Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

FRANCESCO PETRARCA - GIAMBATTISTA VICO

letteratura



FRANCESCO PETRARCA


Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304. Il padre, come Dante, era un guelfo bianco fiorentino costretto all' esilio, che avviò i figli agli studi giuridici, prima a Montpellier e poi a Bologna. Francesco torna ad Avignone nel 1326, e il 6 Aprile dell'anno seguente si innamora di una fanciulla vista nella chiesa di S. Chiara, la cui identità rimane sconosciuta ma che lui nei suoi poemi chiamerà Laura. Sopraggiungono difficoltà economiche, e Francesco è costretto a cercarsi un impiego; sceglie così la carriera ecclesiastica, che vede come un'onesta professione. Al servizio del cardinale Colonna nel 1330, sei anni dopo è a Roma; tornato in Francia, acquista una casetta in Valchiusa, lontano dalle preoccupazioni della curia papale. Le sue prime produzioni sono in latino: un poema epico, "Africa" (1338), le prime biografie del "De viris illustribus".

Nel 1341 riesce a farsi incoronare poeta in Campidoglio avendo come padrino Roberto d'Angiò, alla moda degli antichi romani. Tornato in Provenza, si lancia in una lunga polemica contro la corruzione dei costumi del papato e comincia la stesura del Secretum. Nel 1343 è ambasciatore a Napoli; poi si rifugia a Parma, alla corte dei Correggio. Due anni più tardi, di ritorno a Valchiusa, passa da Verona dove ritrova un volume che raccoglieva le lettere di Cicerone ad Attico; queste lettere gli serviranno da modello quando deciderà di riordinare e pubblicare il suo epistolario. Attorno al 1347 scrive due trattati, il "De vita solitaria" e il "De otio religiosorum"; subito dopo torna a Roma, dove appoggia clamorosamente il governo rivoluzionario di Cola di Rienzo; la cosa lo rende sempre più inviso alla corte di Avignone.



Nel 1348 la Grande Peste uccide Laura, e ciò lo stimola a comporre il trionfo della Morte, dopo quelli dell' Amore e della Castità, e a riordinare le liriche scritte fino allora nella raccolta del "Canzoniere". Nel 1350 conosce il Boccaccio, di cui diviene grande amico. Un tentativo di riconciliazione del papa naufraga per la sua opposizione, dettata dall'odio per la corte papale; nel 1352 lascia definitivamente la Provenza per l'Italia. Si reca alla corte milanese dei Visconti, e vi rimane fino al 1361, continuando a rivedere i suoi scritti, il Canzoniere e le Epistole familiari; si sposta poi a Padova, a Venezia ed infine ad Arquà, nel 1370. Qui, dopo aver completato una seconda raccolta di epistole, le Senili, si spegne il 18 Luglio 1374.



GIAMBATTISTA VICO


Giambattista Vico nasce a Napoli nel 1668; pur arrivando alla laurea in diritto, i suoi interessi non riguardano la professione forense, bensì la riflessione teoretica sul diritto stesso e la filosofia. Tra 1686 e 1695 è precettore dei figli di Domenico Rocca, possessore di una magnifica biblioteca; nel 1699 insegna retorica all'Università e prende moglie. Numerosi discorsi accademici del periodo testimoniano la conversione al platonismo del Vico, ma un primo nucleo della sua dottrina è ritrovabile nel "Dell'antichissima sapienza italica rintracciata nelle origini della lingua latina" (1710). Nel 1720 Vico inizia la stesura del suo capolavoro, la "Scienza nova", che tra una revisione e l'altra sarà definitivamente terminato nel 1744, poco prima della morte.

Nel 1725 scrive la sua Autobiografia; le sue opere vengono però guardate con ostilità da pochi e ignorate dagli altri; anche la famiglia disapprova la sua attività. Solo nel 1735 ha la soddisfazione di venir nominato storiografo regio, grazie ad alcuni suoi lavori storici scritti molto tempo addietro.

Si spegne il 23 Gennaio 1744.


GIOVANNI VERGA


Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840, da famiglia nobile e agiata. Lasciati gli studi di legge per entrare, nel 1861, nella Guardia Nazionale, manifesta fin da giovane un grande interesse per la letteratura, pubblicando a soli 22 anni il romanzo storico "I carbonari della montagna". Già in quest'opera è visibile l'ardore patriottico dell'autore, e il suo impegno politico per l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia; questi si fanno più evidenti con il secondo romanzo, "Sull 727b12h e lagune" (1863) e con la fondazione del giornale "Roma degli Italiani". Nel 1865 si trasferisce a Firenze, pubblicando i romanzi "Una peccatrice" (1866) e "Storia di una capinera" (1871), quest'ultimo di grande successo. Si sposta poi a Milano, dove entra in contatto con scrittori del calibro di Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa, Federico De Roberto; pubblica i romanzi "Eva" e "Tigre reale" (1874), "Eros" (1875) e la raccolta "Primavera e altri racconti"(1876). In una lettera del 1878 espone il suo progetto di un ciclo di romanzi, il cui comune denominatore sarebbe dovuto essere la teoria evoluzionistica darwiniana e il cui modello i romanzi di Zola, dal titolo "I vinti". Nel 1880 esce la raccolta di novelle "Vita dei campi"; l'anno successivo il primo romanzo del ciclo dei vinti e il suo capolavoro, "I Malavoglia"; nel 1882 il romanzo "Il marito di Elena"; nel 1883 le raccolte di novelle "Per le vie" e "Novelle rusticane". Nel 1884 ha la soddisfazione di veder rappresentata in teatro una sua novella contenuta in "Vita dei campi", la "Cavalleria rusticana", che Pietro Mascagni tramuterà in opera lirica nel 1890. Nel 1888 esce il secondo romanzo del ciclo dei vinti, il "Mastro don Gesualdo". Raggiunta l'agiatezza economica e la tranquillità sentimentale, dopo alcune relazioni anche adulterine, nel 1894 si ritira a Catania e pubblica ancora una raccolta di novelle, "Don Candeloro"; nel 1903 esce il dramma "Dal tuo al mio", nel 1911 inizia il terzo romanzo del ciclo, "La duchessa di Leyra", che però rimane fermo al primo capitolo. Nominato senatore nel 1920, muore nel 1922.


TORQUATO TASSO


Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1544. Ancora in tenera età, deve seguire il padre in esilio prima a Roma, poi a Bergamo e ad Urbino. Il distacco dalla natia Sorrento provoca in lui grande tristezza e il motivo dell'esilio riecheggerà in molte sue opere. Nel 1559 la famiglia si trasferisce a Venezia, dove Torquato scrive un primo abbozzo di un poema sulle Crociate, il "Gerusalemme"; in seguito si iscrive all'Università di Padova, dove studia filosofia ed eloquenza. A Padova compone il poema cavalleresco "Rinaldo" e le prime poesie amorose, e frequenta l'Accademia degli Eterei. Nel 1565 il Tasso entra alla corte degli Este; i primi anni sono felici, e tale ritrovata tranquillità consente al poeta di terminare la "Gerusalemme liberata" (1575) e di scrivere i "Discorsi dell'arte poetica"; due anni prima era stata rappresentata la favola pastorale in 5 atti "Aminta". Ma Tasso perde ben presto la serenità e comincia a dare segni di esaurimento: la sua principale preoccupazione sono le critiche alla Gerusalemme e il timore che l'opera non venga giudicata ortodossa dalla Chiesa. Rivede lo scritto più volte e lo sottopone due volte spontaneamente al giudizio dell'Inquisizione, che pronuncia due sentenze di assoluzione. Soffrendo di manie di persecuzione, viene rinchiuso nelle segrete del castello nel 1577; riuscito ad evadere, viaggia per tutta l'Italia, ma nel 1579 è di nuovo a Ferrara; deluso dall'accoglienza degli Este, attacca verbalmente il duca che lo rinchiude nuovamente, anche per motivi politici (temeva che le professioni di eresia di Tasso gli attirassero l'ira del papa, che già mostrava interesse per i suoi possedimenti).

Durante i 7 anni di prigionia scrive poesie e gran parte dei "Dialoghi", e difende il suo poema (pubblicato nel 1581) dalle critiche con alcuni scritti apologetici tra cui l' "Apologia della Gerusalemme" (1585). Nel 1586 l'intervento del Gonzaga porta alla sua scarcerazione e al trasferimento a Mantova, ma ben presto ricomincia a viaggiare. I suoi ultimi anni li trascorre tra Napoli e Roma, scrivendo il poema biblico "Mondo creato" e i "Discorsi del poema eroico" (1594), in cui riprende e modifica in senso pedagogico la teoria del poema epico già trattata nei Discorsi dell'arte poetica. La continua revisione del poema porta alla pubblicazione della "Gerusalemme conquistata" edito nel 1593.

Il Tasso muore a Roma nel 1595.


GIUSEPPE PARINI


Giuseppe Parini nasce a Bosisio nel 1729. Studia a Milano dai Barnabiti, e, alla fine dell' iter scolastico nel 1752, pubblica "Alcune poesie di Ripano (anagramma di Parini) Eupilino". Grazie a quest'opera può iscriversi all' Accademia dei Trasformati. Due anni dopo, per poter usufruire di una rendita promessagli da una zia, deve prendere gli ordini minori, ed è assunto come precettore dal duca Serbelloni. Rimarrà al suo servizio fino al 1762, scrivendo il "Dialogo sopra la nobiltà" (1757), le "Lettere del conte N.N. a una falsa devota" (1761), il "Discorso sopra la poesia" (1761).

Scrive anche le prime delle sue ventuno odi. Entrato in casa del conte Imbonati, sempre come precettore, pubblica il "Mattino" nel 1763 e il "Mezzogiorno" nel 1765; nel 1768 adatta per il tetro lirici la tragedia "Alceste" di Ranieri de' Calzabigi.

L'anno successivo è chiamato a dirigere la "Gazzetta di Milano" e a tenere la cattedra di lettere alle Scuole Palatine, e subito dopo fa parte di due commissioni per la riforma scolastica. Nel 1791 è nominato sovrintendente alle scuole di Brera, ed occupa incarichi nella scuola anche dopo l'invasione napoleonica di Milano del 1796. Muore nel 1799, lasciando incompiuti il "Vespro" e la "Notte".


JACOPONE DA TODI


Jacopone nasce a Todi attorno al 1230 da nobile famiglia. Compie studi giuridici a Bologna e secondo la tradizione questi suoi primi anni sono vissuti nel vizio e nei divertimenti, fino alla crisi e al pentimento mistico portati dalla tragica morte della moglie nel 1268. Entra così a far parte dei frati Spirituali, i più rigoristi e intransigenti tra i Francescani, sostenitori dell' assoluta povertà degli appartenenti all'ordine. Osteggiati da Papa Bonifacio VIII, dopo la breve stagione a loro propizia del pontificato di Celestino V, appoggiano il suo oppositore, il cardinale Pietro Colonna.

Jacopone è tra i più duri avversari del papa, di cui chiede la destituzione. Viene così prima scomunicato e poi fatto prigioniero a vita; solo alla morte di Bonifacio, nel 1303, torna in libertà, ritirandosi in convento fino alla morte, giunta tre anni più tardi. Di lui ci restano circa un centinaio di Laudi e una sequenza liturgica sulla Passione di Cristo, lo Stabat mater, mentre altri scritti sono ancora oggetto di controversia.


LUDOVICO ARIOSTO


Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia nel 1474, da nobile famiglia ferrarese. Abbandonati gli studi giuridici a cui la famiglia lo aveva indirizzato, diede sfogo alla sua passione per la letteratura e per il teatro a partire dai venti anni, principalmente componendo liriche in latino. La morte del padre nel 1500 lo rende responsabile dell' amministrazione dei beni familiari, e le successive difficoltà' economiche lo costringono a entrare alla corte di Ippolito d' Este a Ferrara, dove abitava già' da tempo. La sua condizione di cortigiano gli procura grandissime umiliazioni, anche se riceve alcuni incarichi diplomatici di minore importanza presso la Santa Sede. Frattanto l'Ariosto aveva pubblicato e fatto rappresentare due commedie, la Cassaria e i Suppositi, e aveva cominciato a lavorare al suo capolavoro, l' Orlando Furioso. Nel 1513 si innamora di Alessandra Benucci, che pero' sposerà' solo nel 1528, per non perdere i benefici ecclesiastici di cui godeva. Nel 1516 esce la prima edizione dell' Orlando; nel 1518 passa al servizio del duca Alfonso, che quattro anni piu' tardi lo nomina governatore della Garfagnana. A questo periodo risalgono i Cinque canti, il Negromante (1520) e le Satire V-VII.

Liberata la Garfagnana dal flagello del brigantaggio, l' Ariosto può' ritornare a Ferrara, dove assiste al grande successo delle sue opere teatrali e lavora alla revisione dell' Orlando, la cui edizione definitiva vede la luce nel 1532. La morte coglie il suo autore l' anno successivo.





CESARE BECCARIA


Cesare Beccaria nasce a Milano nel 1738. Uscito dal collegio gesuitico di Parma, si iscrive all' Università di Pavia, laureandosi in Giurisprudenza nel 1758. Due anni più tardi conosce Pietro Verri ed inizia a frequentarne il cenacolo culturale, appassionandosi alla filosofia e alle idee illuministe; contemporaneamente si allontana da casa, data l'opposizione della famiglia al suo matrimonio con Teresa Blasco. Indotto dal Verri ad interessarsi di problemi sociali e giudiziari, nel 1763 scrive il famosissimo trattato Dei delitti e delle pene, che grande successo ebbe in Europa. In questo periodo collabora anche con la stesura di articoli al giornale dei fratelli Verri "Il Caffè".

Nel 1766 si reca a Parigi, dove è accolto da trionfatore; tornato a Milano e staccatosi dai Verri, gli viene affidata nel 1768 la cattedra di Economia alle Scuole Palatine di Milano. Le sue lezioni furono raccolte dopo la morte negli "Elementi di Economia pubblica". Nel 1770 appaiono le "Ricerche intorno alla natura dello stile", dove propugna la ricerca dell'essenza dell'arte piuttosto che delle norme stilistiche. Nel 1791 viene chiamato a far parte della giunta per la riforma del sistema giudiziario civile e criminale; muore nel 1794.


GIOVANNI BOCCACCIO


Boccaccio nasce nel 1313, forse a Certaldo o a Firenze, da famiglia borghese. A 14 anni segue il padre a Napoli, dove dovrebbe impratichirsi nelle tecniche mercantili; ma lo scarso successo in questi studi induce il padre a inviarlo ai corsi di diritto canonico. A Napoli Boccaccio può frequentare l'ambiente aristocratico della corte angioina e subirne l' influsso culturale, entrando in contatto con letterati come Cino da Pistoia e Paolo da Perugia. Nascono i primi componimenti poetici, in cui già si evoca la presenza della donna ispiratrice del Boccaccio, Fiammetta: la "Caccia di Diana" (1334), il "Filostrato" (1335), il "Filocolo"(1336-38). Tornato a Firenze nel 1340, Boccaccio vi termina il "Teseida", poema amoroso in dodici libri, mentre le condizioni economiche della famiglia si fanno più difficili e la situazione politica della città più torbida. Boccaccio si trova a disagio, si reca a Ravenna e Forlì per brevi soggiorni, e intanto scrive altre opere, tra cui l' "Elegia di madonna Fiammetta" (1344), romanzo psicologico sugli amori di Fiammetta e Panfilo, e il "Ninfale fiesolano" (1344-46), altro poema amoroso in ottave. La Grande Peste del 1348 gli porta via il padre; tra 1349 e 1351 Boccaccio compone il suo capolavoro, il "Decameron". Intraprende poi l'attività diplomatica, recandosi in Romagna, a Basilea, ad Avignone, a Roma. A Padova conosce il Petrarca, di cui diviene grande amico, e la cui influenza sulle ultime creazioni di Boccaccio sarà notevole; tra i due intercorre un fitto epistolario. Boccaccio crea un circolo letterario che intende promuovere lo studio della lingua e cultura greca, e compone numerosi trattati in latino tra 1350 e 1375, testimonianza del rinnovato interesse dell'autore per il classicismo. In volgare scrive invece la satira anti-femminile "Il Corbaccio" (1366); negli ultimi anni si dedica completamente alla diffusione della conoscenza di Dante, si stacca dalla politica e si orienta allo spiritualismo, anche per l'influenza del Petrarca. Muore a Certaldo il 21 Dicembre 1375.


GIOSUÈ CARDUCCI


Giosuè Carducci nasce a Valdicastello nel 1835. Dopo l'infanzia trascorsa in Maremma, si iscrive alla Normale di Pisa dove consegue la laurea in lettere a soli vent'anni. Nel 1860 gli viene assegnata la cattedra di letteratura italiana all' Università di Bologna, che ricoprirà fino al 1904. Nel 1871 conosce Carolina Cristofori Piva, che lui ribattezza Lidia e che sarà la Musa ispiratrice di moltissime sue liriche. Tra 1869 e 1879 compone i "Giambi ed Epodi", ricchi di impegno politico e vis polemica: repubblicano dopo l' Aspromonte, Carducci si avvicina sempre più alla monarchia. Nel 1877 escono le prime "Odi barbare", in cui tenta di riprodurre, con risultati alterni, nel metro dei poeti moderni, ritmi e metri greci e latini; ad esse seguiranno le "Nuove odi barbare" (1882) e le "Terze odi barbare" (1889), oltre alle "Rime nuove" (1887). Nel 1881 muore Lidia, e Carducci inizia un' intensa attività pubblicistica, collaborando a riviste prestigiose; è ormai diventato il rappresentante della cultura ufficiale, e nel 1890 è creato senatore. Nel 1898 pubblica la sua ultima raccolta, "Rime e ritmi"; due anni dopo aver lasciato l'insegnamento, è il primo italiano a ricevere il premio Nobel. Si spegne a Bologna nel 1907.


UGO FOSCOLO


Ugo Foscolo nasce nell'isola di Zante, nello Ionio, da padre veneziano (l'isola all'epoca era dominio veneziano) e madre greca, nel 1778. Mortogli il padre ancora giovane, nel 1792 raggiunge la madre a Venezia, dove, nonostante le condizioni di povertà, riesce a studiare i classici greci e latini e i grandi autori contemporanei. A Venezia frequenta il salotto di Isabella Teotochi Albrizzi, la sua prima grande passione, ed ha modo di conoscere il Bertola e il Pindemonte; all'Università di Padova conosce invece Melchiorre Cesarotti, il traduttore dei "Canti di Ossian". Simpatizza con i repubblicani, e queste sue idee politiche sono evidenti nella sua prima tragedia, il "Tieste"(1795), di stile alfieriano, che lo rende sospetto all'oligarchia veneziana. Passa quindi nella Repubblica Cispadana, arruolandosi nei cacciatori a cavallo, e ritorna a Venezia con le truppe di Napoleone, per cui scrive l'ode "A Bonaparte liberatore" (1797). Le sue speranze di patriota subiscono un duro colpo col trattato di Campoformio, che restituisce Venezia agli Austriaci. In questo periodo e durante queste vicende inizia la stesura del romanzo epistolare "Le ultime lettere di Jacopo Ortis". Trasferitosi a Milano, vi conosce Monti (della cui moglie, Teresa Pikler, si innamora) e Parini; nel 1798 è a Bologna dove lavora al tribunale criminale, ma l'invasione austro-russa dell'anno seguente lo spinge a riarruolarsi nella Guardia Nazionale, combattendo valorosamente all'assedio di Genova e a Marengo. In questo periodo compone l'ode "A Luigia Pallavicini caduta da cavallo". Dopo la vittoria l'esercito gli affida numerosi incarichi; a Firenze si lega alla giovane Isabella Roncioni, tornato a Milano ha una relazione con Antonietta Fagnani Arese per la quale scrive l'ode "All'amica risanata". Questo agitarsi di passioni è alla base della pubblicazione dell'Ortis nel 1802 (stranamente, la sua protagonista ha lo stesso nome della moglie del Monti...); l'anno seguente pubblica i suoi dodici sonetti.

Tornato in servizio come capitano, nel 1804 è con le truppe di Napoleone sulla Manica; vi resta due anni, in cui ha anche un figlio; traduce il "Viaggio sentimentale" di Sterne, ed elabora una nuova immagine di sé, più distaccata e disincantata di quella tutta passione dell' Ortis, in Didimo Chierico. Tornato in Italia, nel 1807 pubblica il carme "Dei sepolcri"; ottenuta la cattedra di eloquenza all'Università di Pavia, vi tiene l'orazione inaugurale "Dell'origine e dell'ufficio della letteratura" (1809), ma la perde poco tempo dopo per l'ostilità dei suoi detrattori (tra cui il Monti...) e torna a Milano. La sua nuova tragedia "Aiace" (1811) sembra permeata di spirito antifrancese, e la diffidenza che provoca spinge Foscolo a trasferirsi a Firenze, dove inaugura una nuova stagione di amori, scrive la tragedia "Ricciarda", pubblica il romanzo di Sterne corredato da una "Notizia intorno a Didimo Chierico" (1813) e scrive buona parte delle "Grazie". Il crollo del regime napoleonico lo spinge a tornare a Milano, nella speranza che il governo austriaco venga incontro alle richieste di libertà dei patrioti italiani; ma le offerte fattegli da questo, pur allettanti, non sono giudicate sufficienti, e Foscolo sceglie l'esilio. Dopo un breve soggiorno in Svizzera, dove pubblica la satira "L'Ipercalisse" (1816), arriva a Londra dove è ben accolto. Si dedica all'attività saggistica e giornalistica per ragioni economiche e alla critica letteraria, termina le Grazie, scrive la "Lettera apologetica". Dopo aver sperperato i suoi averi, muore malato e povero a Londra nel 1827.


GALILEO GALILEI


Galileo Galilei nasce a Pisa nel 1564. Pur avendo abbandonato gli studi universitari, riesce ad ottenere nel 1589 una cattedra di matematica nell'ateneo pisano, e nei tre anni successivi, seguendo la sua inclinazione per le scienze, compie numerosi esperimenti di dinamica, rimanendo ancora nell' ambito della fisica aristotelica. Passato all'Università di Padova nel 1592, costruisce ed inventa strumenti matematici e studia la meccanica: nel 1602 scopre l'isocronismo del pendolo, due anni dopo formula una prima legge sulla caduta dei gravi ed afferma che alcune stelle sono più lontane della Luna, staccandosi così da Aristotele.

Costruitosi un telescopio, nel 1610 pubblica i risultati delle sue osservazioni astronomiche nel "Sidereus nuncius", che lo rende famoso anche per la demolizione della distinzione aristotelica tra mondo sublunare corruttibile ed etereo incorruttibile. Trasferitosi a Firenze, nel 1611 è a Roma, dove è ricevuto con grandi onori; ma nel 1613 le tesi copernicane, da lui pubblicamente sostenute, ed alcune affermazioni profondamente contrarie all'ideologia della Controriforma gli procurano una denuncia all'Inquisizione fatta dai Domenicani. La commissione, presieduta dal cardinale Bellarmino, condanna le tesi copernicane e chi le professi nel 1616, e Galileo torna a Firenze. Nel 1618 tre comete appaiono nei cieli d'Europa, e su di esse scoppia una polemica tra Galileo e il gesuita padre Grassi. In tale occasione Galileo pubblica l'irriverente opera "Il saggiatore", in cui demolisce la metodologia scientifica aristotelica, e ciò gli vale l'ostilità dei Gesuiti romani. Nel 1624 Galileo torna a Roma, essendo divenuto papa il cardinale Barberini, suo vecchio amico, col nome di Urbano VIII; ma le speranze galileiane di una chiesa promotrice del progresso scientifico erano destinate a cadere. Nel 1632 pubblica il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo", senza curarsi troppo dei limiti teologici che Urbano gli aveva detto di rispettare e anzi attaccando alcune opinioni del pontefice; in quest'opera fondamentale mette a confronto il sistema tolemaico con quello copernicano, e quest'ultimo risulta nettamente vincitore.

Il risultato è la convocazione davanti all'Inquisizione nel 1633, il processo e la condanna all'abiura, che Galileo compie, e al carcere, poi commutato in confino. Nei suoi ultimi anni Galileo scrive il suo capolavoro scientifico, i "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze", apparsi nel 1638; qui l'autore fonda l'universo sullo spazio euclideo, vuoto e infinito, evidenzia la sua struttura matematica ed espone un rivoluzionario concetto di moto.

Quasi cieco, muore ad Arceri nel 1642.


CARLO GOLDONI


Carlo Goldoni nasce a Venezia nel 1707. Viene mandato a scuola prima dai Gesuiti poi dai Domenicani, e nel 1723 entra al Collegio Ghisleri di Padova per studiare legge, ma ne viene espulso per aver scritto una satira, "Il colosso" contro le donne padovane. Inizia un lungo periodo di spostamenti in diverse città italiane, in cui svolge diverse attività, pubblico impiegato, scrittore per il teatro, diplomatico. Nel 1734, a Milano, si lega alla compagnia Imer, per la quale compone tragicommedie in versi. In questo periodo inizia a concepire un ambizioso progetto di riforma del teatro italiano, che lo possa liberare dalle strettoie in cui lo costringevano gli schemi ormai vetusti del canovaccio della Commedia dell'Arte. Già con la prima commedia, il "Momolo cortesan" (1738), la parte del protagonista è scritta su un copione; nella "Donna di garbo" (1743) tutte le parti sono scritte. La sua attività si interrompe per qualche anno, in cui fa l'avvocato a Pisa, con l'eccezione della redazione dell' "Arlecchino servitore di due padroni"; tornato a Venezia nel 1748, si lega al Teatro Sant'Angelo, per cui scrive alcuni dei suoi capolavori: "La vedova scaltra" (1748), "La famiglia dell'antiquario" (1750), "La bottega del caffè" (1750), "la locandiera" (1753); in queste opere si vede il progetto goldoniano di dar vita a un teatro che si identifichi con il reale, in cui convenzioni e artifici vengano abbandonati. Gli attori e parte del pubblico spesso non apprezzano le sue innovazioni, preferendo le produzioni esoticheggianti dell'abate Chiari; vengono attaccate anche la lingua da lui usata, definita "rozza", e la morale delle sue opere. Passato al teatro S.Luca, cerca di venire incontro al pubblico con qualche produzione romanzesca, e scrive le prime commedie popolari in dialetto: "Le màssere" (1755) e "Il campiello"(1756).

Tra 1759 e 1762 una nuova raffica di capolavori: "Gli innamorati" (1759), "I rusteghi" (1760), "La casa nova " (1760), "Le smanie della villeggiatura" (1761), "Sior Todero brontolon" (1762), "Le baruffe chiozzotte" (1762). In quell'anno, amareggiato per il fatto che il pubblico preferiva le "Fiabe" del suo rivale e detrattore Carlo Gozzi, accetta l'invito del teatro della Comédie Italienne di Parigi. Qui rimane due anni, ma anche questa esperienza si rivela deludente; delle sue composizioni di questo periodo si ricordano, nelle successive stesure in italiano per il S.Luca, "Il ventaglio" e "Il burbero di buon cuore". Nel 1776 è a Versailles come precettore delle figlie del re, poi si ritira a Parigi con un modesto vitalizio, e qui scrive le sue memorie. Muore a Parigi nel 1793.



NICCOLÒ MACHIAVELLI


Niccolò Machiavelli nasce a Firenze nel 1469, in una famiglia di buon livello culturale che gli infonde una robusta educazione umanistica. Nel 1498, dopo la caduta del Savonarola, ottiene il posto di segretario della cancelleria al Comune di Firenze, e da quel momento intraprende una prestigiosa carriera politica e militare che lo porterà in Romagna, in Germania, in Francia. Nel 1501 sposa Marietta Corsini. La sua attività di questo periodo è testimoniata da tutta una serie di scritti minori; nel 1502 conosce Cesare Borgia, il duca Valentino; nel 1506 pubblica il "Decennale primo", dieci anni di storia fiorentina in versi. Nel 1512 cade la Repubblica e i Medici tornano a Firenze; Machiavelli perde l'incarico, viene multato e confinato in campagna, dove scrive il "Principe" (1513) e inizia la stesura dei "Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio", che terminerà nel 1517. Allentatosi il rigore del confino, cerca di ingraziarsi i Medici senza molto successo e a Firenze frequenta un circolo di letterati a palazzo Rucellai. Nel 1518 la sua commedia "La mandragola" ottiene un enorme successo, del 1520 è la "Vita di Castruccio Castracani", e subito dopo accetta di scrivere per Giulio de' Medici le "Istorie fiorentine".

Nel 1525 un nuovo successo teatrale, "Clizia"; intanto il riavvicinamento ai Medici gli procura nuovi incarichi. Muore a Firenze subito dopo la caduta dei Medici e il ritorno della repubblica, nel 1527.


ALESSANDRO MANZONI


Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785, da famiglia nobiliare. Studia in istituti ecclesiastici, ma si dimostra insofferente del metodo educativo usato in essi, staccandosi dal cattolicesimo e avvicinandosi invece agli ideali illuministi. Nella casa del padre (la madre, Giulia Beccaria, si era separata dal marito ed era andata a vivere a Parigi con Carlo Imbonati) conosce Monti, Foscolo, Cuoco; dal 1801 inizia a comporre poesie. Nel 1805 la madre lo invita a Parigi; l' Imbonati è morto da poco e il Manzoni gli dedica il carme "In morte di Carlo Imbonati". Stabilitosi nella città francese, accompagna in seguito la madre in alcuni viaggi; nel 1807 conosce, sul lago di Como, Enrichetta Blondel, che sposa l'anno seguente. Nel 1809 compone il poemetto "Urania". Si riavvicina, tramite il giansenismo, alla fede cattolica, e nel 1810 torna a Milano con la famiglia, conducendo vita appartata ed amministrando i beni familiari. Tra 1812 e 1815 compone i primi "Inni sacri", il "Proclama di Rimini" e la canzone "Aprile 1814", e aderisce alle nuove tematiche del Romanticismo. Tra 1816 e 1819 scrive la tragedia "Il conte di Carmagnola"; tornato da un breve viaggio a Parigi, scrive l' "Adelchi" (1820-1822), la canzone "Marzo 1821" e l'ode "Cinque Maggio" (1821), la prima versione dei "Promessi sposi", intitolata "Fermo e Lucia"(1821-23), la "Lettera sull'unità di tempo e di luogo nella tragedia" e la "Lettera sul Romanticismo" (1823). La seconda stesura dei "Promessi sposi" del 1827 gli regala la fama definitiva e numerosi riconoscimenti; da questo momento i suoi interessi si spostano nel campo della filosofia e della critica.

Nel 1830 scrive la "Lettera filosofica", tra 1840 e 1842 pubblica l'edizione finale dei "Promessi" corredata dalla "Storia della colonna infame". Essendo morta nel 1833 la Blondel, nel 1837 Manzoni si era risposato con Teresa Borri, mentre la madre era morta nel 1841. Del 1845 è l'opuscolo "Del romanzo storico e in genere dei componimenti misti di storia e d'invenzione"; da qui fino alla morte scrive una lunga serie di studi storici e linguistici. Nel 1860 è nominato senatore del Regno; si spegne a Milano nel 1873.


PIETRO METASTASIO


Pietro Metastasio nasce a Roma nel 1698, da famiglia molto modesta. Già da piccolo si diverte a improvvisare versi, e questa sua abilità gli attira l'attenzione di Gian Vincenzo Gravina, che si assume il compito di educarlo.

Dopo aver studiato a Napoli e in Calabria, nel 1715 torna a Roma prendendo gli ordini minori. Alla morte del Gravina, nel 1718, eredita un buon capitale e un'ottima biblioteca, ed entra in Arcadia, La famiglia del Gravina però impugna il testamento, e il Metastasio cerca un impiego alla corte pontificia, ma senza risultato. Trasferitosi a Napoli, compone la cantata "Gli orti Esperidi", rappresentata nel 1721; l'interprete, la cantante Marianna Benti, gli si affeziona e lo spinge a scrivere altri testi da musicare. Così nel 1724 Metastasio scrive il primo melodramma, la "Didone abbandonata", che ha un grande successo. Seguono il "Siroe" e, dopo il trasferimento a Roma, il "Catone in Utica" (1727), l' "Ezio" (1728), l' "Alessandro nelle Indie" (1729) e l' "Artaserse" (1730). Si reca a Vienna, invitatovi a ricoprire la veste di "poeta cesareo"; tra 1730 e 1740 compone 11 melodrammi, tra cui "Demetrio" e "Olimpiade", e poi oratori, cantate e canzoni. Negli anni successivi dirada la propria produzione. Muore a Vienna nel 1782.






Privacy




Articolo informazione


Hits: 2157
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024