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IL SERGENTE NELLA NEVE & RITORNO SUL DON

letteratura



IL SERGENTE NELLA NEVE

&

RITORNO SUL DON


Il Sergente Nella Neve, libro di Mario Rigoni Stern, è stato scritto in un campo di concentramento tedesco poco prima della fine della seconda guerra mondiale. Narra la lunga ritirata dei battaglioni italiani dal fronte russo. Nella neve e col gelo nelle ossa coraggiosi gruppi d'alpini , bersaglieri, italiani e contingenti tedeschi e ungheresi tentano di sfuggire alla morsa in cui sono stati presi dalle milizie russe. Questo sarà un lungo viaggio ricco di pericoli e che farà maturare 919h71j il protagonista, lo stesso Rigoni, sergente maggiore del battaglione Vestone.

Il seguito del primo libro, Ritorno Sul Don, parla invece della conclusione del suo servizio militare, della sua stanchezza interiore e del suo ritorno in quella Russia che tanto odiò durante le lunghe notti invernali e che ora gli faceva balenare in mente mille ricordi e tanta pace e calma.


Il primo libro inizia in un caposaldo sul fiume Don. Sotto al caposaldo scorre il fiume spesso gelato e sulla riva opposta vi è un caposaldo russo. È inverno e il freddo intenso congela gli animi. Le giornate sono monotone: si cerca petrolio per le lampade, si ricontrollano le armi soggette al gelo che le rende inutilizzabili, si fa la polenta che riscalda i corpi e ricorda le montagne italiane sulle quali sono cresciuti i reggimenti alpini che presidiano il caposaldo. Tutto ciò è a volte interrotto dal fuoco dei cecchini russi, da brevi incursioni russe e da combattimenti a suon di mortaio. Ognuno riceve posta e poiché è natale anche auguri, cartoline e razioni di sigarette e cognac. La situazione non è delle più difficili sino a quando il tenente si ammala e le munizioni per i mortai finiscono. A questo punto le infiltrazioni russe iniziano ad essere più frequenti. La pericolosità dei russi aumenta tanto che Rigoni si salva per miracolo da una pallottola che gli s'incastra nella canna del moschetto. Vedendo che le cose peggiorano, giunge l'ordine della ritirata. I battaglioni sono divisi in gruppi che a turno dovranno lasciare il caposaldo e coprire le spalle al gruppo successivo. Tutto procede secondo i piani e i Russi non accortisi della ritirata non attaccano il caposaldo. Quando viene però il momento di lasciare il caposaldo per Rigoni, egli si blocca, rimane stordito; qui egli lascia molti suoi compagni molti ricordi e per sfogarsi scarica un caricatore di un mitragliatore e lancia un paio di granate. Fatto ciò con un enorme peso morale lascia il caposaldo e raggiunge i compagni.



Il gruppo in ritirata si riversa così nelle gelide steppe russe nella speranza di non essere incalzati dai russi. Nel tragitto incontra il cugino Adriano che gli rievoca ricordi felici, di quando era ancora nel suo paese in Veneto. Rigoni essendo caritatevole e altruista spesso aiuta i compagni a portare al pesante e sprofondando nella neve fino alle ginocchia soffre le pene dell'inferno, incrementate dal pesante zaino che sembra segare le ascelle già irritate dal gelo. Incontrano quindi un villaggio e nelle isbe riposano cercando di riscaldarsi e dormire un po'. La ritirata non è però priva di pericoli e ne sa qualcosa Rigoni che è mandato in retroguardia a sostituire un plotone annientato dai pesanti tank russi. La cosa grave è che il capitano del suo plotone si ammala e prende quindi lui il comando. La steppa è ricca di camion incendiati, carcasse di tank , carcasse di soldati pietrificati dal freddo, suoni di spari e di bombardamenti, pallottole traccianti che fischiano sopra le proprie teste. I russi sono lo stesso arginati e Rigoni si riunisce alla sua compagnia che si era intanto rimessa in marcia. Giunti in un altro villaggio i soldati si riposano nelle isbe mentre il plotone di Rigoni è mandato a coprire il lato del villaggio. Dopo poco però giunge l'ordine di lasciare la posizione e allora ognuno ritorna nell'isba calda. La sera è tranquilla finché una pallottola infrange il vetro della finestra e sfiora Rigoni. Si odono alcuni spari e si pensa siano partigiani ma ci si accorge quindi che sono solo dei tedeschi.

Essendo i soldati finiti in una sacca, accerchiati tentano di sfondare lungo la strada verso i Carpazi. E' assaltato quindi un villaggio e con l'ausilio dei tank tedeschi è presto occupato. Qui ci si riposa un po' e in un isba i soldati trovano tre ragazze russe che barattano alimenti freschi con gallette di pane. Lasciato il villaggio, una battaglia caratterizza il terreno duro della steppa: tanks russi contro tanks tedeschi che con le cannonate illuminano il buio cielo invernale. Sgominati i russi gli italiani raggiungono un grosso fienile che d'improvviso s'apre e lascia uscire decine di prigionieri italiani liberati dalle guardie russe in fuga. Essendo il capitano ammalato, è assegnato al plotone di Rigoni un ufficiale che si dice essere uno iettatore. Tedesco, scontroso e molto rigido non sta bene a Rigoni che chiede al capitano di trasferire lo "iettatore" in un altro plotone ed egli accondiscende. Le marce sono lunghe ed estenuanti e all'orizzonte, a sera , è possibile vedere distanti villaggi in fiamme, rumori di spari. Si vedono nella steppa scheletri neri e fumanti di case e granai,sempre più corpi abbandonati o congelati.

Appena passata la frontiera Ucraina, una violenta battaglia scuote la calma della steppa. È il 26 gennaio, una data che moltissimi soldati e molte famiglie non scorderanno più; a Nikolajevka diversi plotoni e intere compagnie sono andate incontro alla morte; qui dopo un confuso assalto dei più coraggiosi, aspettando il sostegno aereo e della cavalleria tedesca che ami è arrivato, per conquistare una stazione ormai distrutta dalle bombe, più della metà dei soldati italiani sono rimasti uccisi. Una lunga e inutile battaglia ha visto prima un veloce assalto al quale è successa una lenta ritirata. Viene quindi una pausa riflessiva ove sono elencati tutti i morti della battaglia: Rino, suo amico infantile; Raul , primo amico della via militare; Giuanin un suo amico che finalmente " l 'é riàt a bàita"; il cappellano;il capitano, contrabbandiere della Valstagna; il generale Martinat;il sergente Minelli; Moreschi; Pintossi. Si sente come un sasso, vittima d'eventi che non può reggere, troppo grandi e dolorosi. Dopo l'ennesima marcia stremante giunge in n villaggio e in un isba si mangia un pezzo di gallina in compagnia d'alcuni soldati ce non conosce. Si addormenta e al suo risveglio si accorge che gli hanno rubato il caro moschetto compagno di mille battaglie. In un isba trova un grosso e pesante fucile da caccia che accetta però le sue munizioni e presolo, si incammina in fretta per raggiungere la compagnia. Il suo piede è ferito, ha una piaga dolorosa e ciò gli rende il cammino difficile tanto che è costretto ad usare un ramo come stampella. Raggiunge in ogni caso il gruppo e incontra Romeo, un vecchio compagno che incontrò nel corso rocciatori e che ogni sera andava trovare una pastorella a valle e si arrampicava alla sua finestra per cantarle una serenata. Dopo lunghe marce riesce in ogni modo insieme ai suoi compagni ancora vivi ad uscire dalla sacca e raggiunge finalmente un caposaldo tedesco dove si lava, si cura e dorme per due giorni. È ora in Russia Bianca.


Il secondo libro inizia con la descrizione del pacifico paesaggio estivo della steppa. I soldati sono d' istanza nella città di Voroscilovrgrad. Qui con la bocca impastata di polvere convivono con i profughi russi che dal nord scendono in cerca di zone più fertili con un carretto contenente tutta la loro vita. Essi vengono nei presidi italiani perché al contrario di tedeschi e ungheresi sono gentili e generosi. La tristezza si vede quando arriva la posta che Rigoni deve distribuire. Non si sentono più molti " E' per me! E' di mia moglie! ". Da ora ricomincia la dura naia. Vengono infatti manati al fronte e in men che non si dica si ritrovano nel bel mezzo di una cruenta battaglia. Muore il suo compagno e amico Storti e soffre di ciò. Un'altra battaglia li decima e Rigoni sorpreso da un colpo di mortaio è sbalzato in aria e una scheggia gli ferisce una mano. Nonostante tutto continua ad avanzare e a forza di bombe a mano e colpi di fucile il plotone e altre compagnie riescono a conquistare un caposaldo russo in posizione sopraelevata. Anche in questo caso l'attacco aereo dei tedeschi non c'era stato. Le perdite sono moltissime e a sera due carri di fieno senza cavalli si avvicinano al caposaldo. Subito un soldato di sentinella nelle alte erbe annuncia un attacco russo. La battaglia è cruenta e il capitano ferito è messo in un tank e trasportato a valle. La ritirata è veloce e si perde in un ora ciò che si è acquistato in un giorno. Rigoni si offre quindi con due soldati di andare in esplorazione e giunto appena sotto il caposaldo vede che non ci sono prigionieri italiani e vedendo vicino a lui un cavallo ci salta in groppa e scappa via martellato dai colpi di moschetto dei russi che colpiscono nei glutei il povero cavallo. Giunto a valle il cavallo gli è sequestrato da un ufficiale che se lo tiene.



Torna l'inverno e nella steppa sopra Rigoni si abbatte una tormenta di neve che fa sciogliere la compagnia. Si ha quindi una battaglia con dei tank russi che disperdono ancor più i soldati e Rigoni si ritrova con tre italiani in un boschetto di betulle al di la del quale vede un villaggio nascosto dalla neve. Mangiano e riposano in un isba dove uno dei due italiani, il caporale scopre che il vecchio che gli ha dato da bere e da mangiare è suo padre che dopo aver peregrinato per anni nella guerra del '14 stanco di tutto si abbandonò alla stanchezza e si fece una nuova famiglia in Russia. Egli è dato per disperso e decide di accompagnare quei tre suoi compaesani fuori dalla sacca nascondendoli sotto la sua slitta coperta di paglia. Uscito dalla sacca Rigoni, si dirige verso Kiev e per strada incontra convogli di tank tedeschi che lo deridono con atto di superiorità. Quando ritrova il suo plotone, è decimato dalle malattie e dal freddo. Giunto in un villaggio, trova tutte le isbe occupate da italiani e giunto davanti ad una porta sente canti , balli, tedeschi con donne russe. Indeciso se entrare o no aspetta un poco ed è raggiunto da un russo che gli dice di non entrare ma di andare nell'isba di una sua amica a nome suo. Detto ciò andò ed ella accoltolo lo fa dormire in un letto caldo , lo cura e lo sfama. Gli racconta poi che in quella casa verranno i partigiani e infatti si sentono a notte fonda degli spari. Poco dopo in casa della vecchia giunge un alto soldato russo che sorridendo a Rigoni lo saluta e dopo aver mangiato un boccone se ne va . Era il figlio della vecchia donna. Molto gentile mette in tasca a Rigoni tre patate lesse e un po' di cibo e gli indica dove sono passati i suoi compagni in mattinata. Auguratagli buona fortuna , Rigoni parte e con passo un po' spedito cerca nella fredda e buia notte di raggiungere il resto degli italiani.

Da questo punto iniziano una serie di pause in cui racconta fatti accaduti prima della sua prigionia e che influenzeranno ciò che farà una volta giunto a casa.

È l'estate del '42 quando un treno parte da una stazione per l'Italia. Su questo treno vi sono degli ebrei destinati ad una vecchia segheria abbandonata in Nord Italia. Essi dopo essere arrivati stabiliscono subito buoni rapporti con gli abitanti del villaggio sottostante che in cambio di piccoli servizi li aiutano. La legna però scarseggia sia per i paesani sia per gli ebrei e così è assegnato un boschetto agli ebrei che ivi raccolgono la legna per scaldarsi e cucinare. Fra di loro vi erano due ricchi con portasigari d'oro massiccio e sempre cibo e vestiario nuovi che arrivavano per posta. Essi erano strani e lo diventarono ancora di più quando un giorno venne a prenderli una limousine del vaticano. Da quel giorno più nessuno li rivide. Intanto in paese si diffonde la notizia trapelata da Radio Londra della disfatta degli italiani in Russia e così tutte le famiglie piangono e sperano per i loro figlioli. Intanto in paese era giunto uno strano tipo che comprava resina e così tutti gli abitanti del paese si diedero il massimo da fare per guadagnare un po' di soldi. Dopo l'8 settembre degli ebrei non si seppe più nullo, tranne che alcuni erano morti nei campi di concentramento e altri tentando di scappare oltre la frontiera. Due erano morti nelle fosse Ardeatine.



La narrazione ritorna quindi a Rigoni che dopo un periodo di riposo ritorna al fronte con l'aiuto del 7° alpini comandato da Bepi, un richiamato del 13. con lui riuscirono sulla via di casa a rubare viveri e cognac dai magazzini tedeschi nelle stazioni. Rigoni lo propone per una medaglia e lo promuove a sergente.

Vengono quindi mandati in un campo di concentramento tedesco, ove Rigoni aspetta l'arrivo dell'armata rossa o degli americani. Il Bepi e delle reclute da qui riescono a scappare e non ne saprà più niente fino a quando da un alpino non verrà a sapere che era finito a fare il postino in Grecia ed era sempre ubriaco. Sfortunatamente quando Rigoni lo venne a sapere Bepi era già morto.

La vicenda ora è ambientata nelle montagne care a Rigoni ove un ragazzo, il Moretto con la sua cavalla va in giro nelle varie case a raccogliere il latte con il quale faceva il formaggio. È bello e simpatico e tutte le ragazze sono innamorate di lui. Un giorno però arriva anche per lui la cartolina rosa che lo invita a fare il servizio militare. Sapeva benissimo come andava la guerra e deciderà di disertare dopo un poco che è nell'esercito. Rigoni l'aveva incontrato in treno durante una licenza. Anche il Moretto era un alpino e sarebbe dovuto andare in Russia. Ritornato al suo paese vede i tedeschi che intanto rastrellano le montagne e le case alla ricerca di ebrei, partigiani e disertori e allora si nasconde in casa del Nin un comunista che era finito nei peggiori campi di concentramento e che si era rifugiato poi in Russia dove era divenuto seguace di Lenin. A casa del Moretto intanto sotto la legna il padre ha nascosto due inglesi e durante i rastrellamenti la paura di essere scoperto è molta. Questi poi si uniranno al movimento partigiano. Intanto i partigiani con le armi e i viveri lanciati dagli aerei inglesi si organizzano bene e gli scontri diventano violenti. Il Moretto è disperso dopo una cruenta battaglia e da un testimone si viene a sapere che per non farsi catturare si è lanciato dalla scarpata. Agli amici del Moretto serve uno scalatore per tentare di trovare e recuperare il corpo. Così chiedono aiuto a Rigoni che dopo n poco di peregrinare ritrova il cadavere del Moretto. Ai suoi funerali viene tutta la vallata.

Ora viene raccontato il periodo di ospedale di Rigoni che giunto in Italia è ricoverato in una stanza dalla quale vede le sue montagne. Qui vengono a trovarlo il guardaboschi e un amico cacciatore che gli riferiscono di aver trovato una famiglia di cervi nei monti. A sentire ciò si riempie di gioia. La sua esistenza è comunque priva di senso dopo tutto ciò che ha patito e solo sentendo un taglialegna mentre cammina nel suo bosco che era stato devastato dai bombardamenti rinsavisce e ritrova la forza di vivere e di dimenticare.

Ora è raccontato il suo viaggio alla riscoperta della Russia 30 anni dopo la guerra. Dopo essersi messo d'accordo con un editore per pubblicare un testo sul suo viaggio, parte con la moglie e in treno incontra un italo americano fotografo e un vecchio che tornava in Russia dopo essere stato in Italia. Riepiloga i suoi precedenti 2 viaggi in Russia che gli hanno portato solo dolore e sofferenza. A Kiev chiede alla guida di stare in mezzo alla gente e ritrova, in una città che aveva visto per l'ultima volta semi distrutta, tutta la calma , la pace e la serenità che da anni cercava in patria. Qui nei café dove i giovani ucraini prendevano una cioccolata e discutevano si ritrova e si ritrova anche davanti al monumento per la memoria dei caduti della seconda guerra mondiale. La sua felicità è accresciuta anche dal fatto di essere riuscito a trovare una scatola di quel vecchio tabacco che masticava in guerra, il makorka. Giunto poi a Charkov con la traduttrice e un ex aviatore russo come autista fa un tour dei luoghi ove combatterono gli italiani. Trovato poi un villaggio Rigoni lo esplora e riconosce ancora le caratteristiche isbe dove si rifugiò durante la guerra. In questo villaggio è ricevuto dal segretario del soviet che dopo aver confrontato le cartine alla ricerca di Nikolajevka lo indirizza verso 2 cittadine vicine. Da qui raggiunge la città dove perse molti valorosi compagni e amici e ricorda e piange quei morti che nessuna madre ha mai potuto vedere. Vuole però ritornare al suo caposaldo sul don e quindi inizia un lungo viaggio che fa tappa a Rossoch dove mangiano. Giunto qui sul don ricorda le sue giornate e ripercorre la ritirata sia mentalmente che in macchina ritornando, a notte fonda dopo aver perso la strada, a Charkov. Dopo questo lungo viaggio ritorna a casa e si riposa soddisfatto di aver ricordato e salutato per l'ultima volta i suoi compagni.






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