Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

PLAUTO

letteratura latina



PLAUTO

Nacque attorno al 250 a.C. a Sarsina, zona dell'Appennino umbro-romagnolo.

Muore nel 184 a.C.

I tria nomina si usava per chi era dotato di citt 454h76e adinanza romana, noi non sappiamo se Plauto l'abbia mai avuta. Per di più su certi manoscritti si era trovato scritto M. Accius Plautus. Poi si è scoperto che era Titus Maccius Plautus. Maccus è un nome delle maschere atellane, perciò è ridicolo che sia il nome di famiglia. Plautus = dai piedi piatti sia perché nelle commedie non si usavano i coturni sia perché sono considerate su un livello più basso.  Inoltre ricorda il nome di un cane per il fatto che la commedia è sguaiata.

Era un cittadino libero. MAI diventato schiavo e lavorato presso un mulino.



Non era di origine romana e nemmeno apparteneva a un'area culturale italica già pienamente grecizzata

Si specializza nelle commedie palliate. Ne scrisse moltissime tant'è  che nel corso del II sec. circolavano circa 130 commedie legate al suo nome. Verso la metà del II secolo cominciò un'attività editoriale in cui le commedie furono dotate di didascalie, di sigle dei personaggi e i versi scenici furono impaginati. Nel I secolo Varrone cercò di identificare le commedie puramente plautine perciò le divise in 3 gruppi: quelle certe, quelle dubbie e quelle certamente non sue. A noi ne sono giunte 20 per intero e la Vidularia frammentata.

C'è una fortissima prevedibilità degli intrecci e dei tipi umani incarnati nei personaggi. Non vuole porre interrogativi problematici sul carattere dei suoi personaggi né ha particolare interesse per l'etica o la psicologia. I personaggi in azione si possono ridurre a un numero limitato di tipi: il servo astuto, il vecchio, il giovane innamorato, il lenone, il parassita, il soldato vantone. Questi tipi sono inquadrati fin dal prologo così il pubblico ha fin dall'inizio una traccia su cui far scorrere la propria comprensione degli eventi scenici.

Tende ad usare dei prologhi espositivi che forniscono informazioni essenziali allo sviluppo della trama, a spese di qualsiasi sorpresa o colpo di scena.

Queste commedie pur sembrando molto complicate piene di intrighi e intrecci alla fina hanno un'ossatura standard: lotta fra due antagonisti per il possesso di un bene, generalmente una donna o una somma di denaro necessaria per accaparrarsela. È buona norma che il vincitore sia il giovane e che il perdente abbia in sé le giustificazione del suo essere perdente (è un vecchio,uomo sposato, lenone) così la vittoria finale di una parte sull'altra trova piena corrispondenza nei codici culturali che il pubblico già possiede.

COMMEDIA DEL SERVO: l'azione di conquista del bene è delegata dal giovane che è colui che la desidera a un servo ingegnoso. Il servo è ribaldo, amorale, creatore di inganni e risolutore di situazioni. L a figura del servo cresce di statura intellettuale e di libertà fantastica; crea inganni e persino li teorizza. È un vero demiurgo: un artista della frode. Prevede tre fasi distinte: il servo medita l'inganno, agisce e alla fine trionfa. È lo schiavo furbo a gestire lo sviluppo dell'intreccio; è il solo che stando sulla scena può controllare, influenzare, commentare con ironia e lucidità lo sviluppo degli avvenimenti. È come se il teatro plautino trovasse in questa figura uno spazio di rispecchiamento, un modo per giocare con se stesso. È il personaggio che gioca con le parole, è un grande cercatore di immagini, di metafore, di doppi sensi, di allusioni, di battutacce ed è quindi il più vero portavoce dell'originale creatività verbale di Plauto. È il più delle volte motore dell'azione, si fa spesso anche voce metateatrale , protagonista e artefice di uno spazio di rispecchiamento e di autoriflessione della commedia. Attraverso lo schiavo che rivela agli spettatori idee e progetti sui futuri sviluppi dell'intreccio, il commediografo colloquia direttamente con il pubblico mettendolo a parte dei meccanismi stessi della creazione artistica.Lo schiavo svolge un lavoro immorale ma svolto a fini in sé accettabili e destinato ad avere successo. Lo schiavo opera su una realtà preesistente e il suo lavoro sporco è falsificare, confondere, cambiare connotati. Il contrasto tra messinscena e realtà non può durare per sempre e qui appunto entra in gioco la Fortuna. Grazie alla fortuna scopriamo che esiste una realtà per così dire più autentica e sincera della realtà iniziale. Altro protagonista centrale è la Fortuna che assumo un ruolo ben determinante e attivo. Sia come alleata sia come antagonista del servo ha un forte valore stabilizzante nella commedia plautina.

COMMEDIA DEL RICONOSCIMENTO/EQUIVOCI: un'identità prima nascosta, mentita o casualmente perduta e poi rivelata a tutti. Passano per una lunga fase di errori e confusioni di persone. Assai spesso il problema dell'identità salta fuori solo nel finale, ma tutte hanno in comune lo scatto fortunoso dell'agnizione conclusiva, del riconoscimento che scoglie ogni difficoltà. Esempio: cortigiane e schiave tornano donne libere, figli legittimi diventano illegittimi, si scoprono fratelli, figli.

H a una grande maestria ritmica infatti usa gli infiniti metri = numeri innumeri

Non si preoccupa di comunicare il nome della commedia greca da cui prende spunto. Attinge ai grandi maestri della commedia ellenistica ma non ha una marcata preferenza per nessuno di essi e ricorre anche ad autori non di primo piano.

I titoli di Plauto non sono quasi in nessun caso trasparenti traduzioni di titoli greci. L'uso dei nomi degli schiavi come titolo ha ben poco a che fare con la prassi greca.

Lo stile di Plauto è intrinsecamente vario e polifonico. Vi sono giochi di parole, bisticci, metafore e similitudini, bizzarri paragoni mitologici, enigmi, doppi sensi, toponimi fantastici e neologismi istantanei, allusioni scherzose alle istituzioni e al linguaggio militare di Roma. Molte figure di suono.

Ristrutturazione metrica e cancellazione della divisione in atti.

Completa trasformazione del sistema onomastico. Introduce un gran numero di nomi di persona non attestati sulla scena greca. Pochissimi nomi riappaiono da commedia a commedia. Si inventa nomi di solito lunghi e composti che parlano da sé.

I personaggi a tratti sembrano quasi scollati da se stessi come se una sottile patina di distacco li rendesse qua e là ironici e autoironici.

Il comico originale di Plauto sta nel contatto fra la materia dell'intreccio (che riprende dai Greci) e l'aprirsi di occasioni in cui l'azione si fa libero gioco creativo, diventa "lirismo comico".

Questa commedia è un mondo rovesciato. Possono nascere conflitti in cui si scontrano valori e aspettative legittime. Qualche volte la crisi rimescola e confonde valori ancora più generali e fondamentali quali l'identità personale e persino la distinzione fra uomini e dei (il caso, isolato, dell'Amphitruo).Lo scioglimento tipico consiste nel rimettere a posto le cose. È chiaro che il pubblico trova in questo movimento dal disordine all'ordine un particolare piacere.  Ha ben poco di sovversivo. Non vuole in nessun modo discutere o corrodere i dogmi della vita sociale. L'azione imprevedibile e amorale del servo ingegnoso porta nella trama un quoziente di disordine e di irriverenza che arriva a sospendere la normalità della vita quotidiana.

Il corpo dell'intreccio tocca problemi reali e quotidiani, quali la disponibilità delle donne e l'uso del denaro nella famiglia.

Greci sono i nomi dei personaggi e dei luoghi, certe sfumature legali, istituzioni politiche o allusioni storiche: questi dettagli garantiscono che il genere comico ha sede altrove per consentirsi solo occasionali e vivaci puntate anacronistiche verso la realtà romana.

Nessuna pretesa didattica e moraleggiante governa queste vicende. Lo schiavo furbo è incompatibile con la trasmissione di un serio messaggio morale o culturale.  È la fonte principale del divertimento ma anche il personaggio più fantastico del cast teatrale.

Ogni personaggio sembra spinto da un desiderio: la fame che condiziona e motiva l'agire del parassita, l'ottuso desiderio di gloria e adulazione del miles gloriosus. Grazie a queste umane debolezze, a questi forti desideri che offuscano la ragione e la capacità di discernimento, che l'astuto servo può creare e tessere le trame più astruse e ingarbugliate.

LAMENTO DAVANTI ALLA PORTA (CHIUSA): dell'amata. L'innamorato exclusus supplica la donna affinché gli apra o si rivolge addirittura alla porta, personificandola, affinché lo lasci entrare e gli lasci godere delle grazie della sua bella.



AMPHITRUO

È una tragicommedia.  È l'unica commedia mitologica e a carattere esplicitamente misto = tragicomico compresenza in scena di personaggi da tragedia come dei e re e personaggi da commedia.

Dipende da un modello della Commedia Nuova

Si è astenuto dai consueti rimaneggiamenti farseschi, limitando il proprio intervento ad un rafforzamento verso l'alto dell'originale, vale a dire potenziando da buon romano il timbro epico del canticum di Sosia e attribuendo una seriosità tipicamente romana e matronale alla figura di Alcmena.

Solo qui compare l'adulterio (la tragedia si occupa di ciò che avviene a partire dal matrimonio, la commedia di ciò che avviene prima del matrimonio)

È l'unica commedia dell'intera drammaturgia greco-latina in cui compare una figura di donna incinta. Si può immaginare che questo tratto dell'aspetto della donna venisse alquanto enfatizzato.

Alcmena non è un personaggio tragico, bensì il suo esatto opposto: paratragico

È il riflesso di una situazione che proprio in quegli anni (190-186) si era fatta di un'attualità particolarmente grave: la lontananza dei soldati da casa, la lontananza dalle proprie mogli. Sembra essere la rappresentazione, passata attraverso il filtro catartico del mito e del riso, del dramma costantemente implicito e latente in una troppa lunga assenza dal talamo coniugale, il dramma di ciò che attende al suo ritorno il reduce da una guerra lontana.

Sosia è un araldo perfetto. Fifone e beone.

Giove in persona scende sulla terra a facere histrioniam = a far teatro

Il tratto di maggiore libertà = un Mercurio servo, che non solo introduce la figura, plautinamente essenziale, di un servo furbo, di un servo intrigante e poeticamente dotato, ma consente anche lo straordinario scontro col gemello Sosia.

Quella dell'incontro tra Mercurio e Sosia è la scena madre della commedia, incaricata di svolgere il tema "magico" per eccellenza della spersonalizzazione di Sosia, della sua totale perdita di identità ad opera del divino Mercurio.

Il tema principale resta quello dello sdoppiamento. un Sosia umano e uno divino, un Anfitrione umano e uno divino, una coppa umana, reale e una coppa divina, solo immaginaria, un gemello umano (Ificle) un gemello divino (Ercole). un teatro metà umano e metà divino, metà sublime e metà farsesco.

Nel discorso di Sosia capiamo che c'era un rapporto fra vedere il proprio doppio e la morte. Il doppio richiama la morte ed è anzi probabile che questa associazione rispecchi una credenza popolare. Il nesso si può fornire dalle credenze relative all'esistenza di psychài, imagines, simulacra che riproducono fedelmente le fattezze del defunto in forma di ombra  o di vana parvenza. Dato che il fantasma del defunto presenta le identiche fattezze di quelle della persona si può immaginare che l'incontro con qualcuno di identico possa suggerire il pensiero della morte del soggetto.

Poi Sosia pensa di aver subito una trasformazione e di essersi lasciato da qualche parte questo si lega alla diffuse credenze di "metamorfosi di magia" ovvero dimenticare se stessi da qualche parte e andare in giro per il mondo sotto altra forma. È dunque un'altra persona che si è impossessata del suo aspetto, della sua imago. Sosia infatti gioca sul doppio senso di imago = immagine e maschera (mortuaria, di cera) che nei funerali dei nobili era portata da una persona somigliante al defunto. Dice che tale onore gli viene tributato in da vivo, ma nessuno glielo farà da morto.

L'ingannatore non è più la cieca sorte, e nemmeno lo schiavo geniale: è il dio stesso, che riunisce in sé l'onnipotenza dell'una e la consapevolezza dell'altro, e creando artificiali somiglianze con i mortali, gioca ad avvolgerli in nodi inestricabili, che egli solo può sciogliere.

TERENZIO

Nato a Cartagine nel 185/184. Morto nel 159

È giunto a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano

Entrò in rapporto con la famiglia degli Scipioni (gruppo di personaggi che erano interessati all'aspetto culturale)

Si riteneva che molte sue commedie fossero scritte proprio da alcuni Scipioni.

Scrive commedie palliate

La dominante di Terenzio è l'interesse per i significati:per la sostanza umana che è messa in gioco dagli intrecci della commedia.

Mette in scena gli ideali di rinnovamento culturale dell'aristocrazia scipionica.

Gli interessa l'approfondimento psicologico dei personaggi e per questo rinuncia all'esuberanza comico-fantastica. + simile alla commedia nuova greca

Più che alla rappresentazione psicologica dell'individuo sembra interessato a quello del tipo. Anche se tipizzati ovvero non dotati di forte personalità individuale, i personaggi terenziani sono spesso anticonvenzionali.

L'approfondimento psicologico comportava una notevole riduzione della comicità, che avrà senz'altro contribuito allo scarso successo di Terenzio presso il pubblico di massa

Ci rimangono 6 commedie.

I modelli greci, dichiarati nei prologhi, utilizzati da Terenzio appartengono tutti alla Commedia Nuova: Menandro, Difilo e Apollodoro di Caristo.

Si parla poco di corpi, di mangiare, di bere e di sesso; i personaggi non usano scambiarsi crude parole di insulto.

I personaggi bassi della palliata non portano sulla scena la loro particolare carica linguistica. Sembra che la materia linguistica sia stata selezionata, perfino censurata. Acquistano spazio le parole astratte che rendono possibile e interessante l'analisi psicologica. Terenzio si adegua a una lingua in qualche modo reale e realmente parlata, ma è una lingua settoriale, quella parlata dalle classi urbane di buona educazione e cultura. L'effetto doveva essere piuttosto idealizzato.

L'elemento che più distingue Terenzio è la sua costante e controllata preoccupazione per il verosimile.

C'è una forte riduzione della varietà metrica rispetta a Plauto. Scarse le parti liriche, molto contenuta l'estensione dei cantica in rapporto ai deverbia.

Terenzio cura molto di più la coerenza e l'impermeabilità dell'illusione scenica. Lo sviluppo dell'azione non prevede mai esiti metateatrali. Vengono eliminate le battute dei personaggi che si rivolgono liberamente al pubblico. Non apre al suo interno nessuno spazio di autocoscienza. Questi momenti di riflessione vengono tutti concentrati nello spazio del prologo.

Terenzio rinuncia alla funzione informativa dei prologhi anche a costo di qualche oscurità nella conduzione dell'intreccio. Il pubblico deve seguire l'azione nel suo sviluppo continuo, senza fruire di uno sguardo anticipato e onnicomprensivo. Adopera i suoi prologhi come personali prese di posizione:  chiarisce il rapporto con i modelli greci che ha utilizzato e risponde a critiche dei suoi avversari su questioni di poetica. Hanno funzione esclusivamente polemica e difensiva. Presuppongono un pubblico più avanzato, attento a problemi di gusto e di tecnica. Questi prologhi danno più spazio a momenti di riflessione critica e poetica avvicinandosi così all'ideale alessandrino del poeta-filologo.

Contrappone un tipo di commedia statica (la sua), a una commedia piena di effettacci e con azione assai movimentata = Plauto. Aveva un ideale di arte più riflessiva e attenta alle sfumature, anche più verosimile: fondava l'azione drammatica sul dialogo, non sul movimento e sul clamore.

H a caratteri e problemi di un'umanità borghese.

HOMO SUM: HUMANI NIHIL A ME ALIENUM PUTO = io sono uomo: e ritengo che nulla di umano sia a me estraneo. è diventato l'emblema dell'ideale classico della humanitas.  (Capacita della collettività di inserirsi nei problemi degli altri ; saper andare al di là delle maschere.)

Purezza della sua lingua. Raffinatezza del suo stile. Linguaggio scelto. Urbanità e dolcezza del dire.

Mancanza di vis, di quella forza nello stile che sminuisce rispetto ai greci la sua virtù comica, il suo valore di commediografo.







Privacy




Articolo informazione


Hits: 4183
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024