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Il dolce stil novo

letteratura



Il dolce stil novo

Dopo l'esperienza siculo - toscana, nell'area bolognese - toscana fiorì un altro tipo di produzione lirica: il DOLCE STIL NOVO, attraverso cui la lirica d'arte raggiunse i massimi livelli.

Il termine NOVO è un'espressione che comparve in Dante (che inizialmente faceva parte di questo movimento anche se successivamente se ne distaccò rielaborandolo). La si ritrova nel purgatorio quando (XXIV canto) quando Dante incontra uno dei poeti siculo - toscani (Bonagiunta Orbicciani) e, attraverso le parole del poeta, Dante esprime la superiorità dello stil novo rispetto alle produzioni liriche precedenti ed esprime la sua consapevolezza dei caratteri innovativi del movimento.

Il termine DOLCE fa riferimento a scelte stilistiche orientate all'armonia, all'equilibrio, alla limpidezza e alla linearità del dettato poetico in contrapposizione con la produzione poetica di Guittone (simile al trobar clus) e dei suoi seguaci. E questa dolcezza dovrebbe essere espressione stilistica della dolcezza portata dall'amore. Infatti gli stilnovisti trattavano le tematiche d'amore.



In questo caso si può parlare di vero e prorpio movimento perchè i poeti erano consapevoli di seguire certi principi poetici comuni ed erano poeti che appartenevano prevalentemente all'area di Firenze. Il tema amoroso era affrontato dagli stilnovisti in termini diversi rispetto alla tradizione dell'amor cortese.

I principali elementi di diversità

- come veniva vista la donna era angelicata, divenne manifestazione del trascendente, tramite di collegamento tra Dio e l'uomo. Essere che operava virtuosamente sull'uomo attuando una sorta di disegno provvidenziale e facendo sì che una naturale predisposizione dell'uomo al bene, alla virtù, si trasformasse in atto, attraverso l'amore, che, quindi, determinava quel processo di raffinamento, sublimazione morale - spirituale attraverso cui l'uomo si avvicinava a Dio (non era più una metafora come nella lirica provenzale, ma divenne un vero e proprio tramite).

- La nobiltà d'animo non era qualcosa che derivava dall'appartenenza a una famiglia, ma era una nobiltà che consisteva nella disposizione al bene, alla virtù (concetto affermato in termni più concreti, più decisi), quella che Dante definirà "altezza d'ingegno".


Questo era direttamente riconducibile alla realtà comunale, in cui l'individuo si affermava per le sue doti intellettuali - morali e non per l'appartenenza alla nobiltà.

La canzone manifesto (che contiene i principi fondamentali del movimento) è "Al cor gentil rempaira sempre l'amore" del poeta bolognese Guido Guinizzelli, probabilmente un giudice appartenente alla fazione dei ghibellini costretto all'esilio vicino a Padova dove morirà.








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