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TRE APPROCCI AL SIGNIFICATO - IL TRIANGOLO SEMIOTICO

comunicazione



CAPITOLO 1.

TRE APPROCCI AL SIGNIFICATO

IL TRIANGOLO SEMIOTICO


Contenuto



espressione referente


Il termine "semantica", a seconda che appaia sulla bocca di un linguista o di un filosofo, rimanda a significati ed interpretazioni differenti, quasi inconciliabili.

Il problema di fondo è dare una definizione al concetto di significato, ogni disciplina che se ne è occupata ha detto la sua. Questo è avvenu 444b12e to anche per il fatto che il significato è un concetto molto complesso, non riducibile ad una definizione o ad un'unica componente. Attraverso il triangolo semiotico vediamo che sono 3, o almeno 2, le componenti del significato: espressione, contenuto e referente. I diversi approcci alla semantica si sono occupati del significato ponendo l'accento su un lato particolare di questo triangolo.




LA SEMANTICA LOGICO-FILOSOFICA


Detta anche filosofia analitica del linguaggio, si sviluppò all'inizio del secolo nei paesi anglosassoni. Riguardo il significato, studiarono la struttura logica del linguaggio e il suo rapporto con il mondo, adottando un metodo antipsicologico.

Per Frege, infatti, bisogna tenere separati i processi mentali dal pensiero puro, perché il significato fa parte di quest'ultimo essendo un'entità astratta.

Per questo approccio il significato si crea nel rapporto tra mondo e linguaggio, cioè una parola ha senso solo se trova un riferimento nel mondo, e se questo riferimento è vero.

Il concetto di verità

La condizione di verità è ciò che fa esistere il significato e le relazioni fra i termini. Per Frege il significato delle espressioni complesse si determina a partire da quelle più semplici. Wittgenstein tenta di chiarire il rapporto tra verità e significato dicendo che quello che noi capiamo di un enunciato sono le sue condizioni di verità, indipendentemente dal fatto che nella realtà esse sia realmente vero (es. "il mio gatto è grasso" come enunciato è vero, nella realtà può anche non esserlo, ma non per questo l'enunciato viene capito di meno o diversamente).

Teorie del significato senza mediazione tra segno e referente

Detta anche teoria del riferimento diretto, perché viene escluso un rapporto tra la cosa e il suo significato. Kripke dice che i nomi vengono attribuiti alle cose attraverso un battesimo (atto di nominazione). Per Putnam il riferimento non ha legami con il significato.

Senso e riferimento

Frege è stato il primo filosofo analitico a proporre una teoria del significato che prevedesse la mediazione tra il segno (senso, sinn) e il referente (riferimento, Bedeutung). Infatti possiamo usare due espressioni diverse per riferirci alla stessa entità nel mondo reale (es. stella del mattino e stella della sera = Venere). Anche Frege ribadisce l'approccio antipsicologico: solo in questo modo si può comprendere come il senso possa essere intersoggettivo e comune.


Intensioni e mondi possibili

Al posto di "senso" Carnap usa il concetto di "intensione". Per capirne il significato bisogna ricorrere alla spiegazione dei mondi possibili; l'intensione è il collegamento tra il linguaggio e il mondo, sia questo reale o possibile, permesso dalla relazione dell'espressione con il significato.

Difficoltà della semantica modellistica

Per la semantica logica il significato è un costrutto matematico astratto per definire le condizioni di verità. Per i linguisti il significato è la rappresentazione delle relazioni di senso tra le singole espressioni. Un primo problema legato alla semantica filosofica è definire il significato come un tipo di funzione (da mondi possibili a estensioni) e non dire di più su questa.

LA SEMANTICA STRUTTURALE


L'assunto fondamentale è che il linguaggio si a descrivibile come un'entità autonoma, senza bisogno di ricorrere a fattori sterni. Questi sono sia fattori extralinguistici

(mentali e concettuali), sia le esperienze personali e le conoscenze del mondo.

Quindi la semantica strutturale è antireferenziale ed antipsicologica. Per Saussure il segno linguistico è un'entità a due facce (significante/significato = espressione/contenuto) e il significato va ricercato all'interno delle relazioni tra elementi linguistici.

Il significato come valore

Saussure introduce il concetto di "valore del linguaggio", cioè la proprietà che ogni parola ha di poter essere scambiata, confrontata, opposta ad altre parole. Il valore non dipende solo dalla significazione, ma dal confronto con valori simili.

Il problema della semantica di Saussure è la circolarità: se i termini vengono definiti solo in base ai loro rapporti, come possono tali rapporti essere individuati senza fare riferimento ai termini fra cui essi sussistono? (es: di riffolo, ruffolo, raffolo.). Conoscere l'insieme delle relazioni semantiche che investono un termine non equivale a descriverne il significato! Se presa in modo radicale, la teoria strutturalista non dice molto, ma se invece si considera il valore posizionale come una componente del significato, allora i metodi di questa teoria offrono degli spunti e degli studi preziosi per la semantica.

Le relazioni semantiche

Saussure distingue tra rapporti sintagmatici e rapporti associativi: i primi regolano la formazione del discorso tramite l'ordine lineare degli elementi linguistici; i secondi avvengono nella mente dei parlanti e possono essere paragonati a quello che oggi viene chiamato lessico mentale. I rapporti sintagmatici sono regolati dalla struttura e dalla grammatica della lingua, mentre i rapporti associativi (paradigmatici) sono illimitati ed indefinibili (dipendono dall'esperienza ecc..).

L'aspetto psicologico che intenzionalmente si voleva a tutti i costi eliminare, ritorna a farsi sentire, come una parte indissolubile da una teoria del significato.

Se la componente personale nelle associazioni è così importante, come si può descrivere una struttura gerarchizzabile all'interno della lingua?

Le principali relazioni semantiche sono: gerarchiche (di iponimia), si sinonimia, di opposizione. L'iponimia (animale gatto siamese.) non costituisce il principio generale per l'organizzazione del lessico, ma è molto importante e utile a livello dei sottinsiemi lessicali ristretti. La sinonimia è la sostituibilità tra termini nei contesti, ma non esiste una sinonimia completa, o assoluta per tutti i termini e per tutte le lingue. Lo stesso discorso vale per le relazioni di opposizione.

I campi semantici

Un campo semantico è un sottoinsieme del lessico (ad es. il campo mentale dei colori). Trier cerca di analizzare il cambiamento di significato dei lessemi (realizzazioni concrete delle parole) nel tempo. Il metodo che segue non è quello di prendere singolarmente una parola e confrontarla, ma di considerare l'intero campo concettuale e vedere quali campi lessicali ha prodotto nel tempo. Ma cosa ci assicura che dati i due diversi campi lessicali, questi rimandino allo stesso campo concettuale? Vediamo quindi come il tentativo di mantenere il significato sul piano strettamente ed esclusivamente linguistico non sia andato a buon fine, perché ricompaiono sempre collegamenti al mondo psicologico o fenomenologico essenziali per la spiegazione di cos'è il significato.



LA SEMANTICA COGNITIVA


La semantica cognitiva non è una teoria unitaria, ma un gruppo di teorie che condividono alcuni assunti ed atteggiamenti critici con la sostanziale insoddisfazione per i modelli semantici tradizionali. I punti in comune allora sono:

Rapporto tra semantica e comprensione

La non autonomia della semantica

Il rapporto tra significati e concetti (cioè sem. linguistica e struttura concettuale)

Semantica e comprensione

Descrivere il significato significa descrivere il modo in cui comprendiamo le espressioni linguistiche. Jackendoff ritiene che la verità non sia altro che un concetto come gli altri, non gli attribuisce il fondamento della definizione dei significati come i filosofi che si basavano su assunti di verità.

La semantica non si basa su ciò che si ritiene vero, ma su ciò che è plausibilmente psicologico (Fodor).

La non autonomia della semantica

Innanzi tutto la semantica di una lingua non può essere isolata dall'insieme delle capacità cognitive umane, ma non può esserlo nemmeno dalle relazioni e dalla conoscenza del mondo (conoscenza enciclopedica dei parlanti).

Significati e concetti

I significati linguistici non sono separabili dai rispettivi concetti. Il significato delle parole è un frammento della struttura concettuale, connesso alla struttura fonologica e sintattica. Quindi esiste un solo livello di rappresentazione mentale, cioè la struttura concettuale, perché questa racchiude anche tutti gli altri attributi del significato (fonologico, percettivo, motorio ecc.)

Linguistico e non linguistico: dai sensi al senso

Esiste un nucleo fondamentale di concetti e strutture primitive che costituiscono universali comuni a differenti ambiti cognitivi e sottostanno sia alla percezione che all'azione. Il linguaggio è in stretta relazione con la percezione visiva, infatti noi parliamo di ciò che vediamo. Jackendoff e Marr operarono degli studi in questo senso (modello 3D). Probabilmente la percezione corporea è meno sviluppata di quella visiva, infatti non riusciamo spesso a tradurre le nostre sensazioni (dolore, gioia, tensione, calore.) in parole.

In riferimento al lavoro di Marr sulla percezione del corpo umano, questa è simile alla rappresentazione grammaticale dei sintagmi: prima si nota un blocco centrale (busto testo) e poi i suoi componenti (braccio sintagma) ecc. forse è anche per questo che rappresentazione visiva e linguaggio sono più legati, perché seguono le stesse procedure di codifica.

Talmy dimostrò che alcune proprietà del mondo fisico come forma, colore, distanza, non sono mai rappresentate come elementi grammaticali, ma come elementi lessicali (cioè elementi di classe aperta).

Ontologia: il rapporto linguaggio - mondo

Per spiegare i processi che usiamo quando comprendiamo espressioni linguistiche bisogna pensare a come usiamo il linguaggio per riferirci alle cose del mondo. Il linguaggio non è un sistema isolato, ma interagisce con il nostro sistema percettivo e la conoscenza enciclopedica del mondo (cioè tutto quello che sappiamo delle cose).

La ricerca delle invarianti: localismo, innatismo, motivazione

La semantica cognitiva tende a ricercare le strutture universali e primitive che sottostanno alle diverse capacità umane e che permettono le relazioni tra pensiero, percezione, linguaggio e azione.

Queste categorie, simili a quelle di Kant, per Jackendoff sono: cosa, azione, evento, luogo, direzione, modo, quantità.

Johnson sostiene che noi agiamo sulla base di "patterns", cioè schemi di immagine, strutture astratte attraverso le quali riorganizziamo la realtà e la rendiamo comprensibile. Vari studi (Talmy, Longarker, Johnson.) hanno dimostrato che la mente umana ragiona in base a rappresentazioni topologiche, cioè spaziali. Gli studiosi, anche su questo tema, si dividono in innatisti ed ambientalisti, cioè c'è chi crede che gli schemi mentali siano innati, ed altri che pensano che si costituiscano con l'esperienza.


UN CONFRONTO IMPOSSIBILE? CONCLUSIONI PARZIALI


Autonomia vs non autonomia

La prima distinzione tra le tre teorie del significato fin qui riportate è quella riguardo l'autonomia della semantica rispetto ad altri fattori.

STRUTTURALISMO: assoluta autonomia del linguaggio ("linguaggio in sé e per sé")

COGNITIVISMO: non autonomia (relazione con percezione ecc..)

Esternalismo vs internalismo

SEMANTICA FILOSOFICA: esternalismo (il significato dipende dalle condizioni di verità, e quindi dal rapporto con il mondo)

SEMANTICA STRUTTURALE: internalismo (il significato va cercato all'interno del linguaggio e alle relazioni tra i lessemi)

SEMANTICA COGNITIVA: internalismo (il significato dipende dalla psicologia e dalla personale conoscenza del mondo di ogni persona)

Due differenti verità

Nelle lingue naturali la "verità" non si presenta quasi mai come vero/falso, ma secondo diverse gradazioni. Jackendoff (cognitivista) dice che il linguaggio ci dà la possibilità di oscillare fra la descrizione di una certa caratteristica come appartenente al mondo esterno o come appartenente alla mente dell'osservatore (ho freddo è freddo).

La verità è considerata come il punto di partenza di una buona comunicazione: si presuppone che ciò che l'altro dice sia vero (verità come ipotesi di fiducia comunicativa). Ma con queste asserzioni non si risolve il problema di come il linguaggio riesce ad interagire con la nostra esperienza non linguistica.




VERSO UNA SEMANTICA GLOBALE


Una semantica globale deve tener conto di tutti i lati del triangolo semiotico, cioè contenuto, espressione, referente.

La dimensione intralinguistica (relazione dei termini all'interno della lingua): studiata dalla semantica strutturale, no è sufficiente a spiegare il processo di significazione.

Dimensione cognitiva (rapporti tra struttura lessicale e struttura concettuale): studiata dalla semantica cognitiva; non è detto che le categorie lessicali e concettuale coincidano sempre (es: gli indiani Hopi non hanno espressioni per indicare il tempo, significa che non hanno una rappresentazione mentale del tempo?)

Dimensione extralinguistica (rapporti tra lingua e mondo): studiata dalla semantica filosofica e cognitiva, per la prima il linguaggio è una funzione tra espressione e stati del mondo, per la seconda il significato è indivisibile dalla personale conoscenza del mondo. La semantica filosofica insiste sulle condizioni di verità degli enunciati, ma non è mai analizzato il modo in cui si valuta la verità di un enunciato (cosa fatta dalla semantica cognitiva). Spesso non si può rendere il significato di una cosa con una descrizione linguistica, perché questa cosa magari richiede descrizioni di tipo morfologico-percettivo in cui si sommano tutte le conoscenze che si hanno di quella cosa (es: "acido" è qualcosa di più di "sapore non amaro e non dolce e non salato).In casi come questi, cioè quando trattiamo dei colori, dei generi naturali o delle sostanze naturali, operiamo delle interpretazioni e delle inferenze relative alla loro trasposizione linguistica. Questo fatto inoltre ci ricorda la dimensione ostensiva del significato (indicare un oggetto per nominarlo) come componente essenziale del significato pari a quelle inferenziale.

















CAPITOLO 2.

ANALISI COMPONENZIALE E SEMANTICHE A TRATTI


UNA PRIMA DISTINZIONE


Parliamo di analisi componenziale come un modello di rappresentazione basato sulla scomposizione semantica di un termine per ricostruirne e definirne il significato.

Il metodo composizionale di analisi è appunto un metodo, cioè un sistema di rappresentazione dei termini in componenti di significato.

Le semantiche a tratti (detto modello dizionariale), sono i modelli teorici che prevedono che i tratti su cui si basa la scomposizione del significato di un termine siano condizioni necessarie e sufficienti alla sua definizione, e che i tratti siano in sostanza termini "primitivi" di numero limitato.

Una caratteristica della semantica a tratti è il binarismo, cioè la definizione di ogni elemento in base alla presenza/assenza di uno o più tratti. (es: l'analisi componenziale fu utilizzata in primo luogo dagli antropologi per la descrizione del lessico dei sistemi di parentela in varie lingue).

Il periodo in cui ebbe maggior sviluppo l'analisi componenziale corrisponde agli anni '70, attualmente, anche se alcune procedure di questo metodo sono superate, esiste ancora il progetto di riuscire a rappresentare delle proprietà semantiche in modo univoco, cioè con tratti essenziali. Questo anche perché il concetto che esistano delle condizioni necessarie e sufficienti (CNS) come costituenti del significato, sono più o meno esplicitamente alla base di quasi tutte le teorie semantiche.

Ma vediamo i problemi che un modello semantico a tratti implica:

La natura dei tratti: a che classe appartengono i tratti usati per definire i termini?

Il problema dei primitivi: esistono componenti ultimi del significato? E come definirli?

La struttura della rappresentazione: quale e quanta informazione devono esprimere i tratti?


I TRATTI COME CONDIZIONI NECESSARIE E SUFFICIENTI


Essendo i tratti CNS alla definizione di un significato lessicale (termine), nessun tratto può mancare (necessarietà) e nessun altro può essere aggiunto (sufficienza), ogni tratto ha lo stesso valore, cioè è sullo stesso piano ed ha una funzione puramente linguistica, in modo che il significato sia dato dall'intersezione tra i componenti, presentando confini di delimitazione netti.

Da quanto detto finora si nota come il modello di analisi componenziale sia l'espressione delle concezioni strutturaliste che pongono la semantica come un'entità legata esclusivamente al linguaggio e che in essa si risolve.

Il binarismo

Il binarismo si pone come  caratteristica di base delle semantiche a tratti e prevede che i tratti siano rappresentati come opposizioni dicotomiche e privative, di modo che ad esempio a uomo sia assegnato il tratto MASCHIO e in bambina questo tratto non venga presentato.


MASCHIO

FEMMINA

ADULTO

DONNA




UOMO




BAMBINA




In realtà sono pochissimi i termini per cui un tale sistema definizionale potrebbe funzionare, come i concetti matematici e geometrici per cui il significato coincide esattamente con la definizione usata.

Inoltre attraverso pochi tratti definitori non si può dire di esprimere il significato nella sua interezza e complessità: i sostenitori di questo modello dicono infatti che non tutte le conoscenze (ed es. quelle enciclopediche ed individuali) sono costitutive del significato (ma ne rappresentano il "contorno"). Ma anche di fronte a questo chiarimento in base al quale viene scelto un tratto come costitutivo di un significato.

Dizionario ed enciclopedia

Ogni semantica a tratti presuppone una distinzione di questo tipo, perché solo dalla conoscenza lessicale, o dizionariale, si può pensare di dare una rappresentazione finita, mentre la conoscenza del mondo, o enciclopedica, è nella sua totalità irrapresentabile. Quindi in molti casi è inevitabile tenere separate queste due caratteristiche del significato: ciò avviene non per fini pratici, ma teorici, in quanto è solo di principio (= in teoria) che si possa dividere il significato vero e proprio dalla conoscenza del mondo.

ANALITICO vs SINTETICO  

Questa dicotomia non è molto usata dai linguisti (piuttosto: linguistico/fattuale, conoscenza della lingua/conoscenza del mondo), tranne Katz. Questa distinzione è stata critica da Quine in quanto deve avvenire in riferimento ad un dato sistema.

Russel distingue tra "parole oggetto" che comprendiamo grazie a conoscenze extralinguistiche e "parole di dizionario" che apprendiamo tramite la specifica definizione verbale. Il motivo per cui diverse classi di parole (es. "non sposato" per "scapolo") ci danno un'impressione semantica diversa, dipende dalla differente convenzione linguistica legata alla nostra esperienza riguardo quelle parole.

La maggior parte delle parole è frutto di una convenzione sociale: un tal fenomeno si è ritenuto così rilevante da meritare una categoria a parte (una parola) con la quale essere direttamente individuabile. I termini nati da convenzioni sociali sono più stabili e longevi rispetto a termini nati da percezioni personali (es: i termini dei vari gerghi giovanili sono molto evanescenti perché legati direttamente a chi li ha inventati e alle mode).

CONOSCENZA LINGUISTICA vs CONOSCENZA DEL MONDO

L'idea soggiacente a questa opposizione è che sia possibile separare all'interno di tutte le conoscenze relative ad un concetto, quelle di natura linguistica e quelle che dipendono dalla conoscenza del mondo. Solo le prime sono di pertinenza semantica, le altre non sono direttamente costitutive del significato. Ma è molto difficile dire quali e quante di tutte le nostre conoscenze possano dirsi strettamente linguistiche tranne quello che sappiamo a livello grammaticale e sintattico di un concetto? Ma questo non basta a definire il significato.

ESSENZIALE vs ACCIDENTALE

Pensando al significato di una parola alcune sue caratteristiche ci sembrano più peculiari di altre. Il problema nei modelli a CNS è che si devono scegliere come tratti delle caratteristiche che abbiano la stessa essenzialità, ma questo non fa che irrigidire il modello, in cui eventuali eccezioni al significato del termine, pur esistenti, non possono venire rappresentate tramite i tratti perché queste costituirebbero la negazione o la definizione di un altro termine.

Una critica filosofica: Hilary Putnam

Negli anni '70 il modello classico dell'analisi componenziale ha subito molte critiche, una delle quali avanzate da Putnam. Essa dice che per i termini riguardanti i generi naturali ed i nomi di sostanza (gatto, oro, acqua, faggio.) sono solo gli esperti ad avere una piena conoscenza del significato. Ma perché solo queste persone, le quali hanno a loro disposizione una più vasta porzione di enciclopedia, dovrebbero padroneggiare meglio il significato di termini che normalmente anche la gente comune comprende e usa? Riferito alla possibilità di distinguere tra dizionario ed enciclopedia, Putnam dice che è impossibile definire delle proprietà statiche a questo fine.


I PRIMITIVI SEMANTICI


La ricerca dei primitivi: quale progetto teorico?

All'interno delle semantiche a CNS, i tratti definitori sono una lista limitata di termini presumibilmente universali e quasi innati, da cui si può derivare tutto il sistema semantico.

La ricerca di questi termini primitivi è portata avanti in due maniere diverse:

primitivi come schemi e strutture invarianti che si ricavano dalla struttura semantica (etnometodologia e antropologia strutturale)

primitivi come elementi esplicativi della rappresentazione lessicale (modelli CNS)

Secondo Wilk i primitivi devono avere queste caratteristiche:

finitezza (l'insieme dei p. deve essere più piccolo dell'insieme delle parole di cui deve codificare il significato)

adeguatezza (l'insieme dei p. deve essere adeguato ad esprimere e distinguere i significati delle parole da interpretare)

indipendenza

non-circolarità

primitività (nessun tratto può essere sostituito da un altro primitivo più ristretto)

Due tipi di primitivi

l'idea di un termine che possa essere primitivo e che quindi possa costituire tutto il resto del linguaggio era già di Liebniz, Locke, fino a Frege.

Abbiamo due diversi livelli di primitivi:

termini che si apprendono direttamente (nomi dei colori ed altre categorie naturali: richiedono un rimando ostensivo extralinguistico)

termini che rimandano a categorie della nostra esperienza percettiva e/o concettuale (categorie kantiane, idee semplici di Liebniz: sono parole usate per definire altri termini)

I primitivi come linguaggio semantico naturale

Uno dei progetti di ricerca più estesi dei primitivi è quello di A. Wierzbicka, il cui intento è individuare una lista fissa di termini non ulteriormente definibili. Per W. i primitivi sono concetti che esprimono contenuti comuni a tutte le lingue e poi diversamente lessicalizzati, sono inoltre universali ed innati. W. richiama alla necessità di una descrizione semantica naturale, più vicina al linguaggio dei parlanti.

La prima lista di primitivi, del 1972, ne contava 14, quella del 1996 più di 50. W. vuole ricavare da un insieme di primitivi semantici tutte le possibili determinazioni lessicali, il che non viene verificato.

La natura concettuale dei primitivi

Non ci sono attualmente abbastanza dati empirici che confermino l'esistenza psicologica dei primitivi come entità mentali utilizzate per analizzare i significati.

Miller e Johnson-Laird (1976) collegano i primitivi semantici ai primitivi sensoriali partendo dall'assunto cognitivista che il significato si sviluppi dal nostro rapporto con il mondo, dalla percezione all'astrazione.

Però gran parte del lessico è basato su concetti primitivi che non sono percettivi.

Shank nell'ambito dell'intelligenza artificiale, individua 12 primitivi riferiti ad azioni fisiche, strumentali e globali, i quali rappresentano dei concetti ("atomi" del nostro pensiero) ma non parole e costituirebbero una sorta di interlingua culturale che faciliterebbe le traduzioni da una lingua all'altra. Ma non vi è prova che l'ipotesi di Shanck abbia una validità psicologica dato che non si è sicuri di quanti e quali primitivi vadano inclusi nella lista e oltretutto non danno una spiegazione esauriente di molti termini come ad esempio alcuni verbi.

I primitivi nella rappresentazione semantica

Katz pensa che i primitivi siano concetti astratti e innati come i numeri. I primitivi non sono parole ma entità di un altro livello anche se espresse tramite parole (perché usiamo il linguaggio per parlare del linguaggio).

Per Hjemslev i primitivi spiegano, nell'ambito dei modelli dizionariali, le relazioni tra termini.

Per Bierwish i primitivi sono proprietà del nostro sistema concettuale e percettivo.

Per gli studiosi della CNS i primitivi sono innati e universali perché hanno natura cognitiva e percettiva.

Ma complessivamente l'obiettivo di definire ed analizzare i primitivi non è stato raggiunto, sia perché nessuno è riuscito ad analizzare una lista convincente ed esaustiva di termini, sia perché attraverso pochi primitivi non si riesce a dare spiegazioni complete riguardo i termini.

Le condizioni poste in partenza (finitezza, adeguatezza, indipendenza, non-circolarità, primitività) vengono così falsificate, anche perché non abbiamo prove sufficienti circa l'esistenza psicologica dei primitivi nei processi mentali di comprensione delle parole. Certi termini vengono indubbiamente usati come primitivi per finalità pratiche.

I primitivi come dispositivi strumentali

Per Wilks ed Eco i primitivi non hanno fondamento psicologico e sono usati a fini strumentali; non sono universali né innati, né costituiscono un'interlingua universale, ma sono circolari (cioè definibili con altri termini). Per Eco la scelta dei primitivi è totalmente arbitraria, legata a finalità pratiche. Per Wilks, invece, verrebbero selezionati in base a considerazioni sulla struttura dei dizionari. Ad esempio ci sono parole che si usano molto di più nelle definizioni (nel Longman Dictionary of Contemporary English ci sono 55.000 parole definite con 2.000 termini) ma Wilks non spiega come e perché avvenga questo fenomeno, che non sembra di poca rilevanza.

I primitivi come livello profondo

Nell'ambito della semantica cognitiva non si tratta di individuare componenti semantiche ultima per derivare tutti gli altri significati, ma categorie di base dipendenti dalla nostra struttura psicofisica. Quindi  ha poco a che vedere con CNS, ed è antidizionariale. Intesi in questo senso i primitivi costituirebbero una sorta di sistema preesistente al linguaggio e che tendiamo poi a proiettare e ricostruire entro le varie lingue.

La natura dei tratti

Qual è la natura dei tratti? Si può stabilire la differenza tra i termini e i primitivi usarti per definirli?

Ipotesi debole: considerare i tratti come entità appartenenti al metalinguaggio della descrizione e per questo distinti dal linguaggio che devono descrivere (strutturalismo)

Ipotesi forte: i tratti sono entità concettuali (impostazione generativista)

Conclusioni

I modelli componenziali del significato, chiamati semantiche a tratti si basano sull'idea che il significato sia interamente rappresentabile da una lista di CNS. PROBLEMI: distinguere tra dizionario ed enciclopedia; sono state realizzate poche ricerche empiriche; non si hanno prove della validità psicologica dei modelli CNS.

CAPITOLO 3.

POSTULATI DI SIGNIFICATO E RETI SEMANTICHE:
TEORIE ALTERNATIVE O VARIANTI NOTAZIONALI?

LA REALTA' PSICOLOGICA DELLE AFFERMAZIONI


Solo dal 1975 con l'articolo "the psycological unreality of semantic representetions" di Fodor e Garret si iniziò ad usare la validità psicologica come parametro per giudicare la validità di una teoria, la quale deve ottenere dei risultati empirici soddisfacenti.

Fodor e Garret dicono che non ci sono prove empiriche a sostegno della teoria componenziale. Se il processo di comprensione si basasse su scomposizioni in proprietà, le parole complesse dovrebbero essere più difficili (cioè occorrerebbe più tempo per capirle): un esempio classico è il test con "scapolo" e "non sposato": il Primo termine è un composto del secondo, quindi più complesso, invece i risultati mostrano che "scapolo" sia il termine riconosciuto in meno tempo.


I POSTULATI DI SIGNIFICATO E IL LINGUAGGIO DI PENSIERO


Fodor e collaboratori propongono un'alternativa all'analisi componenziale basata su postulati di significato (regole di inferenza di Carnap). Il processo di comprensione avviene attraverso una traduzione di ogni elemento di un enunciato in un linguaggio mentale: il mentalese.

Le parole del linguaggio sono in corrispondenza univoca con le loro controparti mentali.

Analisi componenziale

Postulati di significato

le inferenze coincidono con la comprensione

il linguaggio dei primitivi non è in corrispondenza diretta con il linguaggio

le interpretazioni sono più astratte

le inferenze sono realizzate successivamente alla comprensione

corrispondenza diretta tra linguaggio e mentalese

le interpretazioni sono meno astratte


Katz e Nagel (1974) obiettano che questa sia solo una variante notazionale della scomposizione. Per la teoria dei postulati di significato non è possibile fornire una definizione dei termini del linguaggio. Johnson-Laird dimostra che ciò non è sempre vero, perché alcune parole ad esempio sono molto facili da definire.


LE ASSOCIAZIONI SEMANTICHE

Le parole non sono atomi isolati, ma sono legate da numerosissime, forse infinite, associazioni, sia di tipo linguistico (come già detto dagli strutturalisti), sia a livello del lessico mentale. Galton e Jung furono i primi ad usare i test per verificare l'esistenza di nessi tra le parole. Anche recentemente i loro risultati sono stati confermati con buone percentuali: ponendo il soggetto di fronte ad una parola e chiedendo quale altra parola quella gli suggerisca, si ottengono livelli di variazione individuale piuttosto ridotti.

Postman e Keppel parlano di "norme delle associazioni di parole":

le parole sono collegate tra loro per campi semantici

le parole sono legate come coppie oppositive

le associazioni avvengono all'interno della stessa classe di parole


Le reti semantiche come modelli di rappresentazione

Negli anni '70 l'idea dei legami associativi è stata alla base di numerosi modelli semantici utilizzati per l'intelligenza artificiale e sono detti reti semantiche. Una rete semantiche è un mezzo per rappresentare un insieme ampio di concetti interconnessi in modo da poter essere utilizzati da un programma per computer. Le reti semantiche sono costruite sulla base si un principio di economia. Un esempio di rete è quello di Quillion (1968): ogni nodo è un concetto collegato ad altri nodi; i legami fra nodi riflettono i differenti rapporti: essere sovraordinato di, proprietà di, parte di, rapporti di coordinazione (termini della stessa categoria concettuale, colori, giorni, opposizioni.), rapporti di collocazione (clichè linguistici, stereotipi, idiomi.). Di volta in volta ogni nodo può essere utilizzato come definito o definiente.

La validità psicologica delle reti

anche se le reti semantiche sono nate per l'intelligenza artificiale ci si è interrogati sulla loro validità psicologica vedendo se la mente immagazzina e collega i concetti secondo lo schema delle reti semantiche.

Secondo lo schema ANIMALE UCCELLO CANARINO, la frase "il canarino è un uccello" viene riconosciuta prima di "il canarino è un animale" perché in questo caso bisogna fare 2 passaggi. Ma successivi esperimenti hanno dimostrato che se le persone connettono i termini in base ad associazioni di sotto e sovraordinazione, queste associazioni non sono scale gerarchiche rigorosamente determinate e non sempre i termini più vicini nella rete semantica sono attivati più velocemente, cioè non è detto che le reti semantiche comportino un risparmio di memoria ed energia.

I campi mentali sarebbero moduli separati ed indipendenti nella nostra mente, di modo che, in caso di lesioni, non vengono compromesse completamente le facoltà linguistiche.

Più che una teoria semantica le reti sono un modello rappresentativo utile dal punto di vista schematico, e  per questo si può adattare a teorie diverse (scomposizione, postulati di significato, prototipi).



























CAPITOLO 4.

UNA SINTESI ED ALCUNI PROBLEMI

CARATTERISTICHE DEL MODELLO CLASSICO CNS


il modello non permette eccezioni, è estremamente rigido

tutti i membri di una categoria lessicale sono allo stesso livello, in quanto condizioni necessarie e sufficienti

le categorie hanno confini netti e definiti in modo che un oggetto può esserne solo interno od esterno

l'appartenenza ad una categoria lessicale è espressa tramite l'opposizione vero/falso

il modello classico ha la forma di una lista di tratti

si tende a limitare e circoscrivere il significato linguistico alle sole proprietà dizionariali

i tratti sono considerati proprietà inerenti all'oggetto e indipendenti dal soggetto


LO SFONDO SEMIOTICO: IL SEGNO COME EQUIVALENZA


Il modello CNS implica una correlazione fissa tra espressione e contenuto, con soli rapporti di sinonimia.


TAZZE SENZA MANICI, LIMONI VERDI, MADRI ADOTTIVE


I confini delle categorie semantiche

Uno dei problemi del modello CNS è definire i confini tra categorie lessicali. Lobov realizza un esperimento sulla nominazione con il campo semantico relativo a "tazza". I risultati sottolineano che si individua un caso centrale a cui si affiancano altri casi simili creando un continuum sfumato più che una delimitazione discreta (i casi simili dimostrano che pur soddisfando le proprietà, l'uso non è appropriato).

Le somiglianze di famiglia

Un altro problema del modello CNS proviene dalla polisemia, cioè vari significati diversi legati ad un unico termine. Come rappresentare questo fenomeno? Sia trattare come eccezioni i termini polisemici, sia, al contrario, eliminare tutti quei tratti che possano portare ad eccezioni, sono soluzioni non efficaci.

Le eccezioni discrete

L'impossibilità di trattare le eccezioni nei modelli CNS è stata oggetto delle critiche di H. Putnam. Da queste concludiamo che il linguaggio considera eccezioni come casi che si discostano dai casi più tipici che conosciamo, relativi a quella categoria, in un continuum senza costituire vere e proprie eccezioni.

La risemantizzazione contestuale

Il fenomeno  della risemantizzazione contestuale avviene quando si attribuiscono tratti semantici a qualcosa che non li possiede in sé ma ne svolge le funzioni, in relazione al contesto. Questi fenomeni di distorsione e di riaggiustamento semantico non rappresentano casi isolati, ma sono piuttosto la norma del funzionamento linguistico, e caratterizzano in modo costitutivo le procedure attraverso cui il linguaggio si applica al flusso della nostra esperienza cercando di descriverla e darle forma.




CAPITOLO 5.

L'ALTERNATIVA AL MODELLO CLASSICO

LA SEMANTICA DEI PROTOTIPI: UN'ALTERNATIVA RADICALE?


A partire dagli anni '70 si va diffondendo la teoria dei prototipi.

Prototipo = l'esempio migliore, il caso più rappresentativo di una categoria (in seguito passa a designare una concetto astratto, e a volte usato come sinonimo si somiglianza di famiglia).

Si deve parlare di teorie dei prototipi perché a seconda del significato dato al termine, variano le concezioni teoriche. Il concetto di prototipo comunque nasce come psicologico (derivante da studi sulla categorizzazione), non semantico-linguistico. Il processo attraverso cui identifichiamo e riconosciamo un'entità come membro di una data categoria è strettamente connesso al processo di significazione. Che i due piani (psicologico e semantico) siano strettamente correlati non vuol dire unirli e trasformare una teoria dell'organizzazione categoriale in una teoria lessicale.


LA DIMENSIONE VERTICALE


Il rapporto tra parole e cose non è uno a uno. Cioè non ci sono parole per tutte le cose del mondo, e molto cambia da cultura a cultura (Whorf), anche se ci sono cose indicate con più di una parola.

Il livello di base

Per spiegare questo fenomeno Berlin presuppone che esista una struttura gerarchica comune alle varie classificazioni, divisa in 5 livelli: regno, forma di vita, genere, specie, varietà. Secondo gli esperimenti di Berlin il livello di base è il genere (sono i primi termini appresi dai bambini ed i più usati quotidianamente.). Successivi studi di Rosch hanno identificato invece tre livelli: subordinato, di base, sovraordinato. Dal punto di vista percettivo-morfologico, funzionale, linguistico e dell'organizzazione dell'informazione è il livello di base quello più rilevante.

Caratteristiche del livello di base

Rosch lo definisce come "fasci di informazione densi di attributi percettivi e funzionali cooccorrenti".

Il livello di base sarebbe la relazione tra forma e funzione di un oggetto, cioè è per questo che ha la priorità cognitiva.

ASPETTI FUNZIONALI: UNA FENOMENOLOGIA CORPOREA

Per Rosch gli oggetti di base sono quelli con cui noi interagiamo sulla base di un programma motorio unitario. Gli oggetti di base potrebbero forse essere definiti come le entità che individuano un'azione elementare e su cui si esercita un programma narrativo minimo.

ASPETTI MORFOLOGICO-PERCETTIVI

Il livello di base è il primo livello di estrazione, e il primo in cui gli oggetti vengono percepiti e classificati e danno un'unica immagine mentale riferita all'intera categoria.

ASPETTI INFORMATIVI: L'ORGANIZZAZIONE DELLA CONOSCENZA

Il livello di base ha il maggior numero di attributi comuni, è quindi quello più informativo, e la differenziazione tra le categorie è piuttosto marcata. Inoltre le parole per i termini di base sono corte e tendono ad entrare per prime nel lessico e sono utilizzate più comunemente, soprattutto in contesti neutri.  


Universalismo e relativismo

Berlin aveva postulato un carattere universale e transculturale al livello del genere, poi le ricerche di Rosch hanno negato in parte queste affermazioni. Universale non sarà la selezione di una categoria di base, ma il principio di motivazione che presiede alla selezione del livello di base. Quando l'organizzazione gerarchica dei concetti è motivata dalla nostra intenzionalità, questi fattori hanno necessariamente una tendenza universale, anche se possono realizzarsi su contenuti specifici diversi (diversa lessicalizzazione).












































CAPITOLO 6.

LA DIMENSIONE ORIZZONTALE DELLE CATEGORIE

COS' E' IL PROTOTIPO


Il concetto fondamentale introdotto dagli studi di Rosch è quello di prototipo inteso come il rappresentante migliore. Il primo studio sui prototipi è stato condotto da Berlin e Kay sui termini di colore nelle varie lingue. I soggetti individuavano dei "punti focali", cioè dei punti nello spettro dei colori indicati come esempi migliori per i termini di base dei colori della propria lingua. L'individuazione di prototipi è poco dipendente da variazioni individuali all'interno della stessa cultura.


LO SFONDO SEMIOTICO: IL SENSO COME INFERENZA


I nostri processi cognitivi sono basati sul principio di somiglianza e analogia piuttosto che di identità. A partire dall'elemento percepito come il più saliente, noi confrontiamo e valutiamo gli altri elementi secondo giudizi di maggiore o minore similitudine.




COME SI FORMANO I PROTOTIPI


Non sempre il prototipo è l'esemplare più familiare (es: uccello aquila) e nemmeno quello che usiamo di più. Piuttosto si crea quando riconosciamo ad un oggetto il numero più alto di proprietà per quella categoria (ci possono essere più prototipi per la stessa categoria). Il concetto di validità dell'indizio risponde ad un'esigenza di economia cognitiva.

Comunque non esiste un principio unico secondo cui noi riconosciamo un prototipo, ma più o meno tutti quelli nominati vi concorrono.




CONCLUSIONI


Una valutazione

La nozione di prototipo ha ancora senso oggi soprattutto perché permette di pensare al significato come inferenza e non equivalenza, non come un sistema rigido (CNS), ma come punti focali a partire dai quali trarre inferenze sulla base di giudizi di somiglianza. Le procedure attraverso le quali determiniamo il significato di un termine secondo le sue proprietà, sono inseparabili dai processi di categorizzazione. [.]

Il modello prototipico consente di recuperare la dimensione enciclopedica del significato. Un problema di questo modello è l'incertezza e la vaghezza della definizione del termine stesso di prototipo, nonché quello dell'appartenenza alla categoria, della definizione di tipicità e la non unitarietà dei fenomeni prototipici.








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