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I diritti dell'uomo

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I diritti dell'uomo

Tra le conquiste più significative del Novecento va annoverata la universalizzazione dei diritti dell'uomo.

La sensibilizzazione e l'attenzione verso i diritti umani si sono talmente estese nei decenni trascorsi, da far sì che "i diritti dell'uomo costituiscono al giorno d'oggi un nuovo ethos mondiale", come ebbe a dire nel 1988 Walter Kasper.

Eppure si tratta di una conquista tutt'altro che pienamente 434c25e realizzata. Basta sfogliare i quotidiani, seguire i telegiornali, scorrere la saggistica di attualità per accorgersi che, ovunque nel mondo, avvengono soprusi, violenze, oppressioni.
I diritti di milioni di persone a vivere in libertà e in sicurezza vengono disattesi e scherniti, i bambini vengono sfruttati per i più inverecondi commerci, i vecchi emarginati, i poveri discriminati, le donne private della possibilità di condurre un'esistenza secondo la propria autonoma determinazione. Per non parlare dei diritti al lavoro, all'istruzione, alla salute, alla privatezza, a vivere in un ecosistema non degradato.
Il detto di Rousseau, contenuto nel Contratto sociale: "L'uomo è nato libero ma dovunque è in catene" è purtroppo ancora attuale. I diritti, proclamati sulla carta, tardano ad essere applicati.



Eppure, la storia dei diritti dell'uomo, dell'individuo, affonda le sue radici più prossime almeno nel Seicento e nel Settecento, con Locke, per cui gli uomini nascono liberi ed uguali, per proseguire con gli illuministi; idee poi raccolte e maturate dalla Rivoluzione americana e da quella francese; per giungere infine alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948.
Sono il frutto, dunque, della lenta evoluzione storica e morale della nostra specie.

I motivi che impediscono una loro completa attuazione, vanno ricercati, a mio avviso, in una diversa serie di fattori. 
In primo luogo non si tratta di bisogni umani fisiologici ed oggettivi, facilmente misurabili e documentabili, bensì di bisogni storici e culturali, legati all'evoluzione biopsichica, sociale e culturale della specie e quindi soggetti a mutamenti dipendenti dal variare delle vicende storiche e dall'evoluzione del progresso tecnologico. 
Gli interessi politici ed economici di una minoranza possono inoltre opporsi alla loro realizzazione in tante parti del globo. Coloro che detengono potere e privilegi tendono a conservali, non facendosi scrupolo di ricorrere anche alla violenza.
Infine, un ambiguo, quanto pericoloso "relativismo culturale", ha fatto breccia tra le elite intellettuali dell'Occidente, finendo col giustificare, in nome della diversità culturale, misfatti e oppressioni che vengono perpetrate in varie aree del pianeta.

Per favorire il rispetto universale dei diritti dell'uomo, non esistono soluzioni infallibili e onnipotenti. 
Esiste un'organizzazione, Amnesty International, che svolge un proficuo lavoro di denuncia. 
C'è la comunità internazionale che può decretare sanzioni politiche ed economiche nei confronti di quei Paesi dove i diritti umani vengono palesemente violati. Esiste la possibilità di ricorrere all'uso della forza, alla guerra, ma si tratta di una soluzione che spesso si può rivelare peggiore del male.

Eppure Kant aveva intravisto proprio nell'affermarsi di una cultura dei diritti umani il viatico più sicuro per raggiungere quella che è forse la più nobile e dolce utopia dell'uomo: la pace perpetua.





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