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Gli indifferenti Di Alberto Moravia

letteratura



Gli indifferenti

Di Alberto Moravia

RIASSUNTO


Il romanzo creato da Moravia ha per protagonista la famiglia degli Ardengo - una famiglia della buona borghesia romana - il cui dramma si consuma in un tempo assai breve, appena due giorni.  L'ambiente è quello della buona borghesia romana sul finire degli anni venti, quando il fascismo inquina già da anni l'atmosfera italiana.

Carla e Michele Ardengo vivono in una sontuosa villa al centro di Roma la cui area fabbricabile ha un valore inestimabile con la madre Mariagrazia, vedova, da lungo tempo amante di Leo Merumeci. Questi è uno spregiudicato dongiovanni della società bene romana degli anni fascisti, uomo sanguigno, intellett 616b18g ualmente rozzo e privo di scrupoli. Leo è ormai stanco del legame con Mariagrazia, che mantiene solo al fine di impadronirsi di villa Ardengo: egli, infatti, aveva ipotecato la villa e ormai se ne ritiene il futuro proprietario in compenso delle somme prestate all'amante. Michele, il figlio di Mariagrazia, è disgustato di questo rapporto di Leo con la madre, anche perché disprezza Leo per la sua natura d'affarista e di dongiovanni, per la sua natura ambigua in cui sesso e denaro sembrano cooperare ai fini di un tornaconto vergognoso. Ma, nonostante le sue idee sane e tradizionali, egli è troppo inetto per prendere una decisione radicale e cacciare via di casa Leo, e in realtà finisce con l'accettare di fatto la situazione. Leo da tempo era attratto dalla bellezza procace di Carla, ormai ventiquattrenne, e cerca di sedurla con insistenza. La giovane che, come il fratello, nutre vellitarie aspirazioni ad evadere da un ambiente che la disgusta e la umilia profondamente, e vede nella proposta dell'uomo un'occasione d'evasione.



Quindi uindi Carla, nonostante sia a conoscenza del rapporto amoroso di Leo con la madre, accetta, sia pure senza entusiasmo, la corte di questi, dandogli un appuntamento in una rimessa della villa; lo stupro qui non può avvenire perché la ragazza, essendo stata ubriacata da Leo, si sente molto male. Leo, però, non disarma; va a cercare Lisa, sua vecchia amante, ma ora innamorata di Michele. Respinto da questa, torna alla carica con Carla, invitandola a casa sua e, finalmente, possedendola.


Soltanto Lisa è a conoscenza del rapporto amoroso di Leo con Carla, e lo rivela a Michele, cercando di svegliarlo dal suo torpore morale e dalla sua indifferenza, e, nello stesso tempo, dimostrandogli chiaramente di amarlo.

Anche Michele è avviluppato dall'indifferenza e, anche se Lisa lo informa della corruzione in cui è coinvolta l'intera famiglia, non riesce a provare il disgusto che vorrebbe. Suggestionato da Lisa, freddamente, prende la decisione di affrontare Leo per ucciderlo e vendicare l'offesa ad una dignità che in realtà non possiede.  Compra una pistola e si reca alla casa di lui, sorprendendo anche la tresca amorosa con la sorella. Preme il grilletto, ma l'arma è scarica, perché e la sua stessa apatia gli aveva fatto dimenticare di caricare la pistola. Fallito questo tentativo supremo dell'azione di Michele, questa velleità di rivalsa morale, la vita di quella famiglia precipita di nuovo nella corruzione morale. Leo, preoccupato di perdere la villa, decide di sposare Carla, la quale accetta; lo stesso Michele accetta il fatto compiuto, diventando socio nei loschi affari di Leo.

Il romanzo termina con una mascherata. Mariagrazia si è travestita da spagnola, la figlia Carla da Pierrot bianco per recarsi ad un ballo in maschera, invitati e accompagnati da Leo, recitando ormai senza fine il ruolo delle loro parti ipocrite, come del resto anche Michele e Lisa. La conclusione del romanzo indica la piena sconfitta degli ideali onesti e tradizionali della famiglia e il trionfo di Leo, cioè dell'individuo spregiudicato espressione di una società in crisi, ma tuttavia ancora ipocritamente legata ai suoi pregiudizi. Infatti, Leo "ripara" alla sua colpa sposando Carla, ma della morale della famiglia non resta in realtà che la sola apparenza: Carla avrebbe sposato Leo... vita in comune, dormire insieme, mangiare insieme, uscire insieme, viaggi, sofferenze, gioie... avrebbero avuto una bella casa, un bell'appartamento in un quartiere elegante della città... qualcheduno entra nel salotto arredato con lusso e buon gusto, è una signora sua amica, ella le viene incontro... prendono il tè insieme, poi escono; la sua macchina le aspetta alla porta; partono... Ella si sarebbe chiamata signora, signora Merumeci.




Questa è la morale ipocrita della società borghese descritta da Moravia: e tutti l'accettano con indifferenza, anche Michele che pure si era dibattuto in tutte le sequenze del romanzo tra il desiderio di ribellarsi e la necessità di accettare quella situazione ipocrita; gli è sempre mancata, però, la fede nell'azione. Un po' più di fede, ed egli avrebbe ucciso Leo e sarebbe diventato puro e limpido nella sua coscienza come una goccia d'acqua.    La verità è che la società corrotta finisce col corrompere anche i puri, con l'inquinare anche le coscienze oneste, che non vorrebbero accettare la corruzione e l'ipocrisia. In una società, come quella descritta da Moravia, il successo è quel che conta, i sentimenti autentici non hanno alcun posto; e Leo è il simbolo dell'uomo borghese perfettamente in linea con la corruzione di una società che ha elevato a idoli denaro e sesso. Tutto in questa società diviene comico e falso, perché non c'è sincerità e autenticità di sentimenti; e Michele non è fatto per questa vita, ma la sua incomunicabilità lo rende anche inetto.


L'incapacità del romanzo di assurgere al tono tragico, nonostante la materia drammatica e la virtuale strutturazione teatrale, è condizionata all'alienazione vitale e all'indifferenza costituzionale di Michele, cui è sempre mancata la fede per raggiungere la catarsi uccidendo Leo. Quest'incapacità d'adattamento e d'azione rende grottesco non solo Michele, ma anche tutto il tono del romanzo, che ha perso appunto ogni tono da tragedia, sebbene narri una tragedia.








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