire la terapia in modo competente ( saper fare = autogestione );

Prevenire le complicanze evitabili ( saper essere = comportamenti ).

Secondo la definizione dell' Organizzazione Mondiale della Sanità "l'educazione terapeutica consiste nell'aiutare il paziente e la sua famiglia a comprendere la malattia ed il trattamento , a collaborare alle cure , a farsi carico del proprio stato di salute e migliorare la propria qualità di vita".

Ciò implica un vero e proprio trasferimento pianificato ed organizzato di competenze terapeutiche dai curanti ai pazienti , grazie al quale la dipendenza lascia progressivamente il posto alla responsabilizzazione de alla collaborazione attiva. Un compito così delicato rende , però , necessario da parte dei curanti il possesso di specifiche competenze pedagogiche , acquisite per mezzo di un'apposita formazione interdisciplinare.

L'educazione dei pazienti all'autogestione è un principio largamente accettato in molte patologie croniche , ma è importante che la maggior parte del personale sanitario curante capisca che l'educazione deve essere organizzata e pianificata con lo stesso rigore delle pratiche diagnostiche e terapeutiche. In effetti , se non si può negare che alcuni curanti , da molto tempo , abbiano iniziato ad educare i loro pazienti , bisogna riconoscere che , salvo rari casi , le loro pratiche educative non sono formalizzate in veri e propri programmi . Esiste infatti una differenza molto netta tra un'educazione di tipo "informale" e quella condotta secondo criteri pedagogici rigorosi.

Nel primo caso , l'educazione fa parte del dialogo tra curante ed assistito , basato su un insieme costituito da informazioni , consigli , raccomandazioni ed istruzioni .

Nel secondo , "l'educazione consiste , invece , in un programma di formazione , al termine del quale il paziente diventa capace di esercitare autonomamente delle competenze terapeutiche che , in un altro contesto , sarebbero di responsabilità del curante".

Quindi attraverso lo sviluppo di precise competenze comunicative ed educative , il personale sanitario può contribuire a :

Migliorare la qualità di vita di malati e delle loro famiglie ;

Incrementare il controllo delle condizioni cliniche dei malati ottenendo una riduzione delle complicanze , una maggiore adesione al trattamento terapeutico e riabilitativo ed alla riduzione degli effetti indesiderati dei farmaci ;

Promuovere un utilizzo più razionale e pertinente dei servizi da parte dell'utenza , migliorando la qualità del servizio , ottimizzando i tempi di gestione dell'assistenza sanitaria ;

Sviluppare un modello di organizzazione assistenziale centrato sul paziente e sulla cooperazione tra quanti operano a favore del malato ;

Favorire relazioni umane e professionali più armoniche anche tra curanti .



Programmi educazionali , per il paziente affetto da Fibrosi Cistica


Le figure professionali che dovrebbero intervenire in un programma educazionale da proporre al paziente sono diverse , il loro numero varia secondo la patologia , l'età del soggetto e che sia in regime di ricovero o ambulatoriale. Dovrebbero essere coinvolti :

Il medico ;

Il terapista respiratorio ;

L'infermiere professionale ;

Lo psicologo ;

Il dietista .

Il MEDICO ha il compito di fornire informazioni generali sulla patologia e sulla terapia consigliata.

Il TERAPISTA RESPIRATORIO insegna al malato come effettuare correttamente terapie come quelle aerosoliche l'ossigeno e la ventilo - terapia, propone ed istruisce all'utilizzo dei vari ausili e fornisce indicazioni utili per la vita quotidiana . Il terapista respiratorio è una figura privilegiata nella gestione dei programmi educazionali. Da un lato , ha la competenza per affrontare diversi argomenti , dall'altro ha la possibilità di passare molto tempo con il paziente . Ciò non è sempre possibile alle altre figure professionali che hanno con lui anche frequenti , ma spesso brevi incontri. Questa opportunità favorisce la nascita di una certa confidenza e fiducia che li avvicina alla realtà del paziente. Inoltre ha la possibilità di rinforzare quotidianamente il messaggio educazionale , durante il trattamento fisioterapico , affiancando , al messaggio verbale quello corporeo. Questo costituisce un vantaggio , in quanto viene recepito dal paziente con maggiore prontezza e grande impatto fisico ed emotivo.

L'INFERMIERE PROFESSIONALE è vicino al paziente per quel che riguarda i programmi terapeutici e l'uso dei farmaci , la loro conservazione e la modalità di assunzione . Egli in collaborazione con il terapista insegna le procedure igieniche necessarie per gli ausili utilizzati e le norme igieniche da seguire per la vita quotidiana.

LO PSICOLOGO è un'importante figura di riferimento sia personale che familiare , la sua funzione è quella di aiutare a convivere con la malattia e la sua cronicità .

IL DIETISTA è necessario per la consulenza ed indicazioni sui bisogni nutrizionali : fornisce consigli specifici e personalizzati sul regime alimentare da mantenere.

Metodi di intervento : Il successo o il fallimento dei programmi educazionali dipende da alcuni fattori collegati fra loro , quali :

Capacità dell'educatore di insegnare ;

Coinvolgimento del paziente e la famiglia durante la fase di pianificazione ;

Scelta di obiettivi comuni ;

Individuazione delle risorse e dei limiti ;

Efficacia della fase valutativa .


1. CAPACITA' DELL'EDUCATORE DI INSEGNARE

Per avere successo come educatori è necessario conoscere ed utilizzare metodi , strategie , tecniche che ottimizzino la fase dell'apprendimento.

La modalità di intervento varia in base al fatto che ci si rivolge al paziente cronico o acuto . Molto spesso viene utilizzato un approccio di gruppo con il soggetto cronico in quanto è utile sottolineare la condivisione delle problematiche comuni . Sarebbe anche utile creare piccoli gruppi disposti in modo circolare , così da creare un'atmosfera che favorisca la libera espressione e la discussione tra i partecipanti , rendendoli realmente attivi nel processo educativo . Invece , l'approccio al singolo può essere più adeguato , quando ci si rivolge ad un malato in attesa di un intervento chirurgico , in quanto è più difficile riunire soggetti con le stesse problematiche.

I messaggi saranno diversi in base al fatto che ci si trovi di fronte a pazienti cronici giovani , adulti , oppure ai familiari ed agli operatori sanitari coinvolti.

E' molto utile procedere attraverso l'utilizzo di materiale didattico idoneo come opuscoli e diapositive , sapendo che l'informazione deve essere proposta ad un livello di comprensione adeguata ai singoli soggetti . Un livello troppo elevato tenderà a frustrare i partecipanti , così come un livello di comunicazione troppo semplice o banale li porterà a perdere interesse .

Le informazioni fornite ad ogni incontro devono essere in numero limitato in quanto , troppe nozioni ricevute in breve tempo , non vengono facilmente apprese . L'educatore deve svolgere il ruolo di "leader" , guidando la discussione servendosi delle esperienze dirette dei pazienti , chiedendo loro di portare esempi reali , evitando di fornire principi e generalizzazioni che possono allontanare dalla realtà personale. Nel caso in cui i pazienti posseggano informazioni scorrette , egli dovrà fornire quelle esatte senza umiliarli , ma ricompensandoli per lo sforzo necessario per cambiare un convincimento . E' importante , di volta in volta ,sapere quale comportamento rinforzare . Per esempio , egli dovrà decidere di incentivare la partecipazione di un paziente che rimane in disparte senza collaborare alla discussione , oppure enfatizzare la buona volontà di un altro nell'affrontare un determinato problema .


2. COINVOLGIMENTO DEL PAZIENTE E DELLA FAMIGLIA DURANTE  LA FASE DI PIANIFICAZIONE

La partecipazione attiva al processo educativo ne migliora il risultato.

Per ottenerla però è necessario tener conto del patrimonio culturale del destinatario , alla sua recettività e del suo reale desiderio di conoscere .

Per esempio , il paziente anziano , si trova in un'epoca della sua vita in cui il suo ruolo sociale può essere alterato e le variazioni fisiche connesse all'età possono divenire più pronunciate. Di conseguenza questo paziente è frequentemente depresso e ansioso. Diverso è rivolgersi ad un giovane nel pieno della sua vita al quale è stata diagnosticata una malattia cronica . Il sentirsi senza speranza o inutili può compromettere fino ad impedire l'accettazione del trattamento. Ecco perchè è fondamentale riuscire a coinvolgere il paziente nella fase di pianificazione prima di decidere per un qualsiasi programma . Nella scelta del piano di trattamento pertanto , paziente e famiglia avranno un ruolo attivo , affiancando o meglio dirigendo il lavoro dello staff. A nulla servirà il programma educazionale , o riabilitativo , se i destinatari non si ritengono tali .


3. SCELTA DI OBIETTIVI COMUNI

Questo è probabilmente uno dei compiti più difficili. E' certo che presentare informazioni precise sulla malattia e sul percorso riabilitativo può portare a variazioni del comportamento . E' quindi più probabile che le proposte che includono un piano di autogestione ottengono migliori risultati rispetto a quelle che presentano solo informazioni tecniche e regole di trattamento.

Gli obiettivi dovrebbero essere identificati fra i comportamenti che tendono ad aumentare l'indipendenza , la tolleranza allo sforzo , riducendo quelli a rischio ; in pratica migliorando la qualità di vita. Se non ci si pone un obiettivo certo , è difficile condurre il programma e valutarne l'efficacia .


4. INDIVIDUAZIONE DELLE RISORSE UMANE

Organizzando un programma educazionale è importante valutare tutte le risorse a disposizione , prima di procedere ad una pianificazione . E' necessario valutare il tempo ( quanto ne serve e quanto ne abbiamo a disposizione ) , lo spazio , il supporto finanziario , l'interesse personale e dello staff coinvolto ed infine la possibilità di avere un aiuto da parte di associazioni ed organizzazioni . La consapevolezza della situazione di partenza previene inutili conflitti .


5. EFFICACIA DELLA FASE VALUTATIVA

La valutazione dovrebbe essere un processo continuo per verificare quanto ci si attiene agli scopi da raggiungere . Si può decidere di condurre la valutazione attraverso osservazioni cliniche da sole o associate a misurazioni validate e riproducibili ( esempio : il test ).

E' interessante ricordare che mentre il personale sanitario tende a giudicare l'efficacia in termini di variazioni dei parametri funzionali , i pazienti lo fanno in termini di miglioramenti sintomatici . Alcune terapie possono determinare miglioramenti del flusso aereo alla spirometria , ma questi possono non avere effetti sintomatici di rilievo percepibili al paziente. In pratica un trattamento può essere ritenuto efficace dal medico prescrivente , ma inefficace dal paziente poiché quei vantaggi non sono direttamente verificabili nella vita di tutti i giorni .


Materiali ed ausili


Il materiale di supporto ai programmi educazionali è rappresentato prevalentemente da opuscoli informativi .

Più difficilmente si trovano libri di testo rivolti ai pazienti . Nello svolgimento degli incontri talvolta vengono utilizzati set di diapositive , mentre più raramente sono disponibili videocassette o dvd monotematici . Al termine dell'incontro è bene lasciare al paziente il materiale cartaceo che riprende i punti trattati .

Gli ausili , invece , permettono al messaggio del programma educazionale di essere incisivo ed indispensabile e di poter offrire al paziente la possibilità di sperimentare praticamente ciò di cui si sta parlando. Quindi , alla luce di tutto ciò possiamo dire che , la gestione ( programmazione , esecuzione e verifica ) di programmi educazionali segue regole e principi che ne caratterizzano la qualità e pertanto è un'operazione complessa che non può essere improvvisata . Il porsi come educatore non è un fatto scontato , infatti non basta conoscere bene un dato argomento per essere certi di saperlo trasmettere , va quindi considerato come un qualsiasi approccio terapeutico specifico , che richiede conoscenze , capacità ed esperienza .

ASPETTI PSICOLOGICI NELLA GESTIONE DELLA F.C. : MALATTIA CRONICA


Nella gestione di una malattia cronica , come la fibrosi cistica , l'infermiere deve fare in modo che la sua comunicazione con il paziente e la sua famiglia sia costruttiva , deve capire ciò di cui necessita il nucleo familiare.

Una famiglia con un figlio malato cronica non è preparata ad affrontare la malattia del figlio : la malattia ferma il ciclo vitale e si forma un muro sul futuro della famiglia stessa . La malattia si pone in modo devastante : nel genitore c'è un vissuto di colpa che si aggiunge ad un bisogno di sentirsi attivi per il bisogno di curare e intervenire .

Il genitore dopo un primo periodo di movimento dove esprime la volontà ad essere parte attiva , subisce una fase depressiva .

Quindi l'infermiere , a livello comunicativo, deve innanzitutto capire se la struttura - famiglia si sta nascondendo dietro la malattia , se ci sono delle barriere . Deve togliere le difese ( negazione ) con cautela . Inoltre , deve riuscire a dare al paziente ed ai familiari un giusto contenimento , deve riuscire ad instaurare alleanza e fiducia con la famiglia .

Deve instaurare con la famiglia un rapporto confidenziale , mantenendo sempre una certa professionalità . Il paziente è

abituato ad avere tutto dall'assistenza , a volte per lui significa anche l'assoluta disponibilità .

Nella malattia , il paziente accentua il "vissuto di diverso" ( mi sento diverso dagli altri ) : l'adolescente si sente diverso perché gli altri lo fanno sentire diverso . Cerca rifugio nelle figure genitoriali , però c'è un vissuto di ambivalenza perché in questa fase della sua vita vorrebbe svincolarsi , staccarsi dai genitori .

Nel BAMBINO , la comunicazione è volta alla prevenzione della paura . L'infermiere e tutti gli operatori sanitari devono usare un linguaggio adeguato all'età , ossia comprensibile .

Nell' ADOLESCENTE , la comunicazione deve riuscire a tenere l'emotività . La comunicazione deve essere diretta e leale , bisogna evitare un'alleanza con i genitori che spesso richiedono una collisione .

La famiglia , invece , si pone nei confronti della malattia in modo differente :

Fa più che può ;

Si rende professionista.

Le situazioni più rischiose sono :

Negazione della malattia ;

Allontanamento : di solito nelle coppie con un'unione precaria , uno dei due coniugi si allontana dalla famiglia .

E' importante che si instauri una comunicazione d'appoggio con chi rimane , ma non di attacco con chi va via .

La comunicazione dell'infermiere con la famiglia deve avere queste caratteristiche :

Disponibile : capacità di ascolto , cercare di capire ciò che l'altro vuole dire ;

Chiara : essere leali ;

Di adattamento : ci si deve adattare al genitore che si ha di fronte ;

Bisogna allentare l'obiettivo di guarigione e spingerli ad impegnarsi nella cura .

L'atteggiamento sbagliato dell'infermiere è quello di isolarsi nel proprio ruolo terapeutico. E' importante che l'infermiere riesca laddove c'è consapevolezza di cos'è quel genitore , a cercare se c'è una strada per far cadere delle barriere su ciò che è il dolore , saper esprimere che cosa è realmente la malattia cronica .

Il genitore deve riuscire ad esprimere ciò che comporta in lui la malattia cronica . E' qui che si costituisce la qualità della vita .



Aspetti psicologici nel paziente affetto da Fibrosi Cistica


Data la complessa realtà della F.C. è molto importante che la cura del paziente sia orientata sia ai problemi medici che agli aspetti psicologici e sociali del paziente e della sua famiglia .

Tale approccio è necessario non solo per favorire e ottimizzare il funzionamento psico - sociale del paziente e la sua famiglia , ma anche per creare le condizioni favorevoli all'adesione alle cure e pertanto per favorirne l'efficacia .

Per comprendere l'impatto emotivo che la presenza di una malattia cronica comporta per il paziente e la sua famiglia , è necessario prendere in considerazione i diversi aspetti caratteristici della malattia stessa .

La F.C. è una malattia complessa , con aspetti , in particolare ai nostri giorni , che potremo definire " ambigui " in quanto capaci di suscitare in coloro che ne vengono in contatto sentimenti contrastanti .

Pur essendo , infatti una malattia cronica di " lunga durata " , può comportare " morte precoce " . La sopravvivenza negli anni '90 è molto migliorata e un non piccolo gruppo di giovani adulti vive oggi con la possibilità di perseguire obiettivi tipici dell'età , in grado di costruire e mantenere relazioni sociali ed affettive adeguate . Peraltro , il decorso della malattia è imprevedibile , anche se le moderne tecniche diagnostiche a livello genetico consentono di correlare qualche aspetto della malattia con il tipo di mutazioni del gene CFTR che vi sta alla base .

La F.C. , inoltre , resta spesso per molti anni , non visibile agli altri . Questo è particolarmente vero una volta che la diagnosi è stata fatta e l'adeguata terapia avviata . La diagnosi precoce e le migliorate strategie terapeutiche e nutrizionali portano oggi una crescita somatica , nella maggior parte dei casi , normale . Anche la tosse cronica , possibile spia della presenza di malattia , compare solo negli stadi più avanzati . Si verifica pertanto una situazione di contrasto fra come il paziente "appare " , in tutto simile ai suoi coetanei , e quello che " è " e questo comporta vantaggi e svantaggi allo stesso tempo . Il programma terapeutico è estremamente pervasivo della vita del paziente anche in stati moderati di malattia ( fisioterapia profilattica , enzimi , vitamine ecc.. ) . Tale regime terapeutico coinvolge , inoltre , almeno un familiare per lunghi anni , finchè il paziente non è in grado di assumere la completa responsabilità delle cure , come pure negli stati severi o pre - terminali .

Questi aspetti di ambiguità confrontano pazienti e famiglie con sentimenti contrastanti : da un lato angosce di morte , dall'altro moti di fiducia e di ottimismo , sentimenti di incertezza e di incontrollabilità accanto ad altri in cui domina il senso di stabilità e normalità .


Problematiche per il paziente


La reazione e quindi l'adattamento del paziente alla malattia dipendono sia dall'età che alla reazione dei genitori . E' indubbio il ruolo svolto dai genitori nel definire il tono dell'accettabilità o della paura o della finzione o ancora della colpevolezza con cui si stabilisce il rapporto con la malattia .

A seconda dell'età del paziente aspetti diversi della malattia possono essere problematici :

Nella prima infanzia è l'accettazione delle cure a creare difficoltà , perché i bambini vedono le terapie come un'intrusione che sottrae tempo ad attività più piacevoli come il gioco .

In età scolare , i bambini sono più collaboranti se la famiglia si mostra disponibile a comunicare apertamente e dà loro la possibilità di capire la necessità delle cure . A questa età i bambini cominciano ad essere consapevoli del proprio aspetto fisico e sono in grado di confrontarsi con i coetanei : è importante che i genitori siano in grado e pronti a trattare con questo tipo di problemi per assicurare la capacità del bambino ad accettare la normalità della sua vita fin dove è possibile accanto alle restrizioni inevitabili . La non visibilità della malattia comporta difficoltà di comprensione e di elaborazione del proprio essere anche il paziente stesso che ha il difficile compito di costruire la propria identità ed il proprio senso si sé mettendo insieme aspetti di normalità e non , parti che funzionano " come se fossero sane " , mentre sono peraltro a rischio di deterioramento . L'ambiente intorno rimanda talvolta al paziente immagini contraddittorie a seconda che siano considerate le sue parti sane o invece quelle malate . Inoltre , queste caratteristiche della malattia comportano difficoltà di comprensione circa le reali possibilità e limitazioni da parte di coloro che hanno a che fare con il paziente . La necessità di cure quotidiane contribuisce a creare quel sentimento di diversità rispetto ai coetanei , estranei a tali consuetudini e pratiche .

Il periodo adolescenziale è caratterizzato dalla tendenza a minimizzare a se stessi e agli altri il grado di severità della malattia con una tendenza a sovrastimare le proprie capacità di autogestione . Questo può creare enormi difficoltà di comunicazione con l'equipe di sostegno e può condurre al rifiuto del trattamento fisioterapico ed alla mancata eliminazione dei comportamenti a rischio per la salute . E' molto frequente osservare un deterioramento del proprio stato di salute . In genere questa fase coincide con il trasferimento dei pazienti in unità di cura per adulti . Inoltre , il paziente assume comportamenti originali scarsa disponibilità alla comunicazione , atteggiamenti oppositivi , ricerca di autonomia . L'aspetto fisico , con i cambiamenti radicali scatenati dallo sviluppo puberale , è fonte di ansia e preoccupazione . Se la F.C. comporta rallentamento nello sviluppo , i ragazzi vivono sentimenti fortemente ansiosi o mettono in atto atteggiamenti regressivi di dipendenza . L'adesione ai programmi terapeutici è quasi sempre incostante .

Quando si diventa adulti , oggi con la F.C. significa confrontarsi da un lato con i desideri progettuali di realizzazione professionale ed affettiva , dall'altro dover accettare una realtà di malattia che comporta , anche se in diversa misura , limitazioni ( ridotta resistenza alla fatica , infertilità maschile , rischi per la salute materna in caso di gravidanza per le donne affette in forma severa , ridotta sopravvivenza , dipendenza dal partner e/o da altri familiari). Sembra che la possibilità di mantenere un buon equilibrio emotivo si realizzi attraverso l'interazione di due aspetti fondamentali : la capacità di sviluppare progressiva consapevolezza della realtà della malattia in generale e negli altri pazienti , accanto alla capacità di minimizzare la problematica della stessa nella propria vita ( la cosiddetta negazione affettiva).


Problematiche familiari


La "natura genetica" della malattia che confronta i genitori con le parti difettose del proprio potere creativo , sollecita sentimenti di inadeguatezza e colpa . Non solo viene vissuta la responsabilità rispetto ai propri figli , ma anche nei confronti dei propri familiari d'origine , che a loro volta possono essere portatori del gene . Le informazioni sulla genetica della malattia sono difficili da comprendere e fanno sentire un ulteriore senso di inadeguatezza e di incapacità . C'è il problema della pianificazione familiare che confronta i genitori con la necessità di operare delle scelte coerenti con il desiderio di procreare , le convinzioni profonde sul valore della vita , il rapporto con la sofferenza .

Avere un figlio con la F.C. significa assumersi su di sé la responsabilità del "ruolo terapeutico" , non solo per le cure quotidiane , ma anche per la necessità di sorveglianza richiesta per la precoce identificazione dei sintomi di infezione e per la disponibilità a controlli medici frequenti . Inoltre in Italia c'è una legge che tutela il diritto alle cure per la F.C. a totale carico del SSN ; in precedenza i genitori dovevano essere pronti a sostenere pesanti spese economiche per i farmaci . Restano però a gravare sui genitori necessità economiche aumentate dalla presenza della malattia : viaggi per controlli medici , esigenze nutrizionali particolari , tempi da sottrarre al lavoro per le cure , ecc..

Essere genitori di un figlio affetto da F.C. significa avere da gestire un carico di richieste maggiori , ma soprattutto trovare delle risposte a problemi inusuali , rispetto ai quali le persone risultano prive d'esperienza .

I genitori saranno i primi interlocutori delle domande del bambino che desidera sapere il perché della fisioterapia , quando guarirà , perché deve andare sempre in ospedale , ecc.: forte è il conflitto di preservare il più a lungo possibile il bambino dalla presa di coscienza della realtà della malattia ed il timore di tradire la sua fiducia negando la realtà . Ancora più difficile sarà consentire comunicazioni aperte sul timore della morte . Mancano nell'esperienza comune di genitore criteri orientativi .

La presenza di "figli sani" richiede attenzioni adeguate da parte dei genitori . E' necessario un atteggiamento aperto e disponibile a comunicazioni che consentono la comprensione della malattia , delle terapie , delle aspettative relative al bambino con F.C. perché questi possano crescere relativamente senza problemi .

Possiamo dire che i genitori spesso sono privi di qualsiasi conoscenza sulla malattia e questo comporta un notevole dispendio di energia per persone le cui risorse emotive sono già duramente messe alla prova . Ne consegue talvolta la rinuncia a comunicare con conseguenti sentimenti di isolamento .

Non solo a livello personale questo carico si può tradurre in un latente e costante senso di inadeguatezza , insicurezza , depressione , ma anche il rapporto di coppia si trova confrontato con la necessità di condividere ruoli e compiti imprevisti .

Diversi sono i fattori che contribuiscono all'adattamento familiare , alcuni di ordine psicologico , altri più propriamente sociali .

Studi recenti , hanno mostrato come la famiglia di un paziente con F.C. dovrà attraversare diverse fasi , in rapporto all'evoluzione della malattia stessa , ognuna della quali richiede nuovi adattamenti . Indubbiamente le circostanze in cui è avvenuta la diagnosi segnano un momento fondamentale:  

vari studi hanno mostrato quanto importanti siano la solidità personale di base dei singoli genitori , la capacità di riconoscere ed accettare i sentimenti suscitati dalla diagnosi ( negazione , rabbia , colpa , angoscia , risentimento , rifiuto , disperazione ) e la forza del legame fra i coniugi .

Ci sono una serie di condizioni che influiscono a loro volta : le circostanze della diagnosi ( precoce o tardiva ) , l'onestà e semplicità nella comunicazione iniziale da parte dei curanti , come pure la disponibilità degli stessi a trattare le preoccupazioni e a mantenere una relazione a lungo termine .

Aspetti più propriamente sociali influiscono a loro volta : l'età , il livello culturale , lo stato economico , la presenza di altri fattori di stress diversi dalla F.C. , particolari aspetti culturali e religiosi ( motivi che potrebbero indurre il paziente a rifiutare un possibile trapianto ).

Altri motivi importanti della storia di malattia per la famiglia sono la comparsa dell'infezione cronica e della necessità di antibiotico - terapia continua ; l'aumento delle complicanze di malattie , l'avvio del deterioramento delle funzioni , la fase terminale .

Ognuno di questi stadi comporta una ridefinizione dei ruoli reciproci dei diversi membri della famiglia , e dell'aiuto che il paziente necessita.


La partecipazione della famiglia


Negli anni '60 , l'accesso dei genitori nei reparti pediatrici era quasi ovunque limitato a poche ore della giornata . Ma , nel corso di questi ultimi 30 anni si è andata affermando la convinzione che il distacco tra bambino e familiare è sempre un evento traumatico , quindi da evitare . E' diventato così prassi dei reparti pediatrici il "ricovero congiunto del bambino con un familiare" . Il genitore ha anche il diritto - dovere di partecipare attivamente alle cure e quindi alla stessa vita di reparto . Gli infermieri e tutti gli operatori sanitari coinvolti nell'assistenza devono imparare a rapportarsi costantemente e simultaneamente al bambino e ai genitori , senza mai perdere di vista l'autonomia del primo e la personalità in via di sviluppo del secondo .

Sono proprio tutte queste complessità a rendere ancora più ricca e umanamente stimolante l'assisstenza pediatrica e la collaborazione che si instaura tra INFERMIERE - PAZIENTE - GENITORE .

Molte sono le variabili che possono influenzare questo tipo di collaborazione . Infatti , a volte i genitori possono essere del tutto ignari alla routine ospedaliera e persino le procedure più semplici possono apparire ai loro occhi traumatiche o inutilmente fastidiose . Inoltre può non essere facile , per la madre abituata ad occuparsi a tempo pieno del figlio , dover condividere attenzioni ed anche una parte della propria autorità con l'infermiere . E' quindi concreto il rischio che quest'ultimo possa mettere a disagio la madre e renderle l'ambiente ospedaliero poco gradito.

L'infermiere può sentirsi continuamente osservata , soggetta a critiche e per via di queste difficoltà , può insorgere il rischio che egli possa trascurare la madre e il figlio malato , oppure potrebbe divenire una figura aggressiva ed eccessivamente autoritaria .

Tutte queste componenti emotive rendono ancora più complesso il compito di prestare assistenza al bambino , complessità che è maggiormente difficile proprio per il comportamento del bambino . Infatti , più questo è piccolo , maggiore è il ruolo autoritario che la madre assume nei suoi confronti . Per quello che concerne invece il bambino in età pre - scolare , la sua immaturità , sia fisica che mentale , non gli consente ancora di esprimersi verbalmente con chiarezza impedendogli di adattarsi con facilità ad ambienti e persone a lui estranee. Per questo motivo , gli sono gravose la mancanza delle figure a lui familiari e delle sue abitudini.

Lo stato d'animo della madre , inoltre , oltre ad avere la possibilità di poter influenzare il comportamento dell'infermiere , agisce anche su quello del bambino . Se la madre è angosciata ed insicura , il bambino continuerà a piangere e a rifiutarsi di collaborare , anche se è la stessa madre a far di tutto per rassicurarlo . Quindi , per i genitori , partecipare in modo attivo all'assistenza del figlio malato contribuisce a ridurre l'ansia , anche se si tratta di una malattia grave . Per altri , invece , risulta gravosa in maniera intollerabile , rendendo impraticabili anche le operazioni più semplici . Non sempre e non necessariamente queste difficoltà emergono nel corso di colloqui o sono facilmente deducibili dal comportamento "normale" del genitore ; è quindi , necessaria una vigilanza discreta ma attenta da parte dell'infermiere , soprattutto nei momenti di stress , quando le condizioni del bambino si aggravano o si verificano situazioni impreviste per il genitore .

E' quindi indispensabile che l'infermiere sappia conquistare la fiducia dei genitori , spiegando sempre loro con semplicità ed efficacia il significato e le conseguenze delle procedure . Solo se sarà stato in grado di conquistarsi la fiducia del genitore , l'infermiere potrà co




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