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I Ballets Russes - Le opere

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I Ballets Russes


Era Caijkovskic-Petipa-Ivanov fu il terreno fertile su cui sorse quella che è considerata la maggiore istituzione ballettistica del nostro secolo: i Ballets Russes. Nel 1808 Djagilev fonda la rivista "Mir Isskucva" (il Mondo dell'arte). Nel 1909 fondò la compagnia dei Ballets Russes. L'intento iniziale di Djagilev era di esportare l'arte russa. In Austria e in Germania il balletto non prende piede perché si scontra con espressionismo. Legame con coreografo Fokin che poi nel 1912 si spezza legame Djagilev - Nizinskij. Alla morte di Djagilev (1929) i Ballets Russes si sciolgono. Un altro allievo di Fokin, Romanov nel 1922 fonda a Berlino il "Russisches Romantisches Ballet" e fu attivo in tutto il mondo fino al 1957. Insegnamento di Djagilev ha profonde influenze sulla personalità di Stravinskij.


I balletti di Stravinskij




  • L'uccello di fuoco: balletto fantastico  in 2 quadri
  • Petruska, burlesque in quattro scene
  • Le sacre du printemps: quadri della Russia pagana in 2 parti
  • Renard: burlesque
  • Les noces: scene coreografiche russe
  • L'histoire du soldat : in due parti
  • Pulcinella : balletto con canto in un atto
  • Apollon Musagete, balletto in due scene
  • Le kaiser de la fee, balletto allegorico in quattro scene
  • Jeu de cartes, balletto in tre mani
  • Orpheus, balletto in tre scene
  • Agon, balletto per 12 danzatori

Legame profondo tra musica e danza. Visse a Pietroburgo vicino al teatro Mariinskij dove ebbe le sue prime esperienze musicali: le rappresentazioni delle opere russe del Gruppo dei Cinque interpretate spesso dal padre; ma soprattutto i balletti ciakovskiano-petipiani, come La bella addormentata nel bosco. Poi l'allievo di Rimski-Korsakov ebbe la fortuna di collaborare con Djagilev. Per S. è il balletto che fornisce alla musica quella forma che essa stessa si impone.


Periodo di formazione (fino al 1910 circa) L'uccello di fuoco. Rielaborazione degli stili studiati alla scuola di Rimski-Korsakov.

Periodo russo (1911 - 1923) Petruska, La Sagra della Primavera, Renard, L'histoire du soldat, Les noces. Comprende opere più conformi allo spirito dei Ballets Russes di Djagilev. Argomenti crudi e amorali, tradizione russa. Il destino dei protagonisti è di soccombere.

Periodo neoclassico (1920-1951) Pulcinella, Apollo, Le baiser de la fee, Jeu de cartes, Orpheus. Si torna alla simmetria formale, purezza armonica. Ricompaiono comunque personaggi isolati e in conflitto.

Periodo seriale-dodecafonico (1952-1966) Agon. Ulteriore purificazione stilistica.


Le opere


L'uccello di fuoco


Commissionato nel dicembre 1909 ed eseguito per la prima volta all'Opera di Parigi il 25 giugno 1910. I risultati dell'insegnamento di Rimski-Korsakov sono la Sinfonia in Mi bemolle op. 1 composta tra il 1905 e il 1907, la Suite vocale per mezzosoprano e orchestra op. 2 su testi di Puskin (il fauno e la pastorella) del 1906, lo scherzo fantastico op. 3 composto tra il 1907 e il 1908 fino a Feu 525i86f d'artifice op. 5 del 1908. Occasione fortuita fu la rinuncia di un altro allievo di Rimski-Korsakov Ljiadov, troppo lento. S. abbandonò per un attimo l'opera Le Rossignol a cui stava lavorando e si mise al lavoro. Coreografia era di Fokin che in quell'epoca S. stimava molto. Rapporti però presto si guastarono. Argomento del balletto un'antica fiaba russa: da un lato elemento malvagio incarnato da Kascej, l'immortale, orco dai verdi artigli che cattura le fanciulle e pietrifica gli uomini. L'altro elemento magico, quello buono, è rappresentato dall'Uccello di fuoco che possiede il segreto per sfatare incantesimi di Kascej. Protagonista umano è lo Zarevic Ivan. E principessa (una delle 13 prigioniere). Trama particolarmente adatta per un balletto. Protagonista coppia Kascej-Uccello di Fuoco. Musica sottolinea magia. Lo notiamo fin da quando (introduzione) violoncelli e contrabbassi intonano in pianissimo e con sordina un tema cupo e minaccioso. Appare Uccello du fuoco che dalle terzine veloci degli archi e dai tremolii dei legni sembra proprio spiccare il volo (frullio reso da tremoli e note ribattute di archi e legni in crescendo e soprattutto da piatti colpiti con le bacchette dei timpani). Secondo S. la Danza dell'Uccello di fuoco è il brano più felice. Il corteo delle principesse reso da un'ascensione accordale in pianissimo degli archi. Il tema della principessa, suonato in successione da clarinetto, flauto, violino solo e poi tutti i violini è una mesta melodia. Dall'Alba in poi l'azione si svolge in maniera più drammatica e movimentata. Apparizione di Kascej accentuata da un improvviso crescendo su un glissando di archi tromboni e fagotti fino ad un secco più che fortissimo. Apparizione dell'Uccello di fuoco preannunciato da leggeri glissandi verso gli acuti. Emerge lo xilofono. La "danza infernale di tutti i sudditi di Kascej", il brano più audace più prossimo allo stile delle Sacre. Rullo di grancassa annunci a morte, staccati sparsi dei legni e archi il suo stramazzare al suolo, i tremoli dei timpani in pianissimo e dell'intera orchestra d'archi in flautando rappresentano le tenebre. Tema della liberazione annunciato dal corno. Uccello di fuoco ebbe un successo strepitoso sia nel balletto originale che nella suite.


Petruska




Caso fortuito. S. si trovava in Svizzera nell'estate del 1910. Si mise poi a comporre un lavoro orchestrale con pianoforte concertante e poi gli venne in mente il nome del burattino, eterno infelice eroe di tutte le fiere. Lo fece ascoltare a Djagilev a cui piacque subito. L'opera fu terminata il 26 maggio e il 13 giugno ebbe luogo la prima a Parigi. Direttore fu Monteux, coreografo Fokin, scenografo Benois e interprete Nizinski, la Karsavina come ballerina e Orlov come il Moro. Enrico Cecchetti come Burattinaio. Argomento: durante la festa di piazza del Martedì grasso a Pietroburgo si fa largo il burattinaio con i tre pupazzi. Viene messa in primo piano la loro piccola tragedia: P. ama la ballerina, ma questa è attratta dal Moro che si sbarazza di lui fracassandogli la testa. Poi appare il fantasma che fa uno sberleffo al Burattinaio e a tutto il pubblico. È divisa in 4 quadri.


Primo quadro


"Festa popolare della settimana grassa": corni e clarinetti con squilli irregolari di flauto e violoncelli. La ballerina danza battendo il tempo con il triangolo (la melodia è "Elle avait une jambe en bois". A questa melodia si sovrappongono vari suoni estranei. Poi due tamburi avanzano verso il teatrino e attirano l'attenzione della folla.

Davanti al teatrino compare il Burattinaio e i suoi tre pupazzi (ritmi misteriosi)

Tre pupazzi si mettono a ballare una danza russa. Funzione concertante de pianoforte. Rullo di tamburo militare e due squilli politonali di clarinetti e oboi preannunciano il cambiamento di quadro.


Secondo quadro


  1. Camera di Petruska. Un calcio lo spinge nella scena. È innamorato della ballerina. Il suo amore disperato si esprime nel Furioso. Solitudine malinconica. Con un'entrata trionfale appare la ballerina. Ancora il rullo del tamburo fa da trait d'union con il terzo quadro.

Terzo quadro


  1. "Presso il Moro": musica ne sottolinea la figura greve e rozza. Tuba, fagotti, timpani e rullo in pianissimo del tam-tam. Fagotti intonano melodia orientale a tre voci. Apparizione della ballerina (cornetta, e stupida melodia). Ballano insieme il valzer. Apparizione di P. che dopo aver litigato con il moro viene spinto via.

Quarto quadro


  1. "Festa popolare della settimana grassa. Verso sera": gioia. Tutti gli strumenti vibrano di fitti tremoli sull'accordo di Re maggiore. Lungo squillo di trombe richiama attenzione su teatrino. P. esce dal teatrino inseguito dal Moro che la ballerina cerca di trattenere. Il Moro lo raggiunge e lo colpisce con la spada. P. cade con il cranio fracassato. La folla si riunisce e muore lamentandosi. Il Burattinaio rassicura che è P. non è altro che un burattino. Il libretto continua a parlare di cadavere. Sul teatrino appare il fantasma di P.

Esatta riproduzione timbrica delle orchestrine del music-hall o degli organetti di Barberia.

Effetto metateatrale. Due livelli teatrali, quello della folla e quello del teatrino. Musica differenziata: tipicamente russa e all'interno del teatrino più raffinata. Frequenti interruzioni del discorso armonico fino all'inferenza di sezioni a tonalità diverse e alla sovrapposizione politonale. Le ultime pagine, sebbene scritte in fretta sono considerate da S. le migliori della partitura. Dopo la baraonda della festa l'atmosfera diviene calma. Tremoli fitti degli archi si alternano a tremoli lenti degli oboi e dei corni. La musica si smorza progressivamente fino al colpo di scena dello squillo delle trombe di P e alle quattro enigmatiche note conclusive degli archi (do diesis - Re diesis - Do naturale - Fa diesis). Di notevole virtuosismo la trascrizione per pianoforte dei Tre movimenti di P. (Danza russa, Da P., La settimana grassa).


La Sagra della Primavera


L'idea originaria era venuta in mente a S. già nel 1910 a Pietroburgo mentre stava per terminare L'Uccello di fuoco.

Realizzazione di tale progetto parecchio tormentata. Problemi dovuti anche alla mancanza del coreografo. Fokin aveva interrotto i rapporti con Djagilev e l'impresario puntò su Nizinski che non era un granché. La partitura fu terminata l'anno successivo, il 29 marzo 1913 e il 29 maggio presso Parigi venne rappresentata con l'orchestra diretta da Monteux. Scandali più clamorosi della storia della musica. Pubblicò iniziò a manifestare disapprovazione. Le rappresentazioni successive riscossero invece successo. La Sagra della Primavera scardinò i tradizionali canoni compositivi: innanzitutto il procedimento politonale diventa un fattore strutturale costitutivo dell'intera organizzazione compositiva al pari di quello modale che ne caratterizza l'orizzontalità melodica. S. sembra non concedere più nulla alla regolarità della scansione; e anche quando appare una normale successione di crome in 2/4 questa viene contraddetta dalla disposizione degli accenti. Anche dal punto di vista timbrico le innovazioni sono rilevanti: l'orchestra impiegata è mastodontica, nonostante le iniziale titubanze di Djagilev. Per la funzione melodica vengono preferiti i legni, gli ottoni agli archi. Non ha un vero e proprio svolgimento drammatico. Si divide in due parti: "L'adorazione della terra" e "Il sacrificio". La prima parte inizia con un a-solo del fagotto nel registro acuto. La melodia è un canto lituano. Unico canto originale folklorico di tutto il pezzo. La seconda parte riguarda il sacrificio, momento culminante di tutto il rito tribale. L'Introduzione presagisce e anticipa il senso di morte e di mistero che avvolge tale rito. Ciò che prevale è l'elemento percussivo. Il sacrificio crudele di un'adolescenza che offre la sua giovinezza. Con questa scelta S. scandalizzò il pubblico e tutta la società che in quegli anni era in procinto di compiere un ben più crudele sacrificio di vite umane. La Sagra è il primo esempio di quella fredda oggettività tipica della musica di S..


Renard


Nel periodo immediatamente precedente alla guerra S. compose le Tre liriche giapponesi e la fiaba musicale Le Rossignol dal racconto di Andersen. I primi mesi del 1915 li trascorse in montagna dove cominciò a comporre Les noces e una favola rustica intitolata Racconto del gallo, della volpe, del gatto e del caprone. L'occasione propizia gli venne offerta dalla principessa Edmond de Polignac la quale nel gennaio 1916 gli chiese di comporre un'opera da camera con pochi strumenti da eseguirsi nel suo salotto. S. le propose allora Renard. Djagilev era molto più interessato a Les noces. L'allestimento presso al Polignac non si realizzò mai. Solo più tardi nel '22 D. inserì Renard insieme a Mavra nel cartellone dei Ballets. Determinante per Renard fu l'incontro con Aladar Racs, virtuoso del cimbalom (strumento tzigano). S. fece del cimbalom quello che in P. era il pianoforte. Pochi strumenti rappresentativi: legni da ottavino, flauto, oboe, corno inglese, clarinetto e fagotto; gli ottoni da due corni e una tuba; le percussioni massicce e agli archi ruolo subordinato. Cimbalom ungherese fa da strumento concertante. Ritmicamente ammicca al jazz e alla musica di consumo. Formalmente Renard presenta una struttura rigidamente simmetrica. La volpe Renard sfida la stupidità del mondo circostante e ne subisce la violenza e l'arroganza; assomiglia perciò a P. tanto è testardo; ma la sua proverbiale furbizia nulla può contro la viltà del Gallo. Renard sembra ricevere e incarnare la malignità del mondo: la sua indole è quella del diavolo. C'è un elemento che conferma la parentela di Renard con Nick Shadow: lo strano arpeggio con cui viene presentato ad ogni sua apparizione in scena.




"L'histoire du soldat"


Il  lavoro di S. e di Ramuz consistette nel prendere e rielaborare alcune fiabe russe della raccolta di Afanas'ev, riguardanti il periodo delle guerre russe-turche e in cui si parla di un "soldato che diserta e l'astuto Diavolo che viene a reclamare la sua anima". Concepirono un teatro povero. Anche l'argomento rivisita un grande mito romantico: Faust. L'orchestra è sul lato opposto del palcoscenico. L'esordio dell'opera come in Renard è una marcia. La voce recitante segue ritmicamente la musica. A differenza che in Renard qui si tratta di una piccola Ouverture che non fa da semplice entree ma anticipa e riassume musicalmente i contenuti dell'opera. Si ritrova qui un modulo caro a S. consistente nell'opporre uno strumento solista a degli antagonisti che emergono minacciosamente. Il violino poi riprende tranquillamente il suo a-solo, ma lo strano arpeggio conclusivo ha il sapore di una capitolazione di fronte a quelle forze misteriose. Lo accompagna una Marcia Reale ironicamente pomposa quando il soldato va dalla figlia del Re (paso doble spagnolo". Ottenuta la promessa di vedere la principessa il soldato incontra il diavolo travestito da virtuoso del violino e rivince il suo violino e suona un gioioso Petit-concert. Giunto al capezzale della principessa malata il soldato suona tre danze (Tango, Valzer, Ragtime) che fanno rianimare la ragazza. Si sposano ma lei vuole conoscere il passato del soldato e lui vuole rivedere i suoi cari. Ma il narratore avverte l'attore: "Una felicità è tutto, due felicità è come se non esistessero più". Il soldato perde la sua anima e il violino sembra agonizzare. Farsa della follia.


Les noces


Nel periodo che va dal 1914 al 1923 si inscrive la lunga gestazione delle "scene coreografiche russe" Les noces. L'intento di S. fu unicamente quello di riportare la viva voce della tradizione russa. S. voleva sì mettere in scena un rito popolare ma accentuandone la distanza culturale, evitando ogni coinvolgimento passionale, ogni sentimentalismo nostalgico di stampo romantico. S. ebbe la geniale intuizione di trasferire l'elemento vocale, il soffiato interamente negli strumenti a percussione che costituiscono l'unica sezione supersite della grande orchestra. S. dovette risolvere comunque un altro problema pratico: la collocazione spaziale degli strumentisti.  Si optò per la collocazione dei cantanti e delle percussioni nella fossa dell'orchestra, mentre i quattro pianoforti occupavano gli angoli della scena. La prima rappresentazione avvenne a Parigi il 13 giugno 1923. Come in Renard anche nelle Noces le voci non si identificano univocamente con i personaggi: all'inizio il soprano è la sposa mentre alla fine fa la parte dell'oca.


Prima scena


Canto della sposa (Natascia) mentre si sta sciogliendo la treccia e i nastri, simboli secondo la tradizione russa della verginità e del legame parentale. Le amiche pettinano la sposa piangente e la consolano per la separazione dalla madre. Poi parlano di un albero nel giardino del fidanzato e di un usignolo che canta


Seconda scena


Pianto della madre dello sposo anche se sembra più commosso e sincero di quello della nuora, ai limiti della gelosia. Ella si lamenta perché non potrà più curare il figlio.


Terza scena


La ragazza s'incammina verso la chiesa. Vengono invocati i santi Cosma e Damiano propiziatori del matrimonio e della fertilità. Ai due lati della scena le due con suocere che esprimono loro dolore. Sposi e genitori coinvolti nell'euforia generale degli ospiti. Quando il letto è pronto gli sposi entrano nella camera e i genitori e gli ospiti restano sulla porta. Pizzico di malizia nella descrizione dell'amplesso. Unione sensuale come atto sacrale e come mistero. Ciò che comunque emerge è soprattutto quel senso di vuoto storico e di frattura temporale con il passato che il mondo intero stava sperimentando in quegli anni.


Pulcinella


Pulcinella è il primo lavoro dello stile neoclassico. È una delle opere più esemplari. La sua ironia è volta a sottolineare questa distanza. Il vero oggetto polemico è un altro, ossia gli epigoni del tardo romanticismo e i fautori della dissoluzione linguistica musicale. Djagilev propose a S. l'orchestrazione di alcune pagine di Pergolesi. S. scelse Pulcinella. L'argomento venne tratto da un manoscritto della Commedia dell'Arte italiana del '700, trovate da Massine e Djagilev a Napoli o a Roma. Quattro ragazzi si travestono da Pulcinella e tentano di uccidere il vero Pulcinella che si fa sostituire da Furbo che finge da morire. Poi Pulcinella sposa Pimpinella. Assenti perfidia. Uso esplicito delle tonalità, delle forme tradizionali, di una metrica e di una misurazione ritmica fondamentalmente regolari e quadrate. Organico strumentale: 2 flauti, 2 oboi, 2 corni, 2 trombe, trombone, archi suddivisi in concertino..Pulcinella è l'opera che forse creò meno problemi al compositore. Perfetta intesa con Picasso che disegnò la scenografia e i costumi.Prima rappresentazione ebbe luogo al Theatre de l'Opera il 15 maggio 1920. Preminenza degli archi.


Apollon Musagete


Opera neoclassica insieme alla Mavra, Ottetto, Serenata in La per pianoforte, Concerto per pianoforte e strumenti a fiato, Oedipus Rex. Neoclassiche nello stile e nel contenuto (ispirate alla mitologia greca). Apollon costituisce forse il caso estremo di questa volontà di autocontrollo, di rinuncia e di inibizione espressiva. Sfrondò l'orchestra. Elementi che compaiono sulla scena e che caratterizzano anche la musica: senso dell'ascesa, principio dell'unità. Senso del ritorno. Ciò che premeva al compositore era la chiarezza e la nitidezza. Il balletto inizia con un'introduzione austera e solenne per il progressivo ascendere del ritmo puntato nei diversi piani tonali, anche queste ascendenti: prima Do maggiore...All'apertura del sipario il senso di attesa si protrae fino al momento della nascita di Apollo annunciata dall'accordo che la simboleggia. Nella seconda scena cominciano le variazioni. Il balletto si conclude con una mirabile Apotheose in cui il ritmo puntato del tema di Apollo suggella l'unitarietà del carattere e della struttura di tutta l'opera. Egli non volle più scandalizzare la gente come fece la sera del 20 maggio 1913. Quando incontriamo uno S. accondiscendente non dovremmo fidarci di lui. Anche quello neoclassico è un ennesimo travestimento dopo quello russo e prima di quello atonale.




Le baiser de la fee


Balletto commissionato alla fine del 1927 da Ida Rubinstein per la sua compagnia di balletti di Parigi. Benois gli propone un soggetto ispirato alla musica di Cajkovski. Racconto di Andersen, "La Vergine dei ghiacciai": un ragazzo di nome Rudy svizzero baciato alla nascita da una fata. Durante una tempesta di neve la madre di Rudy muore e il bambino viene allevato da dei cacciatori. S'innamora della figlia del mugnaio Babette e alla vigilia delle nozze quando sta per realizzare il suo sogno d'amore, la Vergine lo reclama a sé, facendolo perire nelle acque del Lago di Ginevra. Per S. questo soggetto poteva essere un'allegoria della figura di Cajkovskij. L'allegoria può essere estesa anche all'intera vita del musicista. Quello con C. fu un rapporto d'amore basato sulla raccolta accurata di materiale vario ripreso fedelmente o modificato col fine di farlo rivivere nel presente. Utilizza l'orchestra in senso cameristico.


Prima scena


Prologo della fiaba. Per la scena temporalesca S. scelse la Berceuse durante la tempesta op. 54 n. 10 di C. Il crescendo finale della prima scena coincide con il momento in cui i cacciatori del posto ritrovano il piccolo.


Seconda scena


Protagonista diciottenne e la fidanzata. La fata travestita da zingara circuisce il giovane. Alle danze contadine si alterna l'episodio del quartetto d'archi che allude ai due giovani prossimi alle nozze. Dopo una breve transizione di S. troviamo una Polka di C., poi un Valzer, il Nata Valse op. 51 n. 4 finché nella Coda viene ripreso il tema iniziale in diminuendo dato che la folla si sta a poco a poco disperdendo. Appare allora la fata nel cui personaggio troviamo le costanti dell'elemento diabolico: il travestimento, la danza, la promessa di felicità fatta per distogliere il protagonista dalle nozze. Alla fine le seducenti ed enigmatiche scale ascendenti del flauto nel momento in cui ella riesce a soggiogare il giovane.




Terza scena


La fata accompagna il giovane al mulino. Presagio di morte per oscillazione dei tremoli violinistici su un lungo pedale dei violoncelli. La fidanzata si veste da sposa ma compare la fata vestita anch'essa da sposa che rivendica il giovane.


Quarta scena


Tema tratto dal Lied "Niente altro che cuore solitario". La fata bacia di nuovo il giovane ma questa volta sulla pianta del piede per portarlo con sé nella dimora eterna. Il pendant con il bacio ricevuto è sottolineato da una ripresa della melodia iniziale. Indeciso se l'eternità è quella dell'Olimpo di Apollo o nel Tartari di Persefone.


S. non collaborò molto alla coreografia. Djagilev non soddisfatto. Non fu un successo. Nel 1931 ci fu la riduzione a suite che ha come titolo Divertimento.


Jeu de cartes


Scritto tra il 1936. Balletto neocajkovskiano. Disimpegnato. Palcoscenico avrebbe coinciso con il tavolo verde, le diverse scene sarebbero stati le mani di gioco, i personaggi le varie figure, con in preminenza il Jolly. Il royal flush di Cuori mette fine alle furfantesche malefatte del Jolly (che si sostituisce a qualsiasi carta). Prima esecuzione avvenne al Metropolitan Opera House di N.Y. con l'American Ballet il 27 aprile 1937. Diretta da S., coreografo Balanchine, ballerino protagonista (il Jolly) William Dollar. Ascendente maggiore di Jeu sembra Beethoven. Elemento portante di tutto il balletto è un inciso ritmico di tre crome e una minima che corrisponde all'incipit della Quinta sinfonia.


Destino è casuale così come la distribuzione delle carte. L'allegoria è ambigua: il Jolly soccombe ma in fondo è il deus ex machina di tutti i giochi. Perciò assomiglia a personaggi come Petruska, Pulcinella e Renard. Personaggio diabolico. Tra i balletti di S. meno rappresentati.

Rapporto Mussolini-Stravinski: rispetto ma non ammirazione.


Orpheus


In America dal 1939 durante la guerra. Richieste anche consumistiche (Sagra della Primavera per Fantasia). Buoni rapporti con Hollywood. Rappresentato per la prima volta il 28 aprile 1948. Balletto autenticamente neoclassico nell'uso delle forme chiuse, nello stile musicale e nell'argomento (punto di riferimento è Monteverdi). Mito è quello narrato da Virgilio nelle Georgiche (IV) e ripreso da Ovidio nelle Metamorfosi (X). Orfeo tenta di riprendersi Euridice, ma si gira prima e la perde per sempre. Tornato in superficie viene ucciso dalle Baccanti per la sua indifferenza. La sua anima ascenderà al cielo e allieterà i beati con la sua musica. Orfeo è come Edipo, cerca di infrangere il destino ma ne rimane schiacciato. Per S. l'atto di voltarsi è una frustrata affermazione della libertà. Pessimismo antiumanistico di S. Rare volte viene superata la soglia del mezzoforte. L'arpa (cetra di Orfeo) espone la sua lenta melopea discendente su un velo armonico degli archi. Critica: agitazione delle furie meno furiosa. Un improvviso crescendo al fortissimo costituisce il culmine drammatico del duetto e di tutto il balletto "Orfeo si strappa la benda dagli occhi e Euridice cade morta". Nel Pas d'action le Baccanti prendono Orfeo e lo fanno a pezzi. I pizzicati degli archi rappresentano i passi furtivi delle Menadi. Lo sventurato viene afferrato nel momento in cui la piena orchestra suona in più-che-fortissimo. Quindi la musica stessa si frammenta e si lacera. La terza scena è "L'Apoteosi di Orfeo" e il finale è in diminuendo.


Agon


Ultimo balletto di S. commissionato da Lincoln Kirstein e George Balanchine per il New York City Ballet. Già prima di terminare l'Orfeo S. era al lavoro per "The rake's progress". La dodecafonia assume aspetto quasi gaio. Il titolo vuol dire solo competizione.







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