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PLAUTO - VITA, OPERE E FONTI

letteratura latina



PLAUTO


VITA

Il nome del poeta è fra i dati incerti: gli antichi lo citano come Plautus, forma romanizzata del cognome umbro Plotus. Il nome completo del poeta si presenta nella versione Titus Maccius Plautus: il nome Maccius è una derivazione da Maccus, personaggio tipico della farsa popolare italica, l'atellana. Plauto era nativo di Sarsina, ed era un cittadino libero.



La data di morte, il 184 a.C., è sicura; la data di nascita si ricava da una notizia di Cicerone, secondo cui Plauto scrisse da senex la sua commedia "Pseudolus". Lo "Pseudolus" risulta rappresentato nel 191 a.C., e la senectus, per i Romani, cominciava a 60 anni. È probabile, dunque, una nascita fra 225 e 250 a.C. Dobbiamo immaginarci un'attività letteraria compresa fra il periodo della II Guerra Punica (218-201 a.C.) e gli ultimi anni di vita del poeta: la "Casina" allude alla repressione dei Baccanali, nel 186 a.C.


OPERE E FONTI

Plauto fu autore di enorme successo e di grande prolificità. Verso la metà del II secolo a.C., comincò un'attività editoriale, che ha grande importanza per il destino del testo di Plauto. Le commedie furono dotate di didascalie, e i versi scenici furono impaginati.

La fase critica nella trasmissione del corpus dell'opera plautina fu segnata dall'intervento di Varrone, in quale, nel "De Comoediis Plautinis", ritagliò un certo numero di commedie (21) sulla cui autenticità c'era generale consenso: "Amphitruo", "Asinaria", "Aulularia", "Captivi", "Curculio", "Casina", "Cistellaria", "Epidicus", "Bacchides", "Mostellaria", "Menaechmi", "Miles Gloriosus", "Mercator", "Pseudolus", "Persa", "Rudens", "Stichus", "Trinummus", "Truculentus" e "Vidularia".

La cronologia delle commedie ha qualche punto fermo: lo "Stichus" fu messo in scena la prima volta nel 200 a.C., lo "Pseudolus" nel 191 a.C. e la "Casina" presuppone avvenimenti del 186 a.C.


TIPOLOGIA DEGLI INTRECCI E DEI PERSONAGGI

La grande forza di Plauto sta nel comico che nasce dalle singole situazioni e dalla creatività verbale.


"Amphitruo". Giove arriva a Tebe per conquistare Alcmena. Il dio impersona Anfitrione, marito della dama: Giove approfitta dell'assenza di Anfitrione per entrare nel letto di sua moglie. Mercurio, intanto, impersona Sosia, il servo di Anfitrione. Improvvisamente tornano a casa i due personaggi: Anfitrione si placa, onorato di aver avuto per rivale un dio. La commedia è l'unica a soggetto mitologico.

"Asinaria". Macchinazioni di un giovane per riscattare una cortigiana. L'impresa ha successo, grazie all'aiuto di furbi servitori e alla complicità del padre dell'innamorato. Nasce una rivalità amorosa tra padre e figlio, che si risolve con il prevalere finale del giovane.

"Aulularia". Una pentola piena d'oro è stata nascosta dal vecchio Euclione. La pentola finisce per sparire: viene utilizzata dal giovane innamorato, con l'aiuto dello schiavo, per ottenere le nozze con l'amata, figlia di Euclione.

"Bacchides". Due sorelle gemelle sono entrambe cortigiane: la situazione di "conquista" viene non solo raddoppiata, ma anche perturbata da equivoci sull'identità delle concupite. Il modello di questa commedia era il "D.j TxapatÒn" di Menandro.

"Captivi". Un vecchio ha perduto due figli: uno gli fu rapito bambino, l'altro Filepolemo, è stato fatto prigioniero in guerra dagli Elei. Il vecchio si procura due schiavi di guerra elei, per tentare uno scambio: non solo ottiene indietro Filepolemo, ma scopre che uno dei prigionieri elei in sua mano è l'altro figlio. La commedia si distingue per la smorzatura dei toni comici e per gli spunti di umanità malinconica.

"Casina". Un vecchio e suo figlio desiderano una trovatella: escogitano due trame parallele. Il vecchio immorale viene raggirato e trova nel letto un maschio invece che l'agognata Casina. Casina scopre, infine, di essere una fanciulla di libera nascita e può sposare il suo giovane pretendente.

"Cistellaria". Un giovane vorrebbe sposare una fanciulla di nascita illegittima, mentre il padre gliene destina un'altra, di legittimi natali. Il caso vanifica ogni ostacolo, rivelando la vera identità della fanciulla desiderata.

"Curculio". Curculio è parassita di un giovane innamorato di una cortigiana; inscena un raggiro a spese sia del lenone che detiene la ragazza, sia di un soldato sbruffone, Terapontigono. Si scopre, infine, che la cortigiana è di nascita libera e può sposare il giovanotto.



"Epidicus". Una classica "commedia del servo". L'insaziabile serie di macchinazioni attuata dal servo Epidico è messa in moto da un giovane padrone, che s'innamora di due differenti ragazze. Un riconoscimento salva la situazione: una delle due ragazze amate è la sorella dell'innamorato.

"Menaechmi". Prototipo di tutte le "commedie degli equivoci". Menecmo ha un fratello, Menecmo, identico a lui. I due non si conoscono perchè separati fin dalla nascita: l'uno giunge nella città dell'altro e, ignaro dell'equivoca somiglianza, scatena confusione.

"Mercator". Si affrontano in rivalità amorosa un giovane ed il suo anziano padre. Il giovane sconfigge le mire del vecchio e si tiene la cortigiana che ama.

"Miles Gloriosus". La commedia mette in scena un servo arguto, Palestrione, ed un soldato fanfarone, Pirgopolinice.

"Mostellaria". Il servo Tranione, per coprire gli amorazzi del padrone, fa credere al vecchio Teopropide che nella sua casa c'è un fantasma. La vicenda si chiude su un perdono generale al giovane debosciato ed al servo.

"Persa". Una beffa ai danni di un lenone: questa volta, l'innamorato è un servo. L'inganno prevede una mascherata, in cui il servo-coadiuvante impersona un Persiano.

"Poenulus". Il personaggio del titolo è un Cartaginese: l'azione si svolge in Grecia. Assistiamo alle vicende di una famiglia cartaginese, con riconoscimento finale e riunione degli innamorati.

"Pseudolus". Lo schiavo è una miniera d'inganni. Pseudolo riesce a spennare il suo avversario Ballione, un lenone, portandogli via la ragazza amata dal padroncino ed anche dei soldi.

"Rudens". La stella Arturo preannuncia il naufragio del lenone Labrace, che porta con sè una fanciulla di liberi natali. Una tempesta scarica i naufraghi su una spiaggia, in cui si trovano il padre della fanciulla rapita ed il suo innamorato.

"Stichus". Un uomo ha due figlie, sposate con due giovani in viaggio per affari: vorrebbe spingerle al divorzio, ma l'arrivo dei mariti risolve la questione.

"Trinummus". Un giovane scialacquatore viene salvato da un vecchio amico di suo padre.

"Truculentus". Fronesio è una creatrice d'inganni, che sfrutta e raggira i suoi tre amanti.


Plauto desidera la predibilità degli intrecci: non vuole porre interrogativi problematici sul carattere dei suoi personaggi, nè ha interesse per l'etica o la psicologia. Plauto tende ad usare dei prologhi espositivi, che forniscono informazioni essenziali allo sviluppo della trama.

I personaggi in azione si possono ridurre ad un numero limitato di "tipi": il servo astuto, il vecchio, il giovane innamorato, il lenone, il parassita, il soldato vanaglorioso. Questi tipi sono inquadrati fin dai prologhi.

Caratteristica di Plauto, dunque, è la prevedibilità degli intrecci: tutte le pièces si possono ridurre ad una lotta fra due antagonisti per il possesso di un "bene". Vincitore è il giovane: il perdente ha in sè le giustificazioni del suo essere perdente.

La forma preferita è la "commedia del servo": l'azione di conquista del "bene" messo in gioco è delegata dal giovane ad un servo ingegnoso; progressivamente, i servi crescono di statura intellettuale e di libertà fantastica, creano inganni e li teorizzano. Al centro dell'azione sta un demiurgo, un artista della frode: Epidico nella commedia omonima, Crisalo nelle "Bacchides", Palestrione nel "Miles Gloriosus", Pseudolo, Tranione nella "Mostellaria".

La coppia giovane innamorato/servo raggiratore è una costante tematica del teatro di Plauto. Varianti occasionali toccano solo alcune qualifiche esterne. Ben definita è anche la scansione temporale, che prevede tre fasi: il servo medita l'inganno, agiste e trionfa.

Una forza onnipresente, la Fortuna, la TÚch, è regina incontrastata nel teatro ellenistico. Accanto alla "commedia del servo", Plauto afferma un'altra sua preferenza: si tratta di commedie che ruotano su un riconoscimento. Queste commedie possono passare per una lunga fase di errori e confusioni di persona: si parla, in questo caso, di "commedia degli equivoci"; oppure il problema dell'identità salta fuori solo nel finale. Tutte hanno in comune lo scatto fortunoso dell'agnizione conclusiva, del riconoscimento che scioglie ogni difficoltà.



In molte di queste commedie c'è uno schiavo furbo. Grazie alla Fortuna, scopriamo che esiste una realtà più autentica e sincera della realtà "iniziale". "Commedie della TÚch" e "commedie del servo" trovano un equilibrio: questi due filoni si saldano in una visione del mondo che ha inesauribili potenziali di comicità.


I MODELLI GRECI

La maestria ritmica, i numeri innumeri, sono parte integrante dell'arte di Plauto. È questo un aspetto in cui Plauto si distacca dai modelli greci: le predilezione di Plauto per le forme "cantate" è uno dei fattori che regolano il vertere, la ricreazione in latino dei modelli greci.

Plauto si preoccupa poco di comunicare il nome e la paternità della commedia greca su cui si è orientato. Il suo teatro, infatti, non presuppone un pubblico così ellenizzato da gustare il riferimento a certi modelli. I titoli di Plauto, inoltre, non sono traduzioni di titoli greci.

"Cistellaria", "Stichus" e "Bacchides" si basano su tre commedie menandree; "Rudens" "Casina" e "Vidularia" dipendono da Difilo; il "Poenulus" da Alessi; l'"Asinaria" riprende l'"'OnagÒj" di Demofilo. Plauto non ha una marcata preferenza e ricorre anche ad autori non di primo piano. Ne deriva una conseguenza: lo stile di Plauto è vario e polifonico, ma varia poco da commedia a commedia.

I tratti costanti e dominanti dello stile plautino hanno in sè ben poco di ellenistico: ci sono giochi di parole, bisticci, metafore e similitudini, paragoni mitologici, enigmi, doppi sensi, toponimi fantastici e neologismi istantanei, allusioni scherzose alle istituzioni ed al linguaggio militare di Roma. Questo registro di stile è un'iniziativa originale di Plauto.

Le trasformazioni riguardano la strutturazione metrica e la cancellazione della divisione in atti, nonchè la trasformazione del sistema onomastico: Plauto voleva proporre un suo autonomo "stato civile".

Frammenti del "D.j TxapatÒn" di Menandro ci hanno confermato quanto intensa sia stata la rielaborazione cui Plauto sottopone le sue fonti. Plauto ha lavorato per assimilare i singoli modelli attici e tutto il loro codice formativo; ha lavorato anche a distruggere molte qualità fondamentali dei modelli: coerenza drammatica, sviluppo psicologico, realismo linguistico, motivazione, caratterizzazione, serietà di analisi, senso della sfumatura e del limite.


IL "LIRISMO COMICO"

Plauto traforma i suoi modelli secondo tendenze e preferenze coerenti. Plauto tende a trascurare la coerenza dell'azione drammatica e le sfumature nel carattere dei personaggi: costruisce un altro teatro; rinuncia a certe virtù dei modelli greci per spostare l'accento su altri interessi.

Fra tutti i personaggi della Commedia Nuova, Plauto ha un suo favorito, il servo. È lo schiavo furbo a gestire lo sviluppo dell'intreccio: è una "figura tipica", non troppo individualizzata sul paino psicologico; entra nell'azione come creatore di inganni e fonte del comico.

La posizione del servo astuto ne fa un equivalente del poeta drammatico: il servo è il personaggio che gioca con le parole, è la figura centrale ed il punto d'attrazione. Plauto non solo amplia lo spazio del servitore, ma assimila altri personaggi a questo nuovo ruolo ed a questo livello.

Plauto utilizza gli intrecci dei modelli come materia disponibile a significati nuovi ed imprevedibili. Il comico originale di Plauto sta nel contatto fra la materia dell'intreccio e l'aprirsi di "occasioni" in cui l'azione si fa libero gioco creativo, diventa "lirismo comico".


LE STRUTTURE DEGLI INTRECCI E LA RICEZIONE DEL TEATRO PLAUTINO

Nelle strutture tipiche dell'intreccio si possono cogliere delle intenzioni autentiche e storicamente determinate. Le commedie minacciano una sovversione di tutto ciò che il pubblico accetta come normale e naturale. La crisi rimescola e confonde valori generali e fondamentali, quali l'identità personale e la distinzione fra uomini e dei: lo scioglimento della commedia consiste in un "rimettere a posto le cose".

Il corpo dell'intreccio tocca problemi reali e quotidiani. Tuttavia, greci sono i nomi dei personaggi e dei luoghi, certe sfumature legali, certe istituzioni politiche o allusioni storiche: questi dettagli garantiscono che il genere comico abbia sede "altrove".

Il pubblico romano partecipa concretamente al precipitare della crisi ed al comporsi finale di un ordine rassicurante. Tuttavia, nessuna pretesa insegnativa e moraleggiante governa queste vicende tipiche: basta a mostrarcelo il primato ed il protagonismo dello schiavo furbo. Egli è la fonte principale del divertimento ed il personaggio più fantastico del cast teatrale; il personaggio in cui meno di tutti il pubblico può riconoscere un fondamento realistico ed un'intonazione quotidiana; il personaggio che marca il distacco di Plauto dalla traccia dei suoi modelli.

L'azione di questo personaggio creativo ed antirealistico appare come un tratto caratterizzante della palliata plautina. Orientata alla riconferma di un ordine e di una normalità sociale, la commedia plautina ha poco di sovversivo: il servo è colui che persegue un risultato legittimo, ma fa questo con mezzi illegittimi e truffaldini.


FORTUNA DEL TEATRO PLAUTINO

Le 21 commedie che risalivano alla scelta canonica di Varrone continuarono ad essere ricopiate per tutto il Medioevo, ma la lettura diretta di Plauto rimase un fatto eccezionale.

Dalla generazione di Petrarca, una parte delle commedie plautine cominciò a conoscere una buona diffusione; dal 1492 tornarono in circolazione tutte le dommedie "varroniane". Comincia il lavoro filologico sul testo di Plauto e rinasce la passione per questo autore intesa come fatto teatrale. La commedia umanistica visse di adattamenti e libere trasformazioni dei modelli plautini: si sviluppò un teatro in latino e, nel '500, un teatro italiano.

Tra '500 e '700, la fortuna di Plauto è intrecciata con lo sviluppo del teatro comico europeo. Una figura-chiave del teatro plautino, il servo astuto, è servita come spia per disegnare l'evoluzione della commedia e dell'opera buffa.

Plauto rimase per lunghissimo tempo estraneo alla tradizione dell'insegnamento. Le ragioni di questa poca fortuna scolastica sono molteplici: lingua, stile e metrica risultano troppo difficili; l'insegnamento normativo della grammatica e dello stile latino si basava, inoltre, su altri autori; i temi e le trame delle commedie si prestavano male ad un insegnamento rivolto a fornire esempi di moralità e di serietà.

Nel '600 e nel '700, l'ondata del Classicismo propose diversi modelli di comicità e di forma teatrale. Lessing, autore teatrale tedesco del '700, recuperò nelle sue teorie estetiche i valori della comicità plautina.






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