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CARMINA

letteratura latina



CARMINA


I carmina antiqua sono la prima manifestazione letteraria romana. Rappresentano l'immediata, istintiva espressione della poesia popolare, una poesia fresca, non mediata ancora dalla cultura che si caratterizza per sentenze, proverbi, per precettistica morale e agreste. Altri caratteri sono la religiosità popolare legata alla vita rurale, sono preghiere magiche che i contadini rivolgevano agli dei per ricevere favori; sono inni liturgici, esaltazioni di eroi o celebrazioni di defunti. Sono infine sentenze giuridiche. In questa originaria poesia popolare si incarn 919f51j a l'anima primitiva del popolo romano. Il metro utilizzato è il saturnio, l'antico metro italico, il cui termine deriva da saturnia tellus, detto anche faunio perché le prime divinità adorate dai romani erano legate alla vita dei campi e faunio era il più importante. Il saturni è un metro non di tipo quantitativo come la metrica classica latina, ma è di tipo accentuativo, cioè si basa sulla successione di sillabe toniche e atone. Questo perché la natura quantistica è frutto di cultura, che ancora non c'era a Roma e per questo la metrica colta, quella cioè quantitativa, arriverà a Roma più tardi con Ennio. La metrica colta è quella che arriva dalla Grecia, come l'esametro. Con l'imbarbarirsi dell'impero avremo l'imbarbarimento della lingua latina e la lingua avrà un carattere non più quantitativo ma accentuativo, da cui deriveranno le lingue romanze.

La poesia religiosa rispecchia la devozione del primitivo popolo italico agli dei legati alla vita campestre e sono canti ed inni religiosi lustrali con cui si richiedeva la purezza dei campi e l'aiuto degli dei. Erano quindi delle primitive forme di preghiere molto vicine a formule magiche perché i romani vedevano le divinità in ogni momento della loro giornata. Fanno parte della poesia religiosa i carmen arvale e sariale. Essi consistevano in canti guerreschi dei Salii, 12 sacerdoti di Marte, i quali a passo di danza eseguivano processioni che si ripetevano ogni anno in onore del dio Marte per le vie di Roma, in città. L'etimo della parola sariale è salio, che vuol dire danza. A questo antichissimo collegio sacerdotale la tradizione vuole che Numa Pompilio avesse affidato la custodia dei dodici ancilia, ovvero dodici scudi sacri di cui uno si credeva fosse caduto dal cielo, cosa che stava a simboleggiare la garanzia della futura ed eterna grandezza di Roma. I carmen arvale invece erano anch'essi dei canti sacri, anch'essi accompagnati dalla danza ma venivano effettuati non attraverso le vie della città, ma nelle campagne, nei sentieri chiamati appunto arva. I frates Arvales erano anch'essi dodici e ad essi era affidato l'antichissimo e solenne rito di purificazione dei campi. Anche questi canti venivano effettuati annualmente e le preghiere venivano innalzate alla dea Cerere.



Altro gruppo è quello della poesia celebrativa. Abbiamo le nenie, gli elogia e la laudatio funebris. Nenie e laudatio funebris sono delle lamentazioni per i defunti che venivano svolte in occasione della morte di qualche illustre personaggio e tanto più queste lamentazioni erano esagerate, tanto più voleva dire che il defunto era stato illustre; venivano recitate da una prefica, una donna che veniva pagata per cantare le lodi di questo illustre personaggio. Inizialmente le nenie erano un intima, personale espressione di pietà familiare verso il defunto. Solo più tardi si trasformerà in una vera e propria lamentazione funebre con determinate regole, nel senso che le lamentazioni iniziavano a casa del defunto, continuavano lungo la strada tra pianti, grida, e si arrivò a tale sfrenatezza tanto da richiedere la sanzione di una delle dodici tavole, prima legislazione giuridica romana. Gli elogia sono delle iscrizioni  funebri, sepolcrali, che dovevano tramandare ai posteri la memoria dei defunti. Erano per lo più in verso saturnio e molto probabilmente anche qui si era preso spunto dal mondo greco. Abbiamo importanti iscrizioni della famiglia degli Scipioni, in particolare di Scipione Emiliano, del quale vengono scolpite le qualità morali ma anche politiche e militari. Descrivere di un illustre uomo le qualità morali, politiche e militari, rappresentano i cardini del concetto di humanitas, concetto tutto romano, tipico del circolo degli Scipioni. È un concetto inerente ad una sorta di superiorità di spirito, di elevatezza morale, nobiltà d'animo, affinamento spirituale che è un fatto di cultura. I carmina convivaria erano canti con cui si accompagnavano i banchetti ed erano accompagnati da strumenti musicali. Erano canti eroici, di imprese epiche gloriose, destinate a consacrare la grandezza degli antenati. Nei carmina convivaria si cantavano le gesta di antenati del personaggio che riceveva a casa. Ciò lo ritroveremo nelle corti umanistico-rinascimentali quando i signori accoglievano presso la loro corte i poeti; durante i banchetti essi celebravano la grandezza della stirpe del signore, dei suoi antenati e del signore stesso. Trattandosi di gesta, di epica, essi rappresentano il primo nucleo dell'epos nazionale perché questi carmina da gentilizi divennero nazionali, ovvero da gesta legate ad una famiglia nobile diventeranno epica nazionale, di Roma intera, celebrazione dei grandi eroi romani, lodi delle antiche virtù che resero grande Roma; diventerà celebrazione lirica della patria. I carmina triumphalia erano dei canti legati ai trionfi del generale vittorioso dopo una guerra. Erano delle improvvisazioni soldatesche, una sorta di botta e risposta che prevedeva sia le lodi che il motteggio. Era addirittura a versi alterni. In essi appare evidente lo spirito romano, spirito motteggiatore, predisposto alla satira. Nei carmina triumphalia si riversa quella che è la romanità dello spirito, cioè l'italum acetum. Il motteggio arrivava spesso a sfoghi di rancore personale, all'offesa vera e propria. Tuttavia in questi carmina c'era un profondo substrato etico, avevano un valore apotropaico perché si tendeva a moderare il trionfatore per allontanare da lui l'invidia degli dei, si evitava che il condottiero vittorioso si inorgoglisse troppo.








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