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Il Satyricon - La Trama, I Personaggi

latino letteratura



Il Satyricon


La Trama

La storia inizia a Marsiglia. Qui Encolpio, personaggio narrante, viene incolpato di essere la causa della pestilenza che sta affliggendo la popolazione e, scelto come capro espiatorio, viene allontanato dalla città.

Comincia così il suo lungo vagabondare, apparentemente casuale, che porterà il giovane in varie località dell'Italia Meridionale. La destinazione finale di Encolpio sarà probabilmente l'Egitto, in quanto considerato culla del sapere e sede di ogni rinascita spirituale.

Già dalle prime battute, inizia a delinearsi una sorta di parallelismo fra il Satyricon e l'Odissea: come nel poema omerico Odisseo viene perseguitato da Poseidone, infatti, nel romanzo di Petronio Encolpio è perseguitato da Priàpo, dio greco della fertilità (molto legat 929i87j o alla sfera sessuale, dunque), protettore di greggi e giardini, e nemico dei ladri.

Le ragioni che spingono Priàpo ad accanirsi contro Encolpio non sono chiare; secondo le ipotesi, ciò è probabilmente dovuto al fatto che Encolpio, per poter sopravvivere, è spesso costretto a rubare.



Priàpo colpisce spesso Encolpio nella sfera sessuale, coinvolgendolo in affari più o meno piacevoli:

talvolta egli si ritrova coinvolto da donne estremamente possessive che lo sottopongono a rituali erotici, altre viene invece reso impotente, altre ancora viene fatto cadere nelle mani di orride megere che lo seviziano con rituali magici per fargli riacquistare vigore.

Encolpio è poi innamorato di un bellissimo giovane, Gitone, incline tuttavia all'infedeltà, tanto che lo tradisce spesso con un terzo uomo, Ascilto. Nel proseguo del racconto, quest'ultimo verrà poi sostituito da Eumolpo, un poeta più anziano.

Tutti i personaggi sopraelencati sono dei compagni d'avventura, che si cacciano costantemente nei guai, salvo poi salvarsi in extremis.


I Personaggi

Elemento unificante dell'opera è sicuramente l'originalità e la creatività dell'autore, che inserisce molti aspetti particolari per caratterizzare i personaggi:


Encolpio

È il protagonista ed il personaggio narrante, dietro al quale ritroviamo l'autore. È un giovane colto, ma anche anticonformista ed enigmatico. Se paragonato ad Odisseo, è il suo opposto, egli è cioè un antieroe: non è in grado di dominare le situazioni, ma, al contrario, le subisce; nelle rare occasioni in cui prende l'iniziativa, questa è destinata a fallire. Egli è dunque un vero e proprio perdente, oltre che un depravato, ma allo stesso tempo è anche un personaggio molto indeciso, insicuro, generoso ed ingenuo.


Ascilto

Rivale in amore di Encolpio (entrambi si contendono Gitone), ne è allo stesso tempo anche complice, in quanto suo compagno di viaggio e di bagordi.


Eumolpo

È un poeta, un intellettuale, anche se molto più negativo rispetto ad Encolpio. È un personaggio cinico, corrotto ed insoddisfatto, alla costante ricerca dell'utile.


Trimalchione

È sicuramente il personaggio più significativo e rappresentativo della società descritta nel romanzo. Egli è infatti un liberto arricchito, simbolo di una società in cui i valori aristocratici sono ormai andati in crisi. Il nuovo ceto emergente è infatti quello dei liberti, schiavi arricchiti, che esprimono il proprio ruolo sociale attraverso la ricchezza.

Nella descrizione della "Cena di Trimalchione" (alla quale sono dedicati ben 52 capitoli, tanto da permettere di identificarla come un'opera a sé stante), i vari commensali esprimono i tratti di un'umanità meschina, ipocrita ed adulatrice, che ostenta la propria ricchezza materiale pur senza possederne alcuna interiore (valori).

Ecco che dunque il Satyricon è un romanzo fortemente realistico, che mira a descrivere, soprattutto in questa parte, la società romana "media" del tempo, criticandone e condannandone (ripudiati anche da Seneca).

Se infatti un tempo l'ascesa economica e politica era legata al cursus honorum (il fare carriera con i propri mezzi a attraverso un sistema di valori tradizionali), ora invece è la ricchezza ad aprire le porte delle alte sfere.

Dietro a Trimalchione, si dice che Petronio abbia voluto vedere lo stesso Nerone, e criticarne così le varie manie (la passione per il teatro e per la letteratura).


La Struttura

Nel costruire il romanzo, Petronio attua una fusione tra elementi tipici di una cultura più alta (facendo riferimento al mito, alla storia e alla filosofia) e quelli di una cultura popolare più bassa.


ROMANZO GRECO


Amore più tradizionale e pudico, che sfiora quasi il perbenismo

Persecuzione del dio nei confronti del protagonista


Trama lineare e prevedibile







SATYRICON


Amore omosessuale, più realistico, a tratti sconvolgente e scabroso

Persecuzione del dio nei confronti del protagonista, che avviene tuttavia in modi bizzarri ed insoliti

La struttura è molto dinamica, i personaggi sono sempre in movimento e vengono coinvolti in avventure di vario genere dalle quali riescono a cavarsela in extremis; non vi è sempre un lieto fine



Tutto ciò, dunque, implica che, pur essendoci tale fusione tra materia alta e materia bassa, è il lettore a dover riconoscere gli elementi alti. Ecco che quindi, l'opera non è indirizzata ad un pubblico rozzo, bensì avente una certa cultura.


La Narrazione

Nel Satyricon la forma narrativa è molto simile a quella popolare, e ci si avvicina alle novelle di argomento erotico e licenzioso.

Il filo del racconto è molto sottile, non vi è una trama lineare da poter seguire.

L'intreccio del racconto segue percorsi irrazionali ed anarchici: una struttura pienamente coerente col continuo moto di apparizione-sparizione che governa le vicende dei personaggi.

Talvolta la narrazione appare poi molto lenta, in quanto si da spazio ad inserti descrittivi, a digressioni che hanno la funzione di caratterizzare certi personaggi e collocarli in modo più preciso nel loro ambiente.

Il narratore, Encolpio, riesce tuttavia a tenere le fila del racconto: egli riprende la narrazione in modo disinvolto anche quando essa viene distolta dalle digressioni.


I Temi

Anzitutto il realismo; questo romanzo è infatti un documento molto importante in quanto vi ritroviamo uno spaccato della società all'epoca neroniana (in particolare nella cena di Trimalchione, capiamo quale fosse l'organizzazione domestica signorile di quel tempo).

Altro aspetto importante è sicuramente la componente fantastica; la vicenda è infatti ricca di inserti e di riferimenti ai patrimoni popolari (storie di lupi mannari, cannibalismo, stregoneria,.).

Ritroviamo poi anche il tema della fortuna, che regge le sorti dei personaggi; questi, grazie ad essa, riusciranno infine a cavarsela e a raggiungere lo scopo che si erano prefissati.

E infine il motivo dell'eros, che, come abbiamo visto, ha grandissimo rilievo.



Il Linguaggio

Il realismo del romanzo si riflette anche nell'uso del linguaggio.

Nell'opera si fa infatti uso di un plurilinguismo, di un linguaggio multiforme, accentuato dall'alternanza di parti in prosa e parti in versi. Se infatti Encolpio, essendo un intellettuale, si esprime con un linguaggio elegante e raffinato, i liberti (= schiavi arricchiti) della cena di Trimalchione, fanno invece uso di un sermo vulgaris.

L'opera è dunque una preziosa testimonianza dei modo di dire, dei vocaboli e dei costrutti legati al vivere quotidiano. Si tratta senza dubbio di una grossa novità, in quanto solitamente nelle opere latine ritroviamo un linguaggio sufficientemente ricercato.


Influssi

Il Satyricon richiama la tradizione narrativa popolare dei cosiddetti Milesiakà, novelle di argomento erotico-licenzioso composte da Aristide di Mileto. Quest'opera fu tradotta in latino col titolo di Fabulae Milesiae nel I secolo a.C. da Sisenna; tuttavia, sia dell'originale greco che della traduzione latina non ci rimane più nulla.

Ciò nonostante, queste novelle ebbero un gran successo, tanto che vennero riprese sia da Petronio che da Apuleio (ne "L'Asino d'Oro").

Nella vasta narrazione del Satyricon abbiamo soprattutto 2 novelle che si rifanno a tali fabulae, "Il Fanciullo di Pergamo" e "La Matrona di Efeso", due inserti che mettono in luce quanto l'uomo possa essere attratto dai piaceri, in particolare da quelli sessuali.

Un altro genere letterario a cui il Satyricon si rifà è quello satirico, che puntava alla rappresentazione realistica del costume sociale. In particolare, l'opera risente dell'influsso della Satura Menippea, inaugurata da Menippeo di Godona.


Infine, altro modello letterario di riferimento per la stesura del Satyricon è il mito, riletto tuttavia in chiave parodica.


Gli elementi che più distinguono l'opera di Petronio dal romanzo greco, invece, sono sicuramente la comicità e la parodia, molto più accentuati nel Satyricon. Spicca inoltre in Petronio l'assenza di qualsiasi messaggio positivo, quando invece i poeti satirici romani intendevano suscitare nei loro lettori una reazione di protesta.


Ipotesi sul Significato Complessivo del Racconto

Qual è lo scopo del continuo viaggiare dei protagonisti nel romanzo?

Secondo alcuni studiosi, Encolpio vive, attraverso i suoi incessanti spostamenti, una sorta di purificazione dall'ira divina. Egli, infatti, paragona esplicitamente se stesso ad Odisseo: come egli è perseguitato da Priàpo, il protagonista del poema omerico è vittima delle angherie di Poseidone.

In questo caso, dunque, viene messa in atto una parodia letteraria; e, in effetti, oltre ad Encolpio, molti sono i personaggi ripresi e paragonati all'Odissea: c'è dunque una sorta di riscrittura rovesciata del poema omerico.

Altri studiosi, invece, ritengono che questo spostamento costante sia retto dalla logica della fuga, che risulta spesso essere la soluzione alle situazioni sbagliate. Tutto questo implica dunque una visione della vita intesa come un enigma, che fa vacillare le nostre certezze e che, se viene presa troppo sul serio, finisce per generare un'angoscia incontrollabile. Il mondo viene dipinto come una gigantesca trappola: i personaggi si muovono costantemente in spazi ostili, enigmatici, labirintici, dai quali è necessario fuggire.

Vi è tuttavia una rappresentazione comica della realtà; si tratta infatti di un'opera di intrattenimento che ha però anche lo scopo di criticare i costumi e la mentalità del tempo.




La Cena di Trimalchione


È il frammento più corposo dell'opera (è costituita da ben 52 capitoli, tanto che può benissimo essere considerata un'opera a se stante).

Nel brano si descrive la famosa cena organizzata dal liberto Trimalchione, alla quale partecipano i vari personaggi dell'opera: Encolpio, Ascilto, Eumolpo, Gitone e il rétore Agamennone.

La descrizione del banchetto è caratterizzata da una forte teatralità ed ostentazione: il susseguirsi di portate è infatti presentato in modo stupefacente ed ingegnoso da parte dell'autore, tanto che la cena stessa può essere paragonata ad una sorta di spettacolo teatrale.

Al convito partecipano anche altri personaggi, dalla personalità ben definita, sui quali prevale però la figura di Trimalchione. Egli è un personaggio esuberante, che ostenta la propria ricchezza, e la cultura che in realtà non possiede. Il suo gesto è spinto dal bisogno di compensare le sofferenze e le umiliazioni subite in passato, quando si trovava ancora nella condizione di schiavo. Questo esibizionismo nasce quindi da un complesso di inferiorità, che lo rende una figura patetica. L'autore, in effetti, attraverso le parole ironiche di Encolpio, ce lo fa apparire come una sorta di caricatura.

Dal punto di vista linguistico questo documento costituisce senz'altro un'importantissima testimonianza, in quanto attesta il linguaggio usato dai liberti nella loro quotidianità. La conversazione, seppure scorretta dal punto di vista grammaticale, risulta tuttavia molto diretta e viva.


La Larva Argentea


È questo uno dei momenti della cena di Trimalchione, tipico esempio di prosimetro (fusione tra parti in versi e parti in prosa).

Nel Satyricon i concetti di vita e morte appaiono spesso in relazione tra loro, e risultano separati da un confine molto sottile. In questo brano il suddetto confine è rintracciabile in 2 fasi:


Nella prima parte, quando viene pronunciata la frase "vita vinum est"; qui l'autore si sofferma sul valore vitale del vino. Si tratta tuttavia di un'espressione ambigua: il soggetto è infatti poco definito, tanto che può essere interpretata indistintamente come "la vita è vino" oppure "il vino è vita".

Il vino di cui si fa menzione è il vino Opimiano, noto per il suo grande pregio, e così chiamato perché creato al tempo del console Opimio (121 a.C.). Questo vino, di cui parlerà anche Plinio, ha 200 anni. Trimalchione lo definisce tuttavia centenario in quanto al tempo 100 era un numero simbolico ed indicava una cifra elevata, che ricopriva più o meno l'estensione massima della vita di un uomo. Anche in questo caso, dunque, vi è un richiamo alla vita umana.

Nella seconda parte, quando il servo porta in tavola lo scheletro,la larva argentea, agitandolo. Lo scheletro è infatti l'emblema della morte ed esso viene posto in un luogo decisamente improprio, ovverosia sulla mensa, assieme al cibo, luogo che assicura invece la conservazione della vita.

Quello descritto, inoltre, è uno scheletro particolare, di tipo meccanico, automatico. Con questo tipo di raffigurazione si vuole mettere in luce il carattere finto e morto delle marionette, le quali altro non sono che marchingegni che imitano la vita.

Il termine larva, infine, indicava nel passato lo spirito inquieto, la presenza inquietante dei defunti. La larva meccanica qui descritta, dunque, evoca vari gradi di rappresentazione della morte e della precarietà umana.


I versi finali (2 esametri ed 1 pentametro) sono una riflessione sulla morte ed un'esaltazione alla vita e a coglierne le gioie. Un tema, questo, ripreso anche da Catullo ("viviamo e amiamoci oh mia Lesbica") e da Lorenzo dei Medici, detto il Magnifico ("Quant'è bella giovinezza").







Una Storia di Licantropia


Durante la cena, uno degli invitati, Nicerote, prende la parola, riportando un episodio di cui è stato protagonista. Col suo racconto egli compie una dissimulazione letteraria di tematiche e linguaggi narrativi di tipo popolare. Con l'intento di ricreare l'effetto di una narrazione folkloristica, Petronio sceglie la tematica del lupo mannaro, assai cara alla tradizione popolare. Il linguaggio è quello tipico di un liberto, ed abbonda quindi di volgarismi, grecismi, modi di dire e proverbi di sapore popolare. Si tratta tuttavia di un racconto sapientemente organizzato, articolato in 2 sequenze:

Nella prima parte si descrive il terrificante viaggio notturno compiuto da Nicerote attraverso la campagna, fino a trovare rifugio nella casa di Melissa.

Nella seconda parte viene invece descritto il rientro di Nicerote la mattina seguente e l'accertamento dell'identità dell'uomo-lupo come il soldato che l'aveva scortato la sera prima. Nella storia, infatti, il lupo verrà ferito e nella ritrasformazione tale mutilazione permane; grazie ad essa il licantropo può dunque essere riconosciuto.


Nel brano ritornano molti elementi legati a credenze magico-religiose, come ad esempio:

la presenza della luna piena, presupposto per la trasformazione del licantropo



il rituale magico dell'orinare attorno ai vestiti

la trasformazione dei vestiti in pietra

la credenza che durante la notte le strade siano percorse dagli spiriti dei defunti ( nell'antichità, infatti, i cimiteri erano posti lungo le principali strade di acceso alla città)


Questo racconto ricalca le impostazioni tradizionali che ritroviamo in autori come Plinio il Vecchio, il quale, nel Naturalis Historia, narrava che presso gli Arcadi vigeva l'abitudine di condurre i membri di una certa famiglia presso uno stagno; qui, questi si spogliavano dei propri vestiti, li appendevano ad una quercia e si tuffavano in acqua, trasformandosi in lupi. Da quel momento in poi erano destinati a vagare nei boschi per 8 anni e, se allo scoccare del 9^ anno non avevano ucciso nessun uomo, potevano allora riprendere l'aspetto umano.

Come si può ben vedere, dunque, questo racconto ha alcuni elementi in comune con quello di Nicerote:

l'uomo-lupo che si toglie i vestiti

la presenza dell'elemento acquatico nel momento della trasformazione (stagno-urina)

la reversibilità del processo


La tematica dell'uomo-lupo percorre un po' tutta la nostra cultura, dal mondo romano, al Medioevo, all'epoca moderna. Alla base di queste storie vi era e vi è tuttora la paura dell'avere a che fare, nel quotidiano, con persone che hanno una duplice personalità.


La Matrona di Efeso


Si tratta di una novella raccontata da Eumolpo mentre è in viaggio sulla nave di Lica. In questa parte del romanzo il poeta si scaglia contro la leggerezza femminile, in quanto le donne, innamorandosi, si scordano di tutto il resto. Ed è proprio a sostegno di questa tesi che Eumolpo narra le vicende della Matrona di Efeso.

Per la stesura di questo brano, Petronio prende spunto anzitutto dalle Fabulae Milesiae, famose per il loro carattere erotico-licenzioso ed antifemminista.

Per quanto concerne i personaggi, pur non possedendo un grande spessore psicologico, essi ricalcano le figure tipiche della commedia greca (in particolare plautina) e romana. Ritroviamo infatti:

il soldato conquistatore, che corteggia le donne

la vedova sconsolata

la serva della vedova


Tra i modelli a cui Petronio si rifà spicca anche Fedro, nelle cui raccolte favolistiche era già emersa la vicenda erotica della vedova addolorata.

Molti sono anche i parallelismi con l'Eneide di Virgilio, che Petronio riprende, tuttavia, con un intento parodizzante: egli recupera l'illustre modello virgiliano interpretandolo in chiave parodica, e facendo subire alla materia trattata un forte abbassamento.

Il motivo di tale degrado è l'incapacità per Petronio di credere ancora nei valori in cui poteva confidare invece Virgilio. Tale parodia, insomma, è legata alla crisi culturale che sta attraversando la società romana del tempo, un'epoca in cui le convinzioni prese per buone fino a quel momento vengono rimesse in discussione, ed i valori, ormai svuotati dei loro contenuti, vengono vissuti in modo sterile.

Ma vediamo quali sono questi parallelismi:

dietro alla figura della Matrona vi è sicuramente l'immagine di Didone.

il soldato è paragonato ad Enea

la figura nuova rispetto alla tradizione è invece quella della serva, l'ancella fidata della vedova, che le fa compagnia nel sepolcro. La critica ha voluto vederci dietro Anna, sorella di Didone. Come Anna, infatti, lo scopo dell'ancella è quello di consolare la vedova e di esortarla a riprendere a vivere


Vi è tuttavia una sostanziale differenza fra l'innamoramento tra Didone ed Enea e quello tra la vedova ed il soldato. In questo racconto è infatti la situazione a creare l'occasione: i due personaggi non si conoscevano e l'innamoramento viene favorito dal contesto. Nell'Eneide, invece, l'innamoramento di Didone per Enea era già noto.







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