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SEMPRONIA - FULVIA, SULLA SOGLIA DEL POTERE

latino





INTRODUZIONE



Il ruolo della donna nella società romana in età arcaica e repubblicana è caratterizzata da una quasi generalizzata subalternità. La perfetta matrona romana, in astratto, era quella che riusciva a trascorrere una vita intera nel silenzio attenendosi al mos maiorum, cioè ai propri doveri di sposa e di madre.

Ma in realtà l'universo femminile dell'antica Roma era alquanto vario. Vi si potevano trovare donne integerrime e dedite al marito e ai figli come Cornelia madre dei Gracchi, donne intelligenti ma mal viste come Sempronia, donne stravaganti come la matrona di Efeso, donne appassionanti come Clodia (la Lesbia di Catullo).

Diverse furono le donne che, pur non affacciandosi apertamente alla scena politica, fecero ricordare il loro nome per l'influenza che ebbero nella società romana.

Molti autori latini ci hanno fornito di loro ritratti interessanti e puntuali.

Spesso erano le mogli e le madri di grandi uomini come Antonio, Augusto, Claudio, Nerone...






...Come si suol dire: dietro un grande uomo, c'è sempre una grande donna!










SEMPRONIA


Sempronia, ma con lei altre matrone romane non nominate da Sallustio nella sua famosa monografia storica "La congiura di Catilina", fu la prima nobildonna romana a schierarsi politicamente in prima persona (e con tutti i mezzi a lei a disposizione: spregiudicatezza, costumi, bellezza, intelligenza); a dire il vero il suo "schierarsi" fu dapprima semiclandestino e solo infine palese: ma ciò non fa che accrescere il carattere assolutamente "scandaloso" e "sovversivo" della sua 414b17e attività politica. Signore di nobile casato che prendessero parte alla vita politica, non se n'erano mai viste prima, soprattutto in circostanze così pericolose e rivoluzionarie quali furono quelle che si verificarono nel corso della lunga agitazione catilinaria tragicamente conclusa.

Di Sempronia e delle altre matrone sostenitrici e probabilmente amanti di Lucio Sergio Catilina, sappiamo molto poco.


Sallustio scrisse su di lei:


"Tra di esse era Sempronia. Che sovente aveva compiuto malefatte di un'audacia virile. Questa donna non poteva dolersi della fortuna, per la nobiltà, la bellezza, e inoltre per lo sposo e i figli: esperta nelle lettere greche e latine, suonava la cetra e danzava con più raffinatezza di quanto si confacesse a una donna onesta, e possedeva molti altri talenti che sono strumenti di lussuria. Ma tutto le fu sempre più caro del decoro, della pudicizia; non discerneresti se facesse o meno conto del denaro o della reputazione; una libidine così ardente da chiedere gli uomini più spesso che esserne richiesta. Spesso in passato aveva tradito la sua parola, negato con spergiuro un debito, era stata complice di un delitto: la lussuria e la miseria l'avevano precipitata nell'abisso. Ma possedeva un ingegno non spregevole: sapeva far versi, sollecitare scherzi, parlare con decoro, o mollezza, o procacia: in somma v'erano in lei molto spirito e fascino."

(Sallustio, La congiura di Catilina,25)


FULVIA,  SULLA SOGLIA DEL POTERE

(? - 40 a.C)


 Chi era?


Matrona romana, moglie del tribuno Clodio, poi di C. Scribonio Curione e infine nel 45 a.C. sposò il futuro triumviro Marco Antonio con il quale giunse fino alle soglie del supremo potere politico e statuale, sappiamo invece tante cose.

Dopo l'uccisione di Cesare, collaborò con il marito nella lotta contro Ottaviano, animata da un forte odio per Cicerone, pare che abbia avuto una certa responsabilità nella sua morte. Aiutata dal cognato Lucio Antonio, promosse, nel 41, un'insurrezione di veterani, che culminò nella cosiddetta guerra di Perugia; fuggita dalla città per raggiungere il marito in Grecia, morì. Per la sua ambizione e forza di carattere precorse le donne imperiali dell'età successiva


 Descrizione


"Un collo snello, sul quale si erge una testa altera, imperiosa: naso affilato, fronte poco inclinata indietro, occhio grande con un infossamento profondo fra il sopracciglio e la palpebra, labbra sottili, gran massa di capelli artisticamente acconciati alla moda del tempo: testa di donna ambiziosa, ardita, immite, avvezza a comandare: e una strana asimmetria facciale, che non risulta dalle monete me è attestata dalla tradizione letteraria"

(Augusto Facchinetti)


E' indiscutibile che in genere in età repubblicana le donne non si occupassero di politica. Nel caso di Fulvia, tuttavia, siamo davvero di fronte a una svolta nel costume e negli interessi di una parte, sia pure limitata, delle matrone romane.

Era una donna attiva, decisa, intelligente e univa in se due qualità: la razionalità e la passionalità. Fulvia ebbe tre mariti tutti di parte "popolare". Il primo Clodio, famoso tribuno della plebe, agitatore instancabile, nemico giurato di Cicerone.

Il secondo fu Curione, giovane viveur del clan di Clodio e Antonio, ma ottimo oratore.

Terzo marito fu Marco Antonio, il valoroso magister equitum, che di Cesare fu sempre leale collaboratore in guerra e pace. Non poté essere un caso se Fulvia scelse tre mariti di seguito del partito popolare, e che anche lei, pur nella confusione di quegli anni, nutrisse simpatie democratiche, regolando in nome di esse la sua vita privata, agendo anche sul terreno propriamente politico, e brigando non tanto nel Foro o nelle strade, ma fra le pareti dei salotti di Roma, ove distribuiva favori o incarichi di comando, ovviamente al riparo del potere di Marco Antonio. Le attestano anche una sua attività politica pubblica e persino militare, e la ritraggono "cinta di spada" al comando di schiere di soldati.



 L'attività politica e l'odio per Cicerone


Sulla sua attività politica v'è una testimonianza esplicita e ingiuriosa di Cicerone nella seconda violenta orazione Filippica contro Antonio.

E' certo possibile che Cicerone abbia esagerato nel denunciare le ingerenze di Fulvia nella vita politica e amministrativa, ma non che le abbia del tutto inventate.

Del resto nella stessa orazione, Cicerone continua così la sua requisitoria contro quei due coniugi da lui odiati, trasformando infine una situazione "sentimentale" in una sorta di cialtronesco comportamento di pessimi cittadini romani e ridicola coppia di sposi.

L'odio di Antonio e Fulvia per Cicerone, si sarebbe manifestato subito dopo la costituzione del triumvirato (Ottaviano, Antonio, Lepido). Il primo atto di tale triumvirato, fu la composizione delle liste di proscrizione, cioè degli elenchi dei nemici politici da sopprimere. E il primo in tale elenco fu proprio Cicerone che venne raggiunto e ucciso a Formia. E' fama che egli, dopo essere stato ucciso, fu capitato e la sua testa portata ad Antonio e a Fulvia come trofeo. E' altresì tramandato che Fulvia, in quell'atroce circostanza, spingesse la sua vendetta sino alla crudeltà di estrarre con le sue mani da quel misero reperto anatomico la lingua che l'aveva tanto ferita e di trafiggerla con uno spillone.


 La fine


Alla partenza di Antonio in Oriente, riappare la figura di Fulvia alle spalle di Lucio Antonio, il fratello, che, incoraggiato dalla cognata, si spinse contro le illegalità compiute da Ottaviano.

Ritornato Antonio, egli si dimostrò freddo e duro con Fulvia che morì in Grecia, si dice ferita dai rimproveri del suo amore, ma anche probabilmente, dal dispiacere di essere giunta alla soglia del potere senza potervi accedere a pieno titolo a fianco di Antonio. Invece tale gloria sarebbe spettata a Livia, che sarebbe stata prepotentemente attiva e vicina all'Augustus Imperator Ottaviano.





LIVIA, DOPO TANTO SPLENDORE, IL BUIO




 Le origini e l'incontro con Ottaviano


Figlia di Livio Claudiano, della nobile e antichissima famiglia Claudia che fin dai tempi di Romolo aveva dato alla patria consoli, magistrati, generali e statisti, Livia Drusilla era "Claudia" due volte: per nascita (58 a.C.) e per matrimonio, avendo sposato il cugino Tiberio Druso Nerone.
Padre e marito erano ferventi repubblicani: Claudiano, partigiano di Bruto, si era dato la morte dopo Filippi, e Tiberio, dopo aver partecipato alla guerra di Perugia contro Ottaviano, era stato da questi proscritto. Durante la sua fuga in Sicilia, Livia l'aveva seguito in esilio. Da lì i Claudi erano riparati in Grecia e nei boschi presso Sparta.
Ottaviano invece viene da una stirpe oscura, da una modesta famiglia di Velletri: i suoi rivali gli rinfacciano un nonno cambiavalute, un fornaio e addirittura degli avi di origine servile.
Sua madre però è Azia, figlia di Balbo e di Giulia, unica sorella di Cesare. E quest'ultimo indicherà proprio Ottaviano come suo erede universale (politico ed economico) nel testamento. Quando Cesare viene assassinato, Ottaviano aveva solo 19 anni.
Spalleggiato dai fedelissimi amici, Vispanio Agrippa e Mecenate, Ottaviano riesce, dopo molti raggiri politici e scontri armati, ad affermarsi come legittimo erede dello zio, di cui assume il nome.
Ottaviano era dunque nemico di Livia, ma nel 39 a.C. una tregua tra lui, Antonio e Sesto Pompeo permetteva ai proscritti di rientrare a Roma.

Ottaviano voleva riconciliarsi con la classe aristocratica e forse per dimostrare queste sue buone intenzioni decide di sposare Livia.





Sui precedenti dell'incontro tra Ottaviano e Livia, Velleio Patercolo scrisse così:


"Livia, figlia di Druso Claudiano, moglie di Tiberio Claudio Nerone, per nascita virtù e bellezza, prima fra le donne di Roma (...) fu vista fuggire dinanzi alle armi di quello stesso Ottaviano ch'ella doveva sposare un giorno, tenendo in braccio il figlioletto Tiberio, (...) sottrarsi a stento alle armi dei soldati, arrivare al mare e, con il marito, giungere salva in Sicilia."

(Velleio Patercolo, Storia romana, II, 75)



Lo scandalo

Figlia e moglie di due accesi anticesariani, Livia non restò insensibile al corteggiamento di quel giovane, nipote e vendicatore di Cesare, tanto odiato da tutta la sua stirpe.

Poiché Livia, in attesa del secondo figlio, era considerata un impedimento per l'alta politica di cui faceva parte il marito (Claudio Nerone), venne data in sposa a Ottaviano e il matrimonio fu celebrato immediatamente! Lo scandalo era costituito, non tanto dal divorzio dal marito, quanto dal fatto che questo venne celebrato prima della nascita del figlio.


Il fatto certo è che questo frettoloso matrimonio aveva solide basi politiche oltre che sentimentali: lo prova il fatto che durò più di cinquant'anni, cioè fino alla morte del futuro Augusto.

 Perfetta matrona romana e donna politica


Per tutto quel periodo, Livia non fu solo la prima donna dell'Impero, ma anche la consigliera, la confidente e talvolta la complice più ascoltata e più influente dell'uomo che con la forza delle armi e l'ausilio di una straordinaria capacità di manovra, può essere considerato il vero fondatore dell'Impero.

Ottaviano infatti si decise a dare il colpo di grazia a Marco Antonio che, dopo il divorzio da Ottavia, viveva al fianco di Cleopatra, con cui progettava di fondare un grande regno ereditario in Oriente.
La battaglia di Azio mise fine al sogno dei due amanti e il vincitore, insignito del titolo di Augusto, reso sacro e inviolabile dalla potestà tribunicia, rimase l'unico padrone di Roma.
Livia si apprestò a fondare l'impero insieme a Ottaviano, a governarlo per 50 anni e a lasciarlo in eredità ai suoi figli.

Dalle fonti antiche e dagli storici, emergono giudizi contrastanti sulla personalità di Livia:

A stregare Augusto era stata una matrona giovanissima e bella, ma austera, fedele, modellata sullo stampo delle virtuose spose degli avi, oppure una donna ambiziosa, cinica, intrigante, e persino istigatrice di delitti contro coloro che si frapponevano alla sua ambizione?


Decisione e laboriosità instancabile furono le qualità per le quali Livia riuscì a farsi apprezzare dai contemporanei, che pure segretamente ne criticavano l'ambizione e talvolta inventavano o propagandavano le dicerie sui mezzi spregiudicati di cui lei si serviva, o si era già servita, per aprire al figlio Tiberio la via della successione.

Livia aveva grande cura della propria immagine: viveva in una casa sul Palatino, di modeste proporzioni, di buon gusto, ma per nulla fastosa. Condivideva con Augusto una privacy modesta e senza eccessi. Da perfetta donna romana dedita alla casa e al marito, tesseva personalmente le stoffe per la confezione delle toghe di Augusto.

Ma ebbe una grande influenza anche in campo politico:

Livia fu certamente tra i consiglieri e gli ispiratori della restaurazione e delle leggi a tutela della famiglia promulgate da Augusto nel 18 a.C.


Ottaviano si fidava ciecamente di Livia, si consultava continuamente con lei, giungendo persino ad affidarle il sigillo personale perché firmasse a nome suo, e le mise a disposizione 500 servi per le sue esigenze personali.
D'altra parte Livia sapeva ricambiargli tale fiducia. Anche quando lui s'innamorò perdutamente di Terenzia, moglie di Mecenate, lei seppe fare buon viso a cattivo gioco.
Capì che la soluzione migliore era quella di governare dietro le quinte, come un'eminenza grigia.
 I problemi per la successione

L'immagine di Livia cominciò ad offuscarsi quando sorsero i problemi relativi alla successione, poiché Augusto non aveva avuto figli da lei, contrariamente a quanto predetto dagli aruspici. Comunque sotto la tutela di Augusto vivevano i due figli di Livia, Tiberio e Druso e Giulia nata dal matrimonio di Ottaviano con Scribonia.

A Livia, o ai suoi seguaci, vengono attribuiti diversi omicidi di discendenti diretti di Augusto che potevano intralciare la successione del figlio Tiberio, addirittura, poco prima della morte, fece cingere con vigili custodi il palazzo e gli accessi, e diffuso notizie rassicuranti sulla salute del princeps, finche, dopo aver predisposto ogni cosa, annunciò che Augusto era spirato e che Tiberio era il nuovo imperatore.


 La fine


Livia, ora Giulia Augusta, divise il potere con il figlio per vari anni ed elargì favori personali a molti suoi devoti. Tiberio, mal sopportante di una madre così prevaricante, si ritirò a Capri, lasciando il potere nelle mani di Seiano.

Livia visse questo periodo in solitudine nella sua casa, dove morì all'età di ottantasei anni. Tiberio non si degnò mai di farle visita, non volle neanche rispettare le sue ultime volontà. Così, quella donna ambiziosa e intrigante che fece di tutto per spianare la strada al figlio, morì tra l'indifferenza della sua famiglia.



MESSALINA (VALERIA), MERETRIX AUGUSTA

(25 d.C - 48 d.C.)


 Chi era?

Imperatrice romana. Pronipote di Augusto, sposò Claudio, futuro imperatore, da cui ebbe due figli. Donna ambiziosa e dissoluta, influenzò negativamente il governo di Claudio, anche se le accuse mossele dagli storici antichi, che le attribuiscono delitti e depravazioni di ogni sorta, pare siano, almeno in parte, esagerate. Fu, inoltre, accusata della morte di Giulia Livilla, figlia di Germanico, di Giulia, figlia di Druso Minore, e anche del liberto Polibio.
Nel 48, approfittando dell'assenza del marito, sposò il suo amante Caio Silio. In seguito a tale episodio, collegato ad un complotto contro Claudio, fu fatta uccidere dal liberto Narciso.


Di lei scrisse il poeta Giovenale nella sua famosa satira contro le donne:


"Ora guarda i rivali degli dei, ascolta che cosa Claudio

abbia dovuto sopportare. Appena sua moglie si accorgeva



che lo sposo dormiva, osando preferire al talamo palatino una stuoia,

e meretrice Augusta coprirsi d'un notturno cappuccio,

usciva accompagnata da non più che una sola ancella.

E celando la sua nera chioma con una parrucca bionda

Entrava in un afoso postribolo dai logori cuscini,

in una stanzuccia vuota a lei riservata; allora nuda, i capezzoli

indorati si prostituiva sotto il mentito nome di Licisca,

e mostrava il ventre che ti aveva generato, o nobile Britannico.

Mielosa accoglieva i clienti, chiedeva i denari e sdraiata assorbiva

Senza interruzione i colpi di tutti. Poi quando il ruffiano

Mandava via le sue ragazze, anche lei se ne andava tristemente

E tuttavia per quanto poteva chiudeva ultima la stanza,

infine si allontanava sfiancata dai maschi ma non ancora sazia,

e disgustosa per le guance lorde, sudicia di fumo di lucerna,

portava nel letto imperiale il puzzo del bordello."

(Giovenale, Satire, VI, vv.115-131)



 Moglie del futuro imperatore


La sua famiglia era tra le più nobili di Roma, risalente cioè, sia per parte di madre che di padre, ad Augusto stesso.

Il primo avvenimento di rilievo fu il matrimonio, a soli 14 anni, con il cinquantenne Claudio, pronipote di Augusto, figlio di Druso (secondo figlio di Livia)

Le nozze di Messalina e Claudio furono celebrate sicuramente per motivi di convenienza e secondo le usuali prassi di intreccio dinastico per rafforzare il potere le alleanze. La giovanissima e bella Messalina non poteva certo aver desiderato il connubio con quel suo procugino molto più vecchio di lei, balbuziente, dall'aspetto malaticcio, disprezzato perfino dalla sua famiglia, ma che, sbaragliando tutti si aprì la strada verso il trono di imperatore.



 Una vita dissoluta


Dopo diversi matrimoni finiti mali, i dispiaceri maggiori di Claudio arrivarono con la terza moglie, Valeria Messalina, quella giovinetta deliziosa destinata a diventare per secoli e per antonomasia la meretrix augusta.

Claudio, durante il suo operato, si circondò di liberti ricchissimi e abilissimi; Messalina non tardò ad accorgersi dell'immenso potere di questi abilissimi, ma non sempre onesti, amministratori imperiali, e ad accordarsi con loro; divenne addirittura l'amante di uno di loro, Polibio, e forse anche di altri. Del resto la tradizione vuole che molti, anche non liberti, ottenessero i suoi "favori" privati.

In questo matrimonio Messalina diede alla luce una figlia Ottavia e il primo erede, Britannico, ma ciò non la addolcì, divenne ancora più crudele e sfacciatamente trasgressiva.

Approfittando della gioia del marito e del potere che le derivava dall'essere la prima signora dell'Impero, si abbandonò a ogni forma di sregolatezza sessuale, offrendosi lei stessa ai suoi amanti, nessuno dei quali osava rifiutare le sue profferte amorose, pena la vita.



 Crudeltà e abuso di potere


Claudio non si accorgeva, o fingeva di non accorgersi, e la sua giovane e bellissima moglie, finì per dominarlo del tutti, creando intorno a se una fitta rete di connivenze, e allontanando dal clan del Palazzo chiunque potesse influenzare il suo augusto consorte spingendolo nella direzione opposta ai piani di lei, o informarlo di quanto accadeva e si macchinava alle sue spalle; chiunque tentasse di farlo era subito ucciso.

Irritata per l'influenza che le due nipoti (Agrippina e Livillia) tornate dall'esilio avevano sul marito, Messalina prese subito a meditare l'eliminazione di quelle familiari e presenze pericolose all'interno del palazzo, dove lei sola intendeva essere regina. Accusandola di vari delitti e di adulterio, Messalina fece condannare Livillia a morte, la quale decise di uccidersi di propria mano.

Claudio era sospettoso e insicuro per natura, e della sua diffidenza approfittò Messalina, che, aiutata dai Liberti Narcisso e Pallante e con l'appoggio di Suillio Rufo, oratore di violenta ma persuasiva eloquenza, fece accusare di lesa maestà molti illustri cittadini, probabilmente innocenti ma sicuramente a lei ostili.




 La fine


Ma la fine di Messalina è segnata proprio da quei liberti che l'avevano resa temibile e potente e che ora la abbandonavano e tradivano, timorosi dei capricciosi voleri dell'imperatrice.

Ella si innamorò di Caio Silio e, dopo averlo fatto divorziare dalla moglie, lo sposò, pur rimanendo maritata con Claudio il quale, nonostante le dicerie in tutta Roma, fingeva di non essere a conoscenza dei fatti. Si pensa che questo matrimonio sia stato il culmine di una cospirazione volta a rovesciare Claudio e a sostituirlo con Caio. Ma ai liberti questo non stava bene e incitarono Claudio ad agire, si affrettò a fare giustizia. Caio venne condannato a morte e anche altri amanti di Messalina. A lei, Claudio, una sera, inebriato dal vino, concesse di difendersi, ma il liberto Narcisso, udito ciò e temendo ad un ripensamento, dette ordini "ai centurioni e al tribuno lì presente di compiere l'uccisione di Messalina: questo comandava l'imperatore" (Tacito, Annali, XI 36)



AGRIPPINA MINORE, UNA MATRIARCATO FINITO NEL SANGUE



 Chi era?

Figlia di Germanico e Agrippina maggiore (e quindi sorella di Caligola), sposò Claudio in seconde nozze e lo costrinse ad adottare suo figlio Domizio. Quest'ultimo, prese il nome di Tiberio Claudio Nerone, e divenne successore di Claudio al posto del suo figlio naturale Britannico, anche grazie alle nozze con Ottavia, sorella di Britannico.
Agrippina viene ricordata come una donna ambiziosa e senza scrupoli, che seppe lasciare una traccia profonda nella storia di Roma.


Nella folla di figure femminili che compaiono nelle pagine degli storici latini e greci dell'età imperiale, Giulia Agrippina spicca sovrana, assieme a Valeria Messalina. E' questa una delle rare figure di donna dipinte a tutto tondo nell'antichità. Il suo nome ed il suo profilo di protagonista è, con quello della rivale, l'unico di cui si serbi ancora memoria



Tacito aiutò a conservarne la memoria scrivendone

come, dopo l'assassinio della moglie dell'imperatore Claudio, Messalina, Agrippina fu scelta come nuova consorte. Agrippina era figlia di Germanico, il fratello di Claudio. Fatto fondamentale per la scelta di Claudio di sposare la nipote, oltre alle doti incarnate e richieste ad una vera donna romana (nobiltà, bellezza, ricchezza, acclarata fecondità e salute) fu che ella portava in sé il sangue di Germanico; infatti, come sostenuto ed elogiato dall'amante di lei, Pallante, era una cosa assolutamente degna della sorte di un imperatore congiungere in una stirpe nobile i discendenti delle famiglie Giulia e Claudia.


"Con l'assassinio di Messalina la casa del Principe entrò in agitazione; i liberti cominciarono a disputarsi la scelta di una nuova moglie per l'imperatore Claudio, che non poteva sopportare una vita senza legami, ed era avvinto dal volere delle mogli. Anche nelle donne non era divampata brama inferiore: ciascuna gareggiava in nobiltà, bellezza, ricchezza, sfoggiava qualità che la mostrassero degna di tanto connubio. Tuttavia la sfida s'era alfine ridotta a quella tra Lollia Paolina, figlia del già console Marco Lollio e Giulia Agrippina, figlia di Germanico. Quest'ultima era spalleggiata da Pallante. L'imperatore, poi, inclinava verso l'una o l'altra a seconda di ciò aveva ascoltato per ultimo. Chiamava infatti a consiglio privato i liberti discordi e comandava loro di esprimere il parere e corredarlo delle sue motivazioni (...) Pallante in Agrippina lodava soprattutto il fatto che conduceva con se il nipote Germanico; sosteneva che era cosa assolutamente degna di assolutamente degna della sorte di un imperatore congiungere in una stirpe nobile i discendenti delle famiglie Giulia e Claudia; e che la donna, non doveva portare il nome glorioso dei Cesari in un altro casato. Prevalsero queste ragioni, corroborate dalle blandizie di Agrippina, che frequentava spesso lo zio paterno sotto il pretesto della parentela; essa lo sedusse, al punto che, preferita alle tre aspiranti, seppure non moglie, del potere di moglie già godesse."

(Tacito, Annali, cit., XII, 1-3)





 L'ambizione al potere


Sin dalla più tenera età, Agrippina Minore aveva respirata l'aria degli accampamenti e l'odore del pericolo.



Il carattere ambizioso e volitivo della futura imperatrice si rivelò per la prima volta nel 37, quando, asceso al principato Caligola, il fratello, le tre sorelle, Drusilla, Livilla e Agrippina, cominciarono praticamente a regnare insieme con il fratello: situazione sino a quel momento nuova e certo destabilizzante per la conservatrice società romana.


Sposò a 13anni, Gneo Domizio Enobarbo, dal quale ebbe un figlio,Domizio (=Nerone).

Sposò Passieno Crispo, dopo aver fallito il tentativo di irretire il nobile Galba.Sospinta da un'innegabile sete di potere, dopo qualche tempo Agrippina fece sopprimere il suo secondo marito, dopo aver ottenuto che egli la nominasse erede universale. Nell'anno 48 Messalina fu uccisa in una congiura di palazzo, ordita dal liberto Narcisso: per Agrippina la via del Talamo di Claudio era aperta.



Claudio, più che uno zio

Lei era solita a frequentare la casa dello zio paterno, con il pretesto della parentela e già solamente per questo si affacciò alla vita politica, sottolineando la propria voglia di potere ("nondum uxor potentia uxoria iam uteretur")e ambizione, differenziandosi di molto dalle altre donne romane di spicco, le quali per apparire sulla scena politica dovevano attendere un matrimonio importante. A differenza di Messalina,la brama di governare di Agrippina trova nella sottile ragione e nell'astuzia, freni moderatori della propria impulsività:lei è prudente e previdente, non si abbandona alla realizzazione impulsiva dei propri capricci: in lei tutto è calcolo, anche il sesso.


Di questo Tacito scrisse:

"Negli anni dell'adolescenza, aveva accettato l'adulterio con Lepido, per brama di potere; per uguale desiderio s'era abbassata addirittura alle voglie di un Pallante; tramite le nozze con lo zio aveva completato la serie delle bassezze" (Tacito, Annali, cit., XIV, 2,2.)





 Fin troppo attiva 


Dopo il matrimonio con Claudio, l'influsso di Agrippina sulla natura debole dell'imperatore si fece presto rilevante. Faceva uccidere, per mezzo di decreti del nuovo marito, o segretamente, alcuni dei più ricchi cavalieri e senatori.

Soprattutto, cominciò da subito a lavorare per ottenere la successione del figlio Domizio.

Interessante, anche se forse inventato dagli storici più tardi, è un aneddoto riferito da Tacito. Grazie ad esso possiamo agevolmente trovare, compendiato in una sola frase, l'atteggiamento che diede forma all'intera vita di Agrippina: quello di una donna calcolatrice e imperiosa, capace di programmare l'ascesa al potere sua e del figlioletto ancora in fasce, ma anche una donna d'animosità incontrollabile.



Moglie e madre di imperatori

Poche settimane dopo la nascita di Domizio, il futuro Nerone, come era d'uso per i rampolli delle famiglie benestanti, alcuni indovini Caldei gli predicevano la vita futura. Agrippina aveva chiesto del destino del figlio; e ottenuta la risposta che il bambino sarebbe arrivato al potere, ma avrebbe ucciso la madre, esclamò: "M'uccida, purché diventi imperatore".

Al raggiungimento di questo traguardo dedicò, in effetti, l'intera vita, e la tragica nemesi che toccò a questa donna fanatica di potere, volere che costei, che con la sua mancanza di scrupoli non aveva indugiato neppure nella morte dei parenti più vicini, subisse un'ispezione dal sapore quasi necrofilo da parte dell'amato figlio, che ne avrebbe lodato la bellezza.

Il contrasto tra madre e figlio prese un carattere preciso quando Nerone mosse dal suo incarico Pallante. La donna, offesa, minacciò di rendere pubblici i crimini di Nerone favorendo il fratellastro Britannico; la risposta di Nerone consistette nel far perire Britannico di veleno.Lo scontro continuò ad inasprirsi e Agrippina perse un diritto dietro l'altro. Alla fine fece un atto dettato dalla disperazione. Per sottrarre il figlio dalle braccia di Poppea, giunse al punto di offrirsi, "adorna e pronta all'incesto" al figlio.



 La fine


Nerone stabilì di porre fine all'invadenza della madre, che si era macchiata di numerosi attacchi di isteria nel vedersi privata degli onori procuratasi nel corso di tanti anni di attenta e faticosa pianificazione. Nerone decise in fretta di farla sopprimere "limitandosi a consultare i consiglieri se fosse meglio farlo per mezzo di veleno, della spada o con qualche diverso atto di violenza" (Tacito, Annali, cit., XIV, 1.)

Dopo che un tentativo macchinoso di omicidio (era stato simulato un incidente in nave) fallì, Nerone fece circondare l'alloggio di Agrippina da truppe della Marina. Ella mostrò calma e tranquillità fino al momento della morte. Alla maniera degli stoici, offrì l'addome al colpo di grazia e disse: "Colpisci al ventre!". Le sue ceneri non furono né raccolte né seppellite.


DOMIZIA LONGINA

 Chi era?

Figlia di Cneo Domizio Corbulone, sposa Domiziano nell'82.
Di sentimenti anti-tirannici, partecipa, nel 96, al complotto ai danni del marito, dopo il quale si ritirerà a vita privata. Muore attorno al 150, in età straordinariamente avanzata


 Un matrimonio tormentato


"Donna terribile", che operò spesso nell'ombra, fu Domizia Longina, sposa del terzo e ultimo imperatore della dinastia Flavia, Domiziano, che regnò dall'81 al 96. L'imperatore, con il suo autoritarismo d'ispirazione orientale e con la sua politica di forte pressione fiscale, scontentò i ceti privilegiati, i quali, con una congiura a cui certamente non fu estranea Domizia, lo soppressero.

Domiziano, con la sua arroganza e dissolutezza ebbe a che fare con molte matrone, fra le quali Domizia stessa. La giovane donna fu strappata al legittimo marito (Elio Lamia) e costretta a divorziare per celebrare le nozze con lui. La donna era stata umiliata precedentemente con il divorzio da lui, ma in seguito Domiziano l'aveva di nuovo voluta al suo fianco; inoltre vi erano tante ragioni economiche e politiche di mezzo, tanto che non è mai stato possibile stabilire quale sia stata la posizione e la funzione di Domizia nella congiura contro il marito.



 Descrizione


Di Domizia si sa poco, il suo aspetto era simile a quello di una dea, aveva il viso dai lineamenti classici e i capelli ondulati, come dimostra una statua; ma dalle fonti storiche si intravede una donna inquieta e in contrasto con le idee politiche del marito.

Per quanto riguarda la vita privata di Domizia, la donna fu sospettata più volte del tradimento del marito, prima con Tito (suo cognato) e poi con Paride, un mimo molto noto nel mondo artistico romano, che venne fatto uccidere da Domiziano una volta scoperto l'adulterio.



 La congiura contro il marito


Ma anche il marito non spiccava in virtù, infatti era stato più volte scoperto nelle sue avventure extraconiugali con Giulia, sua nipote. Si dice che Domiziano sia stato pugnalato nella sua camera da letto e che lo stesso giorno Cocceio Nerva, uno dei senatori più influenti, sia stato salutato imperatore.

Il fatto che Domizia non si fosse preoccupata di tumulare personalmente le ceneri del marito rivela probabilmente il suo odio per Domiziano e potrebbe essere una prova che anche lei aveva fatto parte della congiura o che ne fosse stata al corrente senza fare nulla per evitarla.


BIBLIOGRAFIA:

- Scritture latine (letteratura e cultura) di Paolo di Sacco e Mauro Serìo

- "Vizi e costumi delle donne dei cesari", in vendita con "il giornale"

- altre fonti internet ricercate con motore di ricerca Google






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