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Kristeva- Colette - Perché Colette?

letteratura francese



Kristeva- Colette


1.Perché Colette?


Colette ha trovato un linguaggio per esprimere una singolare osmosi tra le sue sensazioni, i suoi desideri e le sue angosce, le emozioni chiamate alla leggera fisiche e l'infinito del mondo. Ella ci fornisce un racconto condensato al centro del quale,non sempre citata, c'è Sido, la madre, e una sorta di amore come orizzonte, la sua scrittura è una compenetrazione tra la lingua e il mondo, tra lo stile e la carne, che le rivela l'universo e i corpi come un "arabesco".

Provocatoria, scandalosa per l'audacia dei suoi costumi e del suo itinerario, questa donna seducente rifiuta di chiudersi in qualsivoglia militantismo e non predica alcuna trasgressione.

Colette indovina che appropriandosi della madre, creando la figura mitica di Sido, le sarà possibile trasformare la perversione in "madre-versione", riconciliarsi con la sua femminilità sempre un po' umiliata. Una donna Sido o piuttosto un mondo?Una donna se vogliamo, ma più che altro un modello originale e ricostruito dalle proiezioni della narratrice che la identifica alla fine con il ciclo cosmico. Sido è il centro nevralgico dell'immaginario secondo Colette. Colette considererà "pura" qualunque passione si nutra di una simile madre-versione, e "impuri"i legami (in particolare eterosessuali) che la ignorano. Dal 1904 si firma Colette Willy a partire dal 1923 è semplicemente Colette. Il legame con la scrittura per Colette è di fatto lirico, poetico, fa fatica a raccontare storie, i suoi racconti frammentari ci sconvolgono soprattutto per i flash sensuali, il tempo del racconto si eclissa in Colette, ma rimane intatta la poesia del puro tempo fattosi corpo, sul tipo di quello inventato da Proust ma meno metafisico, più gaio, di una densità che riempie la bocca e la lingua. Perché se "io" mi riconcilio con l'oggetto, non c'è più né soggetto né oggetto e l'io si dissemina, incorporato nella scrittura dell'Essere.




2. Una vita o un'opera?


Colette costruisce la sua narrazione con frammenti di fantasticherie, stati d'animo, sensazioni comuni o estreme del corpo. La gamma de colori, le fragranze, sono intrecciate con la musicalità delle parole. Il padre pretende di scrivere , si chiude nel suo studio, si sistema al tavolo coperto di penne , finché si scopre alla sua morte nel 1905 che i fascicoli sono tutti vuoti . Il padre con una gamba sola era impotente a scrivere. Il ritratto del Capitano e il debito della figlia nei confronti del padre potranno essere scritti solo 25 anni dopo in"Sido". Da questo momento la "vita" e l'"opera" si confondono, procedono di pari passo , si nutrono a vicenda e la scrittura influenza sempre più chiaramente la vita, la supera e addirittura la modula. Colette stessa la definirà "scrittura premonitrice". Juliette, la sorellastra più grande, si suicida nel 1911 e sar 333c29d à celebrata solo più tardi con uno straziante ritratto in Sido (1930).Nel frattempo muore Sido: Colette le fa visita nell'agosto del 1912, la sua fine avverrà in settembre. Assente alle esequie, non porta alcun segno di lutto. Questa apparente disinvoltura vela il dolore che si converte o in sintomo carnale o in scrittura. Achille muore il 31 dicembre 1913 e aspetterà anch'egli il 1930 per essere commemorato in Sido, nel capitolo "I selvaggi", insieme al fratello minore Leo. La scrittura per Colette non è un lavoro, ella si ritrova ad essere al tempo stesso la paziente e l'analista di sé stessa. La Naissance du Jour è scritta sul modello di un Noveau Roman, questo testo rompe con la continuità narrativa ed eccelle in alluvioni di memoria sensoriale, nella transustanziazione dell'infanzia e dell'adolescenza di cui Colette è ormai maestra riconosciuta.


3. Scrivere: "Les vrilles de la vigne"


Dopo la scrittura delle Clodine i suoi temi e la sua scrittura sono cambiati. Charlotte in Le pur et l'impur (1932-41) è amante bugiarda e partner oblativa , droga in una fumeria il suo povero piccolo con una melodiosa e misericordiosa menzogna, ricorre qui la metafora dell'usignolo, più che metafora è una metamorfosi, corpo, anima e musica confusi nella scrittura di una realtà così reale nella sua semplicità da non potere essere vissuta né semplicemente letta come letteratura. Le sue sono metamorfosi e non metafore perché colgono l'oggetto nominato nel suo impatto sensibile sull'oggetto e comunicano tale sensibilità acuta, che precipita dalle parole alle cose. Colette eccelle nella narrazione intima delle variazioni psicologiche, ella è esperta del piacere femminile percepito come una solitudine cosmica , un legame senza oggetto ma saturato di elementi , una disseminazione di sé . Paradossalmente la rivelazione del segreto femminile si realizza solo a prezzo della menzogna, della finzione. Gli omosessuali la affascinano perché sono maestri della dissimulazione. L'immaginario è sicuramente autobiografico ma a condizione di deformare il passato e il presente (Vial è certo un'invenzione). La scrittura è identificata con il chiarore del giorno. La scrittura è attraverso l'amore e si compie con la morte dell'altro. Essa trova la sua origine in una figura materna chiamata Sido. La Naissance du Jour riapre infatti con una lettera di Sido che annuncia al marito di Colette di dover rifiutare il suo invito per andare a trovare sua figlia a causa della fioritura rara del suo cactus rosa e il romanzo termina con l'ultima lettera della madre che vicina alla morte si rivolge all' "amore suo". Se la scrittura di Colette si chiama in definitiva Sido, rimane da capire chi sia Sido.


4. Chi è Sido?


Sido muore il 26 settembre 1912, la figlia di Colette nasce il 3 luglio 1913. Di fatto Colette non piange, ha fatto la scelta di non sottolineare il disagio, i fallimenti, i dispiaceri. Si tratterà di trasformare la depressione causata dalla perdita della madre in appropriazione incestuosa o incestuale, perversa dell'oggetto materno, la madre incestuosa che è lei, Colette. Bisogna aspettare la Naissance du Jour per leggere nel 1928 nella celebre lettera del cactus rosa la firma materna completa. Sido sarebbe quindi il modello della scrittrice come dalla epigrafe della Naissance, ma non si tratta di una donna particolare quanto di un modo di essere che sposa l'essere trasgredendo alcuni divieti: il reale stesso, l'impossibile. Sido è un'iperbole, sottratta alle contingenze della realtà comune. Dea immacolata al di là del bene e del male la grande figura di Sido si impone. Il personaggio di Sido si svela attraverso i profumi, l'odorato è il legame primitivo della narratrice con il corpo materno. In Colette, Sido impone una visione del tempo prima del tempo, dell'aurora, terrestre, solida e consacrata ai quattro punti cardinali, come abbiamo detto, Sido è ciò nondimeno aerea, nevosa e ventosa. Alla morte del capitano Sido ha un atteggiamento paradossale: non una lacrima, niente espressione dispiaciuta solo una risata in regalo a coloro che sono vivi. Tale madre tale figlia: le accomuna la stessa durezza. Animata da un'insaziabile curiosità la molto contadinesca Sido percorre la capitale con entusiasmo. La sua curiosità l'aveva fatta divorare parecchi libri. Questa intellettuale di campi è comunque uno spirito libero e critico che lascia alla figlia la preoccupazione di discernere la sua felicità nella farragine della biblioteca. Amata dal capitano e fiera di questa sacralità coniugale, non è però in questo amore che Sido fiorisce. Sido sembra passare attraverso la passione senza esserne alterata. Sido non tiene in grande considerazione nemmeno l'istituto del matrimonio. Sido non apprezza i talenti di mima della figlia. Sido sopravvive nella scrittura della figlia , che ha preso il posto del prezioso cactus rosa, l'assoluto per lei, Sido. Per questa Sido che si esprime attraverso la penna della figlia non c'è differenza tra il cactus e la figlia. Questa madre che si confonde con l'Essere realizza la transustanziazione solo perché è la scrittrice. E' Sido che Colette imita, affina, raggiunge. Sido è fiera di sé stessa non meno di quanto non sia la figlia.




5. Depressione, perversione, sublimazione


Sido è il nome dello spazio immaginario stesso, radura al di là del passaggio all'atto perverso che permette di chiamare per nome i piaceri ormai autorizzati, confessabili, condivisibili. Persa nelle sue passioni Colette non si smarrisce affatto poiché non ha mai perduto la passione fondamentale chiamata Sido. Resta sullo spartiacque in equilibrio, dove le cose si elevano al livello delle parole, dove le parole percepiscono le cose e viceversa e che mi sembra essere l'alba dell'umanità, il segreto degli esseri umani. L'omosessualità era un argomento alla moda negli ambienti letterari e artistici dell'epoca e Colette frequentava numerosi adepti di Sodoma. Accanto all'omosessualità, ad affascinare Colette è un godimento femminile misterioso, dall'oggetto intercambiabile, folle di innocenza e di solitudine, tuttavia è l'incesto che sembra interessare sostanzialmente la nostra autrice. Colette rimane ossessionata dal tema dell'incesto immaginario tra il figliastro e la matrigna. La Naissance du Jour (1928)e Sido(1929)possono collocarsi in una serenità riconquistata. Ne rimane un'onda chiamata Sido che non è di nessun sesso perché è di tutti i sessi, quello delle piante e quello delle bestie, la sua sola realizzazione sarà la scrittura. Esiste una depressione suicida che è conseguente alla identificazione virile della donna con il suo desiderio incestuoso per la madre, attraverso i suoi scritti romanzeschi si delinea la posizione specifica di Colette che è al tempo stesso una condotta psichica e uno stile di scrittura. Colette preferisce reprimere il dispiacere, uccidere quell'assassina che è la disperazione per costruire sulla sua tomba. Non esiste lutto è possibile possedere tutto nello stile del richiamo volontario del ricordo sensibile, inseparabile dallo stile di scrittura. Colette arriva al punto di pensare che il dolore non meriti nessuna considerazione, le deriva una fede incrollabile nella forza psichica delle donne. La donna cerca disperatamente sua madre in un amante-marito che "non è neppure un parente", la coppia eterosessuale è per definizione incera, non affidabile destinata ad un fallimento . Una soluzione immaginaria consiste nel non separarsi mai da quella perdita impossibile ma di portarla come un gioiello nascosto, nascondendolo sotto piaceri segreti, godimenti altri. Viene preservata in definitiva una forma di serenità. Il ricordo del paese natale, Sido, riassorbe i dispiaceri d'amore e possiede anche la magia di trasformarli in amori felici. Una sola esperienza continua a nutrirsi del dolore e a volte lo esalta, è la scrittura stessa. Sido la cosmica era l'amata del Capitano. Amare Sido, nel senso di goderne di transustanziarla, di scriverla, implica mettersi al posto del capitano Colette. Se l'oggetto magico della scrittura si chiama Sido, il soggetto della scrittura che noi leggiamo, ammiriamo, commentiamo si chiama Colette e firma tutte le lettere Colette!Questo nome femminile altro non è che il cognome paterno. Il godimento altro nasconde una macchia nera. IL dolore che si nasconde al di sotto dell'esaltazione propria della scrittura è rimasto legato al padre, il nome del padre ne serba la traccia misteriosa. Il giorno del funerale del padre Colette e suo marito arrivano in ritardo e lei non mostra alcun segno di emozione quel giorno. Se l'amputazione della gamba del padre è un simbolo della castrazione, il nome femminile portato come cognome contribuisce a sua volta per l'inconscio alla femminilizzazione di questo padre. In più egli si percepisce amorevolmente sottomesso a sua moglie. Si impone comunque l'immagine di un capitano seducente al quale piacciono le donne bravo cantante e di una salacità incantevole. Ma a parte Sido è sua figlia che Colette padre tiene nel cuore, nonostante qualunque altra conquista femminile, reale o immaginaria. Poeta, cittadino, il capitano Colette, il fervente innamorato di Sido, è l'esatto contrario della sua cosmica moglie, il Capitano soprattutto non capisce la natura, è appassionato di tutto ciò che viene scritto, l'insuccesso paterno viene svelato solo in Sido, Colette prepara lentamente la penosa scoperta, dopo la morte di suo padre, di uno scrittore senz'opera. Colette accetta ciò con una comprensione fraterna. Sido se ne fa tranquillamente beffe rivestendo con gli inutili fogli di suo marito i barattoli di marmellata,le sue opere. Al contrario Colette, la figlia realizza l'opera che lui aveva solamente progettato, in omaggio a Sido. Lirismo paterno arguzia e spontaneità materna mescolati e sovrapposti. Da Colette padre le derivano sia gli scatti d'ira sia la gelosia.


6. Il corpo metamorfico: piante, bestie e mostri


L'io rinasce si disfà-rifà in un caleidoscopio di ambiguità mescolando godimento e sofferenza che abolisce il tempo lineare e narrativo delle prove e si erge nella verticalità dell'istante-spazio polimorfo. Il suo tempo è la sequenza di una serie di istanti. Ma istanti distanziati all'infinito, che tessono l'estensione gigantesca di tutti i transfert di identità immaginabili. Sono tutti oggetti dei suoi sensi e vi si confondono non sotto il governo di uno solo, ma nella sua parola che dà senso ai sensi e nella quale si trastulla. Il corpo metamorfico è terrestre: vive sulla terra, della terra, e con questa sposa madre non smette di fare l'amore, scoprendo nel passato sepolto dentro di lei il solo avvenire possibile. E' la scrittura l'esperienza umana più vicina alla vita floreale: alternanza di erezione fallica e di misterioso sbocciare, di natività e di resurrezioni ricorrenti. Appartenere alle bestie è prima di tutto una ribellione contro gli esseri umani, una versione innocente dell'anarchismo coltivato da una Colette disgustata dalla società. Nessun animale neppure i ragni disgustano Colette, ma ella è soprattutto vicino ai gatti. E' una vera e propria appropriazione sciamanica della figura dell'animale, con l'obiettivo di raffigurare l'interiorità umana che cerca di afferrarsi come tale: questa rappresentabilità originaria del desiderio umano. La mostruosità comincia appunto dalla connivenza con la bestia, esiste un alfabeto mostruoso in Colette. L'animalità e l'ermafroditismo si imporranno come le due figure centrali della mostruosità secondo Colette. Alla contrapposizione normale-mostruoso si sovrappone quella tra puro e impuro. Il termine impuro sembra riservato all'eterosessualità e più rigorosamente alla sola sessualità genitale, mentre quello di puro è riferito all'omosessualità e alle sue varianti sensuali sublimate in un'esistenza ritualizzata ordinata come un'opera d'arte. Così gli eccessi passionali alcuni dei quali verranno magnificati come puri transitano per la categoria del mostruoso per meglio ostentare la loro abissale singolarità. L'omosessuale come la stessa autrice è detto venire di lontano. Per il fatto di essere pura la coppia di omosessuali al tempo stesso gemellare e incestuosa non è meno mostruosa. Ma è l'artista il malvagio autentico quello vero puro perché quell'ipersensibile partecipa di diritto all'alfabeto mostruoso. Colette l'extraumana si descrive come una cercatrice di sorgenti, la più profonda delle quali sarebbe stata quella degli animali che le hanno consacrato la loro breve esistenza. L'aver addomesticato le diverse sfaccettature dell'insostenibile la persuade che la conoscenza attraverso la scrittura delle nostre aberrazioni sia non solamente una sorgente inestinguibile ma la più umana, la più onesta espressione del suo corpo metamorfico: che non può separarsene.




7. Uomini e donne, puri e impuri



La scrittrice tende a fare una croce sull'amore coniugandolo al passato, il vero possesso è solo nell'astinenza, un amore senza oggetto, amore incommensurabile di un io estatico che essendo libero dai suo soggetti può rifare il proprio mondo a misura della sua esaltazione. L'amore in Colette si lascia celebrare come un Giano:amore illusione e amore crudeltà sono le sue due facce, la sola immagine perfetta dell'amore che la scrittrice celebri è quella dei suoi genitori. E' proprio del giardino familiare, della fantasia dei genitori di nuovo insieme che si nutre la sua ostinazione ad amare, l'amore è anche una terrificante forza cosmica, amore al di là dei sessi, libertà temeraria. Pur riconoscendo la solitudine degli innamorati ripiega subito su un'avida degustazione del versante autoerotico dell'amore che definisce come una voluttà. Questa doppia aspirazione alla voluttà completa e alla indipendenza di fronte ad un partner maschile poteva trovare confronto solo nell'omosessualità femminile, anch'essa basata sulla bisessualità, che Colette rivendica per sé stessa. Ella attribuisce quella convinzione di essere al tempo stesso ragazza e ragazzo al suo ambiente alla sua educazione spontanea e liberale nella quale la seduzione non conosce sesso. Colette traccia una linea di demarcazione spesso incerta tra la sua bisessualità, che crede comune a tutte le donne, e il libertinaggio saffico del quale esistono a sua volta parecchie versioni. L'omosessualità femminile endogena si presenta nella scrittura di Colette come una voluttà tra figlia e madre, Missy fu l'origine di questa scoperta, le due donne si rifugiano l'una presso l'altra per consolarsi delle durezze della vita e soprattutto dei tormenti causati dall'eterosessualità. A Colette piace coltivare il tono paradisiaco dell'omosessualità femminile come il doppio "puro", in negativo, della pericolosa voluttà. La sublimazione, l'atto della scrittura si propone come la realizzazione finalmente riuscita e durevole di questa versione dell'amore di cui solo Sido, la madre immaginaria, potrà essere la divinità. Le esperienze saffiche che attirano il desiderio e l'attenzione di Colette provengono dal suo ermafroditismo mentale senza tuttavia confondersi con esso. L'amore lesbico è di tipo parentale e assume il ruolo di un antidepressivo, non è erotico. Comunque individua ben presto l'incompletezza tragica dell'androgino: crede che non gli manchi niente avendo unito in sé i due sessi, ma l'androgino sa comunque di essere perduto non potendo mai essere all'altezza del femminile. Colette ci fornisce il ritratto di un uomo androgino come quella di un vagabondo alla ricerca di una madre che lo adotti. La confidenza e il rispetto di un migliore amico si legge nella figura di Vial ne La Naissance du Jour. La narratrice può parlargli della sua indipendenza affettiva poiché se ne distacca e non ha più paura della solitudine. In definitiva l'uomo è sempre un vinto in Colette. L'uomo si lascia sempre dominare dall'altra donna che non è la più affascinante come si sarebbe ingenuamente potuto credere ma la più intrattabile la più autoritaria. Ma è soprattutto con l'età, riflesso dell'autorità materna, che la donna assume i tratti della strega, il che non impedisce però a Colette di intenerirsi del proprio invecchiamento. Autorità originaria e malefica, la figura della madre cristallizza e sostiene la visione di una femminilità terribile che impregna le pagine di Colette. Con l'età i due sessi si allontanano sempre di più. La voluttà stessa si costruisce su un'incomunicabilità totale. Poiché la comunicazione tra i due sessi è impossibile, il sadomasochismo diventerà l'onda portante di un certo rapporto tra loro: se la coppia c'è si conserva solo grazie alla guerra tra i due sessi. Il testo Le pur et l'impur assume il valore di un testamento, l'idillio saffico delle ladies di Llangollen contrasta con l'eteromania di Renèe Vivien; e la poetessa con la sua mobile contadinella sembrano sfidare le coppie omosessuali esaltate che fanno venire l'umore nero a Colette. La purezza sta dalla parte della coppia omosessuale a condizione che riesca a liberarsi dalle violenze della carne e a raggiungere l'infinito. Le varianti di questo infinito possono essere sia un platonismo sia un ermafroditismo mentale femminile, che rappresenta, per l'uomo, un pericolo di omosessualità. Tutte sono radicate nell'innocenza sessuale infantile che si ricollega alla perversione originaria dell'essere umano, la stessa che è di tutti i sessi e di tutte le impostazioni. Al contrario l'impurità sta dalla parte della guerra dei sessi, che Colette definisce una inimicizia. Inimicizia che si legge altrettanto bene negli eccessi del desiderio eterosessuale, ma anche negli eccessi dei legami omosessuali quando si arenano nel travestimento. L'impuro è quella routine da baratro nella quale si ritrovano, nell'eccesso del desiderio, la sessualità più borghesemente conforme e le trasgressioni più marginali che ne scimmiottano le logiche.. Il segreto della purezza è insito nel sottrarsi alla sessualità normativa della coppia eterosessuale , e aspira a raggiungere l'infinito autoerotico nell'oceano dell'oppio. Charlotte è la prima protagonista di questo desiderio puro, si accontenta di mimare con la voce il godimento per assicurare il suo giovane amante della sua virilità ed entrambi del loro amore. Se Charlotte affascina così tanto Colette è per il miracolo della finzione. Se la purezza di Charlotte esiste non può essere dissociata dal suo oggetto, l'uomo bambino, il suo partner, un uomo avido di riconoscimento amoroso e di godimento narcisistico, rivela la sua dipendenza e una passività femminile al di là della sua castrazione. Di fronte si erge il regno dell'impuro, Charlotte esprime la tensione tra le due, contrapponendo il corpo al cuore. La purezza non è semplicemente di cuore e né l'impurità sostanzialmente di corpo. E' puro ciò che esclude l'altro sesso se l'inesorabile impuro è proprio l'eterosessualità. Sottile dimostrazione che la purezza non è mai tale e ancor meno assoluta ma che deriva sempre da un superamento in-finito della norma, e da uno slancio altrettanto in- finito dell'Inesorabile, per tentare di raggiungere la pace del senso al singolare. La Cavallerizza, con il suo omologo inaspettato che è Don Giovanni sono le figure più ambigue, più indissociabili dall'impuro. Don Giovanni misogino è un misantropo, nasconde una paura irrimediabile dei suoi affetti. La bisessualità psichica è molto più accentuata nella donna che nell'uomo e risale alla relazione arcaica tra le due uguali, figlia e madre. In lei l'infantile viene rifatto ricreato rivisitato sotto forma di stile. Perché questo accadesse c'era stato bisogno che passasse attraverso la perversione delle lesbiche e di alcune altre per ritrovare, sotto forma di immaginazione e di scrittura, quell'idillio dell'infantile che ricostruisce la coppia di Llangollen e che forse è solo l'artefatto della sublimazione, un ricadere realistico nell'infantile colettiano irreale, immaginario, ricreato. La provincia della scrittrice fa parte del tempo ritrovato, quel tempo immaginario che si dice apertamente infantile e non civico, politico e ideologico. Il passato infantile si pone come centro dell'immaginario di Colette. La sua scrittura diffonde una versione moderna della fede incarnata. Questa versione del sacro potrebbe proprio essere l'inconscio stesso della fede cattolica: del suo culto della passione, della padre-versione, del loro doppio materno e infantile




9. Scrivere sempre, tra Balzac e Proust


Oltre al giardino di Sido a calamitare la scrittura di Colette è la topografia di Balzac con la sua estetica della forma viva. Inoltre ha una profonda ammirazione per Proust che sa scrivere il sesso sotto forma vegetale e animale (come fa la stessa Colette, in modo del tutto diverso). Si potrebbe attribuire ad un influsso proustiano lo sbocciare della figura materna, Sido, nell'opera tarda di Colette. E' vero che Colette rilegge le lettere di sua madre per estrarne qualche gioiello e scrivere la Naissance du Jour, è anche vero che la prima epigrafe di questo libro è tratta da Proust. Poi Colette la sostituisce con un'altra . Colette però ritrova il suo tempo perduto nel so modo personale , e senza formularlo , come avrebbe fatto Proust in costrutti filosofici e sognanti insieme, ma con un brivido che resta lucido stesso nel cuore delle intensità sensibili. Colette si schiude in questo tempo paradossale che non smette di dare avvio a fioriture, come Sido si commuove e pazienta davanti a un fiore ancora in boccio. Il sonno stesso diventa in lei un ricordo senza storia, replica di una presenza materna appagante, pura immagine di bellezza visiva, tattile dolce e vibrante come una farfalla. La scrittura in cerca dello sbocciare scruta la nascita e sospende il tempo, perché riassorbe il male nello slancio di una partenza senza storia. La cura per la parola giusta in Colette poggia sulla fascinazione subita fin dall'infanzia, per il suono che spinge alla fantasticheria, confonde i significati convenzionali, sovraccarica di idee bizzarre una melodia strana, arrivando alla fine a far cadere il linguaggio nella carne del mondo dove si fa uguale a un veleno o a una lumaca rotta. L'atto della scrittura si evolve nella dispersione dell'io, ella celebra solo il quotidiano restituito allo stupore, rivelato nei suoi dettagli vivificanti, si prende allegramente gioco dei rituali che circondano il rito della scrittura e dei suoi colleghi, preferisce tenere segreto il piacere febbrile che accompagna la scoperta della parola giusta, mette in rapporto la sessualità e la scrittura, il sé è indissolubilmente intrecciato alla scrittura, non si lascia finire perché quello che ci trasmette è il ritmo stesso dello sbocciare.






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