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LA FAVOLA PASTORALE E IL MELODRAMMA

letteratura



LA FAVOLA PASTORALE E IL MELODRAMMA


Sul finire del Cinquecento (esattamente nel 1590) fu pubblicato a Venezia Il pastor fido di Giovan Battista Guarini: si tratta del punto d'arrivo a cui giunge l'evoluzione di un genere teatrale, la favola pastorale, che aveva preso le mosse dalla Fabula d'Orfeo del Poliziano (1480) per poi conoscere una notevole fortuna lungo tu 252e47c tto l'arco del XVI secolo e produrre il suo risultato di più alto rilievo poetico con l'Aminta di Torquato Tasso (rappresentata nel 1573 ma pubblicata a stampa nel 1580). Il pastor fido, come tutte le opere terminali di una tradizione, da un lato ne compendia le caratteristiche esemplari, mentre dall'altro tende a superarle e ad aprirsi verso esperienze nuove: il Guarini porta infatti alle estreme conseguenze la ricerca di musicalità e l'attenzione ai valori fonetici della parola che già avevano fortemente sollecitato la poesia del Tasso, dando così l'impulso decisivo a quel processo che, nel volgere di pochi anni, avrebbe condotto la favola pastorale a trasformarsi nel melodramma. Di fatto, la fusione tra i due generi fu così spontanea e naturale che, in un primo momento, gli stessi autori di melodrammi continuarono a chiamare "favole" le loro composizioni, assegnando alla musica un ruolo secondario di semplice accompagnamento del testo recitato. L'obiettivo, fissato teoricamente dal gruppo fiorentino di letterati e musicisti della Camerata de' Bardi, era quello di riprodurre quanto più fedelmente l'antica tragedia greca con la sua unione di parola e musica; ben presto, però, dalla recitazione accompagnata dalla musica si passò al "recitar cantando", secondo cadenze convenzionali dette "recitativi", e infine ai recitativi furono aggiunte le "arie", cioè brani di più libera e originale musicalità, in cui il valore della musica diventa prevalente rispetto a quello della parola.



L'iniziatore del melodramma, in cui i recitativi si alternano alle arie, è Ottavio Rinuccini. Sua è la Dafne, rappresentata nel 1594, ma andata perduta, per cui il primo esempio di opera vera e propria è da considerarsi l'Euridice, messa in scena a Firenze nell'ottobre del 1600 in occasione delle nozze di Maria de' Medici con il re di Francia Enrico IV. Con l'Arianna a Nasso, musicata da Claudio Monteverdi e, per i recitativi, da Jacopo Peri, il Rinuccini porta questo nuovo genere alla maturità. Grazie alla collaborazione di autori di prestigio con musicisti di genio come Jacopo Peri, Giulio Caccini e, soprattutto, Claudio Monteverdi, il genere melodrammatico incontra subito un largo favore di pubblico, corrispondendo al gusto barocco per la sovrapposizione e la contaminazione di generi diversi (letteratura, musica, architettura e pittura nelle scenografie), e, insieme alla commedia dell'arte, rappresenta il contributo originale della cultura italiana alla grande esperienza europea del teatro secentesco.




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