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LE ORIGINI DELLA LETTERATURA LATINA

letteratura latina



LE ORIGINI DELLA LETTERATURA LATINA


La letteratura italiana ha inizio con la scuola siciliana mentre la letteratura latina nasce convenzionalmente nel 240 a.C., con Livio Andronico. La letteratura per nascere presuppone un utilizzo scritto (opera). Il poeta o lo scrittore scrivono non a titolo personale ma per un pubblico, ed hanno come fine una divulgazione.

La letteratura italiana è più recente di quella latina e quindi i testi sono meglio conservati. Per la letteratura latina, invece, molti testi sono andati perduti e non abbiamo la copia originale. Grazie agli amanuensi abbiamo la trascrizione di alcune opere ma un amanuense doveva avere almeno una copia del libro per poterlo trascrivere. Per libri e opere non rintracciati è stato molto utile il lavoro di autori contemporanei che hanno citato nelle loro opere frasi o pezzi di opere più antiche.

Naturalmente, più un'opera era vasta più era facile perderne dei pezzi. Storici successivi spesso però citano e quindi noi sappiamo molte versioni diverse della stessa opera: infatti ogni autore da la propria libera interpretazione.

Dal periodo dell'Umanesimo però compare una nuova figura: quella del filologo. Egli è un ricercatore che attraverso la comparati 151e49b o di vari testi risale alla copia originale. Essi con il loro lavoro giungono ad avere una edizione critica: è un'edizione dell'opera che il filologo ha analizzato e che contiene però anche la sua interpretazione.



A noi pervengono però soprattutto testi di autori che scrivevano e pensavano in linea con il Cristianesimo, poiché la cultura e la mentalità cristiana hanno permesso a questi testi di essere divulgati più facilmente, e di essere meglio conservati.

Dove non è arrivato l'uomo a scoprirli, i testi sono andati perduti anche per cause naturali.


-La data convenzionale che da inizio alla letteratura latina è il 240 a.C.(Livio Andronico).

Ci sono però state anche delle forme preletterarie che ci attestano l'uso scritto del latino anche in un periodo precedente a questa data. Ad esempio il lapis niger, una pietra nera che si trova sul pavimento del foro; si pensa che l'iscrizione su questa pietra sia di carattere religioso. La più antica iscrizione è però la Cista Ficoroni, un vaso a forma di cilindro in bronzo, trovato a Preneste nel 1738 conservato ora in un museo a Roma. Sul coperchio sta scritto: DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT/ NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECID. La traduzione è:Dindia Macolnia mi diede alla figlia;Novo Plauzio mi fece in Roma.(indica lo scopo dell'opera e l'autore).All'inizio quindi l'uso del latino scritto era legato alla vita pratica ed era conosciuto anche dal popolo.

Un falso ritrovato è stata la Fibula Prenestina che conteneva l'iscrizione Magno mi ha fatto per Numerio.


Un altro uso antico e pratico della scrittura era il calendario delle attività, che veniva ogni anno pubblicato dai massimi pontefici di Roma. Esso era compilato annotando i giorni fasti e nefasti. I fasti erano i giorni in cui si potevano svolgere attività pubbliche e i nefasti erano invece i giorni in cui non si poteva. Da un semplice elenco di giorni pian piano si aggiungono altri dettagli e il calendario diventa un'importante fonte letteraria. Ogni anno nel foro romano il pontefice massimo esponeva la tavola dealbata, in cui dichiarava le cose importanti avvenute in quell'anno e i nomi dei magistrati. In età graccana (120 a.C) queste tavole vengono raccolte anno per anno da Muzio Scevola in un unico grande volume:gli annales maximi. In questi annali è racchiusa la storia di 280 anni. Da questi annali prende vita il genere storico della letteratura latina: l'annalistica.


-Ci sono poi i commentari: appunti, ricordi e commenti. Un commentario è il diario personale di un personaggio illustre che serviva per annotare gli avvenimenti principali di un mandato. I commentari sono meno divulgativi degli annali ma più personali. Dai commentari per esempio Cesare prende spunto per scrivere il De Bello Gallico e il De Bello Civili. Anche Silla aveva scritto dei commentari per riassumere in 22 libri la sua esperienza di dittatore e la guerra civile.


-Ci sono poi i così detti carmina (dal latino carere=cantare).Il carmen non era una semplice poesia, era un componimento accompagnato dalla musica e da un ritornello. Secondo Ennio i carmina non sono da considerare perchè imitazioni dei poeti dell'antica Grecia. Nel 450-451 a.C vangono pubblicate le leggi delle XII Tavole, esposte nel Foro, opera letteraria con fine divulgativo, e pratico. (prima c'erano le leges reges). Sono considerate una delle prime trascrizioni codificate del diritto latino. Comprendono vari argomenti: crimini, matrimonio, eredità, famiglia, questioni giudiziarie ecc..


-Ci sono però numerosi tipi di carmina: quelli sacralia, quelli convivalia (recitati durante un banchetto, narravano le gesta della famiglia che aveva invitato) e poi c'erano anche carmina letti durante i riti funebri.


-Due importanti carmina rituali, sono il Saliare (da sallere=cantare, far festa danzando) e l'Arvale (da arva=campi). I Salii erano 12 sacerdoti che portavano 12 scudi tra i quali c'era anche quello che era caduto dal cielo. Avanzavano ritmicamente a 3 tempi(tripudio) e recitavano una poesia di difficile interpretazione. Questa poesia serviva per invocare la protezione degli dei su Roma. I Fratres Arvales erano invece dodici sacerdoti che uscivano nei campi ed invocavano Marte affinchè tenesse la guerra lontano dai campi che in questo modo potevano fruttare e produrre di più.


-I carmina popolari sono i versi Fescennini, pieni di sconcerie. Per alcuni l'etimologia risale da Fescennia, cittadina della bassa Etruria, mentre per altri da fascinum, che significa malocchio o membro virile.Erano comunque un componimento popolare di bassa plebe, recitati durante le feste per far divertire la gente.


-I carmina triumphalia erano canti intonati dall'esercito per portare in trionfo il comandante dopo una vittoria. Consistevano in una prima parte ufficiale in cui venivano esaltate le virtù del comandante e in una seconda parte in cui l'esercito prendeva in giro il suo comandante con battute e scherzi. Essi danno origine alla letteratur burlesca.










PERIODO STORICO INQUADRATO:

Cartagine vinta nella prima guerra punica (250 a.C) ricostruisce la sua base militare in Spagna, da dove con Annibale porta guerra all'Italia infliggendole dure sconfitte sino a quella definitiva di Canne (216 a.C). I romani si riprendono, partono per l'Africa e a Zama concludono trionfalmente le guerre puniche (202 a.C). Primeggiano in Roma come conduttori e mecenati (sostenitori della cultura) gli Scipioni: l'Africano, vincitore a Zama e mecenate di Ennio; l'Emiliano, distruttore di Cartagine e mecenate di Terenzio e Lucilio. Attorno a loro si raccolgono due generazioni di poeti che hanno come ideale la conciliazione del "mos maiorum" con la dottrina appresa dai Greci. Gli Scipioni finanziano la cultura e c'è un periodo di fusione della cultura locale con le novità. Le conquiste sul fronte orientale e occidentale portano a Roma una serie di trasformazioni: giungono uomini da tutto l'impero, e Roma esporta la propria cultura ai popoli conquistati. Con l'espansione di Roma si sviluppa un notevole squilibrio economico: da un lato nasce la classe dirigente latifondista, dall'altro rimane la plebe sempre più povera e diseredata. Il problema della plebe è uno dei più sentiti, vengono avanzate proposte di rivoluzione (Gracchi) che sembrano però pura utopia. Approfitta della situazione Mario, e costruisce il suo esercito con i proletari (coloro che prestano la loro forza fisica per produrre merce, ricevono in cambio un salario) che del servizio militare fanno il loro mezzo di sostentamento. Si afferma la dittatura militare. Connesso al problema della plebe c'è quello degli alleati italici che dopo aver aiutato i Romani nelle conquiste si vedono portare via le terre da distribuire ai veterani (soldati). Il loro sdegno sfocia nella guerra sociale (91-88 a.C) in cui si fa largo la figura di Silla. Con lui si apre un periodo di dittature che caratterizzerà il I secolo a.C: è un secolo di passaggio determinato dalle figure di Cesare e Cicerone e dall'ideale classico della grandezza di Atene.


TEATRO ROMANO ARCAICO


La cultura greca è il punto di riferimento di quella latina. Tutti i generi latini hanno quindi derivazione greca. Il principale genere comico, la commedia era definita palliata, dal pallio che era il tipico indumento dei Greci. Essa per i Romani diventerà la togata, il pallio quindi sostituito dalla toga. Il principale genere tragico era invece la cothurnata, dai coturni, altissimi calzari indossati dagli attori greci. Essa verrà sostituita dalla praetexta, dall'abbigliamento dei magistrati romani. A Roma ci sono stati più attori di commedie e meno di tragedie poiché il teatro era vissuto come un momento di piacere e svago, un momento di pausa e non per andare a riflettere o a meditare. Anche i termini utilizzati sono tutti di origine greca o etrusca. Le commedie e le tragedie romane trattano di avvenimenti di storia romana. Gli spettacoli teatrali erano presentati e messi in scena durante feste religiose, ma all'interno delle loro trame non ritroviamo motivi di questo genere o sensibilità religiosa. La più antica ricorrenza teatrale è quella legata alla celebrazione dei ludi, un insieme di gare, lotte fra gladiatori, spettacoli e divertimenti. C'erano diversi tipi di ludi:

i ludi Romani, dedicati a Giove Ottimo Massimo ( fu a questi ludi che nel 240 Livio Andronico mise in scena il primo testo drammatico);

i ludi Megalenses, celebrati in onore della Magna Mater; i ludi Apollinares;

i ludi plebeii dedicati a Giove Ottimo Massimo.

Ad organizzare i ludi erano i magistrati in carica

Nel 207 fu fondata la confraternita degli autori e degli attori, finalmente la società riconosce il ruolo di queste persone e le riconosce in quanto detentrici della cultura.

LIVIO ANDRONICO


Non ne sappiamo la data di nascita e la data di morte. Per certo sappiamo soltanto che giunse a Roma nel 272 a.C alla fine della guerra tra Roma e Taranto, al seguito di Livio Salinatore di cui fu liberto e dal quale avrebbe tratto il titolo Livio. A Roma era un professore di latino e greco e inoltre scriveva tragedie e commedie e partecipava anche come attore alla messa in scena di quest'ultime. Nel 240 ai ludi un suo testo drammatico fu il primo ad essere rappresentato a Roma. Tuttavia la sua opera più importante da quello che noi sappiamo è la traduzione fatta in saturni dell'Odissea di Omero il cui titolo latino era Odusia; dell'Odusia abbiamo soltanto 36 frammenti. Nel 207 gli fu commissionato un partenio (canto di fanciulle)in onore di Giunone, che era destinato ad essere eseguito durante le cerimonie religiose. Grazie a questo scritto, l'associazione personale di Livio, il collegium scribarum histriorumque venne insediato in un edificio pubblico sull'Aventino e venne riconosciuto.


Delle opere di Livio è rimasto molto poco. Le sue tragedie erano legate al ciclo della guerra di Troia: ci sono pervenute l'Aiax mastigophorus, l'Achilles, l'Equos Troianus e L'Aegisthus.

Per quanto riguarda le commedie abbiamo con sicurezza soltanto un titolo: Il Gladiolus, che doveva parlare di un soldato fanfarone (gradasso).


L'Odusia era una traduzione dell'Odissea di Omero in lingua latina e in metro italico (saturnio). Questa traduzione aveva finalità letterarie ma anche culturali. Livio traducendo il testo greco, rendeva disponibile un testo fondamentale ai Romani, anche se naturalmente gli aristocratici sapevano leggere già il greco e quindi Omero. L'Odusia fu un importante testo scolastico, da Orazio sappiamo infatti che gli studenti del I secolo a.C studiavano ancora su questo difficile testo. La traduzione che Livio fece dell'Odissea fu artistica: egli costruì un testo che stava accanto all'originale e da un lato doveva essere considerato come una nuova opera, mentre dall'altro doveva conservare i contenuti e le qualità dell'originale. Ad esempio Livio trasforma il testo originale tutte le volte che un concetto o la presentazione di un personaggio risulterebbero inaccettabili per la mentalità romana di quel tempo.


GNEO NEVIO


Era un cittadino romano di origine campana: combatté contro Cartagine durante la Prima Guerra Punica (264-241 a.C), probabilmente durante gli ultimi anni del conflitto. Secondo alcuni sarebbe nato nel 280 a.C e morto nel 204, mentre secondo altri sarebbe nato attorno al 260 a.C e morto nel 201. Non era però aristocratico e sembra che avesse avuto duri scontri con la nobiltà e soprattutto con la famiglia dei Metelli. Alla notizia dell'elezione al consolato dei Metelli egli scrisse : Fato Metelli Romae fiunt consules, ovvero Per la rovina di Roma, i Metelli sono fatti consoli. La risposta, data dai Metelli fu: Malum dabunt Metelli Naevio poetae, ovvero La mala sorte daranno i Metelli al poeta Nevio.

Nevio fu imprigionato a Roma dove scrisse due commedie nelle quali si scusava delle offese arrecate. Fu liberato grazie all'intervento dei tribuni della plebe e ciò mostra come il popolo lo considerasse parte di sé, tanto da fare intervenire i propri rappresentanti. Fu però mandato in esilio e morì infatti a Utica.



Scrisse un poema epico, il Bellum Poenicum, dedicato appunto alla narrazione della Prima Guerra Punica. Il poema è scritto secondo il verso della tradizione religiosa romana, il saturnio, era lungo circa 4000/5000 versi ma noi ne abbiamo soltanto 60. Come tema era un tema storico molto recente, ma Nevio non si limitava soltanto a trattare il susseguirsi di questa guerra: infatti all'inizio dell'opera con un salto cronologico parlava delle origini leggendarie di Roma e dell'arrivo in Lazio di Enea.

In questo racconto delle origini di Roma Nevio diede notevole spazio agli dei, ma non gli affidò soltanto l'importanza enorme che avevano anche in Omero, l'apparato divino assunse anche una missione storica, infatti decretava con conflitti grandiosi la fondazione di Roma.

Nevio era un profondo conoscitore della poesia greca: la Campania, era zona di cultura e lingua ellenica. Nevio in certi casi con inventiva supera ad esempio la ricchezza lessicale che c'è in Omero.

Un'altra caratteristica del Bellum Poenicum che ci riporta alla tradizione poetica latina arcaica è l'importanza rivestita dalle figure di suono (allitterazioni, assonanze, rime) che sono la struttura portante del verso.

La produzione teatrale di Nevio secondo le testimonianze degli antichi doveva essere molto numerosa; Scrisse tragedie romane (praetexte): il Romulus (trattava la drammatica storia della fondazione di Roma) e il Clastidium (celebrazione della vittoria di Casteggio ottenuta dal console Marco Claudio Marcello avvenuta nel 222 a.C contro i Galli). Fra le sue tragedie mitologiche, le più tante legate ancora al ciclo di Troia segnaliamo il Lycurgus (re trace che volle reprimere il culto di Dioniso), che tratta di un argomento che si connette alla diffusione in Roma del culto di Dioniso, che verrà soppresso con il Senatus consultum de Bacchanalibus del 186 a.C.

Più importante è la sua produzione comica: secondo l'elenco dei 10 migliori commeediografi latini redatto da Sedigito, Nevio comico era al livello di Plauto. Scrisse la Tarentilla (ragazza di Taranto). La sua opera teatrale conteneva anche attacchi personali contro avversari politici e rispecchiava il suo amore per la libertà.




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