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Frate Cipolla ( dal Decameron, VI, 10)

letteratura italiana



Frate Cipolla ( dal Decameron, VI, 10)


Frate Cipolla abitava in un convento di frati dell'ordine di San'Antonio di Certaldo, un borgo intorno al castello di Valdelsa, tra Firenze e Siena. Questo piccolo borgo, era abitato da nobili e uomini agiati, e ogni anno Frate Cipolla faceva avanti e indietro per raccogliere le laute offerte e le elemosine dei contadini per il convento. Era un uomo di bassa statura, dai capelli rossi, molto gioviale e scherzoso,un vero amante delle allegre compagnie e anche se 737j93h non era istruito, era un ottimo oratore e molto stimato da tutti i suoi conoscenti. Nel mese di agosto, com'era sua usanza, durante una Messa nella chiesa parrocchiale, chiese ai fedeli di ricordarsi delle donazioni alla Chiesa, ovviamente ognuno nelle misura che poteva permettersi, e a chi portava generose elemosine, gli avrebbe mostrato una reliquia prestigiosa: una penna delle ali dell'arcangelo Gabriele. Mentre Frate Cipolla predicava, tra i fedeli erano presenti Giovanni e Biagio, due compagni di brigata del frate che decisero di beffarlo, rubandogli la reliquia ,avendo saputo che la mattina seguente il frate sarebbe partito dal borgo. Biagio avrebbe dovuto intrattenere il servitore e Giovanni avrebbe invece rubato la piuma, ovunque essa fosse nascosta, per poi vedere cosa avrebbe detto il frate ai fedeli, senza avere la reliquia. Il fante del frate, Guccio, che aveva anche altri soprannomi, che stavano a sottolineare la sua sporcizia, libidine e pesantezza, era una persona cattiva e molto inetta, le cui caratteristiche ( tardo, sudicio, bugiardo; negligente,disubbidiente , maldicente; trascurato , smemorato e scostumato) avrebbero rovinato le virtù di uomini importanti del passato.Egli pensava di essere un uomo piacente, a tal punto da pensare che tutte le donne si innamorassero solo vedendolo, per questo motivo corteggiava tutte le donne. Così Frate Cipolla, arrivato in albergo,aveva detto a Guccio di non toccare anzi,di sorvegliare le sue cose, specialmente le bisacce contenenti oggetti sacri. Ma Guccio Imbratta aveva preferito andare nelle cucine dell'albergo nella ricerca di qualche serva. Alla visione di Nuta, una donna grassa, grossa, piccola e malfatta, molto prosperosa, sudata, unta e affumicata, Guccio vi si gettò come un avvoltoio su una carogna, lasciando la camera del frate incustodita. Mentre corteggiava Nuta, riempiendole le orecchie di parole e complimenti, i due amici del frate, arrivavano in albergo e trovavano, Guccio Porco impegnato nel corteggiamento, allora si intrufolarono con facilità nella camera del frate e cercando, trovarono, fasciata, una piuma di pappagallo, subito pensarono si trattasse dell'importante reliquia da mostrare ai certaldesi, e la scambiarono con dei pezzi di carbone. I fedeli del paese, sparsa la voce della reliquia, si avviarono tutti verso il castello tanto da starci a mala pena. Il frate sentendo la moltitudine di persone, che era accorsa per vedere la reliquia, mandò a chiamare Guccio Imbratta per fargli portare le sue bisacce. Guccio, dopo aver portato le bisacce al frate, andò a suonare le campane per l'esposizione delle reliquie. Il frate non accorgendosi che le bisacce erano state toccate, iniziò la predica e con enfasi fece accendere due grossi ceri. Quando aprì la cassetta che doveva contenere la penna, e vide i pezzi di carbone, non dubitò di Guccio Imbratta poichè non lo riteneva capace di tanto. Alzò le mani al cielo ringraziando Dio e iniziò a inventare qualcosa per ingannare i fedeli. Disse che aveva girato per vari paesi e città d'Italia, facendo credere di essere arrivato fino in paesi esotici e di aver visto diverse situazioni e tipi di persone. Fino ad arrivare a Gerusalemme, dove Sant'Antonio gli fece vedere svariate reliquie, di cui ne citò alcune, tra cui un dito delle Spirito Santo. Per ringraziarlo della sua compagnia gliene diede alcune, oltre alla piuma dell'angelo Gabriele, gli diede il suono delle campane del tempio di Salomone a Gerusalemme racchiuso in un' ampolla, e dei carboni, con il quale era stato bruciato e fatto martire San Lorenzo. Benchè egli avesse da tempo queste reliquie, il suo superiore, l'abate, non gli aveva mai permesso di mostrarle, poichè non si era certi della loro autenticità, ma quel giorno decise lo stesso di farlo perchè ad esse erano state attribuite dei miracoli. Disse infine che poichè le cassette, contenenti una la piuma e l'altra i carboni erano simili, per questo motivo le aveva scambiate, portando con sè i carboni, visto che quello era il volere di Dio, infatti due giorni dopo sarebbe stato San Lorenzo. Cantò insieme ai fedeli una lode a San Lorenzo e poi mostrò i carboni, dicendo che, chiunque li avesse toccati, sarebbe stato immune da scottature per un anno. La moltitudine di fedeli si avvicinò con ammirazione verso il frate, facendo offerte sempre più alte per poter toccare la reliquia.Il frate iniziò così a segnare croci sulle fronti dei fedeli, affermando che tanto poi, i santi carboni si sarebbero ricostituiti nella cassetta. Giovanni e Biagio, che erano anch'essi ad ascoltare la predica, rimasero stupefatti dall'astuzia con la quale Frate Cipolla era riuscito ad ingannare i certaldesi e gli restituirono la piuma. Andarono poi a festeggiare insieme al resto del paese e l'anno seguente la piuma gli procurò non meno delle stesse offerte dei carboni.








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