Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

Ricerca Giuseppe Ungaretti

letteratura



Ricerca


Giuseppe Ungaretti


Poeta (Alessandria, Egitto, 1888-Milano 1970).

Di famiglia toscana, dopo aver trascorso in Egitto l'infanzia e l'adolescenza, passò molti anni a Parigi, a contatto con le prime avanguardie novecentesche e con i grandi temi del simbolismo e della "poesia pura".

Partecipò alla prima guerra mondiale, combattendo in Italia e in F 444h74e rancia: e già aveva compiuto le prime prove poetiche sulla "Voce" e su "Lacerba".

Poco prima della seconda guerra mondiale fu chiamato a insegnare lettere italiane all'università di Sao Paulo, in Brasile; dal 1942 insegnò letteratura italiana moderna all'università di Roma.



L'apparizione dei primi libri di Ungaretti, Il porto sepolto (1916) e Allegria di naufraghi (1919) - e si ricordino anche le poesie francesi de La guerre (1919) -, costituì uno dei momenti decisivi della formazione della poesia italiana contemporanea: in folgoranti illuminazioni contemplative, in visioni d'anima tese fino allo spasimo, soprattutto nell'altissimo diario di guerra, Ungaretti incideva una poesia essenziale, molto al di là delle forme retoriche dell'immediata tradizione ottocentesca e del primo Novecento, fra Carducci, Pascoli, D'Annunzio, i crepuscolari, i futuristi, tutta raccolta nella parola raccolta-immagine, liberata da ogni decorazione e da ogni peso di consuetudine letteraria e sociale, per una pronuncia immediata, fortissima, nuova e vergine, pura sostanza la cui sintassi è il ritmo stesso dell'espressione.

Erano brevi componimenti: paesaggi parigini o toscani, la guerra del Carso, illuminazioni cosmiche, interrogazioni religiose, constatazioni fulminee dell'anima e della vita, il pensiero della morte, contesti di essenziali sequenze di parole-verso, scandite con un'intatta forza nella nudità estrema della dizione, che sottolineava ancor di più l'unione di semplicità vergine dell'espressione e di folgorante struttura analogica.

Ungaretti distruggeva il verso tradizionale, e portava alle conseguenze estreme il principio della metrica come dato espressivo e non soltanto tecnico, identificava la parola con il verso, l'istantaneità del grado con la durata del metro; e il maggiore sforzo stilistico si appuntava nella potatura di tutte le forme di congiunzione, di subordinazione, di discorso logico continuato, di esplicazione delle immagini, e nel respingere la lingua letteraria come corpus di nozioni grammaticali e sintattiche, per lasciare sussistere solo l'essenzialissima sintassi della visione, del diario dell'uomo fra cielo e terra, itinerante nelle pene e nel dolore, prosciugato, disseccato come la pietra del Carso della precarietà, dalla lacerazione della guerra, intriso del pensiero della morte.

Parve un'innovazione rivoluzionaria nella tradizione italiana: ma, in realtà, Ungaretti cercava un modo nuovo di esprimere il sentimento nella sua forza piena e compiuta, tutto teso alla confessione dell'uomo al centro dell'universo, al quale ogni vicenda della natura è riportata, e ogni cosa esiste solo per lui, la sua pena e i suoi slanci, i dolori e le illusioni ritrovandosi negli oggetti solo per illuminarsi meglio in essi nel riporto costante e insistito dall'esterno all'interno dell'uomo: non, quindi, una rappresentazione nuova dell'uomo nel mondo (il mondo convulso, in crisi, dostrutto, incomprensibile, non più dominabile dall'uomo, quale appare nella poesia contemporanea), ma il tentativo di ripetere gli antichi, splendidi trofei poetici dell'espressione patetica, di ricostruire in modo diverso la tradizione petrarchesca, di rimettere ordine fra le cose, secondo le misure del passato (e Ungaretti approderà, infine, a una visione religiosa del mondo: non però secondo la religiosità esistenziale di questi anni, ma secondo l'ordine medievale e controriformistico), di ricostruirne le gerarchie secondo una visione antropocentrica.

Il diario di Ungaretti è ancora una volta quello petrarchesco di sentimento sublimato a nozione sola e assoluta: e, allora, anche la frantumazione del verso appare nella sua vera luce di tentativo di spezzare e dividere l'endecasillabo e il settenario classico per risentirne nuovi gli accenti, di nuovo vergine il ritmo interiore, e il verso-parola si rivelerà come endecasillabo in nuce, la frantumazione sfocerà nella restaurazione completa delle forme tradizionali.

Già le varianti del Porto sepolto e dell'Allegria di naufragi, testimoniate dalle edizioni successive (Il porto sepolto, 1923; L'allegria, titolo che resterà definitivo per la raccolta complessiva dei primi due libri di Ungaretti, 1931; 1936) testimoniano il lavoro ricostruttivo di Ungaretti, verso la tradizione petrarchesca (e il suo sarà un petrarchismo affocato, di crisi, con larghe venature barocche): ma la prova piena del carattere di ultima costruzione poetica sui fondamenti della più splendida tradizione retorica italiana (ed europea), e di un'ideologia antropocentrica che esprime da sé una poesia come confessione autocontemplazione patetica dell'uomo, dialettica a un'immagine di assoluto al di là delle cose su cui ogni atto si stampa definitivo, e ogni evento si spiega, a una luce divina a cui l'uomo si rivolge nell'invocazione del soccorso metafisico, si ha con il Sentimento del tempo (1933; nuova edizione, con varianti, 1936), il libro-chiave di Ungaretti, e anche l'opera più debole poeticamente, oscillante fra un gusto mitologico petrarchesco e parnassiano (con venature dannunziane) e il grido religioso, esasperato e disperato fra l'ornamento e la decorazione di un gusto analogico più barocco che simbolista, e non più ermeneutico, gnoseologico della natura vera delle cose, ma limitato alla raffinatezza compositiva, e la nudità della dizione patetica, in continuità, ma meno genuina, delle misure più alte dell'Allegria.

Ungaretti era venuto intanto traducendo dai testi classici del tardo petrarchismo europeo: da Gòngora, dai Sonetti di Shakespeare, da Racine (Traduzioni, 1936; XXII Sonetti di Shakespeare, 1944; 40 Sonetti di Shakespeare tradotti, 1946; Da Gòngora e da Mallarmé, 1948; Fedra di Jean Racine, 1950; Finestra del caos di Mùrilo Mendes, 1961; Visioni di William Blake, 1965; Anabase di Saint-John Perse, 1967; poi testi sparsi di Omero, Ponge, Pound, Lucrezio, Frénaud, Virgilio), testimoniando così sempre meglio la direzione del suo impegno ideologico e di poetica.

Nel Sentimento del tempo il ritorno all'endecasillabo è ormai quasi interamente avvenuto: il verso è ancora, per lo più, isolato, ma già appaiono le tradizionali sequenze di endecasillabi e settenari, con una qualche maggiore intensità interiore, un rafforzamento dei toni, che è l'esito nella fase della restaurazione, dello sforzo di risillabazione della parola compiuto nell'Allegria.

Con Il dolore (1947), Ungaretti ritorna al diario patetico, alla confessione (secondo il modello petrarchesco) della propria esperienza del sentimento, legando i sempre più alti splendori di un linguaggio continuamente investito dal grido appassionato dall'anima ai dati interiori di una biografia colpita duramente dalla morte del figlio ragazzo, durante gli anni di Sao Paulo, e del fratello, e a quelli esteriori della guerra, della rovina.

Sparisce così dalla poesia ungarettiana tutto ciò che di decorativo e di letteratamente un po' ozioso era nella restaurazione petrarchesca del Sentimento del tempo: dalla tradizione Ungaretti deriva la possibilità nel canto proprio al centro del dolore e dell'amore più accesi e tragici, riprende la lezione di una parola che è voce estrema e totale di sentimento, eppure appare come disincarnata in virtù di un innalzamento della sua espressione patetica al livello di una voce di assoluto, come se il diario del dolore e della morte fosse scritto per una lettura metafisica, la confessione fosse resa a Dio.

L'evento della guerra e quello familiare sono pronunciati, nel Dolore (e già lo stesso accadeva, ma in modo meno evidente, nell'Allegria), come dati di una vicenda ormai affidata a una contemplazione di là del tempo: la storia è cancellata nella sua realtà, il suo stesso linguaggio è negato nella parola tutta intrisa di tradizione letteraria, autorizzata e consacrata; e si ha l'immagine di un universo parmenideo dove Dio e l'uomo colloquiano, e altre possibilità di parola non esistono.

I versi successivi di Ungaretti, con un'insistenza sempre più accurata su forme metriche chiuse (rispunta la sestina, per esempio), portano a conseguenze estreme l'ideologia e il linguaggio del Dolore: La terra promessa (1950); Un grido e paesaggi (1952); Il taccuino del vecchio (1960); Apocalissi e sedici traduzioni (1965); Morte delle stagioni (1967: dove sono compresi l'accresciuto Taccuino del vecchio, l'intera Terra promessa e Apocalissi); con qualche esempio splendido di proclamazione psicologica, di diario del sentimento, soprattutto nei frammenti del poema drammatico La terra promessa, nel grande Recitativo di Palinuro, nei Cori descrittivi di stati d'animo di Didone, nelle Variazioni sul nulla, e anche con qualche caduta di gusto, come nel tentativo memoriale-narrativo del Monologhetto, o nell'Esercizio di metrica (in Un grido e paesaggi).

Così la poesia ungarettiana chiude il suo arco, chiarendosi definitivamente nel suo carattere di supremo ed estremo tentativo di essere voce dell'ordine antico, della gerarchia tradizionale dei valori poetici e umani, di ripetere ancora una volta i trionfi della più alta e luminosa retorica del sentimento, proprio nel momento più oscuro della crisi metafisica e storica dell'uomo contemporaneo, al centro del disordine e della divisione.

Di qui quel tanto di distaccato e di lontano che è in questa poesia: segno della sua eccezionale ambizione, ma anche della precarietà della sua illuzione, del grave debito con il suo tempo respinto e negato.

Non più che un "fatto privato" è Dialogo (1968), scambio di versi d'amore fra Ungaretti e Bruna Bianco.

Ungaretti è pure un prosatore colorito e acuto: Il povero nella città (1949) e Il deserto e dopo (1961).

Postumi sono stati pubblicati Saggi e interventi, a cura di M. Diacono e L. Rebay (1974), e Invenzione della poesia moderna.

Lezioni brasiliane di letteratura (1932-1942),a cura di P. Montefoschi (1984).




Privacy




Articolo informazione


Hits: 2589
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024