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La crisi spagnola del Settecento - Parabola della decadenza

letteratura spagnola



La crisi spagnola del Settecento





Parabola della decadenza



Parlando del Settecento e di tutti i suoi significati non si può che cominciare a notare tutta una serie di eventi che nel loro insieme generale determinano le linee generali del secolo e della storia futura.

Il passaggio da Carlo II ( morto il primo novembre del 700 ) per il passaggio a Filippo V, consolidato solo dopo 15 anni con la pace di Utrecht, non significano solo il passaggio da Asburgo a Borbone, ma sono il segno di un cambiamento culturale, nel verso senso del termine.

Vediamo come i critici definiscano questo un momento di crisi, non come punto culminante però, ma come un passaggio da qualcosa che c'era prima verso un futuro ancora incerto: la Spagna era giunta sotto la dominazione austriaca ad un punto morto, distrutta dall'interno per via della cattiva amministrazione economico-burocratica. Privata delle sue dominazioni ( Pesi bassi, Milano, Napoli, Sardegna e Sicilia ) però, riscopre il ruolo di Nazione tra le Nazioni all'interno dell'Europa. Eppure non si riuscì a trasformare questa situazione a proprio vantaggio nonostante la politica cosìdetta "ilustrada" che aveva visto la strada per attuare la politica economica necessaria per la ripresa. Ma bensì di tutte quelle nuove crisi che andavano a mettersi in evidenza con il culminare nel fine secolo con la "Generazione del Novantotto".




Condizioni socio-economiche ne VXII secolo


La situazione al pari del resto d'Europa non era certo rosea: stremata da quasi due secoli di guerre, però, dobbiamo individuare le cause della decadenza molto prima, ancora alla morte di Filippo III ( 1621 ).

Il problema ormai appurato presente dal punto di vista economico e sociale, era palese agli occhi di tutti e molti riferimenti a questo decadimento istituzionale possono essere trovati nella letteratura creativa dell'epoca e addirittura in alcuni scritti ufficiali. Disordine civile, peste e fame erano ormai parole che facevano parte della vita quotidiana.

Sembra quasi un controsenso che in un tale periodo di regressione e stenti che possa maturare in modo così ricco la letteratura spagnola.

"Lìbrete Dios de la enfermedad que baja de Castilla y de ambre que sube del Andalucia"  ( Guzmàn de Alfareche ) Anche Mateo Alemàn si riferirà agli anni precedenti come anni sterili in cui la miseria era padrona.

1629, 1650, 1690 : questi sono gli anni in cui il flagello della peste calerà sulla Catalogna, contagiando poi la Castiglia e infine scendendo paurosamente verso Sud.

Questi erano gli argomenti dei racconti picareschi, in cui la fame era la protagonista, dalla cui si generavano tutta una serie di fenomeni collegati a catena l'un l'altro.

La "despoblaciòn del reino" era ormai un dato di fatto, forse anche dovuta ad un calo dei Matrimoni e dall'eccedenza del Clero.


Motivi e conseguenze della decadenza


Uno dei motivi dello spopolamento inoltre fu la cacciata dal territorio ancora nel 500 dei "judios" e "moros" ed in seguito dei "moriscos" ovvero dei convertiti dopo la cacciata dei primi. Così come la prima volta ci fu come conseguenza un decadimento del commercio e dell'industria manifatturiera, questa volta venne meno la mano d'opera dei grandi fondi che vennero adibiti al pascolo. Inoltre altro problema fu l'impoverimento delle casse statali con il diminuire delle importazioni di oro, sempre più caro e che quasi "passava" solamente sul territorio per finire da altre parti. L'aumento dei salari, fu solo indice dell'aumento generale del costo della vita, per la mancanza di mano d'opera e della carestia dei prodotti.

Sul mercato nazionale quindi si gettarono gli stranieri, tema altrettanto caro dalla critica seicentesca.




La letteratura della crisi


Nonostante si avesse già un concetto chiaro della situazione spagnola, fu sono nel dopo la metà del 700 che questa penetrò nella coscuentza degli intellettuali sollecitandone la sensibilità anche a livelli più vasti della cultura.

Con la diffusione delle idee illumnistiche si diffuse anche un certo gusto per l'analisi politica, che non sempre fu fine a se stesso , ma che attraverso la ricerca degli "errori" portava alla promulgazione di riforme ed alla loro attuazione.

Tali fervori però sarebbero rimasti tali se non grazie ad un sovrano illuminato come Carlo III e dei suoi uomini di governo aperti ed efficaci. ( in ogni caso ci volle tutto il suo tempo per riuscire ad arrivare ad u8na ripresa sensibile )

Come precursione dell'Ottocento però, cominciò a serpeggiare tra la popolazione tutta quella serie di temi sociali che si svilupparono come in Francia sulla critica alla Monarchia, al Clero e di conseguenza anche all'aristocrazia ormai inproduttiva.


Nonostante la dinamicità della situazione vediamo come quando la cultura spagnola debba confrontarsi con una qualsiasi di quelle europee, il nascere di una sorta di problema morale, quale gelosia, astio. Da qua poi con il riaffiorare del problema con la sottolineatura di Masson nel 1782 con la sua critica e analisi sulla situazione spagnola, si riapre quella "querelle" anche a livello internazionale che , suffragata da tutta una letteratura sul genere, dimostra la fattezza reale della cultura spagnola, valorizzando quindi sul piano reale la divisione in quella che va sotto il nome delle "due spagne": l'una del risentito nazionalismo e l'altra dell'apertura anche verso l'europa.

Il cliché ormai dell'isolamento spagnolo non è che un tema della situazione sociale e culturale dell'epoca, e non una condizione: si possono perciò delimitare delle cause scatenanti che vanno a radicarsi nel periodo della Controriforma e alla conseguente introversione che in seguito si unirà allo sfascio politico-militare proprio degli inizi del Seicento. Secondo Ortega y Gasset, la Spagna era l'unico paese a non avere bisogno della Controriforma, ma che anzi, su di esso i suoi effetti sono stati disastrosi.

Non c'è quindi bisogno a ricorrere a determinati fattori razziali per delineare un fenomeno che ha una perfetta giustificazione storica.

Questa è stata l'intuizione degli illuministi che tra l'altro tentarono l'apertura prima filosofica e poi politica verso l'Europa.

Feijo, Cadalso, Andrés, Jovellanos, si sentivano già cittadini europei ignorando le differenze nazionali cercando un equilibrio maggiore nella ricomposizione attraverso la pacifica collaborazione. "Antipatia de Franceses y espanoles" è un incentivo all'amore e non all'odio in quanto sottolinea caratteri dei due popoli complementari, e non antagonisti.


La polemica sulla Spagna


"debolezza del suo governo, l'inquisizione, i monaci, l'oziosa fierezza dei suoi abitanti, han fatto passare in altre mani le ricchezze del Nuovo Mondo."

Bla bla bla

Più che altro questo era un riassunto di tutti i pensieri dei francesi medi, che alla fine erano proprio luoghi comuni, però alla fin fine, in queste accuse, c'era un'innegabile parte di vero che poteva essere ricercata nei fatti storici, e quindi gli illuministi spagnoli cercarono di imbrigliare la polemica per fare in modo di stimolare la rinascita nazionale.

"On chante, on dit la messe et on tue les hommes"

La polemica viene principalmente mossa contro l'idea che la spagna è vittima dell'Inquisizione e della Scolastica, come quindi paese che rallenta il progresso scientifico-filosofico europeo.


Giudizi francesi e reazioni spagnole


È facile tuttavia avvertire che le critiche degli enciclopedisti si riferiscono alla Spagna in quanto ancorata al passato, ma riconoscevano anche lo sforzo fatto dalla nazione per adeguarsi al progresso generale. Viste sotto una luce diversa, sono di sicuro un fraterno appoggio agli "ilustrados" spagnoli che può essere notato soprattutto nei rapporti epistolari.

Lo stesso Arnada, soppresso dall'incubo di un'oppressiva relgiosità però, nonostante le sue idee da ilustrado, dovette schierarsi contro la dicitura enciclopedista.

Bla bla bla


Le apologie


Per riuscire a combattere il giudizio denigratorio di Masson, l'unico metodo  era quello di capovolgerne la tesi dimostrandolo quindi "sbagliato".



Gli ilustrados e la crisi


Il concetto di decadenza da parte degli ilustrados non si riferisce certo ad un ruolo razziale che porta a una colpa su ogni cosa, ma bensì investe i settori dell'industria, del commercio, dell'agricoltura, delle istituzioni.

A differenza degli illuminati francesi non definirono il problema solo con la semplice presa di coscienza della situazione attuale, ma bensì andarono molto più a fondo impostando una disamina in modo scientifico e sorprendentemente moderno : il punto divenne quindi individuare gli errori politici e dar loro una data.

La linea di discriminazione taglia di netto il 500 che in effetti viene contrapposto come l'età dell'oro nei confronti del 600. L'iter della decadenza inizia con la stessa dinastia asburgica che tanto era stata esaltata come artefice della grandezza spagnola. Solo nel tardo 800/900 i termini della crisi sono stati posti ancora più a monte con ancora i Re cattolici e la loro opera ritardatrice che escluse la Spagna dalla situazione europea.


Critiche al sistema


Gli intellettuali del 780 non si lasciarono incantare da tutto questo, ma bensì andarono oltre: la critica viene ora mossa verso il presente, strutture o istituzioni, colpe verso i gruppi dirigenti, ostacoli reali al progresso e alla felicità dello Stato che non erano ancora stati rimossi nonostante le buone intenzioni. "El censor" parla di una equa distribuzione dei beni secondo i meriti dei cittadini e quando dice lusso vuol dire ricchezza. Tutti questi discorsi, possono essere anche fraintesi come precursori di un'ideologi 626j91g a marxista. Altri scrittori più sensibili si videro rivolgere l'attenzione verso le classi inferiori, differenziandosi dalla tematica illuminista: la crisi sarebbe durata fintanto che non si fossero rimosse le sperequazioni tra le classi.

In Francia, già ribollivano gli animi della Rivoluzione.


Proposta di interpretazione


In altri termini la Spagna rimane immobile in una struttura di tipo medievale, esclusa dal grande capitalismo europeo che andava formandosi grazie all'avvio che essa stessa vi aveva dato con lo smistamento dell'oro americano. Priva di una vera borghesia industriale e imprenditoriale, rimase fuori dai giochi della storia.

Però, grazie al dispotismo illuminato e ai provvedimenti per l'incremento agricolo, demografico, riforma scolastica e organizzazione culturale e delle istituzioni, viene a crearsi quella borghesia, anche se non ben definita, che non può che piazzarsi al centro delle altre classi e lentamente prende coscienza di se.

Per la prima volta la letteratura diventa una professione libera e sganciata dal circuito dei commissionari. Sarà "diversa" in un processo di spinta da parte del popolo a sentirsi tale e scegliere una cultura da contrapporre, sia pur la stessa nazionale.



Torres de Villarroel


La figura pittoresca del dottor Diego de Torres villarroel, astrologo medico e matematico, risulta in ogni suo aspetto un avvincente letterato. Tutte le incertezze e le aspirazioni della cultura spagnola del tempo si rispecchiano nell'ambiguità di questo scrittore.

Nato a Salamanca nel 1696 fece i suoi studi e passò il resto della vita insegnando matematica presso l'Università tranne qualche soggiorno in Portogallo e una fuga in Francia perseguitato dalla giustizia per un presunto omicidio. Il padre aveva bottega nel "barrio de los libreros".

Ciò lo portò ad acquisire una certa cultura leggendo senza guida qualsiasi libro che gli capitasse a mano. Specialmente trattati di astrologia, chimica e matematica. Dopo essere scappato di casa verso una presunta libertà, vive in Portogallo dove vive di espedienti picareschi spacciandosi per ballerino e per chimico.

Nel 1726 vince la cattedra di matematica a Salamanca e la tiene per tutta la vita. Muore nel Giugno 1770.

Cultura prevalentemente scientifica tra il vecchio ed il nuovo. Rimane nel margine anche nel campo della fisica dove non porta alcun contributo nuovo. Insomma, non si può paragonarlo agli altri riformatori come Feijoo come afferma il suo biografo.

Ma proprio per questa sua esperienza poco impegnata e approssimativa ci aiuta ad andare a fondo in quell'esigenza di rinnovamento in qui egli si adegua solo per la spinta di interessi esterni.

Vediamo quindi come le scelte scientifiche e filosofiche da lui affrontate riflettano questo stato di incertezza, che però non troviamo nelle sue opere, le quali risultano uinitarie, con un radicato gusto tradizionale e barocco. Era una testimonianza della dipendenza ad un unico modello, cioè quello di don Francisco de Quevedo, di cui erano l'ironia il sarcasmo e la satira sociale, in una sorta di umour tetro e festivo insieme, in un particolare disegno letterario e linguistico. Suenos morales del 1746 nei quali egli rievoca in un suo sogno lo stesso Quevedo che lo accompagna in un fantomatico viaggio tra i vizi gli ambienti e i costumi della capitale.

La struttura letteraria a lui cara era quella del "sogno", ormai divenuto un comune "topos" della letteratura divenuto adatto a qualsiasi contenuto.

I caratteri erano rispettati in tutti i termini: ambiguità di interpretazione fra la situazione e una dimensione oggettivamente sovrannaturale, che apparisse una figura di "Anciano" ovvero un personaggio mentore evocato, indiscussa autorità per fama o per età.

Citiamo quindi il "Viaje Fantastico" nel quale inverte il canone del "sueno" diventando egli stesso mentore e accompagnatore di una serie di alunni fantasma, in quella che vuole essere la "summa" del suo sapere a proposito della conoscenza matematico-astrologica, in un vero e proprio viaggio attraverso i tre mondi della natura. Ma la vera innovazione è proprio la sua ambiguità tra il reale e l'irreale. E sarà proprio questa scelta di forme e azioni antinomiche dal punto di vista letterario quindi la convivenza di scetticismo e credulismo a caratterizzare la sua tecnica espressiva.

L'opera più nota è la sua "Vida" che ha la suggestione ed il movimento di un romanzo, e che da molti è considerato ultima mostra della "novela picaresca". Ma di questa in realtà ne mancano la struttura ed il significato. Rappresentava tutte le sue strane e spesso rocambolesche avventure, però spesso cadendo anche nelle forme tipiche settecentesche della relazione di viaggio e la preoccupazione di verificare e provare la propria esperienza. Sempre fermo restando di rimanere ancorati come già detto al modello del Quevedo : in questo stà l'ambiguità.

Si potrebbe definirlo più uno scrittore di prosa che in versi, con sempre questo incerto stare tra la narrazione e lo scientifico, con quel gusto ancora barocco che però veniva livellato da un razionalismo più rispondente ai contenuti scientifici.

Nel "El Eremitano y Torres", egli ripropone sempre sulla falsa riga dei suenos, un dialogo ipotetico con un eremita e questo incontro altro non sarà che l'incipit per il discorrere sui temi più disparati: il più interessante sarà quello dei giudizi su autori passati e presenti, introdotto da una serie di libri portati seco dall'eremita, tra cui anche alcune opere stesse di Torres. Interessante è proprio per il fatto che nelle sue opere Torres stesso non cita mai "autoritates" mentre in questa sua opera possiamo vedere come si dilunghi nel tracciare passivamente quello che noi possiamo definire un profilo stesso della sua cultura : Cartesio, Bacone, Pereira, Santos, Graciàn, Gòngora, Cervantes, e il solito Quevedo.

Nel supporto narrativo di quest'opera comunque, riusciamo sempre a intravedere quella serie di indizi che rimandano allo stile settecentesco riguardo la descrizione del paesaggio e la relazione del viaggio.


Torres e la poesia


È la parte di lui meno estesa, meno studiata e che meno riflette la sua personalità, quindi di interesse per noi relativo. Non possedendo grandi mezzi lirici, come già detto, la sua poesia si faceva veicolo di altre idee, come opera satirica la quale si costituisce in un gruppo di sonetti, "letrillas", "pasmarotas" "romances" "seguidilas" "villancicos". In particolare le letrillas di feroce satira politica sono scritte in un linguaggio popolare e sfrontato.

Diciamo che in linea generale in questo ambito si faccia sempre riferimento al Quevedo e in maniera minore a Gòngora. L'unico legame con il tempo presente se non altro sono i riferimenti al costume, alle mode o al gusto nuovo che andava aprendo un processo di revisione della letteratura dell'immediato passato.

Però è proprio nell'aspetto stilistico e nelle strutture linguistiche che sta il passo con i tempi nuovi, come nella bellissima "Silva Amorosa".

È divisa in due momenti di cui il primo, nettamente di gusto nuovo, porta l'attenzione sulla natura e sul cosmo in un modo che non si avrà nemmeno con Cadalso.

Il pacato senso di solitudine, l'armonia dell'infinito e il mistero notturno, farebbero pensare ad una produzione quasi pre-romantica nonostante si sia avanti di mezzo secolo.




"El filosofador siglo presente"




ANTICIPAZIONI ILLUMINISTICHE


Per valutare l'autenticità di un movimento di pensiero, se esso nasce autonomo o per contagi esterni, quel che importa certo non è lo stabilirne l'affinità con la cultura precedente, ma bensì la capacità d'inserimento e la possibilità di diventare tradizione per le generazioni future.

L'illuminismo spagnolo, pur restando una forza di rottura e di rinnovamento, si è incorporato alla vita nazionale, organizzandola e dirigendola, come un aspetto nuovo di essa fondamentale e imprescindibile per ciò che sarebbe venuto dopo nell'800 e nel 900.

D'altra parte lo spirito di riforma aveva alle spalle una serie di voce anche se in minoranza e isolate che lamentavano la carenza di organizzazione amministrativa e cultura scientifica.

In ogni caso questi fermenti illuministici non sono casi isolati, ma bensì il prodotto di un'Europa che ormai aveva raggiunto i tempi maturi per quelle idee, che subito trovarono un terreno fertile.

Non bisogna quindi cadere nella trappola che tutto sia iniziato con la Francia, perché lo "spirito critico" era un'esigenza di tutte le società settecentesche in Europa: possono aver si ricevuto una sollecitazione dall'esterno, ma altrettanto nascevano da un'urgenza interiore.

Sia nelle fonti di Torres che di Feijoo possiamo trovare qull'incertezza su cui si dibatteil pensiero spagnolo per la prima metà del secolo su quella crisi che già era in atto.

L'unica soluzione non fu l'applicare un valore di critica universale, ma bensì trovarne uno particolare per la situazione spagnola stessa in modo tale da epurarne il passato da quello che poteva "inquinare" la tradizione.

Il rinnovamento era dunque nei confronti di un tipo di cultura che rispetto al tempo storico era la cultura esistente fino allora.

Sfortunatamente però quello che và sotto il nome di vero e proprio illuminismo spagnolo, arriverà molto più tardi, ovvero dopo la metà del 700.

Questo tipo di cultura costituisce un fatto senza precedenti e invano andrebbero ricercate le radici nella tradizione. Però le aspirazioni ed i fermenti non possono che dirsi delle premesse come vediamo in Torres, con il suo ancoraggio allo stile quevediano e le resistenze scientifico-filosofiche. Il passaggio fu lento in quanto non era semplicemente lo stile letterario a cambiare, ma bensì l'intera struttura della cultura e con essa la quella della società. Significava sostanzialmente il passaggio da una visione dogmatica e autoritaria a quella della verifica sperimentale, che comportò quindi una revisione generale dei valori.

Il passaggio non avvenne per gradi, ma quasi repentinamente.

Questo portò un vantaggio alla Spagna : la possibilità di assumere in modo immediato quelle idee che valevano per l'Europa intera scartandone l'urto iniziale. Se ne ottenne più coerenza e praticità d'attuazione (mancanti spesso ai contemporanei francesi) rendendo possibile l'idea di paragonarsi con la tradizione senza dover operare rotture paradossali, permettendo quindi anche l'assimilazione dei caratteri nazionali.

La linea mobile del dissidio tra la Scolasticità e i fermenti si può tracciare con una certa imprecisione a metà del 700, piazzandola proprio nelle accademie e università dove spesso convivevano tradizione ed innovazione, aiutate spesso da idee e fattori esterni con gli studenti che chiedevano l'adeguamento alle novità ai professori stessi.


LA LEZIONE DI FEIJOO


Il precursore in Spagna del metodo sperimentale è considerato il benedettino Feijoo, che già aveva cominciato una vasta indagine tra i settori della conoscenza. Nonostante forse per il raggio troppo grande dei suoi propositi, o per la necessità di conciliare la ricerca sperimentale con l'esigenza religiosa, egli rimanga spesso al margine delle questioni, riesce a dare organicità a quelle aspirazioni ancora vaghe verso l'adogmatismo e la conoscenza razionale.


Nato nel 1676 a Casdemiro presso il confine portoghese, nel 1960 si fece benedettino e completa nei collegi dell'ordine gli studi di filosofia. Si laura in teologia all'università di Oviedo e la insegna fino al 1709, e ottiene la pensione nel 1739 per motivi di salute.


L'opera fondamentale è il "Teatro Critico Universal" che per la sua estensione e per i temi trattati può essere considerato una piccola enciclopedia. Otto volumi, pubblicati tra il 1726 e il 1739 a cui poi seguono altri cinque volumi "Cartas Eruditas y curiosas" . Sotto forma di saggi sono raccolti i discorsi più vari sugli argomenti più disparati quali medicina, estetica, astrologia, costume e linguaggio.

Anche se manca un ordinamento in base alle tematiche, essi sono tra loro omogenei per via dello spirito di osservazione e la critica. Lo spunto è quello di sventare una credenza/superstizione o un errore comune, per lasciare spazio alla verità. I vari discorsi servono di volta in volta per ragionare sulle nuove teorie filosofiche o del progresso scientifico, per comparare il vecchio ed il nuovo per aiutare il lettore ad intraprendere una scelta razionale. La cosa più interessante che emerge è la posizione che prende: la cosa più importante è il metodo d'indagine costante che viene fuori da ogni argomento e di cui ogni discorso quindi ne può essere esempio.

Rifiutando la visione tomista-aristotelica e orientandosi verso Cartesio e Bacone, parteggia per le nuove dottrine dell'esperienza e della conoscenza a "posteriori". Ma la cosa più importante e che più gli premeva era liberare il terreno da tutte quelle convinzioni radicate nell'ignoranza che ostacolavano il Progresso.

Per la natura la dimostrazione, per la fede la rivelazione.

Questo è il pensiero di Feijoo: tenere separati i due mondi della conoscenza e della fede., ovvero due processi tra loro diversi che non devono interferire tra loro.

Anche se la sua fu definita una crociata per il "disinganno della Spagna", ne resta comunque agli atti la sua razionalità nell'agire.



Fortuna e significato dell'opera di Feijoo


La sua fama subito lievitò oltre i confini nazionali. Un esempio ne sono le numerose traduzioni del sui Teatro Critico. Sembra di trovarsi dunque davanti ad un vero e proprio "best-seller".

Da questi dati si può derivare quanto segue: lo "spirito critico" e la volontà di razionalizzare non erano solo un fattore preso da altre culture, ma bensì nativo e originario stesso della Spagna dell'epoca; in secondo luogo veniva rafforzata la partecipazione spagnola nei confronti della cultura europea Settecentesca.

Sarà la reazione critica dell'opera da parte degli illuministi e dei preromantici a far figurare il benedettino come pietra di paragone della polemica tra progressisti e tradizionalisti.

La chiusura e l'oblio della sua opera non furono del tutto ingiustificati dopo la sua morte: tutto ne deriva dal fatto che la sua opera altro non fu che un'indicazione di un metodo, non un'opera d'arte a se stante.

Nonostante la critica mossa dagli illuministi come Marchena in seguito, quel metodo era già divenuto un fatto acquisito.

Nell'800 la situazione non migliorò : addirittura si cercò di farlo passare come pre-romantico, cercando di studiare le sue opere e le sue idee sotto i dettami del romanticismo stesso.

Riconoscere Feijoo come padre del rinnovamento razionalista, sarebbe stato come riconoscere diritto di cittadinanza in Spagna alle correnti del razionalismo.

Ma in fin dei conti egli con la sua pacatezza ed il suo equilibrio aveva semplicemente indicato il modo più calmo per far entrare nella cultura spagnola le idee del razionalismo senza creare grossi sconquassi..eppure non tutti compresero posteriormente la sua opera.


LA PRECETTISTICA DEL GUSTO


Nella vasta materia trattata da Feijoo, la parte meno cospicua è quella dedicata ai temi della letteratura. Questo principalmente è dovuto alla sua istruzione prevalentemente scientifica e probabilmente alla sua scarsa sensibilità in questo campo.

In seguito Menéndez Pelayo che muoverà una certa critica verso Feijoo, cercherà di isolare tutto il secolo per in qualche modo cercare di escluderlo da quella certa tradizione spagnola che non permetteva alcuna evoluzione o cambiamento.

Riguardo a "El no sé que" riferito al gusto del bello, nel suo Teatro Crìtico, Feijoo cerca di far capire come anche qualcosa che apparentemente non rientra nei canoni consueti di bellezza, c'è magari quel certo "non so che" che ci affascina anche se non riusciamo a coglierne il motivo.

Solo forzando le sue asserzioni si potrebbe credere che stesse prendendosi licenze di Estetica, ma mai si potrebbe pensare che desse idee anche di un vago romanticismo.

Però così com'è messo nell'opera, quel non so che cosa svolge la funzione di un espediente dialettico per identificare un altro errore comune da vanificare.

L'indagatore metodico sa che cosa può essere identificato con quel non so che in quanto ai più esso sfugge per via dello scarso bagaglio delle percezioni sensoriali, in quanto non abituati ad un'armonia superiore che tutto regola e risponde al gusto comune e all'utile.

Allo stesso modo va interpretato anche l'uso della parola "genio" di cui Feijoo fa largo uso. Non va quindi dimenticato che i suoi argomenti altro non servono che per suggerire e correggere l'interpretazione dell'opera.

Quindi indicare motivi neoclassici nella cultura di Feijoo può sembrare arrischiato e polemico.in quanto già Pelayo e di Cueto cercarono di ingabbiarlo nel Preromanticismo.

Insomma si può paragonare l'espressione di "quel non so che" come accadde in altri stati come "buon gusto".

Ma per Feijoo esso si riferisce solamente al momento psicologico della percezione, al gusto individuale che assume coscienza del bello naturale, e non all'espressione dell'arte in quanto tale. Quindi l'emozione estetica è solo complementare.

Nel 1737 esce la prima edizione di la "Poética" di Luzàn, che fu assunta come emblema della nascente estetica neoclassica.

A differenza del benedettino, nonostante le analogie dei provenienza ( paesini isolati e non salotti acculturati) Luzàn era fresco della sua visita in Italia, e fresco di studi, lingue, ecc..

Questo antefatto è inscindibile dalla valutazione oggettiva della sua opera.



don Ignacio Luzàn


Nato a Saragozza da nobile famiglia nel 1702 orfano a quattro anni viene portato in Italia da uno zio ecclesiastico a Genova e a Milano dove studia retorica latino Italiano e Francese. Poi Napoli e Palermo ancora per studi di logica greco e filosofia. Si laurea in legge all'Università di Catania. Frequenta i maggiori letterati del tempo. Dopo il ritorno in Spagna dove pubblica la sua opera maggiore, si trasferisce a Madrid. Ambasciatore a Parigi per due anni, ritorna in patria dove racconta tutto in un libro e muore nel 1754.


A detta di Moratìn la sua opera non ebbe un successo ne immediato ne durevole. Ciò può andar bene per le mediocri poesie, mentre sfigura per la "Poética".

Intorno a lui si strinsero una serie di critici, studiosi e poeti che dichiararono guerra aperta alla cultura tradizionale portando ad estreme conseguenze le idee che in Luzàn erano almeno nella prima edizione più equilibrate.


Agustìn Gabriel de Montiano y Luinado

Juan de Iriarte

Luis José Velàzquez de Velasco

Blas Antonio Nasarre y Villelas - esempio al limite dell'estremismo oer la sua polemica antitradizionalista.


A parte vanno citati altri due eruditi di diversa impostazione che si possono avvicinare di più alla sfera di Feijoo

Fray Martìn Sarmiento - benedettino erudito di storia naturale e botanica.

Gregorio Maynas y Sìscar - regio bibliotecario e poi studioso.


CARATTERI DELLA LETTERATURA DEL SETTECENTO


La definizione di 700 come "secolo della critica e della filosofia", era già viva nella coscienza contemporanea : negli "ilustrados" come difesa perentoria delle propri programmi e dignità di intellettuali impegnati e ovviamente negli oppositori ( dapprima i tradizionalisti e poi i romantici ) come giudizio limitativo senza dubbio polemico.

"questo fervore e questa/ purigine dotta, è generale follia/ del filosofante secolo presente."

Leandro Fernàndez de Moratìn scrive così in evidente tono scherzoso,a si avverte anche una fondamentale e non passiva partecipazione. Di quel fervore intellettuale che nella sua maturità si stava già smorzando,egli criticherà il poco costrutto, ma non gli impulsi e la buona sostanza di qui egli stesso si alimentava.

Essa non può essere misurata con il metro delle moderne categorie estetiche. Essa aspirava ad un'arte funzionale veicolo di pensiero e progresso, insegnamento civile e come tale va analizzata se si vuole comprenderla. Ma altrimodo possiamo anche riconoscervi caratteri successivi filtrati attraverso le esperienze storiche successive del Romanticismo, Simbolismo, Decadentismo, ecc..

Va valutata quindi secondo i suoi intenti, per la programmazione e per i contenuti che essa si proponeva e per la ricerca conseguente di una struttura atta ad esprimerli.

La narrativa ad esempio è tipica per via del suo didascalismo ovvero per la sua volontà di partecipare attivamente alla formazione di una società di individui razionali secondo il disegno di Rousseau o di Voltaire.

Da questa prospettiva estetica deriva logicamente un nuovo concetto di letteratura: se il bello deve coincidere con l'utile l'arte diviene allora solo forma del vero, avendo un fine istruttivo, tramite cui veicolare contenuti utili alla morale e alla conoscenza e perciò anche il trattato scientifico o morale va considerato arte, accanto alla letteratura di tipo tradizionale.

In parole povere bisogna analizzarlo attraverso il metro e la sensibilità che furono propri di quel secolo.

È vero d'altra parte che il metodo di studio storicistico ci permette di avere una visione generale del fenomeno artistico in tutta la sua struttura, quindi con l'ambiente storico presente.



















Capitolo quinto



Situazione della lirica



NOTE PER UNA INTERPRETAZIONE


L'incomprensione moderna nei confronti della lirica settecentesca, sia per i suoi temi che per le sue forme, si giustifica con la presenza nel mezzo di un'educazione prima romantica e poi simbolista:


la poesia è vista dunque come attività autonoma tutta risolta nella zona del sentimento o dell'irrazionale e completamente contrapposta al mondo della conoscenza scientifica, della speculazione filosofica e quindi del razionale.

Quindi stupisce una poesia che celebra costantemente un equilibrio tra le due sfere.


Si finisce in tal modo di giudicare la poesia del settecento in base all'estetica Romantica, restando delusi di non ritrovarvi nulla di quello che essa non poteva ne aspirare a dare.

Questa poesia era in realtà corrispondente all'ambiente contemporaneo e non poteva essere diversa.

La dignità dell'uomo in quanto cittadino diventava dignità del letterato, e dato che per la cultura era tempo di progressi scientifici, la poesia, oltre ad esprimere questi temi, ricercava un fine utile e un linguaggio comune.


Eppure la poetica spagnola settecentesca venne respinta in blocco, soprattutto per il fatto che il la cultura settecentesca aveva un carattere intereuropeo : le veniva soprattutto in seguito dai romantici nazionalisti, rinfacciato il fatto di servilismo nei confronti dei modelli francesi.

Dal punto di vista prettamente poetico, si accusava tramite l'inquinamento francese, di aver corrotto o distrutti il carattere proprio e nativo della poesia casigliana.

Vediamo infatti un cambiamento dal punto di vista linguistico, si stava tendendo ad acquisire una lingua diversa, più adattabile per esprimere la divulgazione scientifica, come venne ad esempio rimproverato anche a Feijoo.

Però mentre in altri Paesi come l'Italia, questa ricerca di una lingua unitaria fondamentalmente portava ad una fruizione maggiore da parte del popolo, in Spagna avvenne il contrario: una sorta di aristocratizzazione.




I MODELLI STRANIERI


All'accusa di "afrancesamiento" risponde Manuel José Quintana (essendo stato partecipe sia dell'esperienza illuminista che romantica in Spagna: sapendo così cogliere il punto di evoluzione tra i due periodi, si noti come non nega l'influsso straniero,) ed osserva che non solo non viene distrutto il carattere spagnolo, ma anzi questo gli ha dato anzi nuovo impulso e che comunque l'apertura a nuove culture è un fatto positivo.

E' convinto anzi che la poesia casigliana abbia tratto vantaggio dal contatto con la francese e ne abbia guadagnato in decoro, correttezza e saggezza.

Quintana conserva ancora dalla sua educazione illuminista uno stretto rapporto di interdipendenza fra letteratura e società/ambente per cui al sorgere di una sorge anche l'altra e al contrario : non c'è da stupirsi che la letteratura di metà Settecento prenda qualche atteggiamento dal nuovo corso politico


La presenza di influssi stranieri nella poesia spagnola non era un fatto inedito. Si può dire che parte della tradizione popolare abbia preso spunti proprio da fonti estere come nel 500 dal petrarchismo italiano che lentamente furono assorbite dalla tradizione locale fino a nazionalizzarsi.

Garcilaso, Boscàn, Herrera, ma anche prima con Juan de Mena, Francisco Imperial e il Marqués de Santillana introducevano il sonetto endecasillabo e sentivano il fascino di Dante.

Ma anche il medioevo che secondo i romantici doveva essere il periodo più profondamente spagnolo, sentiva l'influenza della lingua D'Oc e D'Oil.

Insomma, però poi la Francia divenne il bersaglio di tutte le polemiche.

Si può assegnare grossomodo l'influsso francese al momento illuministico, a quello italiano il neoclassico e a quello inglese il preromanticismo.

Nel suo trattato poi Quintana continua a descrivere il carattere filosofico e stilistico degli uni e l'eleganza e la purezza di stile degli atlri. insomma egli però poi identifica nei poeti da egli presi in esame che in essi coesisteva sia l'atteggiamento illuminista che quello neoclassico, restituendo alla Spagna prestigio e importanza dal punto di vista letterario.



TENTATIVI DI CLASSIFICAZIONE


Il suo schema però, anche se brevemente indicato, può servire ancora oggi come linea guida per comprendere le ragioni che il momento poetico e la sua complessità strutturale.

Tale modello però è rimasto pressoché isolato e la storiografia ha preferito il modello di Leopoldo Augusto de Cueto.

Però anch'egli cadde nella trappola di evidenziare tutto l'arco temporale sotto la lente della sua partecipazione romantica.

I manuali di letteratura si misero sulla scia di una storiografia che si lanciò in una fitta elencazione anacronistica, senza tener conto che spesso le date e i fatti storici non corrispondo alla complessa realtà di quella cultura.


La storia della poesia spagnola del Settecento di solito viene suddivisa in scuole ed epoche successive, ordinate in periodi che equivalgono agli anni di regno di ciascuno dei re Borboni: così vediamo un periodo Filippo V, Fernando VI, Carlo III: compartimenti stagno dove ciascun poeta veniva a collocarsi in una propria casella. E ovviamente non tutti sono d'accordo su questa rigida collocazione.

L'unica cosa ancora accettabile è il fatto che viene tagliato fuori il periodo così detto dottrinale corrispondente agli anni di Ferdinando VI come antefatto della nuova poesia.( conseguente Poética di Luzàn, l'accademia del Buen gusto, e i poeti precettisti )

In effetti quando si parla di poesia settecentesca, sia essa illuminista o neoclassica, si intende il periodo di Carlo III, cioè gli ultimi trent'anni del secolo.

Quasi tutti questi poeti sono nati nel ventennio dal Quaranta al Sessanta, come Cadalso, quindi fecero la loro esperienza già lontani dalla morta tradizione, una generazione che trova già efficiente la lezione di Feijoo e di Luzàn.

Non ha quindi alcun senso distinguere scuole e periodi tra loro cronologicamente distinti. Tutti sono cooperanti nello stesso clima culturale di un medesimo periodo, che è quello appunto dell'ultimo trentennio del secolo. È proprio in questo periodo che nascono, si alternano e si sovrappongono le idee filosofiche e morali.

L'aspirazione un po' in tutti questi periodi è la tendenza all'europeismo, all'apertura, al bisogno di una competizione internazionale.

Si caratterizza la fede in un'umanità universale quanto la coscienza nazionale: solo apparentemente sono concetti discordanti.

Si trattava in generale di un atteggiamento nuovo, come in Luzàn, di revisione critica della storia passata per salvarne i suoi valori essenziali: possiamo quindi trovare nell'issluminismo il gusto della "illustraciòn" Barocca o il gusto idillico della natura e della mitologia pagana del Rinascimento, anche se lo scarto mentale tra i due periodi era insormontabile.

Insomma, il settecento si evidenzia per la ricerca linguistica e formale, l'aspirazione a un'armonia delle parto che corrispondeva sul piano dei contenuti ad un equilibrio del vivere fondato sulla dignità dell'uomo e sulla verifica sperimentale della realtà.




NEOCLASSICISMO E ILUSRTACIÓN


Vediamo come Neoclassicismo-Illuminismo si tratti evidentemente di due atteggiamenti dello spirito, due modi della creazione poetica che si presentano come soluzione stilistica a scelte tematiche distinte. Entrambi hanno radice in un momento di crisi e dai valori dogmatici e controriformistici ad altri di tipo sperimentale. Il postulato dell'esperimento non sta nella zona delle emozioni, ma bensì nella società o l'oggetto poetico a volte, come un teorema da svolgere.

Sono quindi aspeti di una medesima situazione culturale.

Cadalso e Moratìn saranno autori di componente più neoclassica.Valdés.altri ecc..

Ma la contaminazione tra i due stili non è unico : la stessa cosa avviene con Modernismo e Novantottismo, non si sa dove comincia uno e dove finisce l'altro.

Il punto di confluenza quindi sta nella personalità di ogni singolo autore sia come resa petica che come coscienza critica e impegno civile.


Concetto classico di "otium" viene affiancato dalla necessita tutta illuministica di giustificare il rapporto tra letteratura e società. Una volta ammessa questa intercambiabilità di forme e di temi sarà utile riconoscere la varietà di atteggiamenti personalità e stile di ciascun poeta.





LA "FONDA DE SAN SEBASTIÁN"


I segni positivi di una ripresa artistica si avvertono già dai primi anni di regno di Carlo III. Gli illuministi ai quali era apertamente affidata la conduzione della cosa pubblica ( come il conte di Aranda ) favorivano con ogni mezzo un ordinato sviluppo della cultura dalla ristrutturazione dei teatri alla riforma universitaria e all'istituzione delle "Sociedades Económicas".

Come da aspettarsi fu la poesia quella a ricevere i minori apporti, riducendo l'area di espansione di essa ai soli "tertulia" ( salotti letterari ) o ambiti accademici. Stessa ragione era colpevole l'economia editoriale.

C'è anche il problema del dilettantismo, molto diffuso soprattutto in Spagna, ovvero tutti o quasi scrivevan versi e commedie, rendendo tanto difficile il farsi conoscere.


Il primo poeta che conta in questa generazione è Nicolás Fernández de Moratín giustamente considerato l'iniziatore della nuova poesia.


Nato a Madrid nel 1737 di nobile famiglia, si laurea in legge e torna alla capitale dove vive per qualche tempo come impiegato al tesoro reale, esercita mediocremente l'avvocatura e sostituisce López de Ayala nella cattedra di Poética al Colegio Imperial, sperimentando un metodo di insegnamento diverso dagli esistenti. Muore giovane nel 1780.


A Madrid fece subito amicizie interessanti e suggestive come con Iriarte, Montiano, Velàzquez. Più tardi Llaguno, Fajardo e altri eruditi italiani residenti.

Fu chiaramente un illuminista con a cuore la "felicità dello Stato", membro attivo della Sociedad Economica e rifiuta categoricamente di far perte dell'Accademia Spagnola. Con i suoi amici dopo la disgrazia in cui cadde Aranda, i letterati da lui protetti più Cerdà, Rìos, Cadalso, Pineta, Ortega, Pizzi, Mu­­­noz, Guevara e altri eruditi presero l'abitudine di riunirsi in una stanza della "Fonda de san sebastiàn". In quella tertulia, teatro donne tori e poesia erano gli unici temi consentiti : li infatti si discutevano problemi di politica culturale. Il teatro era il problema principale e stava a cuore a Moratìn il quale aveva già pubblicato "La Petimetra" e i tre "Desenganos al teatro espanol".

Gli italiani del gruppo ovviamente aggiunsero spunti petrarchischi e rinascimentale con Cadalso lesse le Cartas Marruecas.

Tuttavia non fu altro che un sodalizio di amici, quindi non un'accademia e ne una scuola poetica : i tre poeti del gruppo, Moratìn Cadalso e Iriatre seguirono traiettorie diverse non avendo tra loro altra affinità se non qulla generazionale.



Nella lirica di Moratìn pubblica nel 1764 a fascicoli "El Poeta" di forme Neoclassiche. Temi classici, con ambito di stretta osservanza oraziana, temi dell'epicureismo.

Lo sono pure le sei "Silvas" dedicate a personaggi ufficiali e dieci "Odas".

Ma egli si esprime al meglio nei sonetti che si articolano su una casistica amorosa.insomma, un petrarchismo filtrato attraverso Garcilaso.

Allo stesso modo nei "romances" visti dalla critica Romantica come tradizionalisti alla lettera, sono invece riprese della favola e il metro popolare con il metro neoclassico.


Quanto è detto per il padre vale anche per il famoso figlio Leandro Fernàndez de Moratìn ( 1760-1828 ), sia pure a distanza di una generazione e malgrado i tempi mutati. A differenza del padre, il figlio si ritrova in un tempo più duro, vissuto tra le ripercussioni della rivoluzione francese e le dilaniazioni interne della guerra di liberazione. Nonostante l'inizio da orafo, la letteratura fu più forte.

Sotto la protezione di vari potenti come Floridablanca e Godoy, dovrà presto affondare avvenimenti bellici e politici, seguendo le sorti dell'esercito francese in fuga.

Fu insomma vittima innocente sia da vivo che da morto: certi storiografi ne vilipesero la memoria in una denigratoria campagna nell'Otto e Novecento. In realtà egli fu sempre coerente con la sua educazione illuminista e la critica odierna sta scagionandolo da quelle accuse ritrovando in un carattere introverso e sensibile le ragioni della sua presunta indecisione.

L'attività teatrale fu quella che lo impegnò maggiormente e alla quale è affidata la sua fama indiscussa., mentre la sua poetica non va certo dimenticata solo per il fatto che si abbandona alla perizia tecnica e alla nitidezza formale. Ancora di più di suo padre egli si attesta su posizioni di misura neoclassica e oraziana di stampo italiano, sempre attento a verificare le nuove estetiche sulla costante meditazione della lingua e della letteratura nazionale.

Di Moratìn è stata esaltata specialmente la vena satirica dei "Romances" che traevano le loro tematiche dalla vita quotidiana e cittadina. E da qui è fondamentale la vena madrilena che scorre da suo padre in lui che gli da quindi quel gusto particolare nell'inventare le sue scene.

Dietro la freschezza della sua scrittura si nasconde un rigoroso sforzo tecnico,e certo quell'ansia di perfezione la quotidiana esercitazione e l'esperienza delle eleganti traduzioni da Orazio, gli procurarono strumenti espressivi di altissima qualità.






LA FAVOLA ILUSTRADA



Il genere letterario che sembra riunire in sé i canoni e i caratteri dell'estetica illuminista è la favola esopiana o apologo in versi. Il tema degli animali parlanti come "exemplum" per gli uomini viene direttamente dalla classicità e viene ripreso nel Medioevo, e trova nel Settecento la sua collocazione ideale. Si ricollega direttamente anche se mediata da La Fontaine.

Sono due le raccolte favolistiche che ebbero un certo rilievo: qulla di Samaniego e di Iriarte, ma che solo nell'Ottocento trovarono la loro destinazione pedagogica.


Nato a Tenerife nelle Canarie nel 1750, Tomás de Iriarte si trasferì a Madrid nel 1764 dove trova facilmente ingresso negli ambienti ufficiali come nei salotti di alta borghesia ottenendo favori e incarichi ministeriali ed entra a far parte del potente clan familiare che gestiva la politica culturale della capitale. Lavora e prova la fortuna come traduttore e poi passa presso la Segreteria di Stato dove viene nominato direttore del Mercurio histórico y político. Archivista del consiglio supremo della guerra, attività di letterato, come commediografo erudito e cortigiano influente ed elegante.

Dalla scuola dello zio ne deriva la cultura conoscenza francese e latino, Orazio dal quale traduce Arte Poetica.

Segno distintivo è un'acuta sensibilità artistica che lo porta a coltivare un diletto per la poesia la musica e la pittura e a indagarne le ragioni estetiche.

Ha poi come amico Cadalso presso la "Fonda" e con il quale poi mantiene una interessante corrispondenza.

Iriarte fu essenzialmente un ilustrado che credette nel progresso, nell'utilità, nello scientifismo e nell'identità di scienza e poesia. Per quelle idee fu sottoposti a giudizio del "Santo Tribunale".

Nella fabula in questione si può scorgere più che un ateismo, una satira alla Chiesa che nascondeva le idee del dispotismo ilustrado.

La prima originalità delle favole come già dal titolo consiste nel limitare l'insegnamento morale al campo specifico della letteratura.

Si appoggia alle idee neoclassiche e le regole della poetica razionalista, come di Boileau e Feijoo.

Le favole oltre ai consensi scaturiscono anche polemiche forse dovute all'invidia di qui il poeta era bersaglio.




Nella favola esopiana si muove invece Félix María de Samaniego che aveva pubblicato una raccolta nel 1781 di nome Fábulas. Nato nella Rioja nel 1745 di nobile famiglia aveva studiato lettere e scienze in un collegio francese e si ritira poi lasciando a metà gli studi di legge delle terre di Vergara dove fa parte della Sociedad Vascongada fondata dal suo prozio rifiutando incarichi ministeriali offerti da Floridablanca. Muore nel 1801.

Per gli amigos del País scrisse le sue favole, in cui gli animali rivestivano il vecchio ruolo di simboli dei caratteri e dei vizi umani. Esopo, Fedro e John Gay sono la sua ispirazione.

La sua originalità sta nel saper ricercare coscientemente un linguaggio adeguato al fine educativo che si propone: in modo tale che le sue favole per chiarezza e semplicità possano gareggiare con la prosa più comune.

Tutta la sua cultura di nobile provinciale e riformista lo indica come esemplare perfetto di quella società illuminista già descritta, nella quale una comunità operante e industriosa e antimilitarista depone la spada con la felicità dello Stato la gloria delle imprese.ecc..

Una componente non secondaria della favola ilustrada è la cornice paesistica, particolarmente in Samaniego. Si tratta di una didascalia scarna e funzionale, che definisce il fondamentale realismo della favola e corrisponde alla sua impostazione razionalista.


In questa linea realista è doveroso menzionare Francisco Gregorio de Salas che godette di una certa popolarità. Cappellano del convendo delle Recogidas e accademico di San Fernando, aveva studiato a Toledo, ma a Madrid fa una vita semplice e appartata.

Fa poesia dell'osservazione diretta e minuziosa della realtà quotidiana con uno slancio emozionale che lo avvicina alla curiosità di natura e alla creature più umili e semplici.

1772 "Observatorio rustico" nel quale descrive piante, animali e accidenti quotidiani della vita rustica. Egli si affida alle sensazioni più immediate con una ricerca della "verità" rifiutando gli orpelli delle poetiche barocche e neoclassiche andando oltre anche alla lezione di Jovellanos. Descrive le cose in una traslucida realtà, con un temperamento lirico capace di captare la misteriosa vibrazione delle cose, con il solo nominarle, rendendole libere da ogni usura retorica.





Capitolo sesto


La poesia dall'Arcadia alla Rivoluzione





CADALSO A SALAMANCA


Il poeta più vicino a Nicolàs de Moratín nel circolo della Fonda fu Cadalso, autore delle "Cartas Marruecas" e degli "Eruditos a la violeta". Fu proprio una coincidenza di gusti e caratteri. Predilezione per Orazio, Garcilaso e per l'anacreontica, li accomunò nelle occasioni del vivere quotidiano e nella frequentazione della vita teatrale , fino alla morte prematura.

La riproposta di un'Arcadia non come evasione dll'impegno civile ma come coronamento del pacifico progresso nel quadro generale della cultura illuministica, fu il filo che lega le varie esperienze dei poeti della Fonda, un naturale punto di confluenza.

Cadalso ebbe il merito tra l'altro di trapiantare a Salamanca il raffinato garcilasismo della capitale.



Nato nel 1741 a Cadice José Cadalso y Vásquez trascorre un'infanzia agiata e non difficile, anche se rimane orfano e quasi privo del padre che si trasferisce in America per affari. Fa forse i primi studi presso lo zio Gesuita, Matteo, che completa poi nel Real seminario de Nobles di Madrid. Viaggia a metà 700 per tutta Europa ( ingh, Fra, Germ, Ita ) probabilmente con il padre e studia varie lingue. Ne trae un grande bagaglio di conoscenze immediate e per esperienza. Entra alla morte del padre come cadetto in cavalleria e partecipa alla guerra contro il Portogallo e viene ammesso all'ordine dei Caballeros de Santiago. Vive a Madrid solo saltuariamente e vi stringe amicizie con l'alta società e i letterati del momento, Iriarte, de la Huerta, Moratìn padre e il conte Aranda protettore.


Nel 1768 comincia a scrivere secondo qualche biografo, degli atteggiamenti di questo periodo si dovrebbe tener conto nelle opere di satira sociale ( Los Eruditos a la violeta ) o di critica del costume ( Las cartas Marruecas ) che qualche anno dopo dava da leggere agli amici della Fonda. Fino al 1773 furono gli anni più fecondi della sua carriera letteraria, quella che gli vale come periodo da "romantico". Dove conosce la giovane attrice Maria Ignavia Ibànez e se ne innamora perdutamente. Quest'ultima a Madrid recitava già le opere di Moratìn (Hormesinda). Cosicché i due poeti avevano spesse occasioni per incontrarsi.


Frequentando questo ambiente teatrale si inaugura come drammaturgo e scrive per la sua amica la tragedia Don Rancho Garcìa che non incontra il favore del pubblico. La bella Marìa morì di bronchite nel 1771.

Trascorre giorni e notti sulla tomba dell'amata domentico di tutto. E pare che avesse l'abitudine di dissotterarne il cadavere ocme nelle sue "Noches Lugubres" che sarebbero autobiografiche almeno nelle intenzioni se non per i fatti. Il conte Aranda lo allontana quindi dalla situazione destinandolo a Salamanca: raggruppa li intorno a se un gruppo di giovani poeti come una piccola accademia dove si discuteva ragioni e modi della poesia. Nella progressione anche della sua carriera, muore ferito come colonnello nel 1782 davanti Gibilterra.


A Ovidio e Garcilaso si ispira nel comporre le sue prime liriche "Alivio de mis penas" che da alle stampe poi nel 1773 con il nome "Ocios de mi juventud". "li scrissi tutti sotto la spinta di una qualche afflizione"

Ma la deformazione romantica porta via l'attenzione come al solito anche dalla poesia di Cadalso, facendolo passare per romantico in azione, che viveva la poesia più nella vita che nei suoi scritti.

I temi sono quelli classici della fortuna mutevole, del fato avverso, dell'amore, del disinganno espressi in vari metri, dal sonetto all'ode pindarica, passando per il "romance".


La storiografia moderna vede due periodi nella vita e produzione di Cadalso: uno dell'esilio, pieno di sfoghi umorali anche se nascosti da una struttura di filosofeggiante, e quello madrileno che corrisponde ali anni dell'amore esemplare e del circolo della Fonda.


Ancora nei primi esperimenti poetici legati alla poesia dottrinale e didascalico, l'Arcadia era un riferimento convenzionale per esprimere gli stessi messaggi che andava elaborando nella prosa: nei personaggi dei astori, ninfe e cornice paesistica, confluivano dei simboli che si fondevano con la cultura illuministica.

[si veda poemetto programmatico pag 168]


è evidente come dietro il quadro campestre di maniera si nasconda il disegno utopistico e ilustrado di una comunità operosa e pacifica. Vediamo come si possa compilare una tavola di termini, direi "topos" tipici della poesia di Cadalso, che stanno a indicare questa "simmetria" e armonia che sta quindi alla base del concetto illuministico di buon governo e di armonia sociale, forse andando ancora di più all'interno del concetto graziano di "capo-città".

Si condanna la guerra e i suoi artefici in quanto disarmonia del sistema, sottolineando i funesti effetti.

Nella variante anacreontica del poemetto si passano in rassegna come rubrica le passioni o follie umane cui il saggio guarda con indulgente distacco. Nella seconda parte si ritraccono i saggi che, come i poeti si negano dall'affanno quotidiano preferendo le sane gioie della vita agreste lontana dalla capitale.

Meno cospicua è la tematica amorosa, il che fa sfocare la leggenda "romantica" del poeta: "Filis" destinataria e protagonista di un esiguo canzoniere sia in vita che in morte, è spesso destinataria di considerazioni morali o pretesto di finali a sorpresa.


Il breve soggiorno a Salamanca, lascia tracce significative nella lirica spagnola. In questo periodo visto da Cadalso come un altro "esilio", rinverdì il mito arcadiano con nuovi "pastori", dei quali inviava informazioni per via epistolare ai vecchi compagni di Madrid.

Dopo la partenza di Cadalso comunque il gruppo continuava a riunirsi ancora nella cella di fra Diego Gonzalez nel convento di Sant'Agostino.

Più difficile è definire le caratteristiche comuni del gruppo, anche perché non si può parlare di poetica unitaria. Però da notare come per un periodo coincidessero i temi amorosi e arcadici e la raffinata ricerca formale che li spinse a usare una lingua arcaica, puntando al modello barocco di Luis de Leòn sviluppandone lo spunto idillico e la musicalità del verso, svuotandolo però del significato religioso.



Anfitrione del gruppo dopo la partita di Cadalso fu Diego Tadeo Gonzalez, nato nei pressi di Salamanca nel 1733 e morto a Madrid nel 1794, priore e predicatore del convento di Salamanca. Si appassiona alla lettura di Orazio e Luis de Leòn. L'ammirazione verso quest'ultimo lo porta a una vera e propria "emulazione", nello stile e negli atteggiamenti. La sua poesia si distingue per un certo tono elegiaco e per una insistente tematica amorosa. Nella sua finzione poetica però trovarono anche posto due dame in vera e propria carne: creava quindi una fabula piacevole di una vita che gli era negata ma per la quale avrebbe avuto una innegabile inclinazione.

Il confratello Fernàndez Rojas, alla sua morte, non distrusse le sue opere come fu dall'autore richiesto.


Prende spunto per una più complessa figura erotico-mistica José Iglesias de la Casa, 1748-1791, che si ordina anch'egli sacerdote a 35 anni. Oltre poeta, era pittore e musicista, e scultore orafo: doti e sensibilità che verranno riversate nella poesia. Nelle sue brevi liriche sono riconoscibili tracce dei cinquecenteschi romancillos e cancioneros, rinnovati però nella struttura.

Nel "La esposa aldeana" riprende il tema del cantico dei cantici immerso in un  ambiente pastorale, della sposa che cerca il suo sposo-

Nella vasta produzione satirica per la quale egli è famoso si ricordano le Letrillas satìricas(43) che riprendono temi tradizionali ma rifatti su un gusto settecentesco di accento cadalsiano.

Si tratta di scenette, situazioni piccanti o paradossali fra pochi interlocutori che si alternano. Tecnica della contemplazione ossessiva di un oggetto dato, fatta di rapporto associativi che si sviluppano e condensano su un solo tema che li genera, insomma un solo tema e tante variazioni.


Infine Juan Pablo Forner sembra rientrare nel gruppo solo dal punto di vista cronologico, la sua poesia infatti solo in parte aderisce ai temi e statuti dell'Arcadia, il grosso delle sue composizioni si genera attorno a temi satirici, politici e filosofici.





JOVELLANOS E LA RIVOLTA DEI CONTENUTI


Nel 1776 quando il gruppo cominciava ad accusare qualche saturazione della tematica anacreontica, si inserisce Jovellanos. L'anacreontica, trapiantata nella situazione di Salamanca, aveva ormai perso i temi propri della rivolta aristocratica verso la cultura tradizionale e controriformistica, con  tutti i simboli ilustrados ancora del Cadalso, tanto da divenire ormai convenzionale e superabile.

A Jovellanos vennero mostrati a 32 anni i versi di González, studioso di filosofia del diritto, economia politica, era il più adatto a intendere il messaggio. Si inventò il nome arcadico di Jovino e scrisse la storia in un idillo che invia a Salamanca in cui fa il verso ai poeti ivi residenti.

Scaturisce una fitta rete epistolare con Gonzalez e Meléndez e consiglia di approfondire letture di filosofia, diritto di storia, insomma di ricercare cose più utili.

Nella sua Historia di Jovino poi fa in modo che delle arpie infernali invidiose della fama per il mondo di Batilo, Delio e Liseno, pensino di poterli vincere se si "addormentassero in un blando amore". Insomma, invita amichevolmente a prendere una piega di temi più epici o didattici. Da questa epistola si fa cominciare quello che può andare sotto il nome di preromanticismo spagnolo.


In realtà la carta di Jovino è come un bilancio di una generazione, resoconto nostalgico della giovinezza che finisce per lasciare il posto a più serie considerazioni. L'autore stesso si sente colpevole allo stesso modo di questa "illusione" generale che si è fatta ammaliatrice di tutti.


Insomma alla fine esorta a scrivere per "la gloria immortale e per l'alto premio" delle future generazioni e assegna a ciascuno un compito diverso, a Batilo epica, a Delio filosofia e a Liseno il dramma storico.

Il fascino di Jovellanos fnirono per soppiantare il ricordo di Cadalso, tranne per Iglesias che rimase federe a Dalmiro rielaborandone in modo personale l'insegnamento.


Delio con ogni convinzione altera i registri del suo strumento poetico tentando di far passare sullo stesso codice non un messaggio diverso, ma spostato e ampliato: al mondo statico dell'idillico si trasferisce alla complessità della natura: invece della moral filosofia assegnatagli ne esce un quadro molto più ambizioso della Creazione, in un universo che ruota attorno alla divinità che ne è fautrice.

La natura stessa diviene poesia e non più lo spazio fittizio della poesia a immagine della natura.In questa allegoria il Creatore è come il poeta serenamente orgoglioso dell'espressione raggiunta. Allo stesso modo pure Meléndez Valdés si lanciò in esperimenti sullo stile epico.



LA POESIA DI JOVELLANOS


Gaspar Melchor de Jovellanos (1744-1811) è una figura emblematica della Spagna di fine secolo. È presente sulla scena politica di quegli anni a tutti i livelli, non solo come teorico e partecipazione culturale, ma anche sul piano dell'attuazione pratica pronto a pagare di persona per testimoniare le proprie idee.

Messo in questa luce non stupisce che la sua poesia non sia stata studiata più di tanto.si può dire trascurata.

Certamente questo è il suo settore meno cospicuo, infatti non lo fece mai di professione, mostrandosi anzi vergognoso di questi suoi "peccati" lirici, in particolare dei temi amorosi, da lui ritenuti disdicevoli per un cittadino investito di pubbliche responsabilità. Infatti pubblicò solo qualche satira sotto pseudonimo. Sarà tutto questo a farlo apparire come poeta romantico.


Anche lui sperimenta i primi esperimenti metrici nella scia di Cadalso, che conosce nel 67 quand'era studente. Dei suoi primi componimenti però non rimane niente..forse distrutti per vergogna.

Però rimangono intatti idilli indirizzate a signorine, ricolmi di tutti i topici che egli rimprovera ai salamantini, e che continua anche dopo la famosa Epistola.

Celato dal pudore forse sta nascosto un valore di carattere estetico: il messaggio lirico deve essere comunicabile a un solo destinatario particolare, altrimenti potrebbe risultare dannoso a livelli più vasti, cosa che poi troveremo in Juan Ramon Jimenez nel concetto di "inmensa minora".


La poetica di Jovellanos va oltre un generico neoclassicismo, ponendo le leggi della poesia lirica. Nel "Tratado teorico-pràtico de ensenanza" del 1801, espone le sue idee sulla lirica. C'è sempre in tutta l'estetica del 700 il problema di conciliare la libertà dell'arte e del genio con le regole espressive. Le idee comunque di Jovellanos, continuano ad aggirarsi nell'ambito neoclassico insistendo sul fine didattico e sociale dell'arte. La sua poesia a volte sembra sommersa dal disegno ideologico sentimentale che però si riscatta a volte con la ricerca espressiva o per frammenti lirici equilibrati nelle sue parti "grafiche e armoniche", assimilando la lezione in maniera personale di Orazio, Garcilaso e raramente di Góngora.


I titoli più famosi di Jovellanos sono le satire e in genere le composizioni di tema filosofico e morale. Ma le punte più alte del suo lirismo sono nelle "epistole". Emerge in questi componimenti il ruolo da parte del paesaggio di interlocutore indiretto o di catalizzatore magico della poesia: infatti su di esso si organizza la struttura delle due liriche, e si è voluto vedere in questi spunti naturalistici un annuncio della trascrizione sentimentale del paesaggio come sarà nel Romanticismo. Si tratta tuttavia di una realtà contrastiva che provoca la meditazione spirituale.

L'idea stessa di Jovellanos della natura è di tipo pessimistico e materialistico molto simile al Leopardi (salvo le differenze e distanze ) [vedi immagine del pajarillo].

Anche nell'epistola di Se villa la natura si oppone o semplicemente contrasta con la tristezza del poeta: non vuole assumere i colori dell'anima. Così il poeta non è più centro di un universo a sua somiglianza, ma avverte la propria disparità, il proprio disaccordo con la natura. [ si noti somiglianza con il passero solitario].

È solo un pretesto per verificare la propria concezione del mondo, al fondo della quale vi è un dissidio tra l'educazione cattolica e l'ideologia illuminista.


Più connesse ai temi degli ilustrados si trovano le poesie satiriche e didattico-filosofiche. Vediamo come sia presente la coincidenza di temi anche in altri paesi che dimostra la stessa condizione della nobiltà europea, fatua ignorante e fatiscente. È la base della cultura illuminista, prerogativa poi dell'imminente Rivoluzione.


Jovellanos riprende il tema della decadenza e della sventura degli uomini, per proporre subito il quadro ottimistico di una possibile società futura all'insegna dell'eguaglianza dei diritti e dei doveri, della operosa fraternità, comunità dei beni, della lingua, del lavoro. "Todo serà común" .idee molto prossime al socialismo del 700.Rousseau e Mably e altri pensatori





MELÉNDEZ VALDÉS ( Batilo )


Un esempio compiuto del rinnovamento proposto da Jovellanos, è proprio lui. Nella sua lirica riconosciamo tutte le tappe del 700 spagnolo, dalla critica dottrinale del barocco alle soglie stesse del Romanticismo. È possibile scorgere nelle sue scelte una volontà di fondo all'adeguarsi, una meditata e coerente disponibilità..insomma, un scelta politica.


Nato nel 1754 in Estremadura, figlio di agiati agricoltori, studia per cinque anni "humanidades" e filosofia a Madrid, prima di stabilirsi a Salamanca per studiare legge. Qui so lega a Gomzález, Iglesias, Rojas e conosce Cadalso che lo predilesse su tutti guidandolo nella sua vocazione poetica. Di Dalmiro infatti egli si dice discepolo.


L'insegnamento di Cadalso non si limita alla poesia ma anche fu una lezione di vita : riceve infatti un'iniziazione ai testi fondamentali della cultura illuministica a partire da "Esprit des lois" di Montesquieu fino a Locke, Newton e tutta la inevitabile bibliografia francese.

Si può ben capire come poi su questo fertile terreno attecchirà immediatamente l'ispirazione di Jovellanos, proprio come due periodi distinti ma complementari.

Infatti entrambi sono convinti che l'aspetto lirico non sia che un momento distinto e individuale che sia perciò da condannarsi o giustificarsi come attività secondaria ricreativa. Ma Jovellanos ora postula l'unificazione delle due sfere, della morale e dell'estetica, e Meléndez non potrà far altro che accettare e sviluppare la lezione.


I rapporti furono così profondo che vediamo come dedichi il suo primo libro di Madrid allo stesso Jovellanos. "Poesìas" nel 1785.


A Salamanca vive per 17 anni si laurea e diventa professore ausiliario, e continua ad acculturarsi con le letture iniziate con Cadalso e le spinte di Jovellanos. Nel 1782 si sposa con una donna più vecchia di lui di 10 anni che gli fece il deserto intorno per gelosia e altro. Decise nel 1789 di cambiare mestiere e diviene a Madrid Pubblico Ministero. Protetto dall'allora ministro di Giustizia, Jovellanos.

Alla caduta dei protettori, anche Godoy, viene coinvolto anche Meléndez, che viene esiliato per tornare a Salamanca. Fu anche perseguitato dal Santo Tribunale..interrotto forse da Godoy.


Durante la guerra viene restituito ai suoi incarichi presso Ferdinando VII a Madrid.viene fatto prigioniero dal popolo in rivolta e per un pelo non viene giustiziato. Presto giungerà l'apice della fortuna politica letteraria ed economica, entrando nell'Accademia Spagnola, ministro dell'Istruzione e altro come nella "Junta de Teatros" con Moratín.muore nel 1817.


Furono accusati entrambi così come altri ilustrados di patteggiare con il nemico francese.ma ai loro occhi doveva proprio sembrare la realizzazione di quella società utopica sognata, e la scelta doveva essere fatta in nome di un superiore patriottismo.


Pubblica un solo volume di Poesías e una seconda edizione nel 1797.

La sua poesia può organizzarsi in due fasi fondamentali: una parte di composizioni a carattere bucolico, anacreontica sensuale in genere e dall'altra temi sentimentali, filosofici morali e populisti.

Corrispondono in linea di massima a due atteggiamenti del suo spirito o del suo poetare, approssimandoli al periodo salamantino prima e professorale poi e a quello più politicamente impegnato.


La prima lirica di Meléndez presenta tutti i caratteri anacreontica che si venivano a sviluppare a Salamanca specialmente dopo i contatti con Cadalso, Orazio, Catullo, Ovidio, Properzio.

Uno dei temi ricorrenti è il "campo". La descrizione naturalistica che diviene un ricorso tecnico: va oltre la convenzione retorica per porsi come il luogo vero della poesia. Un codice ambiguo e sempre disponibile che mostra come il poeta non sempre deve "mostrare tutto" facendosi collaboratore del destinatario.


Il rapporto d'amore appare molto più esplicitamente descritto in 23 anacreontiche note sotto il titolo di "los besos de amor", area di diffusa sensibilità europea di quel secolo. Sono in pratica 23 diverse varianti dello stesso tema raccontati con una suggestione e capacità mai raggiunti prima nella letteratura.


Saranno poi le idee del riformismo ilustrado a dare nuovi contenuti e linguaggio alle strutture del naturismo bucolico, di romances, Epìstolas Odas Discursos, etico filosofici con frequenti accenti di un sentimentalismo umanitario o populista.

Il campo quindi passa da luogo idilliaco a paesaggio di esseri vivi che in esso lavorano e soffrono ( segadores, aradores, vendimias ) e già immagina le ansie e le miserie le ingiustizie del contadino assunto nel mito della ragione, che per istinto è buono.e finisce per dichiarare la sua solidarietà con la terra e i contadini della sua infanzia.

In questo modo egli definisce i problemi connessi con il lavoro agricolo e le condizioni del proletariato. Sono anche raffigurati in questa produzione tutte le istanze dell'Illuminismo riformistico, dalla giustizia alla scuola alla diffusione della cultura, politica estera, Chiesa, ecc

Colpisce ancora di più la ricerca linguistica, ovvero la coscienza e l'intento di rivolgersi a un diverso destinatario per cui modifica i tipi stilistici precedentemente elaborati.




POESIA CIVILE E PATRIOTTICA


Le strutture letterarie e linguistiche della seconda metà del Settecento corrispondono alle strutture sociali e della programmazione politica. Alla minoranza politica che conduceva un programma di attente e ordinate riforme sociali, corrispondeva in arte una minoranza di uomini consapevoli e raffinati che elaboravano la propria poetica secondo un cosciente disegno : non solo ricercavano una lingua poetica e una tematica comuni ma cercavano di incastonare la poesia stesa nel perseguimento meticoloso della ricerca della "felicità dello Stato".

Così mentre i circoli colti rinvenivano nel gusto neoclassico le forme della lirica rinascimentale e umanistica, la coscienza popolare rimaneva fedele ai suoi miti eroici e fantastici elaborando per proprio conto le forme, tradizionali del "romance".

Ma la fine della guerra ed il ritorno di Fernando VII soffocarono in una vergognosa reazione le aspirazioni e le speranze di una giustizia sociale.

Il magistero di Meléndez Valdés influì notevolmente sulla formazione di alcuni poeti della generazione seguente, in particolare per un gruppo che suole chiamarsi "seconda epoca della scuola salamantina". Quei giovani rifecero l'iter del maestro coltivando ancora stancamente l'anacreontica ma sviluppando specialmente spunti sentimentali e sociali.


Francisco Sánchez Barbero, Salamanca 1764, e morto carcerato da Fernando VII nel 1819

Juan Nicasio Gallego 1777-1853

José Somoza 1781-1852


Ma la lezione sociale e civile di Jovellanos e di Valdés venne sviluppata in modi diversamente consapevoli da poeti come Ciefuegos e Quintana.





[Bla bla bla.basta sono esasperato ndR]



A Quintana, ma specialmente a Cienfuegos, i moratiniani rimproverano un linguaggio oscuro e barbaro.una guerra dichiarata!

Abbastanza rispettoso invece si mostrava nei riguardi di Quintana.ma non troppo.

Ciò che Moratín e i suoi amici non vedevano o non volevano recepire era il mutamento in atto dei tempi, nella politica e nel costume, al cui insieme la letteratura si stava adeguando. La poesia cominciava a uscire dal chiuso delle accademie dal prezioso chiuso di una convenzione d'esercizio minoritaria, accennando ad una comunicazione più vasta per trasmettere quello che c'era bisogno per stare vicino all'animo popolare.


La nuova letteratura dava voce a quelle aspirazioni divulgando in modo più diffuso i contenuti illuministi. Un primo segno di crisi si era già avvertito con l'apparizione di una nuova poetica che se proprio non sovvertiva i canoni di Luzán, li modificava in modo sconcertante : "Le reflexiones sobre la poesía" del 1787, pubblicato sotto pseudonimo.

L'unico spagnolo oltre a francesi come Voltaire Moliere La Fontaine, ecc di cui sono riportati dei versi è Cienfuegos, ai quali furono pubblicati dei versi senza permesso.

Anche se attaccato però, Philoaletheias altro non faceva che ordinare in veste teorica tutti i sintomi della crisi.



Nicasio Alvarez de Cienfuegos, Madrid 1764, studia tra l'altro anche a Salamanca dove conosce Meléndez e i suoi amici che lo iniziano alle opere proibite degli enciclopedisti. Rosseau, Montesquieu ma anche Young e altri inglesi. L'amicizia con Melèndez tramite Jovellanos gli serve tanto per la carriera quanto per la professione letteraria. Diviene nel 1798 direttore della Faceta de Madrid e del Mercurio de Espana. Bla bla bla



La poesia di Cienfuegos fu presto dimenticata forse per via dell'insistenza di motivi delicati e psicologici e per il linguaggio prolisso che fanno più guardare ad una posizione preromantica forse anche per il linguaggio concitato,

La filippica contro le classi abbienti trova il suo esempio in alcune sue odi.



Personalità più complessa che incarna l'ideale di poeta vate è Manuel José Quintana 1772-1857 Madrid. Egli non fu romantico ma preferisce restare in una situazione incerta e transitoria.privilegiando l'accento civile : Poesìas Patriòticas sarà una sorta di canzoniere degli insorti. A Madrid farà politica abbracciando le sue idee progressiste e liberali, la causa nazionale e nel 1808 dovette abbandonare la città.

La sua ispirazione rientrava nella filosofia enciclopedista e nell'utopia di un trionfo finale della luce sulle tenebre, con la caduta dei tiranni, ecc..


Dall'altra parte, nel gruppo di Moratìn c'era la figura di Leòn de Arroyal 1755 che contestava i difetti del clero e della magistratura. Nelle odi enegli epigrammi ripete accanto ai motivi della lirica ilustrada la necessità per un'organizzazione democratica e rivendicazione dei diritti di chi lavora.

Arroyal critica la struttura gerarchica della società e si scaglia contro le classi privilegiate.

Interessante la ricerca linguistica: dettato aspro e popolare adeguato al suo destinatario.



La Rivoluzione francese e poi la guerra popolare sensibilizzarono i letterati cacciandoli allo scoperto, fuori dalla loro Arcadia mettendoli per la prima volta a confronto con un popolo che non era più disposto a far da comparsa ma chiedeva di essere protagonista.

In questo periodo di contrasti politici si collocano alcuni poeti che ebbero il loro centro a Siviglia nella Accademia Se villana de Buenas Letras. Ma più che il canone stilistico è interessante vedere la tormentata partecipazione alla politica che li porta a testimoniare le idee della Rivoluzione Francese.

Sarà utile ricordare la situazione di sottosviluppo in cui versava da sempre tutta l'area Andalusa.

Tutti furono quindi "afrancesados" convinti pagarono di persona per le proprie idee con persecuzioni e carcere da Arjona, a Reinoso. Marchesa, Blanco White e Lista.


Marchesa biografia esemplare di un rivoluzionario, in conflitto con l'Inquisizione, si rifugia in Francia e partecipa alla Rivoluzione e viene carcerato da Roberspierre. Torna in Spagna viene catturato dall'Inquisizione e liberato rocambolescamente. Gode di stima da Giuseppe Bonaparte e torna in Francia,e a Madrid infine dove muore poverissimo. Lucrezio, Montesquieu, Voltaire, Molière, Rousseau.alunno di Meléndez a Salamanca dove studia legge e comincia a scrivere versi. Nobile slancio e alto contenuto ideale, va studiato per i moduli espressivi. Scrive anche opere di storia e di filosofia.



José Marìa Blanco y Crespo, 1775-1841, noto come Blanco White. Figlio del viceconsole inglese a Siviglia, divenne sacerdote giovanissimo, Frequenta il circolo di Quintana a madrid e abbraccia la causa nazionale se ne va in Inghilterra dove dirige el espanol un mensile di lotta politica.



Alberto Lista 1775-1848 famoso per il suo magistero per essere stato a Madrid il maestro dei migliori romantici. Fu sacerdote tormentato da dubbi, esigenze di una filosofia razionale e liberale che lo schiera apertamente dalla parte degli afrancesados. Pagherà al ritorno di Ferdinando VII restando in Spagna.




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