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3° MODULO

letteratura inglese



3° MODULO


Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la GB, seppur vincitrice, è un paese in ginocchio dal punto di vista economico con una capitale semi-distrutta (la cittadina di Coventry era stata completamente rasa al suolo, da cui il verbo coventrizzare). R. WINDER, nel capitolo intitolato "Empire comes home" in Bloody foreigners (2004), parla di come la GB abbia bisogno di manodopera, soprattutto straniera, tanto da poter offrire un milione di posti di lavoro: così, tra la fine degli anni '40 e i primi anni '50 arrivano circa 345 mila persone dal vecchio continente, in larghissima parte maschi, in cerca di lavoro (tra i quali 350 Italiani per l'impiego in agricoltura, industria, miniere, edilizia). Il soggiorno degli immigrati in GB, salvo rari casi, è temporaneo.


Il 1948 è, perciò, l'anno che vede la nascita della multietnicità in GB, anche per due fatti: l'approvazione del Nationality Act, che dà a tutti i sudditi dell'Impero il diritto di entrare liberamente nel Regno Unito (seppure non siano ancora molti coloro che vi giungano, e i lavoratori vengano arruolati anche tramite degli emissari, specie nei Paesi sconfitti e tra i prigionieri di guerra); l'approdo il 232b15c 22 giugno a Londra di una nave carica di uomini dalla Jamaica, che tentavano l'avventura dell'emigrazione grazie anche al prezzo lancio dei biglietti, che furono venduti in 3 giorni. Un approdo spesso rievocato nei romanzi, e che scatenò polemiche e dibattiti tali in Parlamento da far esclamare a un ministro "Queste persone hanno il passaporto britannico, quindi hanno il permesso di soggiorno, ma essendo caraibici , non resisteranno un inverno". Gli uomini della nave trovano subito lavoro e le loro dimore vengono fissate nel quartiere di Brixton, un'ex base militare per la detenzione temporanea di prigionieri. In seguito giungeranno altre navi dai Caraibi, ma senza il prezzo lancio iniziale.



Hanno inizio, in questo stesso periodo, le prime manifestazioni razziste (il divieto di acceso per le persone di colore a pub e negozi, nonché gli incidenti di Liverpool nel '48 e di Detford nel '49).


L'immigrazione diviene un fenomeno di massa negli anni '50, quando 250 mila persone (ben più di oggi!), tra le quali Indiani, Pakistani, Africani, altri Caraibici, abitanti di Hong Kong, arrivano a Londra. L'emigrazione in questo caso, quindi, interessa anche non-europei. Il Governo tenta di disperdere gli immigrati sul territorio, progetto irrealizzabile tecnicamente e per l'abitudine delle comunità a raggrupparsi. L'altra forma di razzismo è rappresentata dai sindacati, che minacciano di scendere in sciopero quando, nel 1956 (l'anno della Guerra di Suez), la Società dei Trasporti (London Transport) attua una campagna privata per assumere autisti di colore (nello spot c'era una conducente d'autobus di colore); persino il Segretario Generale dell'Organizzazione Sindacale (Trade Union Congress) esclama: "Non possiamo permettere che queste persone entrino senza precauzioni e definitivamente in GB", mentre il responsabile sindacale del lavoro e dell'agricoltura rincara la dose sordidamente: "Noi naturalmente apprezziamo queste persone come esseri umani, ma è evidente che il portare lavoro di colore sia destinato a finire". Questa può essere la causa della battuta di Ghandi alla domanda cosa ne pensasse della civiltà inglese: "Penso che sarebbe una buona idea!".


Nonostante il costo della traversata resti alto verso la GB, il numero degli immigrati comincia paradossalmente ad aumentare: 20 mila in media ogni anno solo dai Caraibi. Gli Indiani, invece, erano poche centinaia, meno degli Italiani, ancora nel '49: sono i rampolli delle famiglie indiane più abbienti mandati a studiare. Arrivano in modo più massiccio negli anni '50, 50-60 mila all'anno, per sfuggire alla conflittualità politica tra Pakistan e India e all'interno della stessa India: prima dell'indipendenza di quest'ultima nel '47, infatti, l'amministrazione coloniale era riuscita a tenere insieme con la forza della legge e della repressione le diverse etnie, religioni e lingue (Ghandie e il figlio Rashid vengono uccisi da fondamentalisti religiosi). Anche le famiglie miste (civil servants e indiane) fuggono.

Un'indagine di Robert Devison agli inizi degli anni '60 rivela la differenza tra Caraibici e Indiani nel sentirsi britannici: l'87% dei Caraibici si sentiva britannico ancora prima di arrivare in GB, mentre il restante 13% sarebbe stato contento se i figli si fossero sentiti britannici; rispettivamente, tra gli Indiani le cifre sono del 2% e del 5%. Queste percentuali dimostrano che i problemi di adattamento degli immigrati in GB erano tutti fantasie dei politici e che esisteva un paradosso d'integrazione: si sentivano più britannici coloro che erano più scoraggiati ad esserlo, mentre le comunità più coese e con miglior successo nel gestire i propri affari si trovavano meglio ad affrontare le avversità della società.



Tuttavia, secondo Winder, alcuni immigrati scivolano totalmente inosservati nella comunità britannica, tra i quali, per esempio, Charles Saatchi, di origine iraniana, ebreo, arrivato all'età di 4 anni con la famiglia a Londra e che, dopo la carriera condivisa con il fratello, diviene padrone di una società pubblicitaria, stratega nelle campagne elettorali dei Conservatori, nonché proprietario di una galleria d'arte londinese ed importatore di opere d'arte dall'Europa.

Nel 1958, secondo i dati forniti dal Ministero degli Interni, gli immigrati provenienti dal Commonwealth (l'Organizzazione che riunisce le ex colonie, che fanno riferimento alla GB) che vivono e lavorano in GB, ammontano a 210 mila; l'80% sono maschi che vi vengono solo per studiare o lavorare, non per stabilrvisi in modo definitivo. Quasi la metà proviene dalle Indie Occidentali, 50 mila dal Pakistan, 25 mila Africani, 15 mila Ciprioti, e risiedeono soprattutto a Londra, Birmingham, Manchester e Litch.

Per la prima volta il problema del razzismo si presenta in maniera così massiccia, tanto da diventare, d'ora in avanti, un chiodo fisso. L'estrema destra scatena una campagna politica e poi di aggressione fisica contro le persone di colore (la Notting Hill nel '58 di McInness) con il motto "Manteniamo bianca la GB", l'indifferenza altrui e l'aiuto della polizia. Wilder cita le parole del giudice nel processo tenutosi l'estate del '58 contro 4 esponenti del neo-fascismo GB che avevano attaccato alcuni Jamaicani: "Voi avete riempito il paese di orrore, indignazione e disgusto. Ciascuno, a prescindere dal colore della pelle, può camminare a testa alta per le strade". Parole nobili ma che non rispecchiano il reale stato d'animo del paese. Anche la Sinistra è ostile all'immigrazione di colore. Il ministro conservatore McMillan condanna il razzismo, aggiungendo però che esso è un problema causato dall'immigrazione: se non ci fossero i neri, in breve, non ci sarebbero neanche questi disordini; McMillan appare, perciò, giustificare le aggressioni. Nel '59 avviene il primo omicidio a stampo razzista: un caraibico viene ucciso perché caraibico; al suo funerale partecipano molti Caraibici, la prima manifestazione di massa di questa comunità.

Sulla scia delle parole di McMillan, si comincia a parlare di leggi che regolino i flussi migratori, definite sì "una triste necessità", ma indispensabili per frenare la marea di immigrati (in realtà bell'e che immaginaria nei fatti!). Il fenomeno dell'immigrazione viene enfatizzato e problematizzato dalla politica. Per Wilder stesso è un falso problema, di natura politica, non demografica (la percentuale di immigrati è bassa rispetto alla popolazione totale, non ragginge neanche i 300 mila). Dal 1 luglio 1962, con l'approvazione della legge che regolamenti severamente l'immigrazione (Immigration Act), quasi la metà di tutte le persone già arrivate, approda in poco più di un anno prima che sia troppo tardi. Questa politica "a porte chiuse" fa sì che cambi il tipo di immigrazione, non più uomini in cerca di lavoro temporaneo per mantenere la famiglia lontana, ma interi nuclei famigliari e comunità che si stabiliscono definitivamente nel Paese, si passa da un flusso a entrata-uscita a un flusso a senso unico. La legge ha provocato ciò che la GB temeva di più: l'insediamento permanente degli immigrati. Dal '62, il paese non sarebbe stato più lo stesso. La limitazione del numero di immigrati è il punto d'accordo tra conservatori e laburisti e che porterà questi ultimi al potere con Wilson. La legge del ''68 introduce diversi livelli di nazionalità, che seguono il principio secondo per cui il livello di cittadinanza varia a seconda di dove si arriva: una persona vale più o meno a seconda della provenienza, in poche parole. La piena cittadinanza era disponibile solo per coloro che avevano un genitore o i nonni nati, adottati o naturalizzati in GB: così si favorivano prevalentemente i bianchi. Wilder dice: "UK diventa ufficialmente una famiglia, una tribù, e la politica dell'immigrazione il motore dell'unità nazionale e identitaria del Paese": i britannici si uniscono e consolidano la propria identità nazionale per distinguersi  dagli immigrati.

Nonostante le restrizioni, negli anni '60 l'immigrazione tende ad aumentare: come oggi in Italia, ad ogni nuovo annuncio di sbarchi, la quantità di immigrati aumenta.

Negli anni '70 il Governo del Kenya espelle dal paese una parte numericamente consistente, seppur non altissima, di cittadini provenienti dall'Asia; pur essendo, almeno teoricamente cittadini inglesi, provvisti del passaporto britannico, la legge non permette loro di andare in GB, pena l'essere respinti alla frontiera.

Nel '71 il Governo guidato dai Conservatori introduce ulteriori modifiche alla legge del '68.


Lo stile di vita degli immigrati cambia, anche se non in tutte le comunità: quelle indiana e musulmana non desiderano l'integrazione, rimangono gruppi chiusi e, anzi, con il loro lavoro cambiano alcune abitudini degli Inglesi (gestiscono piccole attività commerciali in negozi a gestione famigliare, dove si vende un po' di tutto dalle 6 alle 24, o nella ristorazione, aumentata in 15 anni di 1000 ristoranti, tanto che il piatto indiano denominato chickentick diventa il più venduto e consumato in GB). È il fenomeno della cosiddetta creolizzazione della cucina, in cui la cucina di un paese si adatta ai gusti del continente in cui si è insediata; un esempio della multiculturalità e dei rapporti di influenza reciproca tra le comunità all'interno di una società. I piatti etnici vengono consumati da tutti, non solo dalla comunità in cui nascono (nei supermercati londinesi si trovano prodotti e pietanze di tutte le nazionalità). Anche Caraibici e Asiatici ottengono il successo economico in pochi anni.

Nonostante la chiusura e il razzismo, la popolazione inglese si apre lentamente e in maniera salda agli immigrati. Alcuni quartieri si riqualificano: è il caso degli stand di Londra, la zona a est della City, a nord del Tamigi, dove si stabilirono gli immigrati, specie i più poveri (gli Ugonotti espulsi dalla Francia, gli Irlandesi in cerca di lavoro a Londra), zona di fabbriche e case a basso costo nell'800 (lo scrittore americano J. London, per documentarsi sulla vita della working class protagonista dei suoi romanzi, rivolgendosi all'Agenzia di Viaggi "Thomas Cook" per informazioni sugli stand, ottenne questa risposta da un addetto: "Non sappiamo niente di quel posto, i turisti non chiedono di esso e noi non ce li portiamo". Anche G. Orwell parlerà della vita quotidiana negli stand nei suoi articoli di reportage e romanzi) con l'aumento esponenziale della popolazione, si è arricchita e ristrutturata (una sua parte venne rinominata Banglatown, tanti i Bangladesi che vi vivevano). Gli insediamenti indiani non furono spostati dagli stand come avvenne a Notting Hill.

A dispetto del tentativo fallito di disperdere gli immigrati sul territorio, c'è proprio una comunità che si comporta in questo modo, quella cinese, che si diffonde in tutta la GB senza creare nessun tipo di tensione razziale. Si occupa prevalentemente di ristorazione con orari di 14 ore in ogni quartiere: il ricettario cinese ottiene un buon successo commerciale (anche se i cibi serviti sono una rielborazione occidentalizzata della cucina originale, non sono veramente cinesi) e i ristoranti si moltiplicano (oltre 4000 soltanto a Londra).

Il totale di immigrati in GB dal secondo dopoguerra agli anni '70 è di circa 1 milione, solo l'1% della popolazione complessiva. Negli anni '70 il tema dell'immigrazione continua, e viene presentato ancora come un problema dai conservatori. Si ricordino le parole pronunciate dal parlamentare E. Powell durante una conferenza stampa, nella difesa dell'economia e identità GB contro gli immigrati: "Se vedo il futuro, come quel famoso Romano, mi sento pervadere da sinistri pressagi e vedo il Tevere spumeggiare di sangue", e quello della campagna elettorale del '69: "Se vuoi un nero come vicino di casa, vota laburista!". Con Margaret Thatcher al potere, la protesta dei conservatori aumenta, mentre un sondaggio rivela che, se all'inizio degli anni '70 solo il 9% degli Inglesi, a dispetto dell'opinione dei politici, auspicava un freno all'arrivo degli immigrati, 10 anni più tardi la percentuale si impennava del 35%.


Nel saggio Il segno dell'arcobaleno, postfazione a My beautiful Laundrette (1985), primo della raccolta di saggi Otto braccia per abbracciarti (1996), H. KUREISHI scrive della sua infanzia tra le reazioni al discorso di Powell e della sua difficoltà ad accettare la propria parte pakistana e a ritrovarla tra i parenti in India, nelle immagini stereotipate dei Pakistani nella loro terra di origine con le quali viene ridicolizzato dagli insegnanti. Così come ridicolizzati sono i Pakistani alla televisione, nella politica e per la strada;  definiti da Powell, insieme agli altri milioni (nella realtà poche decine) di euroasiatici, degli "sbandati", quando invece, sono i bianchi a renderli tali; descritti in modo tale da giustificare qualsiasi maltrattamento nei loro confronti. I conservatori vogliono rimandare a casa Pakistani e co; ma a "casa dove?", i figli di matrimoni misti non sanno dove cercare la propria identità. Di conseguenza, Kureishi matura il rifiuto della propria parte pakistana, il non sopportare di essere "sé stessi", di essere pakistani, pur sapendo che, sia tra gli Inglesi, sia nel Pakistan, non verrebbe accettato né come inglese in entrambi, né come pakistano nella sua terra di provenienza. Terra che scoprirà, in un viaggio alla ricerca delle proprie radici famigliari e culturali, e descritto nel secondo capitolo del saggio Pakistan, essere sodomizzato dalla religione, dal contrabbando di alcolici e dalla politica filo-araba del dittatore Tziah (che obbliga i sudditi a parlare una lingua che non conoscono, l'arabo, per ottenere l'amicizia degli sceicchi del Golfo). Kureishi rifiuta il Pakistan soprattutto a causa del fondamentalismo religioso; Nel romanzo autobiografico, My son the fanatic, dalla raccolata di novelle Love in a blue time (1996), parlerà del figlio divenuto fondamentalista, nonostante appartenesse alla seconda generazione in GB della famiglia.

Secondo Kureishi, c'è stato un profondo cambiamento nella sostanza della società GB operato dai GB bianchi, e l'odio e la violenza contro le persone di colore da parte dello Stato ne sono conseguenza. È più complicato essere britannici rispetto a un tempo.


Con la Thatcher, nell'81 l'Immigration Act subisce ulteriori restrizioni, con l'introduzioni di 3 livelli di nazionalità per coloro che entrano in GB: piena, dei territori dipendenti dalla GB, d'oltremare, ognuno con duversi diritti. Si capisce che solo chi possiede la piena cittadinanza gode di pieni diritti.


L'8 giugno 1989, l'opera Satanic verses di Rushdie viene messo sotto accusa dagli oltranzisti musulmani inglesi (senza neppure essere letto a volte), e l'ayatollah Khomeini procura all'autore una fatwa, una condanna a morte: chiunque può ucciderlo a vista e ottenere i soldi della taglia. Rushdie è così costretto a vivere clandestinamente sotto la protezione dei Servizi Segreti. Questo episodio mostra l'emergere preoccupante del fondamentalismo in GB (le copie del libro vengono bruciate, le librerie dove è venduto assalite, e fantocci di Rushdie vengono impiccati). Questi fatti sono il focolaio degli attentati del luglio 2005.



Nel corso degli anni '90 cominciano a cambiare le norme del diritto di cittadinanza e d'asilo: vi è un processo di restrizione progressiva dei richiedenti asilo, che in gran parte, tuttavia, si rivela una perdita in termini economici per la competitività GB. Vi è infatti compresa una percentuale elevata di persone con titoli di studio qualificati; quando la GB ha necessità di professionalità in alcuni settori, lo Stato spende in un certo numero di anni per la formazione di alcune figure professionali, mentre si spreca il talento già formato all'estero: i richiedenti asilo hanno titoli di studio, sono fuggiti da guerre, miseria, rivoluzioni, esperienze geo-politiche turbolente.


Le indagini dimostrano che gli inglesi sono convinti che sul loro territorio il livello di immigrazione superi il 20% della popolazione, che ce ne siano troppi (cifra che non esiste in nessun Paese europeo). C'è maggior concentrazione a Londra e nelle zone limitrofe. C'è una percezione errata del numero di immigrati (scoppia una campagna allarmistica su una presunta invasione di centinaia di migliaia di immigrati dall'Europa dell'Est in cerca di lavoro, richiedente in massa sussidi di disoccupazione con grave danno per la collettività. I dati ufficiali, però, smentiscono l'invasione strombazzata dai media). È un allarmismo di carattere sociale. Il 30% della popolazione nata al di fuori della GB e risiedente in GB ha una qualificazione superiore a quella degli inglesi. Secondo le cifre diffuse dal Ministero del Tesoro la popolazione immigrata versa più tasse di quanto non riceva benefici sociali. (L'ultima proposta di regolazione degli ingressi prevedeva, come in Canada e Australia, una "valutazione a punti" delle caratteristiche della persona sulla base della qualificazione professionale: un laureato aveva così più possibilità di entrare in GB di quelli a bassa qualifica, i quali, dopo un paio d'anni, vengono rispediti a casa e ricevono una parte del loro stiendio, versata in un conto vincolato o nel Paese di provenienza, solo una volta scaduto il contratto e ritornati in patria).


Le cifre dell'ultimo censimento, effettuato nel 2001, riporta che circa l'8% della popolazione si definisce una minoranza etnica, poco meno della metà proviene dall'estero, mentre il restante è nato in GB; il gruppo etnico più numeroso (1 milione e oltre di persone) viene dall'India e dal Pakistan. La maggior parte risiede nel sud-est della GB, mentre meno del 2% in Scozia e Galles, e lo 0,7% nell'Irlanda del Nord.


Il tema dell'identità diviene così un tema spinoso, poiché l'englishness o britishness è una specie di Giano Bifronte: può essere una caricatura dei mutamenti di un popolo, o un pericoloso meccanismo di difesa. Nonostante i problemi, Winder è moderatemente ottimista: la varietà e la mescolanza di culture è una caratteristica della GB (anche se i reati di natura razzista denunciati sono mediamente 20-30 mila, con episodi gravi di accoltellamenti nelle scuole).

La GB non è un'isola felice o infelice nei rapporti tra etnie o nell'etnia mista: si sta cominciando ad acquisire consapevolezza del tema della mescolanza tra culture. L'incremento dei matrimoni misti porta ad una società che tende ad assomigliare alla multiculturalità nordamericana (rappresentata da Canada e USA), dove i gruppi etnici si mescolano con maggior frequenza. Il mutamento più significativo secondo Winder, dal secondo dopoguerra a oggi, lento ma inesorabile, è il considerare la GB come a un Paese, e non a una razza. Non è una differenza da poco: significa che la GB è uno Stato che ospita al suo interno cittadini che si riconoscono in certezze comuni a tutti; si sta perdendo l'idea di una razza britannica, perché la britishness risiede nella mescolanza di culture (il 40% dei Londinesi non è bianco; in un sondaggio, l'atleta vincitrice della medaglia d'oro alle penultime e ultime Olimpiadi di salto in lungo Kelly Ones, di colore, ha battuto anche la regina Elisabetta come il simbolo della Londra contemporanea; il mercato della piccola piazza di Camnen si è trasformato in una miscellanea di cibi pronti di altre etnie). Tuttavia ci sono quartieri etnici molto poveri. La working-class bianca è particolarmente razzista, ma il partito razzista prende pochissimi voti alle elezioni.

La GB di oggi è migliore di quella degli anni '60: rappresenta 350-400 gruppi etnici, quasi tutti quelli esistenti al mondo, e vi si parlano quasi 200 lingue; il 7% della popolazione viene da fuori il continente.


Come la maggior parte dei paesi occidentale: la GB è investita dal fenomeno della GLOBALIZZAZIONE = il contatto e la reciproca influenza tra sistemi economici, con flussi di merci e di individui che vanno in ogni direzione e angolo del pianeta. I fenomeni di immigrazione, in particolare verso USA e EU da zone povere, caratterizzate magari da instabilità politica, guerre, pressione di dittature (specie quelle sudamericane), povertà. La globalizzazione si intensifica negli anni '80, mentre negli anni '90 si fa strada il concetto di MULTICULTURALISMO, termine ideato dal filosofo C. TAYLOR nel libro Multiculturalismo. La politica del riconoscimento, Canada 1992. Questo fu molto criticato dagli studiosi successivi, tra i quali Baumann, non d'accordo con le argomentazioni del canadese: Taylor esordisce sottolineando l'importanza della POLITICA DEL RICONOSCIMENTO e mettendo in evidenza l'importanza del legame tra il singolo gruppo e il riconoscimento della sua identità, intesa com la visione che una persona ha di sé, delle caratteristiche fondamentali che la determinano come un essere umano. Il riconoscimento determina l'identità, e qualora mancasse daneggia e sminuisce la persona/gruppo; il riconoscimento è un bisogno vitale. Ci vorrebbero più disponibilità delle maggioranze nei confronti delle minoranze, l'abbandono degli stereotipi. L'identità non è una cosa data per sempre, nasce, cresce e si modifica per nel confronto e dialogo esteriore e interiore con gli altri, va negoziato, non stando da solo. Ciò, però, comporta l'oppressione, si opprime l'identità dell'altro nel negoziare. Come salvaguardarlo? La soluzione offerta da Taylor è la parte criticata: salvaguardando la politica della differenza. Questa nasce dal femminismo degli anni '70-'80, è una differenza di genere estesa a tutti i tipi di diversità. Secondo un giornalista caraibico è un concetto sbagliata perché rischia di provocare ulteriori separazioni tra le culture. Oggi perciò si chiede di superare la politica della differenza, tenendo sì conto degli elementi differenti, ma tentando dopo di riunirli.


Soprattutto negli USA è attuale il problema del canone narrativo e culturale: nelle scuole è prevista la lettura obbligatoria di autori bianchi, maschi e morti da tempo, mentre bisognerebbe leggere anche altre cose: ma in base a quale principio? Lasciando che ognuno legga la letteratra del paese d'origine? Winder cita la battuta politicamente scorretta dello scrittore premio nobile S. Bellow: "Quando gli Zulù riusciranno a produrre il loro Tolstoj, allora lo leggeremo". Come ci si pone con il canone narrativo e con la costruzione di un modello culturale? Con la politica della differenza?



In GB le singole scolastiche hanno autorizzato se lasciar portare alle alunne il velo; in futuro, tuttavia, dovrebbe essere vietato il velo che lascia scoperti solo gli occhi. La polemica sul velo è nata dal seguente episodio: l'ex Ministro dgli Esteri Stow, adesso Presidente della Camera dei Comuni, in un'intervista, disse provava disagio da tutte le donne col velo che entravano nel suo ufficio perché voleva vederle in volto. Rushdie ha scritto in un articolo che il velo andrebbe abolito, mentre Kureishi che il vero problema sono le scuole religiose che perpetuano queste tradizioni.


Il modello multiculturale GB è stato messo in discussione anche con le polemiche anti-islamiche dopo gli attentati del 17/7/2005. dopo gli attentatai del 2001, invece, si è tentato di reintrodurre la carta di identità, ma la decisione incontrò mille resistenze (la carta d'identità venne usata in GB solo nei conflitti, e venne abolita all'inizio degli anni '50 per una controversia, dopo che uno vinse una causa per esserne sprovvisto e la mobilitazione che ne seguì).


Nella raccolta di saggi "Otto braccia per abbracciarti", KUREISHI descrive anche una scuola musulmana femminile, voluta da una popstar,Cat Stevens, ribattezzatasi Yussuf Islam con la conversione alla religione musulmana: vi sono uomini in abiti tipici; soldati che si inchinano 'alla musulmana' in atteggiamenti multiculturali; la disorganizzazione e la mancanza di una conferenza stampa; il rifiuto del darwinismo e della musica e di parte della letteratura.


Nel racconto "Mio figlio il fanatico", dalla raccolta Loving blue time, il tassista pakistano Parvez scopre che il figlio, ottimo studente e sportivo, cambia e si converte al fondamentalismo islamico, per combattere la battaglia santa contro l'Occidente inteso come coacervo di peccati, corrotto e materialista, mantenere la propria purezza e andare in Paradiso; mentre quelli come Parvez, che pur facendosi male, non viene aiutato dal figlio, bruceranno all'Inferno. Parvez, invece ama la GB perché ci si può fare quello che si vuole, e si confida con la prostituta inglese Bettina.

Parla del rapporto generazionale, stili di vita e tradizioni diverse, e di come i fondamentalisti non riescano a vivere con gli Inglesi avendo delle idee profondamente diverse.


L'obiezione di fondo dei critici del multiculturalismo (tra i quali M. Phillips, scrittore e Presidente per le Pari Opportunità razziali, di origine caraibica), è che il rispetto eccessivo della politica della differenza di Taylor e simili a del Canada anni '80 finisce per creare dei ghetti, e quindi emarginazione e povertà. Presenta più difetti che pregi.


Il mettere a fuoco l'idea di britannicità che tenga conto delle differenze (culturali, di stili di vita, di cibo e musica) di persone provenienti da altri Paesi comincia quindi negli anni '50 e continua tutt'oggi.


Nell'autunno del 2005 sulla rivista di punta della sinistra GB ­­­_____ esce un saggio del direttore Troppo diversi?: un eccesso di tutela e l'esibizione della diversità rischia di corrodere i legami speciali alla base della democratica e della natura. Non bisogna imporre l'uniformeità.

Rushdie sottolinea l'importanza dell'identità individuale, che l'offesa alla religione è sempre esistito e che coloro che si fanno portavoce di una comunità sono spesso degli imbroglioni.


Perché alcuni diventano fondamentalisti? Perché non si sentono né britannici né del proprio Paese d'origine e tendono a costruirsi delle patrie immaginarie (titolo di un saggi di Rushdie), come quella offerta dal fondamentalismo religioso, dove vengono sfruttati a fini politici.


G. BAUMANN ne L'enigma multicultrale (1992) definisce il multiculturalismo un enigma, un paradosso di cui vanno ripensati i termini nei quali è posto. Bisogna ripensare ai 3 vertici del multicult: la nazionalità, l'appartenenza etnica e la religione, troppo spesso confuse con la vera cultura dell'individuo e di un gruppo. La cultura non è, come veniva considerata un tempo, la somma delle etnie presenti sul territorio, non è un multicult sano; è soprattutto nel caso inglese, la mescolanza di quasi 300mila gruppi etnici, eprchè altrimenti ci sarebbero 300mila Londre, è un puzzle in cui non può mancare o venir tolto nessun pezzo.

Inizia con il sogno di M.L.King su un futuro senza conflitti e sugli errori compiuti negli USA: i movimenti per i diritti civili, etnici e religiosi si sono succeduti in fretta. Il movimento per i diritti civili esclude gli stranieri, quello etnico i mezzi-straieri, quello religioso i non credenti, si escludono a vicenda.


All'inizio del saggio Il segno dell'arcobaleno Kureishi, dopo le prese in giro a scola, comincia a interessarsi ai movimenti per i diritti dei neri (i Black Panthers, Malcolm X), salvo poi scoprire lo stesso limite individuato da Baumann: lo sviluppo separato e la mancanza di integrazione. Kureishi si sentiva abbastanza escluso di suo, e non accettò questi movimenti.


Baumann si appella allora ai diritti umani, La dichiarazione dei diritti dell'uomo, a cui tutti gli altri diritti devono appellarsi. Non è un'ideologia rigida, ma è vista come un'interferenza dell'imperialismo occidentale negli affari di un altro stato.

Per Baumann, i diritti civili, di cui se ne parla per la prima volta con Locke e il Contratto sociale di Rousseau, sono nati per limitare il potere dello Stato: vi è confusione, quindi tra lo stato-nazione vfero e proprio e governo. Tutti sono uguali di fronte alla legge, ma gli immigrati non hanno pieni diritti civili: questi non sono il tramite per l'uguaglianza.


La tutela delle differenze e il mutlircutlturalismo procedono su linee separate.



Ocio a non confondere G.Baumann con Z. Bauman, sociologo polacco, trasferitosi in GB quando per motivi politici gli fu impedito di insegnare; insegnò sociologia a Leeds. In Intervista sull'identità racconta di come un'università praghese, nel consegnargli la laurea honoris causa, gli chiese se preferiva cantassero l'inno polacco o inglese: lui rispose nessuno dei due, voglio l'inno europeo. Questo per la sua teoria della modernità liquida = processo per il quale la costruzione dell'identità si inserisce in contenitori più ampi: l'inno europeo dovrebbe contenere gli altri due (R. Bertinetti).


G. Baumann continua diccendo che, poiché i diritti civili non erano tramite per l'uguaglianza per tutti, si inventarono i diritti di comunità e quelli religiosi. Ma si rivelano entrambi un limite all'uguaglianza, invece, perché, nel voler vedersi riconoscere dei diritti, si differenziano ulteriormente. La logica dei diritti di comunità funzionerebbe meglio se ci fossero più di un rappresentante della categoria, mentre invece c'è il rischio che la comunità venga presentata come rigida, non dinamica.


Per Z. Bauman un contenitore più grande che metta insieme culture diverse permette di superare differenze e diffidenze. Questa dovrebbe essere la nuova idea di britishness.


Per G. Baumann la GB è il paese che si è più allontanato dalla prevalenza dei diritti civili, che sono stati sostiuiti da quelli religiosi e etnici. Tali diritti, però, non appatrengono a tutti, ma solo a chi fa parte della categoria a cui i diritti si riferiscono; affidandosi solo ai diritti di comunità, lo Stato è privo di una coscienza unificata e unificante (nell'autunno 2006 è stato introdotto un test che chi richiede la cittadinanza deve superare, con tanto di libretto da studiare).

Nel secondo capitolo, Baumann affronta i tre vertici del multicult: stato, multietnicità e religione e i loro limiti. L'idea dello stato-nazione su cui si fonda la società occidentale è stata indebolita negli ultimi 2-3 decenni dal processo di globalizzazione, con il quale la sovranità dei singoli stati-nazione sta cambiando; il fatto che l'appartenenza etnica sia un dato biologico, di sangue, non è stato dimostrato da nessuna ricerca scientifica (neppure la più razzista), mentre l'equazione etnia = cultura è solo il frutto di uno stereotipo; la religione non è una serie di fatti distinti da altri, ma è anch'essa una costruzione sociale come un'altra che si evolve nel tempo, anche se chi se ne sente autorità proclamerà il contrario, un istituzione immutabile definita da linee divisorie assolute come dati di fatto in grado di bloccare molti dialoghi di natura politica (il presunto conflitto tra Islam e Occidente, tra Irlanda del nord cattolica e la GB protestante, mentre i motivi sono in realtà politico-economici).

La cultura dev'essere un working progress e "la cultura fa l'uomo, ma sono uomini, donne e giovani a fare la cultura". Anche quando ritornano vecchi scehemi, vengono rielaborati o messi in nuovi contesti. La cultura cabia sempre nei suoi tratti, è sinonimo di cambiamento, è un concerto musicale, non una fotocopiatrice che provoca separatezza.

Nel terzo capitolo Baumann esamina a fondo lo stato-nazione, una comunità immaginata che, ignorando i propri autentici processi di costitutivi storici, ha costruito dei legami con il passato inesistenti (la purezza della razza).


Demografi e biologi hanno dimostrato invece, che gli Inglesi di oggi sono il frutto di un meticciato continuo (gli Scozzesi sarebbero più imparentati con i Baschi per degli spostamenti passati; i 500mila Ugonotti fuggiti dalla F nel '600).


Nella raccolta di saggi L'invenzione della tradizione Hobsbawm E. J., Ranger T. dimostrano come certe tradizioni popolari vengano inventate per i fini più vari (il passato celtico della Scozia è stato messo a punto per l'unione con l'Inghilterra nel'700, e non è poi così remoto; l'idea della solidità monarchica inglese è stata costruita nell'Età vittoriana, mentre la famiglia reale era impopolare per scandali vari, per rafforzarne l'immagine e l'autorità).


La cosiddetta coscienza nazionale si satura, così, di valori quasi religiosi, che vanno a costituire il nazionalismo, la difesa di finti valori per mantenere la purezza etnica del popolo (come nella Guerra dei Balcani e nell'ex Jugoslavia).

Nel capitolo 4, chiarisce ulteriormente questo punto della "religione civile", e le differenze tra il progetto multiculturale americano e europeo, sottiolineando il caso della GB: negli USA vengono privilegiati l'emancipazione individuale, l'individuo deve conquistare il successo a qualunque costo a prescindere sua etnia e co (come in un rodeo l'unico atleta deve dimostrare la sua bravura); in Europa vengono privilegiati i diritti di comunità, la fede nelle differenze note, senza che vengano standardizzate e il soddisfare ogni cumunità (lasciando il velo a scuola alle ragazze musulmane; come in una partita di calcio, la squadra-comunità rivaleggia con tutte le altre stando unita), e la GB ne è un caso esemplare.

Nel momento, tuttavia, in cui i confini tra etnicità e religione vengono quasi a coincidere, l'uguaglianza diviene un progetto irrealizzabile.

Nel capitol 5, vengono trattati i problemi nati dall'aver posto l'etnicità come fattore fondante sia dell'identità culturale, il che provoca una cultura non dinamica, sia della politica. Il multicult può essere rappresentato dall'assenza di culture congelate e dalla creazione di nuove forme di cultura? Può esserlo attraverso un contenitore di diverse culture (come auspicava Z.Bauman)? sicuramente non un contenitore grande quanto doveva essere l'immaginario impero celtico dall'Irlanda alla Turchia.

Nel capitolo 6 affronta il tema della religione, anch'essa reificata, resa un dato di fatto, qualcosa di immutabile.





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