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PERSONALITA' DI CESARE IN RELAZIONE A CICERONE

latino



PERSONALITA' DI CESARE IN RELAZIONE A CICERONE

Cesare, sebbene gli artisti dell'epoca lo raffigurassero bello, era completamente calvo con la faccia quadrata e il labbro inferiore sporgente; nonostante tutto, aveva fascino: sposò quattro donne ed ebbe numerose amanti. Era esperto nell'arte oratoria, ma non ci rimangono testi delle sue orazioni, delle quali sappiamo solo da fonti indirette. Si sa quindi che, mentre Cicerone era am 939f54j polloso, usando quindi un periodo ipotattico (cioè ricco di subordinate), Cesare era incisivo, rapido, più vicino allo stile di Lisia, un oratore greco, quindi usando il periodo paratattico (che privilegia le proposizioni coordinate).

Con la sua uccisione, i congiurati credevano di venire lodati perché salvatori delle istituzioni repubblicane, invece la folla, dopo aver sentito declamare il suo testamento da Marco Antonio, lo divinizzò (divus iulius), pratica che divenne frequenta da quel momento in avanti nella storia di Roma. I congiurati speravano invece nella damnatio, che consisteva nella cancellazione delle leggi da lui emanate, nella distruzione di statue e monumenti a lui dedicati, in modo da eliminare ogni ricordo di Cesare, masi dice che al momento della sua morte sia comparsa una nuova stella in cielo, segno che gli dèi lo avevano accolto tra loro. Da lui, per antonomasia, "Cesare" è la parola che designa il potere imperiale.



Cesare fu ucciso perché i senatori lo vedevano come una minaccia, in quanto si era nominato dittatore a vita (la carica invece fino a quel momento era elettiva per un periodo stabilito) e si era assunto il diritto di veto, proprio dei tribuni della plebe. Inoltre era fin troppo amato da popolo, avendo indetto lavori pubbici (che significavano nuovi posti di lavoro), ma per accontentare i senatori, aveva dovuto diminuire le elargizioni gratuite di grano. Egli però non intendeva mettersi a capo di un impero, tanto che non aveva nominato un suo discendente, non creando così una dinastia, quindi le motivazioni che avevano portato al suo assassinio erano errate.

Persino Dante colloca nella parte più bassa dell'inferno, Bruto e Cassio, gli uccisori di Cesare, insieme con Giuda, traditore di Gesù; nei poemi medievali poi Cesare era raffigurato come un cavaliere eroe. Ma con il Rinascimento, la Chiesa condanna il mito della Roma imperiale e Cesare è visto come il distruttore della repubblica; vengono, di conseguenza, esaltati i congiurati e si tende a raffigurare il momento della morte del dittatore. Il primo, dopo quel momento, a rivalutare Cesare, fu Napoleone, al quale si sentiva vicino perché conquistatore egli stesso, che combatteva in prima linea, a capo di un esercito fedele e valoroso. Anche Mussolini esaltò l'imperialismo, ma preferì paragonarsi ad Augusto, vista la fine disdicevole che era toccata a Cesare.

Cicerone, nato ad Arpino (in provincia di Frosinone), sente leggere il testamento di Cesare. Si dice che fosse un oratore abilissimo e soprattutto dotato di una memoria eccezionale e che aveva sposato una donna molto ricca. La sua caratteristica principale era l'atio, cioè la capacità di "porgere", attraverso la mimica, il discorso.



Cicerone, insieme al senato, appoggia Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, come nuovo dittatore, contrapponendosi a Marco Antonio, sperando in una rivalità tra i due pretendenti, che portasse ad una maggiore giustizia nel governare. Marco Antonio però aveva il favore dei populares, composti dai cavalieri (cioè i commercianti che si occupavano anche di appalti pubblici, ma non appartenenti all'aristocrazia senatoria, detta optimates) e dagli esponenti delle classi popolari (un vero e proprio schieramento politico). I proletari (proprietari solo della prole, cioè dei figli) erano completamente esclusi dalla vita politica.

Cicerone scrive le Filippiche, contro Marco Antonio; il nome deriva dall'orazione pronunciata da  Demostene contro Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno.

Ma Ottaviano fece un volta faccia e si allea con Marco Antonio e Lepido, quindi Cicerone si sente tradito.






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