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LEOPARDI - VITA, IL PENSIERO

letteratura



LEOPARDI

VITA:

Nasce il 29 giugno del 1798 a Recanati.

Situazione famigliare: cattive condizioni patrimoniali, cultura attardata e accademica (biblioteca), ambiente bigotto e codino (reazionario), donna familiare dominata dalla madre.

A 10 anni non aveva più nulla da imparare e passò 7 anni nello studio del padre.

Tra il '15 e il '16 si attua il passaggio dall'erudizione al bello e viene a contatto per la prima volta con il Romanticismo.



Amicizia con Pietro Giordani (orientamento classicistico con idee democratiche e laiche).

Nel 1819 tenta la fuga da Recanati, ma viene scoperto. Il suo stato d'animo è di totale frustrazione e aridità.

Nel 1819 compie anche sperimentazioni letterarie.

Nel 1822 finalmente esce da Recanati: va a Roma, ma rimane deluso dall'ambiente.

Torna a Recanti nel 1823 e si dedica alle Operette morali, si dedica alla prosa.

Soggiorna a Milano e a Bologna e nel 27 va a Firenze; tra il 27 e il 28 va a Pisa, dove torna la vocazione poetica.

Nel 28 è incapace di mantenersi da solo e deve tornare a Recana 515b17f ti.

Nel 30 amici gli offrono un assegno mensile per un anno e lui se ne và. Incomincia un altro tipo di vita: stringe rapporti personali più profondi, incontra l'amore, stringe una forte amicizia con Ranieri, con cui rimane fino alla morte.

Nel 33 si stabilisce a Napoli col Ranieri e muore il 14 giugno del 1837.


IL PENSIERO:

La teoria del piacere è espressa nello Zibaldone nel 1820. Leopardi afferma che il piacere è la felicità materialisticamente intesa; l'uomo aspira al piacere, un piacere infinito per estensione e per durata.ma poiché nessuno dei piaceri dell'uomo può soddisfare questa pretesa, nasce un senso di insoddisfazione, un vuoto incolmabile. Pertanto nasce l'infelicità dell'uomo, il senso di nullità delle cose. Ma la natura benigna, attenta ai bisogni dell'uomo ha dotato la creatura delle illusioni, il rimedio grazie al quale l'uomo ha gli occhi velati dalla cruda realtà. In tal modo gli antichi che erano + vicini alla natura si illudevano di +, ed erano + felici ed in grado di compiere grandi gesta. Il progresso della civiltà e della ragione ha fatto scorgere all'uomo la vera realtà, allontanandolo dalle illusioni. Pertanto l'infelicità dell'uomo è causata da lui stesso. Questa concezione è definita pessimismo storico, poiché è l'effetto di un processo storico che ha allontanato progressivamente l'uomo dalla sua originaria situazione di felicità.


ANTICHI - NATURA

MODERNI - RAGIONE

Per L. i primitivi, gli antici Greci e i Romani, essendo più vicini alla natura erano capaci di illudersi e di immaginare, erano felici perché ignoravano la realtà infelice.

Erano capaci di azioni eroiche, più forti fisicamente, forti moralmente, vita più attiva e intensa, più grandi di noi nella vita civile e culturale.

La civiltà moderna costruita sulla ragione ha disincantato gli uomini e li ha resi infelici poiché li ha mostrato il vero.

Spegnendo le illusioni il progresso ha reso gli uomini incapaci di azioni eroiche, ha generato meschinità, egoismo, e si è allontanato dalla via tracciata dalla natura benigna.


LA POETICA DEL VAGO E DELL'INDEFINITO:

mediante l'immaginazione quindi l'uomo può immaginarsi il piacere infinito. La realtà immaginata è quindi la compensazione della noiosa realtà vissuta. Ciò che stimola l'immaginazione di una realtà parallela è tutto ciò che è indefinito, vago e ignoto. Nello Zibaldone Leo passa in rassegna tutto ciò che nella realtà vago, lontano. Si costruisce così una teoria della visione e contemporaneamente una teoria del suono, che comprende tutti i suoni che suggeriscono un'idea di vago. A questo punto la filosofia si aggancia alla poetica: il bello poetico corrisponde all'indefinito, al vago, all'ignoto. Inoltre aggiunge che tutto ciò che è vago, è suggestivo perché evoca sensazioni avute da fanciulli quando l'immaginazione era tanta. La rimembranza è un punto fondamentale della poetica: così la poetica del piacere e quella della rimembranza si fondono: la poesia non è che  il recupero della visione immaginosa della fanciullezza attraverso la memoria.

I maestri di una poesia di questo genere erano gli antichi, che essendo più vicini alla natura erano più immaginosi come i fanciulli.

Ai moderni non rimane che una poesia sentimentale, filosofica che nasce dalla consapevolezza della vera realtà.

LEOPARDI E IL ROMANTICISMO:

l'educazione di Leopardi fu rigorosamente classicista e in due lettere prese posizione contro le tesi romantiche: "lettera ai compilatori della biblioteca italiana" e "discorso di un italiano intorno alla poesia romantica".

La sua poetica si può definire classicismo romantico perché rimprovera ai classicisti l'abuso meccanico e ripetitivo delle regole rigide copiate dai classici antichi e rimprovera ai romantici di ricercare l'orrido e il truculento. Lui rimane comunque classicista e nel rievocare i classici antichi ha un'impronta romantica.

LE CANZONI E GLI IDILLI:

il 1819 fu un anno di intense sperimentazioni letterarie, e di tutti i generi che Leopardi aveva progettato soltanto due gruppi di poesie videro la luce: le Canzoni e gli Idilli.

Le Canzoni furono scritte tra il 1818 e il 1823 e pubblicate nel 1824. sono componimenti di impianto classicistico, con un linguaggio aulico, denso della tradizione. Le prime cinque affrontano una tematica civile, il contenuto racchiude il pessimismo storico e tutta la visione leopardiana di quel periodo.

Gli idilli tra il 1819 e il 1821; tematiche intime e autobiografiche, linguaggio colloquiale e semplice. Leopardi li definisce come espressioni di sentimenti, affezioni e avventure storiche del suo animo.

OPERETTE MORALI:

1821-1828: silenzio poetico. Lamenta la fine delle illusioni e uno stato d'animo di aridità e di gelo, e decide di dedicarsi all'arido vero. Scritte quasi tutte nel '24 quando torna da Roma. Le Operette sono prose di argomento filosofico, ma non espone il sistema in forma sistematica, ma attraverso canti, allegorie, paradossi, apologhi. Molte operette sono dialoghi tra persone personaggi inventati, mitici, favolosi, oppure sono storici. Alcuni personaggi sono la proiezione dell'autore. Altre operette hanno forma narrativa.

I GRANDI IDILLI:

Leopardi nel maggio del 1828 sente rinascere la vocazione poetica che celebra con una poesia: "Il risorgimento". Questi componimenti riprendono i temi degli idilli: illusioni, speranze, rimembranze, e per questo motivo i canti pisano-recanatesi vengono chiamati come estensione per analogia, Grandi idilli. Le differenze tra i due gruppi sono numerose: nei grandi idilli c'è la consapevolezza del vero, le immagini liete sono rarefatte, si accampano sullo sfondo del nulla e sono sempre accompagnate dalla consapevolezza del dolore. Ma la consapevolezza non ha un potere distruttivo, ma è richiamato con delicatezza e riserbo. Nei grandi idilli c'è quindi un magnifico equilibrio tra il vero e il caro immaginar. Il linguaggio non ha più espressioni intense e patetiche, ma è più misurato, sia nella direzione della tenerezza che in quella del dolore.


"L'infinito":

situazione di solitudine come "Alla luna". Il poeta guarda il paesaggio e riflette. Nella poesia emerge chiaramente il pensiero del vago e dell'indefinito di Leopardi. La poesia descrive uno dei momenti in cui l'immaginazione strappa la mente al reale e la immerge nell'infinito.

La poesia è divisa in due momenti: il primo è avviato dall'impossibilità della visione, che impedisce allo sguardo di spingersi sino all'estremo orizzonte. La vista non vedendo fa subentrare il fantastico, spazialmente infinito, senza limiti. Nel secondo momento l'immaginazione prende avvio da una sensazione uditiva, paragona il suono del vento (finito e terminato) con l'infinito silenzio. Nel primo momento l'io lirico teme di naufragare, me successivamente afferma che il naufragio è piacevole. Sono due aspetti dell'immaginazione dell'infinito.

L'estasi dell'immaginazione, il perdersi dell'io non va assolutamente interpretato come divino o spirituale; l'infinito è materiale e soggettivo, perché creato dall'uomo.

Dal punto di vista strutturale, i due momenti sono ben separati da un punto fermo in mezzo al verso, anche se vi sono elementi che indicano che i due momenti sono collegati fra loro. Al punto di vista del lessico, i due momenti sono molto diversi. L'infinito spaziale è formato da parole lunghe con 4 - 5 sillabe che rendono l'idea del cuore che si spaura, mentre nell'infinito spaziale le parole sono più brevi per rendere l'idea del dolce naufragare. Nello spazio le vocali sono per lo più /a/ mentre cambiano nell'infinito temporale dove tendono alla /o/ o alla /u/.


"Dialogo della Natura e di un islandese":

pessimismo materialistico e cosmico: l'infelicità è data da mali fisici, esterni. L'islandese è il portavoce di Leopardi, e afferma che la natura è nemica crudele dell'uomo. Leopardi giunge a un pessimismo assoluto, cosmico. Il male, il dolore, la morte sono elementi essenziali della stessa natura, poiché il mondo è un ciclo eterno di produzione e ricomposizione.


"A Silvia":

costruzione simmetrica: la prima strofa è il proemio; la seconda e la terza indicano le speranze giovanili di Leo e di Silvia in contrapposizione alla dura realtà. La quarta è una strofa di passaggio che commenta la delusione di quelle speranze. La quinta e la sesta sono di nuovo un parallelo tra Silvia e il poeta.

La vaghezza è la caratteristica principale della poesia. La situazione degli innamorati è lasciata nel vago, tra loro non vi è contatto. La figura femminile non è ben definita, a differenza della poesia di Petrarca. Il paesaggio primaverile è lasciato nel vago, nell'indefinito. Questo per la teoria del vago che suscita l'illusione.

Lo spunto della poesia è un episodio reale, ma Leopardi lo filtra attraverso elementi che gli tolgono la bruttezza del vero:

la finestra: lo allontana e lo separa dal mondo, che è visto sempre dalla sua interiorità. La finestra ha una funzione simile a quella della siepe.

L'immaginazione: il canto della fanciulla è vago e indefinito e suscita l'immaginazione.


Il pessimismo leopardiano nasce come reazione alla delusione delle aspirazioni profonde. E' una rivendicazione della felicità. In Leopardi sono visibili due diversi atteggiamenti: lo slancio verso l'illusione e l'esplorazione coraggiosa del vero.

Le strutture formali:

livello fonico: ripetizione della lettera /v/ in tutta la poesia per rievocare il nome di Silvia. Prevalenza della vocale /a/ quando si parla della sensazione vaga e indefinita del canto. Ripetizione di /n/ per la suggestione.

Livello morfologico: imperfetto vs presente. L'imperfetto indica la continuità del passato, immersione della durata indefinita nei sogni giovanili. Domina nella 1, 2, 3, 5. Il presente è il tempo del vero, in cui il poeta on ricorda più. E' nella strofe 4, 6, dove il poeta fa un bilancio.

Livello lessicale: nelle strofe della memoria e dell'illusione ci sono parole vaghe che Leopardi considera poetiche.

Livello sintattico: periodi brevi, poche subordinate, solo temporali.

Livello retorico: a differenza delle canzoni, le personificazioni e le metafore sono molte meno. L'unica è nell'ultima strofa tra Silvia e la speranza, personificazione sottintesa e naturale.




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