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GIACOMO LEOPARDI - La vita, La poetica. Dalla poesia sentimentale alla poesia - pensiero

letteratura



GIACOMO LEOPARDI


La vita

Nasce a Recanati il 29 giugno 1798. Figlio del conte Monaldo e della marchesa Adelaide Antici. La famiglia era vicina al fallimento, causa le sprovvedute speculazioni finanziarie della madre, e solo grazie alla madre che la famiglia si risolleva.La prima formazione da parte di ecclesiastici. Giacomo può disporre di una ricchissima biblioteca paterna (15000 volumi). Tra il 1809 e il 1816 si svolgono i "sette anni di studio matto e disperatissimo", con accrescimento culturale ma primi danni fisici. Nel 1816 si colloca la "conversione letteraria":Leopardi inizia a percepire la ristrettezza culturale e l'insufficienza affettiva dell'asfittico ambiente familiare e recanatese. Abbiamo così i primi idilli: Le rimembranze e la cantica L'appressamento alla morte. Nel 1817 inizia una corrispondenza letteraria con Pietro Giordani, inizia le prime osservazioni dello Zibaldone e si innamora per la prima volta della cugina Gertrude Cassi Lazzari. L'amicizia con Giordani favorisce la rottura con le posizioni cattoliche e reazionarie della famiglia e del padre. Nel 1919 tenta la fuga dalla prigionia familiare, ma è scoperto dal padre e cade in depressione. Tra il 1819 e il 1822 compone per la poesia sentimentale gli idilli e per la poesia impegnata delle grandi canzoni civili. Nel 1922 parte per Roma da dove ritorna nel maggio del 1923 dopo la delusione patita nella città latina per eccellenza. La messa a punto di un pensiero rigorosamente materialistico e disincantato lo porta su posizioni di combattivo pessimismo: abbandona così la poesia per dedicarsi alla composizione delle Operette morali, originali prose e dialoghi filosofici in cui Leopardi con pungente ironia critica l'ideologia ottimistica del suo tempo e rappresenta la propria sconsolata visione della condizione umana. Nel 1825 si dirige a Milano presso l'editore Stella, poi vive tra Milano e Bologna. Nell'estate 1826 si trasferisce a Firenze mentre sul finire del 1927 si reca a Pisa, dove trova un clima a lui favorevole. Inizia così la seconda stagione poetica: Il risorgimento e A Silvia aprono il ciclo pisano - recanatese (si è soliti definire questi testi "grandi idilli"). Tra il 343b15d novembre 1828 e l'aprile 1830 Leopardi vive a Recanati in uno ststo di insopportabile depressione, ma anche di alacre attività progettuale e creativa (compone altri quattro grandi canti). Nell'aprile 1830 grazie al sostegno economico di alcuni amici Leopardi lascia definitivamente Recanati e si trasferisce a Firenze. Tra il 1832 e il 1835 scrive il "ciclo di Aspasia" ,dal soprannome assegnato alla destinataria (Fanny Targioni Tozzetti). Dal 1833 si trasferirà assieme a Ranieri a Napoli, dove scriverà gli ultimi poemetti e gli ultimi canti e dove morirà il 14 giugno 1837.





Canzoni civili   1818 -1822 (All'Italia, ad A. May,Bruto minore ecc.)

Idilli   Idilli 1819 -1821 (L'infinito, La sera del dì di festa ecc.)

Prime Operette morali    1824 (venti operette)

Seconde Operette morali   1827 e 1832 (due operette nel 1827, tra cui il Dialogo di Plotino e di Porfirio, e due nel 1832, tra cui il Dialogo di Tristano e di un amico)

Canti pisano - recanatesi (arbitrariamente definiti anche "grandi idilli"):1828 -1830 (A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, La quiete dopo la tempesta, il sabato del villaggio)

Ciclo di Aspasia 1832 - 1834? (tra cui Il pensiero dominante, Amore e morte, A se stesso)

Canzoni sepolcrali    1834 - 1835?

Testi di satira filosofica - politica 1831 - 1835? (Paralipomeni della Batracomiomachia, Palinodia al marchese Gino Capponi)

La ginestra o fiore del deserto 1836

La poetica. Dalla poesia sentimentale alla poesia - pensiero

Il primo pronunciamento pubblico di Leopardi in fatto di poetica appartiene alla sua prima giovinezza, ed è tuttavia di grande importanza: il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Leopardi lo inviò nel marzo 1818 all'editore milanese Stella ma non fu pubblicato. Il suo rifiuto del Romanticismo riguarda innanzitutto il rapporto tra poesia e sensi: i romantici vogliono "trasmutare la poesia in metafisica e ragionevole e spirituale", recidendo così quel legame tra poesia e natura che è la sua unica ragion d'essere. Essi rinnegano la funzione della poesia, cioè di mantenere un legame forte con la natura a dispetto della ragione e della civiltà.

Leopardi propone una poesia forte capace di servirsi dei sensi per provocare un effetto forte sul lettore. L'origine di ogni emozione artistica è nel rapporto con la natura, più facile per gli antichi e più difficile per i moderni. Lo studio degli scrittori antiche e l'imitazione dei loro procedimenti è l'unica strada per i moderni per ristabilire un contatto con la natura non artificiale ma primitiva, visto che la ragione e la civiltà la vanno distruggendo sul piano dell'intelletto.

Il classicismo leopardiano si fonda quindi sulla critica del presente e della modernità. Solo la poesia garantisce un estremo appiglio alle illusioni, alle immaginazioni, alla fantasia, e riproporre quel legame uomo - natura ormai perduto.



Gli "Idilli"

Parallelamente alla stesura delle  canzoni civili nascono, tra il 1819 e il 1921, gli "idilli", cinque testi (L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria) chiamati così da Leopardi. Hanno un taglio soggettivo ed esistenziale, in quanto rappresentano situazioni, affezioni e avventure storiche dell'autore. Tra le canzoni, fino al num. 9, e gli idilli, dal num. 12, ci sono due testi che fanno da cerniera: Il primo amore (esperienza d'amore per la cugina) e Il passero solitario (tema della solitudine legata alla giovinezza). Negli idilli abbiamo un punto di vista lirico- soggettivo, con un orientamento riflessivo, quasi filosofico. Lo stile, rispetto alle canzoni, è più comune e piano ma è nobilitato dalla ricerca dei termini "peregrini". Per ciò che riguarda la metrica abbiamo l'utilizzo dell'endecasillabo sciolto, che permette di esprimere senza difficoltà i momenti più destesi e narrativi.

L'infinito: confronto tra infinito spazio - tempo e limite sensoriale

La sera del dì di festa: luna e donna amata; riflessione su immensità del passato perduto

Alla luna: paesaggio notturno, ricorrenza di un anniversario

Il sogno: incontro in sogno con una donna amata

La vita solitaria: autore immerso in un paesaggiop naturale



L'infinito

La poesia è del 1819. Sono endecasillabi sciolti, ci sono delle musicalità che rimandano alla rima. Il poeta si trova dietro ad una siepe che gli impedisce la vista della linea dell'orizzonte (linea del finito) e questo gli permette di immaginare (lui usa il verbo fingo che in greco significa "creare con le mani","ricostruire"); si tratta di un infinito spazio - temporale. Ci sono degli enjambements; il linguaggio è abbastanza semplice: abbiamo l'accostamento di termini quotidiani (vento, siepe, naufragare) a termini aulici, peregrini (ermo colle, guardo, mirando, fingo).

Colle: è identificato da "questo", così come la siepe

Ma: la siepe non mi permette di vedere, ma con l'immaginazione, la fantasia visiva crea l'immagine



Alla luna

La poesia è del 1819. Anche questo "piccolo idillo" è composto con endecasillabi sciolti. Attraverso la luna. Leopardi ricorda una sofferenza passata ed in questo caso la memoria ha un effetto positivo. In effetti ricordare una cosa passata, anche se era stata sofferenza, si ricorda in modo più piacevole; il piacere dell'uomo quindi consiste nel ricordo del passato o nella illusione del futuro, in qualche cosa comunque fuori dal presente, che provoca solo dolore e sofferenza.



Lo Zibaldone di pensieri. Un diario del pensiero

A diciannove anni, nell'estate del 1817, Leopardi inizia a depositare le proprie riflessioni in un quaderno che forma il primo nucleo di quello che lui stesso avrebbe chiamato, 10 anni dopo, Zibaldone di pensieri (che si è soliti chiamare Zibaldone). Il titolo allude alla varietà disordinata dei temi affrontati negli appunti, e al carattere frammentario e provvisorio della scrittura. Alla fine lo Zibaldone conterà 4526 pagine. Dalla pagina 100 tutti gli appunti sono datati. Inizialmente il materiale fu affidato a Ranieri, poi tra il 1898 e il 1900 fu pubblicato da Carducci.

Non nasce come opera per il pubblico ma è una specie di diario intellettuale, nel quale l'autore non manca di annotare episodi autobiografici e impressioni dirette. Leopardi fissa tra le pagine dello Zibaldone le proprie riflessioni di studio: appunti da letture, discussioni di posizioni altrui, eccetera. Ci sono poi riflessione a carattere libero intorno a questioni letterarie, filosofiche, di costume. Si tratta di un immenso e disordinato laboratorio intellettuale di Leopardi. Lo Zibaldone diviene un deposito della ricerca leopardiana, il campo privilegiato per indagare il pensiero del poeta e la sua evoluzione;tutti i risultati sono infatti frutto di una lunga elaborazione.

Esistono anche alcuni temi ricorrenti, e su questi Leopardi cerca di costruire il proprio sistema filosofico. Si assiste pertanto ad una continua evoluzione, che in qualche caso può portare ad un cambiamento radicale di prospettiva, come nel caso del rapporto uomo - natura.

Per quanto riguarda la scrittura, si va dalla precarietà e dalla irrequietezza dei momenti più sperimentali, alla maggiore rifinitura stilistica e al procedere più pacato e disteso delle pagine riepilogative o esemplificative. La scrittura resta comunque lontana da quella ardua e sostenuta delle prose leopardiane per il pubblico (per esempio le Operette morali);la prosa dello Zibaldone valorizza soprattutto la ricerca di funzionalità, mirando ad una coincidenza tra pensiero ed espressione.


L'uomo non si è perfezionato, ma corrotto (Zibaldone, 25 agosto 1821)

In questo testo si dice che la natura ha fatto tutto ciò che doveva essere in relazione all'uomo per il suo bene, e al meglio. Ma l'uomo con il suo perfezionamento, o come Leopardi dice corruzione, ha introdotto delle difficoltà. La natura quindi non è imperfetta, ma è l'uomo che la resa tale. Ciò che porta l'uomo alla corruzione è il progresso, in quanto dopo che l'uomo è cambiato trasformando la sua condizione, di conseguenza ha dovuto cambiare anche la natura. La natura è renitente al progresso umano; ciò vuol dire che il vero stato di perfezione per l'uomo è lo stato primitivo.


Questa felicità è impossibile - Teoria del piacere (Zibaldone, 1825)

Bisogna distinguere tra il fine naturale dell'uomo e il fine della sua esistenza: il primo è la felicità, e quindi il piacere; ma il secondo è il fine della natura nel dargliela  e nel modificargliela, e non può essere il piacere perché questo è impossibile (Teoria del piacere). Infatti nella vita il dispiacere è molto superiore al piacere.


Entrate in un giardino. è quasi un vasto ospitale (Zibaldone, 22 aprile 1822)

Secondo Leopardi tutti sono infelici di necessità, non solo l'uomo ma anche gli animali e le piante. Per dimostrare ciò il poeta descrive un giardino di piante e fiori, che all'apparenza può sembrare un angolo di Paradiso, ma che nei particolari nasconde sofferenze da parte di tutti i fiori e le piante stesse. Arriva così alla conclusione: "Questa vita è trista e infelice, ogni giardino è quasi un vasto ospitale".



Speculazione teorica, scelte stilistiche e filosofia sociale nelle Operette morali. La contaminazione e il riso.

Nelle Operette morali confluisce il nucleo della riflessione filosofica leopardiana elaborata tra il 1819 e il 1923: il pessimismo, il materialismo, la critica alle ideologie borghesi della Restaurazione (moderatismo liberale, cattolicesimo, spiritualismo, progressismo scientista, ecc.). Le prime operette sono datate gennaio 1824. Esse sono caratterizzate dall'ironia, per sottolineare il distacco dall'impegno civile; Leopardi tenta di trovare nella saggezza e nel distacco quell'equilibrio che è venuto meno tanto all'impegno eroico delle grandi canzoni civili del 1818 - 22 quanto alla ricerca sentimentale degli idilli.

Leopardi le concepisce come opera unitaria, ma in realtà mutano da una prosa all'altra le tecniche narrative, i protagonisti (storici, mitici, personificati), mutano le ambientazioni e le epoche storiche. I testi hanno un carattere "morale" (cioè relativo al comportamento), ma la formula letteraria scelta non è sostenuta, ma la satira, intesa come utilizzo del comico per rappresentare un contenuto tragico.

I temi affrontati nelle Operette sono numerosi e circolano da un testo all'altro, con progressive riprese e arricchimenti. Un tema fondamentale riguarda la teoria del piacere, cui si riconnettono il tema della natura e quello della civiltà. Un altro tema insistente è quello della virtù, intesa come concetto che non corrisponde ad alcuna sostanza, non riceve altro che derisione e discredito. Viene infine sviluppata una critica all'antropocentrismo, al mito del  progresso e alla prospettiva religiosa. Lo stile delle Operette va da un registro lirico - alto ad uno filosofico - medio ad uno realistico - basso, quindi colloquiale. Leopardi tenta consapevolmente di dare una lingua filosofica moderna all'Italia. Nel suo stile domina il bisogno di varietà e di ricchezza espressiva. Anche se ciò non significa che la lingua leopardiana non rimanga elegante ed abbia una sua raffinatezza (termini arcaici, forme letterarie, strutture classiche).

Se per Manzoni la borghesia era un ceto laborioso ed onesto, per Leopardi è un referente polemico: è il pubblico ingenuo, nelle migliori delle ipotesi, complice ignaro delle ideologie criticate nelle Operette

L'ironia deve essere per Leopardi lo strumento privilegiato nella distruzione della morale tradizionale, perché l'aggettivo "morali" che utilizza nel titolo ha come significato che questa nuova morale si cali direttamente nell'esperienza.

Il riso ha una funzione liberatoria in quanto risalta il limite della condizione naturale dell'uomo.

Le Operette morali assolvono quindi tre funzioni: rappresentare senza veli la necessità del dolore per gli uomini; smascherare e deridere le illusioni consolatorie, di nuovo prevalenti nel clima culturale della Restaurazione e condivise anche dai liberali moderati; additare un modello di reazione all'infelicità, consistente nelle passioni e nei gesti generosi e audaci che anche la disperazione può consentire.

La scommessa di Prometeo (1824)

Nella città degli dei circola un manifesto che chiedeva di proporre invenzioni per partecipare ad un concorso. Il premio per il vincitore sarebbe stata una corona d'alloro, un premio comunque di poco valore. Alla fine del concorso i vincitori sono tre: Bacco, con l'invenzione del vino; Minerva, con l'invenzione dell'olio da usare dopo il bagno; Vulcano, per aver trovato una pentola di rame, detta economica, che serve per cuocere con poco fuoco e velocemente. Ma tutti e tre si rifiutano di prendere il "trofeo" perché potrebbe essere di impedimento. Nessuno protesta tranne Prometeo, che aveva partecipato proponendo come invenzione un modello di argilla da cui sarebbe scaturito l'uomo. Egli voleva il ottenere il privilegio della vittoria, si dice anche per coprirsi dai fulmini o dalla calvizie che lo colpiva. Prometeo riteneva che l'uomo fosse la creatura più perfetta dell'universo, Momo (Leopardi), l'arbitro della sfida, il contrario. Così fanno una scommessa e scendono  sulla terra per verificare. Vanno per primo in Colombia, dove vedono sentieri, vestiti, cimiteri che però erano stranamente solitari, non c'era presenza di uomini. Prometeo ritiene che questo è dovuto per cause naturali, ma Momo ribatte che questi hanno colpito solo l'uomo e gli animali perché no? Vedono così delle capanne e degli uomini, si avvicinano e Prometeo chiede al selvaggio cosa sta facendo. Il selvaggio gli risponde che sta mangiando suo figlio, che è stato messo al mondo per questo scopo, e fra poco mangerà anche la moglie quando non potrà più partorire e poi ancora gli schiavi di una tribù vicina che è stata distrutta totalmente. Prometeo e Momo scappano in fretta, lasciando anche un ricordino al selvaggio. Così si dirigono in Asia, dove vedono una donna danzante e ubriaca, ma questa donna deve morire per far resuscitare il marito che è morto. Così decidono di andare in Europa, dove Prometeo dice che troveranno la civiltà mentre fino ad ora avevano visto solo selvaggi. Ma Momo ribatte: 1.piccola parte del mondo ha civiltà (Europa); 2.nel presente c'è civiltà, ma prima? 3.si è arrivati alla civiltà grazie al caso; 4.stato civile non è ancora perfetto. Momo continua dicendo che l'uomo è sì il massimo, ma della imperfezione. A Londra si dirigono in una casa dove il padrone ha appena ucciso senza alcun motivo i tre figli e se stesso, pur essendo ricchissimo e avendo tutti i favori possibili. Così Prometeo rinuncia e paga la scommessa a Momo.


. scelgono Londra perché la società era più progredita e giusta.


. Roussoniano: "Buon selvaggio" condizione iniziale da età dell'oro   rimpianto e senso si colpa


.Condizione di ferinità/animalesca progresso ha permesso miglioramenti speranza e fiducia

di miglioramento

RAGIONE ARIDO VERO

non da luogo a illusioni


va al sodo, non può più tornare indietro


Leopardi afferma che nessuno di questi due è vero, perché il progresso non dà felicità e lo stato iniziale non è del tutto felice.


Dialogo della natura e di un Islandese (1824)

L'Islandese va all'interno dell'Africa e ad un certo punto vede un busto gigantesco: per la precisione è una donna gigante. Questa donna è appoggiata ad una montagna, e il suo volto per metà è mostruoso mentre l'altra metà è molto bella. L'Islandese non è contento di aver incontrato la Natura, in quanto stava cercando di fuggire da essa, così la Natura gli chiede il perché della fuga. L'Islandese risponde che non voleva più soffrire e avere patimenti, vuole separarsi dalla società e isolarsi per vivere senza molestie. In effetti estate ed inverno gli procurano solo disagi, si chiude in sé stesso ma le preoccupazioni non cessano, cambia luoghi e clima ma niente, Così si domanda se ci sia un posto dove la natura sia favorevole all'uomo, e per fare ciò porta anche una descrizione dei vari climi sfavorevoli all'uomo. Se si astiene dai piaceri incorre nelle malattie, così arriva alla conclusione che la natura è nemica all'uomo, e si immagina la sua vecchiaia lugubre e amara. Egli afferma infatti che solo un terzo della vita è destinato a fiorire, pochi istanti alla perfezione e tutto il resto è destinato a decadere. La Natura dice di non accorgersi se fa il bene o il male all'uomo, quindi non è colpevole. Ma allora l'Islandese chiede perché è stato messo al mondo, e la Natura gli risponde che l'Universo è costituito da processi di produzione e di distruzione, quindi non si può prescindere dalla nascita e dalla morte. Infine, mentre l'Islandese chiede a chi giovasse questa vita infelice, viene mangiato da due leoni, anche se si narra che il corpo possa essere stato esposto in un museo.


. L Natura è avversa all'uomo, e l'ultima scena testimonia la pochezza dell'uomo stesso di fronte ad essa



La seconda fase della poesia leopardiana (1828 - 1830). I canti pisano-recanatesi

Dopo la rinuncia alla poesia avvenuta nel 1826, avvenuta per ragioni storiche, ideologiche ed esistenziali, nella primavera del 1828 abbiamo la ripresa della composizione di testi poetici. Questi nuovi testi per le analogie tematiche e strutturali costituiscono una produzione a parte, mentre chiamandoli "grandi idilli" si valorizzerebbe solamente l'aspetto descrittivo-emozionale e si respingerebbe quello filosofico-argomentativo. A Silvia, composta nel 1828, è il primo esempio di canzone libera, dal metro e dalle rime. il tema riporta alla giovinezza recanatese, al momento delle illusioni che poi si riveleranno fragili crollando al momento della morte della ragazza. Leopardi protesta contro la natura che inganna l'uomo dandogli illusioni, mentre la verità umana non è che la morte. Anche nella poesia Le ricordanze (1829) abbiamo un tema recanatese. Questa poesia, la più vicina stilisticamente agli idilli giovanili, è una rievocazione del passato, delle attese sperate e poi delle delusioni per le attese mancate.

La poesia Canto notturno di un pastore errante dell'Asia è una poesia in cui prevale la riflessione e l'atteggiamento filosofico. C'è in effetti un colloquio tra un pastore e la luna, e attraverso varie domande del pastore (Leopardi) abbiamo una riflessione sulla condizione umana, e mette in mostra una visione pessimista della vita. L'andamento è più distaccato rispetto alle precedenti due composizioni e quasi più severo.

La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio, composti entrambi nel settembre 1829, rappresentano due momenti della vita recanatese. Nella prima poesia si descrive il ritorno al sereno dopo un temporale, mentre nella seconda si descrive l'attesa per il giorno festivo settimanale. Ma questi esempi sono scelti per una rigorosa intenzione dimostrativa: il piacere consiste solo nella cessazione provvisoria di un dolore o nell'attesa illusoria di un bene che sta per venire. Quindi il piacere non è mai in atto, e leopardi crede che il piacere più bello sia la fine delle sofferenze, la morte.

Il passero solitario è una poesia scritta probabilmente tra gli anni 1831 - 1835; è scritta dal punto di vista della giovinezza, presagendo il rimpianto vano degli anni maturi. Le analogie tra il passero e il poeta sono molte: l'amore della solitudine, la propensione al canto, il rifiuto dei piaceri della primavera e della giovinezza. Ma mentre il passero non rimpiangerà di non aver goduto la giovinezza perché è la sua natura che lo porta a ciò, Leopardi rimpiangerà amaramente il più bel periodo della vita. Ancora una volta è messo in risalto il limite della condizione umana.



A Silvia (1828)

Fa parte dei canti pisano-recanatesi (in ogni canto sta una riflessione); la poesia è composta da endecasillabi e settenari liberi, con alcuni endecasillabi che contengono un settenario all'interno. Le strofe sono variabili e non ci sono rime fisse. Ricorrono il suono della A e del gruppo VI, anche perché abbiamo un ampio utilizzo del tempo imperfetto.

-Silvia ricordi? Quando tu eri giovane (illusioni), ed io ero giovane (illusioni), entrambi speravamo.ma la Natura ci ha illuso e non ha mantenuto la promessa, perché infatti tu sei morta giovane (disillusione); come te anche la mia speranza/giovinezza  è morta (disillusione); in conclusione esiste solo il vero: la morte.


S.: sale il limitar, lavora, canta. fantastica e spera

L.: spende la migliore parte, studia e contempla. fantastica e spera


NATURA PERCHÉ INGANNI I FIGLI? S. vinta da morbo, perisce la speranza di L., fredda tomba


1 livello: fonico (ripetizioni di A e VI)

2 livello: morfologico (alternanza dei tempi, passato e presente)

3 livello: lessicale (utilizzo di termini piani e di termini peregrini)

4 livello: sintattico: prevalgono le coordinate .e,e.che,che.o,o.

5 livello: retorico: poche figure retoriche

6 livello: metrico: endecasillabi e settenari liberi



Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (1829 - 1830)

Leopardi in questa poesia sceglie un pastore errante perché è una persona non colta, fuori dalla civiltà europea (dove gli strumenti erano più raffinati culturalmente); tutto il pensiero viene dal razionalismo greco. Ci sono endecasillabi e settenari liberi, ma prevalgono quest'ultimi. Il pastore (che è Leopardi) vuole sapere il senso delle cose, e pone delle domande alla luna che naturalmente non risponde. È differente da "La quiete.." e "Il sabato.." in quanto questa poesia è tutta una riflessione, mentre nelle altre due c'era una parte descrittiva.

- Serie di domande alla luna, parallelismo tra vita luna e vita pastore, esempio del vecchierello, visione negativa dei genitori perché manca l'affetto, cose che forse la luna capisce (viver terreno, sofferenze, sperare, morte),perché queste cose se non so il perché esistano, pone altre domande, movimento delle cose di cui lui non sa darsi una risposta, "a me la vita è male", parla al gregge, tedio, noia, fastidio, condizione esistenziale dell'uomo assalito dalla noia, perché la noia mi assale? Frase finale breve, coinciso ma fortemente pessimista ("è funesto a chi nasce il dì natale").


La quiete dopo la tempesta (1829)

Anche in questa poesia troviamo endecasillabi e settenari sciolti, la rima è libera. In una prima parte abbiamo immagini visive della ripresa della vita da parte degli uomini dopo il temporale, una seconda parte caratterizzata da una riflessione filosofica interna di Leopardi ("piacer figlio d'affanno"), una terza caratterizzata dall'accusa alla natura.


Il sabato del villaggio (1829)

In questo canto prevalgono i settenari, anche all'interno di un endecasillabo, ci sono qualche rima e rima di mezzo. Dal primo al trentasettesimo verso abbiamo un quadro descrittivo del sabato, il giorno che precede la domenica festiva. Leopardi non è realista perché a lui interessano solo le immagini e i suoni che riproducono le sue sensazioni. La fase principale è: "questo di sette è il più gradito giorno.diman tristezza e noia recheran le ore..". Alla fine Leopardi fa un augurio ad un ragazzo, in quanto secondo l'autore la domenica della vita reca solo tristezza e noia (in quanto non trova aspetti vitali in ciò che sta vivendo).



La terza fase della poesia leopardiana (1831 - 1837)

Il definitivo abbandono di Recanati nel 1830, l'impegnativo contatto con l'ambiente fiorentino dei cattolici moderati, il presentarsi di nuove ed intense esperienze esistenziali, soprattutto d'amore, infine il confronto negli anni napoletani con una tendenza culturale dominante di tipo spiritualistico - regressivo  spinse Leopardi ad un radicale rinnovamento poetico. Il rinnovamento è sia tematico che stilistico. Le direzioni della nuova ricerca leopardiana sono l'amore, quale passione concreta e vissuta (Ciclo di Aspasia), la riflessione filosofica da un punto di vista antiidealistica e la politica, intesa come rifiuto del progresso. Egli avanza una personale proposta di solidarietà fondata sulla disillusione.

Per la metrica rimane l'uso della canzone libera, mentre lo stile non è più lirico, ma abbiamo un uso sistematico ed estremo della sintassi, periodi brevissimi o lunghi. anche per il lessico troviamo dei termini mai usati precedentemente da Leopardi. Più in generale, riguarda la nuova poetica leopardiana: alla valorizzazione del ricordo, della distanza e della vaghezza segue ora la scelta del presente, del tangibile e della concretezza.

A mettere inizialmente in moto il rinnovamento poetico leopardiano è l'esperienza dell'amore, con la violenta passione per Fanny Targioni Tozzetti, da lui amata senza essere ricambiato. Le composizioni del "Ciclo di Aspasia" prendono il nome dal soprannome dato da Leopardi all'amata, Aspasia, anche se in greco il termine significava prostituta. Il ciclo si compone in totale di 5 libri.


A te stesso

Composto probabilmente nel 1833. Con questo testo abbiamo la definitiva rinuncia alle illusioni; è una poesia antiidillica. Leopardi si rivolge al cuore con frasi breve, lapidarie, usa scansioni che provocano durezza. Molti enjambements, troviamo pochi aggettivi ma molti sostantivi. Il linguaggio è concreto (forte), forte. Abbiamo la presenza di gruppi più duri (sempre,stanco,estremo,eterno,credei,sempre.). Abbiamo l'opposizione tra estremo e eterno, quindi idea di finito contro idea di infinito. La struttura metrica è però particolare: 3 parti composte ciascuna da un settenario, 2 endecasillabi,un settenario ed un endecasillabo, tranne l'ultimo verso che ha funzione conclusiva. Il contenuto è un invito che Leopardi rivolge al proprio cuore a non sforzarsi più di creare illusioni, perché questo è tutto inutile, perché il destino ha concesso all'uomo solo la morte.   




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