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Alessandro Tassoni Il duello fra Titta e Culagna

letteratura



Alessandro Tassoni Il duello fra Titta e Culagna


Parafrasi (vv 35-45)

Dopo che il cavaliere fu armato di tutto punto

e il sole fu diviso tra i combattenti,

venne dato un segnale di tromba, e a un tratto

i cavalli si mossero come due venti contrari.

Il cavaliere romano Titta fu colpito nel petto,

ma le sue armi temprate e lucenti

ressero il colpo, e il conte, di fronte a quell'impatto di inattesa violenza

si lasciō scivolare di mano la lancia.


Egli fu colpito da Titta alla gorgiera

Tra lo scudo e l'elmo

Da un colpo cosė potente da fargli inarcare la schiena.

La gorgiera si schiodō e la visiera si aprė, e la corazza emise lampi;

i pezzi dell'asta rotta volarono in cielo e il conte allora perse le staffe e la briglia.


Caduta la visiera, il conte vede

colorarsi di rosso la sopraveste

e - Oimč sono morto, - grida rivolgendo lo sguardo

ai suoi scudieri con volto triste;

- aiuto! Che ora mai il cuore esala l'anima - replica con voce tenue.



Accorrono a quel suono cento persone,

e moribondo lo tolgono dalla sella.


Lo portano alla tenda e, sopra un letto

gli cominciano a togliere le armi di dosso

il chirurgo gli fa levare l'elmetto,

e il prete lo va a confessare in fretta.

Tutti i suoi amici lo considerano morto

e tutti precisano che non era il caso di porre ad una simile prova

un uomo privo di forza e di grinta.


Ma Titta, dopo che vede riportare l'avversario

come morto nelle sue tende,

cammina per il campo al suono delle trombe e ritorna

dove lo attendono felici i suoi tifosi;

č talmente pieno di se che

per coraggio non č inferiore allo stesso Marte;

e scende dalla sella, e prima di levarsi l'elmo dalla testa

scrive e spedisce in fretta a Roma un corriere.


Scrive che un cavaliere molto coraggioso

di quelle parti, un uomo tanto importante

che forse non ve n'era un altro a lui superiore

ne che fosse uguale a lui in quanto forza,

aveva avuto il coraggio di provocarlo,

e di intraprendere contro di lui un combattimento mortale;

e che egli, davanti agli eserciti,

al primo colpo gli aveva trapassato il petto.




Spedė il corriere a Gaspare Salvani

Promotore dell'accademia dei Mancini,

in modo che desse l'avviso a i Frangipani

e ai loro amici Urini.

E al cavaliere Del Pozzo e ai due romani

Famosi indegni, il Cesi e il Cesarini,

e al non meno dotto e cortese Sforza;


i quali poi dissero tutti che era matto,

quando si capė quello che era successo.

Intanto avevano spogliato il conte totalmente

instupidito dalla paura;

e i due chirurghi insieme andavano cercando

traccia del colpo per il quale diceva di essere ferito:

non trovando mai la pelle lacerata,

ricominciarono le risate e le chiacchiere.








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