Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

TORQUATO TASSO - LA VITA E LE PRIME OPERE

letteratura




  LA VITA e le prime opere


Torquato Tasso nasce nel 1544 a Sorrento, da Porzia de' Rossi e da Bernardo, cortigiano e letterato, appartenente a una nobile famiglia di Bergamo e autore di un poema cavalleresco l'Amadigi. Tasso avrà sempre un felice ricordo della sua prima infanzia trascorsa fra Sorrento e Napoli. Appena decenne, raggiunge il padre a Roma, lì in esilio al seguito del principe Ferrante San Severino, espulso dal reame di Napoli per l'accusa di tradimento. Da Roma, Tasso si reca a Bergamo presso la famiglia paterna e poi di nuovo si ricongiunge con il padre , nel 1557 a Urbino al servizio di Guidobaldo della Rovere. Nella raffinata cornice letteraria di questa corte ha modo di perfezionare la propria educazione.




Trasferitosi con il padre a Venezia nel 1559, nell'atmosfera di una città impegnata nella guerra contro i turchi, concepisce il primo bozzo del suo poema sulla prima crociata (Gierusalemme). In questi anni segue allo Studio padovano i corsi di diritto e filosofia, che interrompe per frequentare le lezioni nell'università di Bologna. Questa esperienza si conclude con l'espulsione dall'Ateneo per aver scritto una satira contro i professori e contro gli studenti. Tornato a Padova inizia la stesura dei "Discorsi dell'arte poetica". Grazie all'amico letterato Scipione Gonzaga viene accolto all'accademia padovana degli Eterei.


I rapporti con la corte estense


Dopo la morte del padre nel 1570 Tasso accompagna in un viaggio in Francia il cardinale Luigi d' 555f58f Este presso il quale prestava servizio da cinque anni e a cui aveva dedicato il Rinaldo. Inizia la storia dei difficili rapporti del poeta con la casa d'Este. Tornato dal viaggio, si congeda dal cardinale e passa al seguito del duca Alfonso II d'Este, il quale gli conferisce un ruolo di prestigio tra i suoi cortigiani. Nel 1573, per Alfonso II, scrive e rappresenta l'Aminta e abbozza una tragedia Re Torrismondo (1587). Egli lavora presso gli estensi dal 1570 al 1575 ma sente crescere l'insoddisfazione per l'ambiente in cui vive, è sempre più scontento del rapporto con il duca e è insicuro del successo delle proprie opere.


La follia, la reclusione


Nel 1575 l'equilibrio interiore del poeta si spezza: conclusa la Gerusalemme, comincia una interminabile e tormentasa revisione del poema. Rimandandone continuamente la stampa, invia il testo a uomini di chiesa e a dotti letterati con lo scopo di sollecitare il loro parere. Il giudizio risulta largamente positivo ma quando gli arrivano le critiche insistentemente richieste, egli si indigna. Lo turbano soprattutto i rilievi che riguardano l'erotismo presente nel poema. Nel 1576 scrive un'Allegoria del poema, in cui giustifica gli episodi amorosi presenti nell'opera attribuendo loro un significato allegorico. Nel 1577 si sottopone spontaneamente all'esame dell'Inquisizione di Ferrara come sospetto di eresia. Viene assolto, ma  non convinto, cerca di far verificare la propria ortodossia anche dall'inquisizione di Roma suscitando l'irritazione del duca. L'instabilità emotiva, il disagio, il turbamento del poeta, che sono la causa reale di questi comportamenti ne escono aggravati. Il duca Alfonso ottiene che il poeta si ritiri nel convento di S. Francesco ma Tasso riesce a fuggire da Ferrara. Ritornato a Ferrara nel 1579 per le nozze del duca, ritiene che di essere stato accolto con freddezza e si lascia andare a una drammatica scenata che si conclude con la reclusione per sette anni nell'ospedale dei pazzi si S. Anna per ordine del duca. Dopo un periodo di isolamento gli viene concesso di continuare a studiare e a scrivere. In questo periodo scrive un grande gruppo di rime e di epistole e la maggior parte dei Dialoghi.


Le polemiche e l'amarezza degli ultimi anni


Nel frattempo la Gerusalemme Liberata era stata stampata senza l'autorizzazione dell'autore ottenendo un grandissimo successo (1580). Le edizioni si susseguono sempre senza essere autorizzate privando Tasso dei guadagni. In tutta Italia infuriano le polemiche sul poeta e le discussioni si prolungano per decenni. Nel 1586 Tasso lascia l'ospedale e stanco e deluso lascia la corte dei Gonzaga cercando ospitalità. Tra il 1590 e il 1591 lavora alla revisione della Gerusalemme e nel 1593 affida alle stampe il suo poema con il titolo modificato in Gerusalemme conquistata. Mentre attende l'incoronazione letteraria sul Campidoglio le sue condizioni di salute si aggravano, e muore nel convento di S. Onofrio a Roma nel 1595.



  LE OPERE MINORI


Il Rinaldo (1562)


L'esordio pubblico di Tasso fu il Rinaldo, un breve poema cavalleresco che narra in 12 canti la gioventù del paladino. Dopo aver assimilato la lezione di Ariosto, riduce la complicazione dell'intreccio incentrandolo in un unico protagonista, elimina i proemi e i versi di congedo dai singoli canti, lo distingue dal modello di Ariosto anche la mancanza di ironia. Quel che si può apprezzare nel Rinaldo, è un giovanile entusiasmo di amore e di gloria.


Le Rime


Nell'arco della sua vita Tasso scrisse oltre duemila poesie liriche ispirate alle più diverse occasioni. Il poeta inseguì a lungo il progetto di ordinare questa produzione in una raccolta organica di tre volumi: rime d'amore, rime di encomio (lode), rime di argomento religioso. Nel 1591 e nel 1593 riuscì a far stampare solo i primi due. Nelle rime amorose, Tasso si attiene al codice di Petrarca, ma lo arricchisce con tematiche più varie e toni sentimentali e sensuali più accesi. Colpiscono soprattutto i madrigali (genere poetico per musica che nel 500 aveva assunto la forma di una breve strofa di endecasillabi e settenari liberamente alternati e rimati, conclusi da una rima baciata). I madrigali di Tasso, musicati dai maggiori compositori del tempo, hanno già nel testo una vocazione musicale. Le Rime di encomio o di supplica sono meno interessanti ma in alcune si esprime l'immagine di un uomo straziato dalla mala sorte che cerca pace e un ricongiungimento con Dio.


I Dialoghi (1579-1586)


Tasso ha lascito 26 dialoghi scritti in buona parte nel periodo di S. Anna. Essi mettono in campo personaggi contemporanei e l'autore stesso (sotto lo pseudonimo di "Forestiero Napolitano", che allude alla sua condizione di senza patria) a discutere svariati argomenti filosofici e di costume: l'amore, l'amicizia, la virtù, la corte, la pace, fino ad aspetti della vita di società come il gioco o l'uso di mascherarsi.


Il Torrismondo


A Mantova, nel 1586-1587 terminò una tragedia Re Torrismondo che non fu mai messa in scena. Su un cupo sfondo nordico, sceneggia un conflitto tragico tra amore e amicizia. L'opera è debole dal punto di vista teatrale in quanto è piena di lunghi monologhi.




  L'AMINTA


Trama  


Il pastore Aminta ama Silvia, la quale tutta dedita alla caccia e al culto di Diana non ne vuole sapere. Accanto alla coppia protagonista compaiono due consiglieri più anziani con una visione maliziosa e disincantata dell'amore che cercano di favorire un esito felice: Tirsi spinge Aminta a vincere la timidezza, Dafne cerca di convincere Silvia ad abbandonare la sua ritrosia. La situazione si muove quando Silvia, mentre va a bagnarsi in un ruscello viene aggredita da un satiro che la vuole violentare; sopraggiunge Aminta che mette in fuga il satiro, ma Silvia invece di essergli grata fugge, imbarazzata di trovarsi nuda di fronte a lui. Più tardi viene trovato un velo di Silvia insanguinato in mezzo a un branco di lupi per cui si crede che sia stata sbranata. Aminta disperato corre ad uccidersi buttandosi in un burrone. La notizia commuove Silvia che dalla pietà passa all'amore. Si viene a sapere poi che Aminta non era morto cadendo su dei cespugli e la storia ha un lieto fine tra un matrimonio tra i due. 


I motivi fondamentali


L'Aminta rappresenta un momento unico di ispirazione serena e felicità creativa nella travagliata carriera politica di Tasso. È un testo teatrale scritto nel 1573 su commissione della corte estense e rappresentato con grande successo in un'isola sul Po'. Il genere è la favola pastorale. La struttura segue i canoni cinquecenteschi: divisione in cinque atti, unità di tempo e di luogo. Il metro dei dialoghi è un'alternanza libera di endecasillabi e settenari mentre alla fine do ogni atto compare un coro che ha la forma di una canzone o di un madrigale destinato ad essere cantato. Per il pubblico di corte, un ulteriore elemento di interesse era dato da una serie di allusioni a personaggi dell'ambiente che per noi sono comprensibili solo in parte. Gli eventi drammatici non sono rappresentati in scena ma raccontati da che vi ha assistito. Il fascino che l'Aminta esercita sul lettore sta nel sottile equilibrio tra raffinatezza cortigiana e aspirazione a una vita ingenua e infelice. I sentimenti e i rapporti umani sono semplici ed espressi con franca ingenuità; soprattutto l'erotismo appare libero e candido.


Il coro dell'atto primo tra edonismo rinascimentale e morale controriformistica


Il tema centrale del coro è il rimpianto per la scomparsa dell'età dell'oro, rappresentato dal semplice ambiente dei pastori. La prima strofa richiama tutti gli elementi che costituiscono l'età dell'oro fissata dai poeti classici, Virgilio, Orazio, Tibullo: la terra che dà spontaneamente i suoi frutti senza essere coltivata, in una lieta abbondanza che esclude il lavoro e la fatica; una natura mite e benigna che ignora la violenza e il male e consente agli uomini una perpetua primavera senza affliggerli con il caldo ardente e con il gelo. L'elemento caratterizzante l'età dell'oro era la libera affermazione dell'istinto erotico, il trionfo del piacere dei sensi senza divieti (è lecito ciò che piace). Questa immagine, che Tasso delinea delle libertà amorosa primitiva, coincide pianamente con la visione naturalistica e edonistica del rinascimento. Nel Tasso vi è la chiara consapevolezza dell'impossibilità di recuperare quel mondo, della perdita definitiva di quella gioiosa libertà, di un'irreparabile cacciata dall'Eden. È la consapevolezza del fatto che una stagione della civiltà è finita e che la realtà è ormai regolata da leggi diverse, più dure che generano sofferenza e pena. In effetti, al libero edonismo della civiltà rinascimentale era subentrato il clima della controriforma con il suo rigido moralismo. Tasso non fa alcun cenno a leggi etico-religiose che vietano la libertà dei sensi. Non è il peso dei divieti controriformistici che il poeta contrappone al gioioso edonismo rinascimentale.



  LA GERUSALEMME CONQUISTATA


La nuova e ultima configurazione del poema, intitolata Gerusalemme conquistata, si differenza dalla Liberata sia dal punto di vista formale (linguaggio più aulico e maggiore sonorità del verso), sia dal punto di vista strutturale e del contenuto. L'opera riformata viene pubblicata nel 1593, seguita dal "Giudizio sovra la sua Gerusalemme", prosa critica in cui Tasso giustifica i rifacimenti. In questa opera, Tasso elimina o riduce gli episodi erotici, amplia le parti di contenuto religioso e morale, aggiunge scene di battaglia. Il poema viene ad essere in ventiquattro libri sull'esempio dei poemi omerici. La nuova versione fu poco letta e ristampata, e il pubblico e la critica hanno continuato a considerare la Gerusalemme liberata come il vero poema di Tasso.




  LA GERUSALEMME LIBERATA


Genesi, fasi della composizione e principi di poetica


La composizione del poema impegnò Tasso dall'età di 15 anni fin quasi alla morte e si accompagnò alla riflessione teorica, alla discussione coi critici, alla ricerca di principi che giustificassero le proprie scelte: Tasso non è un poeta spontaneo, ma critico e autocritico, consapevole di ogni minimo aspetto del proprio lavoro.

La genesi del poema risale agli 1559-60,quando il giovane Tasso si trasferisce a Venezia con il padre Bernardo. Il primo abbozzo, intitolato Gierusalemme, preannuncia una scrittura eroica innovativa.

Il poema come noi lo leggiamo è quello che piacque maggiormente al pubblico e fu composto a Ferrar nel decennio 1565-1575 con la dedica ad Alfonso II d'Este. Rispetto al primo abbozzo, i venti canti della Liberata, presentano una maggiore capacità di delineare l'animo dei personaggi e di dare vita a grandi figure e ai loro drammi interiori di guerra e d'amore, di solitudine eroica e di morte. L'edizione conclusiva è del 1581.


L'ambizione di Torquato era quella di creare un poema eroico adeguato alle istanze più rigorose della cultura del suo tempo. Fin dagli anni 1562-64 quando, pubblicato il Rinaldo, riprendeva il progetto di un poema sulla prima crociata, scrisse un trattato di arte poetica che pubblicò nel 1594 col titolo "Discorsi del poema eroico". Il problema che affronta è di conciliare i canoni aristotelici e controriformistici di fedeltà al "vero" storico, razionalità, moralità, unità, a cui aderisce in pieno, e l'esigenza di varietà dell'invenzione, di apertura di elementi magici e amorosi, che sa necessari al "diletto" senza il quale non si seduce il lettore e non si fa poesia. La materia del poema deve avere un fondamento storico, ma il concetto "di verisimile" permette al poeta di inventare liberamente particolari; l'elemento "meraviglioso" (soprannaturale e magia) è ammesso a patto che sia credibile per un cristiano e sia riferito a interventi divini o diabolici; gli episodi che variano la "favola" (la trama) sono necessari ma a condizione che uno sia il poema, una la forma e una l'anima.


La trama


Poema in venti canti di ottave, sulla prima crociata, composto fra il 1565 e il 1575 circa. L'azione comincia nella primavera dell'ultimo anno di guerra, quando i crociati hanno eletto loro capo Goffredo di Buglione e marciano verso Gerusalemme, difesa da Aladino. Al racconto propriamente epico dell'assedio, che fra varie difficoltà si protrae per circa tre mesi, s'intrecciano patetiche storie d'amore: della fanciulla Erminia per Tancredi, di Tancredi per Clorinda che l'eroe cristiano uccide in duello non avendola riconosciuta, di Armida e Rinaldo, per non dire del significativo episodio di Olindo e Sofronia nel canto II. Gli ostacoli maggiori alla vittoria cristiana sono posti, oltre che dal valore di guerrieri pagani quali Argante e Solimano, dall'incantesimo fatto dal mago Ismeno alla selva da cui i cristiani dovrebbero prendere legname per le loro macchine di guerra, da una spaventosa siccità e, prima di tutto, dalla diserzione di Rinaldo. Questi infatti, venuto a contesa con Gernando di Norvegia, lo uccide e per sottrarsi alla giusta punizione abbandona l'esercito e finisce per cedere agli incantesimi di Armida, la bellissima maga che era venuta nel campo dei crociati per distogliere dalla guerra il fiore degli eroi. Dal luogo di delizie creato per lui da Armida nelle Isole Fortunate, Rinaldo viene però distolto da Carlo il Danese e Ubaldo. Egli ritorna così all'impresa, cui è chiamato per destinazione divina, come già Achille all'assedio di Troia; ma Armida, da incantatrice divenuta una infelice donna innamorata, giura la vendetta. Avvenuta la purificazione dell'eroe sul monte Oliveto, si combatte intorno a Gerusalemme la battaglia decisiva, che dà la città santa in mano ai crociati: Rinaldo si riconcilia con Armida e dalla loro unione discenderà la stirpe degli Estensi; Goffredo scioglie il voto entrando nel tempio di Gerusalemme e deponendovi le armi. Anticipato dalle centosedici ottave del giovanile Gierusalemme, il poema del Tasso venne pubblicato, contro la volontà dell'autore, in forma scorretta e pietosamente mutilato da Celio Malespini a Venezia nel 1579. Due edizioni complete e corrette vennero procurate l'anno seguente da Angelo Ingegneri, al quale si deve il titolo di Gerusalemme liberata.


Personaggi


I personaggi della Gerusalemme liberata fanno una complessità psicologica nuova rispetto alla tradizione cavalleresca. Goffredo, saggio e devoto duce dei guerrieri cristiani e protagonista ufficiale del poema è immobile nella sua perfezione; ma gli altri eroi hanno un proprio spessore e una propria storia: Rinaldo è l'ideale giovanile e a amor di gloria, impulsivo quando si perde dietro le seduzione di Armida e quando si pente e ritorna campione della fede; Tancredi è un personaggio "notturno", tutto assorto nel suo amore impossibile e impietrito dalla conclusione tragica. I due principali guerrieri infedeli, Argante e Solimano, sono animati da una furia barbarica e di grandiosità, ma hanno anche una tensione tragica. Le figure femminili sono delineate con particolare sensibilità: Armida, inizialmente maga e poi donna innamorata e abbandonata, combattuta tra il desiderio di vendetta e la sottomissione dell'amato; Clorinda, guerriera valorosa che ha improvvisamente toni di dolcezza celestiale nel momento della sconfitta e della morte; Erminia, fragile e indifesa, smarrita in un mondo ostile con il suo segreto d'amore.


Temi principali


Tasso riprende l'argomento della prima crociata, già abbozzato nel Gierusalemme, utilizzando fonti storiche del XII secolo. Egli intende realizzare un poema eroico adeguato alle attese dei moderni e con forme ai modelli dell'epica classica dell'Iliade e dell'Eneide, affinché divenga il poema nazionale della nostra letteratura. La scelta del tema della crociata per liberare il Santo Sepolcro risponde alle esigenze politiche ideologiche legate alla lotta contro gli infedeli, particolarmente vive nell'età della controriforma.

Questa scelta risponde al desiderio di unire il motivo epico quello religioso e viene incontro a una aspirazione molto sentita in un'epoca che avvertiva sempre più la minaccia turca sull'Europa e che si entusiasmò per la vittoria di Lepanto del 1571. Fedele all'idea che il "verisimile" poetico dovesse fondarsi sul "vero" storico, il poeta si documentò sulle cronache medievali della crociata; così la vicenda rispecchia avvenimenti reali e i protagonisti cristiani sono personaggi storici, almeno quanto al nome. Il poema, dedicato al duca Alfonso II, è in venti canti per quasi duemila ottave. La trama è compatta, incentrata su alcuni filoni, con episodi variati ma sempre legati al tema principale.

Il tema prevalente è quello della guerra,ma si può trovare anche la religiosità, soprattutto quando i guerrieri, descritti come barbari e feroci, hanno momenti di pensoso ripiegamento, rendendo quindi la religiosità meno esplicita e di conseguenza molto più intima.


Visione del mondo e aspetti del bifrontismo tassesco


Nel poema troviamo la rappresentazione del bifrontismo tassesco, dato che Tasso nella corte è affascinato dal potere, dal lusso e dalla magnificenza, ma allo stesso tempo odia la rigidità e l'eccessiva autorità.

La fondazione del moderno poema eroico cristiano comporta l'attuazione, da parte di Tasso, di un'operazione letteraria non troppo dissimile da quella compiuta 250 anni prima da Dante con la Commedia: le strutture e i valori di una civiltà precedente vengono utilizzati e rielaborati secondo una prospettiva nuova che li rifonda e riqualifica.

Tasso deve operare sulla civiltà umanistico-rinascimentale la stessa azione di appropriazione dantesca, secondo la nuova prospettiva della cattolicità controriformistica.

La novità principale intervenuta dopo Dante è: rispetto all'individuo, il problema della dimensione interiore (psicologica e affettiva). La tensione non è più, come in Dante, tra l'individuo e una definita gerarchia di valori; ma si è spostata dentro l'individuo stesso, perché la sua interiorità si è allargata al punto da contenere il conflitto, da portarlo con sé e viverlo.

La modernità del modello proposto da Tasso sta in questa problematizzazione della dimensione interiore.

La dimensione geografica non è più quella favolosa della tradizione cavalleresca; ma piuttosto disegna una centralità del Mediterraneo ben rispondente allo scenario politico-militare del Rinascimento. E la stessa prospettiva militare allontana il più delle volte l'idealizzazione cortese e cavalleresca (presente anche in Ariosto) per aprirsi alla dimensione tragica della guerra vera, del dolore e dei mostruosi.

Dietro le tecniche ancora tradizionali di combattimento praticate nella Gerusalemme balena l'esperienza moderna delle armi da fuoco e della guerra di massa, con le relative carneficine.

La dimensione della guerra è quella che meglio definisce la prospettiva eroica del poema voluto da Tasso. Intanto, la condizione del conflitto evidenzia il carattere «perfetto» dei protagonisti, implicito, secondo la poetica tassesca, nella natura dell'eroismo. Perfezione significa qui esemplarità e radicalità: la guerra in quanto dimensione estrema conferisce evidenza a vizi e virtù, smascherando i compromessi e le finzioni, e soprattutto imponendo una soluzione al conflitto interiore degli individui.

La guerra è la condanna della condizione umana; e la sua assurdità viene amplificata dai tragici scenari delle tecniche belliche moderne. E' però solamente dentro questa condanna che il destino umano può realizzarsi, e il pericoloso conflitto interiore può oggettivarsi e risolversi. Tale concezione mostra la radicalità (e l'inclinazione socialmente pessimistica) del pensiero tassesco, al quale è estranea la prospettiva della mediazione.

Alla guerra può contrapporsi solamente una prospettiva di soluzione radicale dei conflitti (una soluzione perciò non storica, processuale, dialettica, relativa, mondana). Tale soluzione si disegna come dimensione affidata in prevalenza al tema dell'amore (sul tema dell'amore, e sulle ambivalenti rappresentazioni nel poema).


Lingua e stile


Il poema eroico come viene concepito da Tasso deve anzi abbracciare in modo costitutivo più dimensioni rappresentative e formali, proprio per poter adempiere in effetti la propria modellizzazione del mondo e per poter, d'altra parte, congiungere unità e varietà.

La varietà si definisce anche come compresenza di diversi registri espressivi e formali. Nel poema tassesco si ripropone dunque, per la prima volta dopo il severo monolinguismo petrarchesco, un pluristilismo. Questo rappresenta  il distacco dal modello formale di Petrarca e al richiamo dantesco.

Ma la distanza dalla Commedia è significativa: il pluristilismo di Dante risponde a un'istanza prevalentemente realistica, ed esprime dunque una forma di controllo, attraverso la rappresentazione, sul mondo; in Tasso la compresenza di diversi registri stilistici è invece il segno di una lacerazione, di una impossibilità di mediare stati d'animo contraddittori.

Un primo livello di tensione è tra raffinato magistero classico e tendenza alla forzatura, all'eccesso, allo smisurato, il che implica una carica di espressività in urto con la ricerca di compostezza classica. Anche da questo punto di vista, la proposta di un poema eroico cristiano, in quanto incontro di classico  e di moderno, sconta una contraddizione interna tra equilibrio ed inquietudine, tra idealizzazione ed esperienza mondana.

Il pluristilismo tassesco non abbraccia l'intera gamma delle possibilità, e ruota attorno ai due registri dell'epica e della lirica. L'epica e la lirica corrispondono alle due istanze fondamentali della scrittura di Tasso: quella eroica (orientata verso il sublime, l'equilibrio e la compostezza) e quella intimistica (orientata verso l'espressività più accesa e la raffigurazione psicologica).

Da una parte il linguaggio epico tassesco si costruisce sui maggiori modelli classici, nella ricerca di altezza e nobiltà espressiva; dall'altra la classicità di tale linguaggio è di continuo minacciata da qualcosa di eccessivo, di sproporzionato, di turbato.

I due momenti, inoltre, non sono semplicemente alternati, ma fusi in modo indissolubile e spesso anche con effetti contraddittori.

La frequenza, a livello stilistico, di simmetrie e di antitesi, di chiasmi e inversioni, di perifrasi e anafore testimonia l'agitarsi, nella scrittura tassesca, di quelle stesse tensioni manifestate dalla miscela lessicale.

L'endecasillabo è nella Liberata spesso sonoro e avvolgente, ma la sua autosufficienza musicale è sempre minacciata dalla scarsa o mancante corrispondenza tra respiro metrico e respiro logico-sintattico. Ne consegue una presenza eccezionale di enjambement, attraverso il quale arricchisce di effetti patetici e intensi la sonorità della propria pagina.




Dall'Aminta: Coro dell'atto primo (L'età dell'oro)


L'ispirazione dell'Aminta, ma anche la sua ambigua armonia strutturale, trova una conclusione simbolica in questo coro di pastori che chiude il primo atto. È il coro che inneggia alla mitica "Età dell'oro", uno stato di felicità in cui l'umanità viveva secondo natura, senza affanni e privazioni, godendo di un libero soddisfacimento dei bisogni e degli istinti.


Contenuto


Tasso sviluppa il motivo dell'Età dell'oro quale metafora di una concezione edonistica della vita, espressa con l'invito a un amore libero dal senso della colpa e da freni moralistici e con la condanna dell'onore cortigiano.


Forma


Questo, sembrerebbe in sintesi il messaggio ideologico del coro. Ma dalla sua dislocazione nell'intreccio della favola troviamo segnali contradditori da cui si ricavano diversi chiavi di lettura. Il coro è posto significativamente a conclusione del racconto di Tirsi-Tasso, e celebra il felice albergo della corte estense, dimora di cigni e sirene, ossia della poesia e del canto.




Dalla Gerusalemme Liberata: Canto I ottave 1-5 (Proemio: Il motivo encomiastico)


Nelle ottave che introducono il primo canto della Liberata, il poeta riprende lo schema retorico del proemio dell'epica classica, scandito nelle enunciazioni dell'argomento, invocazioni alla Musa e dedica al principe mecenate.


Contenuto


Il proemio svolge quindi tre nuclei tematici:

Nella parte introduttiva viene esposto l'argomento del poema: la lotta pietosa per liberare il Santo sepolcro, le forze ostili dell'inferno e dei turchi che si oppongono, la vittoria finale ottenuta con l'appoggio del cielo.

Nell'invocazione alla Musa Tasso spiega le ragioni del poema eroico in cui la storia si mischia con l'invenzione; inoltre dà alla Musa il significato di un'intelligenza angelica per giustificare la conciliazione fra il rigido cattolicesimo controriformistico e l'uso della mitologia pagana imposto dal gusto classicistico.

Nella dedica Tasso sviluppa il tema encomiastico. Alfonso II d'Este, duca di Ferrara, ha il merito di aver accolto e ricoverato il poeta "peregrino errante" e naufrago perseguitato dalla fortuna. Il tema encomiastico si amplia sovrapponendo la figura si Alfonso a quella antica di Goffredo di Buglione, la recente lotta con i turchi e la vittoria di Lepanto vengono sovrapposte all'antica crociata di Gerusalemme.


Forma


Le tre sezioni in cui il proemio è diviso (protasi, invocazione, dedica) sono un elemento strutturale che deriva dall'epica classica e in esse Tasso sviluppa un complesso gioco di simmetrie e corrispondenze.


Significato culturale


Il poeta rappresenta un'arte e gode di prestigio, come il capitano, il medico e il signore; ma si identifica anche, in relazione alla propria esperienza biografica (poeta naufrago) con i personaggi dell'infermità e dell'errore (i compagni erranti e il fanciullo infermo). Il proemio offre la chiave di lettura dei percorsi ideologici del testo, che muovono da una condizione di negatività, di errore verso la ricomposizione unitaria della norma morale e dell'autorità.




Dalla Gerusalemme Liberata: Canto XII, ottave 58-69 (la morte di Clorinda)


Incendiata la torre di assedio dei cristiani, Clorinda e Argante tornano verso Gerusalemme. Nella confusione, Clorinda resta chiusa fuori dalle mura della città: nascosta dall'armatura, Tancredi la scambia per un guerriero e sfidata a duello la uccide.


Contenuto


L'episodio è scandito in due sequenze narrative. La prima svolge il tema del duello notturno fra Clorinda e Tancredi che dura fino al primo albeggiare; la seconda, quella della morte di Clorinda. Nel duello si fondono i temi di amore e morte. La presenza del tema erotico, fatto di sensualismo e allusioni, è affidata da una serie di espressioni relative al combattimento. Il tema della morte compare nel duello come presentimento di un evento imminente. La voce del narratore preannuncia il rifiuto di Clorinda di dire il proprio nome, il quale blocca definitivamente ogni possibile esito diverso. Morte, conversione e redenzione di Clorinda costituiscono un unico blocco tematico: è affidato prima alle parole di perdono della donna morente, poi alla scoperta da parte di Tancredi, che il guerriero ferito a morte è in realtà la donna amata, infine alla voce del narratore che descrive la dolce e lieta morte dell'eroina dando maggior rilievo il tema religioso della pace del perdono.


Forma


In ciascuna della sequenze narrative si nota la presenza dell'autore che fa sentire la propria voce per indicarne gli sviluppi futuri. Nella prima sequenza si rivolge a Tancredi e gli preannuncia il dolore che deriverà dalla soddisfazione di aver ferito il suo avversario misterioso. Nella seconda sequenza il narratore avverte il lettore che siamo giunti alla svolta fatale e che Clorinda ormai deve morire.





MARILENA C.







Privacy




Articolo informazione


Hits: 5570
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024