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Seneca - Filosofia e potere

letteratura latina



Seneca

Lucio Anneo Seneca nasce a Cordova, in Spagna; la data è incerta:gli storici la indicano tra il 12 e l'1 d.C., probabilmente il 4, proveniente da una famiglia di origine equestre. Egli studia retorica presso i migliori maestri dell'epoca. Dopo il 26 Seneca stette per alcuni anni in Egitto. Tornato a Roma verso il 33-34 ottiene la questura e fu introdotto negli ambienti della corte imperiale. Nel 41 Seneca fu accusato di adulterio dalla moglie di Claudio verso Giulia, sorella di Caligola. Seneca fu condannato alla "relegatio" in Corsica, dove vi rimase per otto anni, durante i quali compose la consolatio ad helviam matrem e le consolatio ad polybium. Salito al potere Nerone, appena diciassettenne, Seneca divenne consigliere del principe. Nel 55-56 scrive il De clementia per Nerone. Nel 65 venne coinvolto nella congiura pisoniana e accolse l'ordine di morire con coraggio e serenità. Ricchissimo è il corpus delle opere: oltre gli scritti filosofici, in tutto dieci, vi sono dieci tragedie e una satira.


Filosofia e potere

A differenza degli scrittori suoi contemporanei, Seneca si sforza per buona parte della vita a partecipare all'attività politica. C'è un principio al quale Seneca restò fedele: compito dell'uomo è rendersi utile agli altri uomini. L'uomo virtuoso deve cercare di non sottrarsi alle sue responsabilità umane e civili. Giovare è sempre possibile, anche nelle situazioni più difficili. La morale di Seneca è quindi attiva e fondata sul principio del bene comune. I tre libri De Clementia rappresentano il tentativo di risolvere il rapporto tra principe e sudditi. Problema di Seneca, dunque, è come rendere saggio il princeps. Egli inoltre sostiene che per limitare un potere assoluto o sovrano deve intervenire la legge morale qualora siano insufficienti le leggi dello Stato. Di qui l'importanza della clementia, virtù politica e morale, poiché da essa dipende il buon andamento di un governo monarchico. Nel IV libro delle Georgiche, Virgilio aveva rappresentato l'organizzazione sociale delle Api come un modello comunitario prefetto. Anche Seneca, rifacendosi a Virgilio, trovò nello stesso esempio un modo per spiegare che principe e sudditi costituiscono un unico organismo. Seneca sceglie una vita contemplativa e attiva, nel De tranquillitate animi e nel De otio spiega cosa deve fare il saggio quando è costretto a vivere in uno stato dove regna sempre la guerra: prevale quindi un atteggiamento pessimista e sfiduciato. Ancora più significativa la scelta contenuta nelle Epistulae ad Lucilium: il saggio si è ritirato dal mondo per dedicarsi al perfezionamento interiore.




La scoperta dell'interiorità

Le intenzioni di Seneca si articolano lungo due punti: la questione del potere e quella della vita interiore. Era Seneca il saggio, colui che si sottrae alle passioni rendendosi libero. Solo chi segue la filosofia è veramente libero. L'interiorità è l'unico luogo dove gli uomini possono sottrarsi anche agli avvenimenti esterni negativi. Occorre innanzitutto saper guardare in se stessi e resistere ai colpi della fortuna e della storia come un vero saggio. Per Seneca la filosofia è una guida sulla via della "sapientia" ed è per questo che egli invita a seguire la filosofia epicurea. Ciò che è importante è acquistare una propria indipendenza interiore. Compito della filosofia è di regolare la nostra vita sulla via della virtù e del bene. Seneca, inoltre, predica la necessità di applicarsi con umiltà ai quotidiani esercizi dello spirito, alla fine di rafforzare la volontà. Nel "Brevitate Vitae", Seneca sottolinea il paradosso nel quale incorre la maggior parte degli umili, disposti a lottare per impadronirsi dei beni materiali spesso irrilevanti. Sbagliano quanti si lamentano che la vita è breve: lo è se facciamo un cattivo uso degli anni che ci sono concessi. Questo è il nucleo dell'opera. La morte è per Seneca un'esperienza che tocca un istante della nostra vita e che ci consuma, è proprio grazie ad essa che possiamo sottrarci da ogni forma di schiavitù. Si deve imparare a morire se si vuole veramente imparare a vivere. L'intera filosofia di Seneca può essere qualificata come filosofia della libertà: libertà dell'uomo che si fa padrone del proprio destino. Profonde sono le pagine dedicate agli schiavi, ai ludi, ai gladiatori, dove lo scrittore vuole quasi perseguire la via della sapienza. Il ragionamento è ravvivato da immagini, similitudini, metafore. Tale caratteristica viene anche espresse nelle "Epistulae ad Lucilium", che rappresentano il punto d'arrivo della filosofia di Seneca. La filosofia non è altro che un ed è per questo che lo stile non è per niente semplice, ma anzi elaborato e ricco, uno stile aniclassico. Vi compaiono artifici retorici e la coerenza del discorso è affidata a concetti diversi. Ma la costruzione dell'elemento più caratteristico della sua prosa è la Sententia, nella quale comincia e si risolve il movimento del discorso. E' dallo stile che si rileva la visione del mondo di Seneca, visione contrassegnata dalla solitudine esistenziale di perenne conflitto con se stesso e con la società che lo circonda.


Filosofia e scienza: Le Naturales questiones.

Di particolare rilievo assume l'opera, composta di sette libri, "Naturales questiones" scritta negli ultimi anni di vita. Questa è dedicata a Lucilio e si propone di narrare argomenti di carattere meteorologico: arcobaleno, tuoni, fulmini, ecc. nella prefazione al secondo libro, Seneca distingue tra astronomia, geografia e, appunto, fenomeni meteorologici: la prima si occupa della natura del cielo e degli astri, la seconda della vita terrestre e la terza dei fenomeni che si svolgono tra cielo e terra. L'indagine del mondo fisico, secondo Seneca, doveva rivelare la natura razionale e provvidenziale del cosmo, ordinato da una mens divina. La scienza della natura era dunque strettamente collegata alla teologia, con la quale tendeva ad identificarsi. Nell'epistola 90 a Lucilio, Seneca distingueva fra SAGACITAS e SAPIENTIA: la prima è il prodotto di un ingegno interiore che rivolge la propria attenzione verso la terra; la seconda è il frutto di una ricerca spirituale, mediante la quale l'uomo si innalza dalla terra verso il cielo. Le Naturales questiones hanno un intento morale: nella prefazione al primo libro, ad esempio, si sottolinea il rapporto fra indagine scientifica e conoscenza del divino; nell'epilogo si condanna l'uso immorale degli specchi, fonte di desiderio. Il finale del secondo libro, infine, indica un modo per liberare gli uomini dalla pena irraionale dei fenomeni naturali e in particolare dei fulmini. Ancora più importante è la prefazione al terzo libro dove Seneca, in sette punti, illustra cosa è veramente importante nella vita dell'uomo. La prefazione al IV libro ammonisce Lucilio, il destinatario dell'opera, a liberarsi dagli adulatori. Nel finale dello stesso libro è condannata la gelosia. Il sesto libro vuole liberare l'uomo dalla paura della morte. Il trattato si conclude con una riflessione, ancora una volta di natura morale, sulle scienze, anche se Seneca è stata il precursore dell'indagine conoscitiva.




Una satira Menippea: l'Apokolokyntosis


Le tragedie

Seneca scrisse le tragedie, non si conoscono notizie certe sulle date di composizione delle opere. Delle dieci tragedie, una storia non appartiene a quel gruppo, questa è la praetexta octavia (praetexta: tipica tragedia romana nazionale) ambientata nella corte di Nerone nel 62. Tra i personaggi vi è lo stesso Seneca che cerca di trattenere Nerone dai suoi gesti insani.Ottavia,(moglie di Nerone) come si sa, verrà fatta uccidere. Interviene anche il fantasma di Agrippina che profetizza una fine del tutto simile a quella che toccherà poi a Nerone sei anni dopo. Sospetta appare anche l'Hercules Oetaeus, ispirato ai modelli greci di Euripide e Sofocle. La sostanziale fedeltà modelli greci non implica tuttavia, una mancanza di originalità. L'impianto delle tragedie è tradizionale; il coro tende a svolgere una funzione più lirica che drammatica. Seneca amplia i monologhi e le digressioni. Le vicende valgono per la loro forza simbolica ed il vero protagonista delle tragedie è l'animo umano. Gli studiosi si sono chiesti se le tragedie di Seneca fossero state scritte per essere rappresentate o semplicemente lette. È possibile che l'autore abbia pensato ad entrambe le cose. Della tragedia greca, Seneca predilige le vicende più cupe e orride, la follia, la vendetta, l'amore delirante, il suicidio. Se personaggi greci si misurano con il fatto, quelli di Seneca si misurano con la propria coscienza. Sebbene lo scopo di Seneca sia pedagogico e in morale, è anche vero che il male, la follia, l'aderenza ai sentimenti occupano la parte più preponderante di tutte le tragedie. A situazioni estreme corrisponde un linguaggio ampolloso che sfrutta tutte le possibilità offerte dalla retorica. Lo stile denso e ricco di figure retoriche. L'enfasi poetica dà luogo ad uno stile anticlassico e conciso. Fatto sta che






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