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Lucrezio - Vita, Opera

latino



Lucrezio

Vita: i pochi dati sulla vita di Lucrezio derivano da san Girolamo,si pensa k sia nato nel 96 o 94 a.C. e indotto alla pazzia da un filtro d'amore,dopo aver scritto negli intervalli della follia alcuni libri,k in seguito Cicerone pubblicò. Morte nel 55 a.C. poco credito riscuote 828d37i la notizia della follia e del suicidio k si pensa sia stata usata con l'intento di screditare il materialismo di Lucrezio. La data di composizione dell'opera, poema epico-didascalico De rerum natura,è sconosciuta. Pare k a pubblicarla sia stato un nemico dell'epicureismo di Lucrezio,Cicerone k in una lettera esprime un giudizio buono e lusinghiero dell'opera.

Opera: il De rerum natura comprende 6libri e sono riuniti a coppie.1-2 principi fondamentali della dottrina atomistica; 3-4 si riferiscono all'antropologia; 5-6 cosmologia e fenomeni naturali.

1 invocazione a Venere e la dedica a Gaio Memmio(x farsi pubblicare l'opera) e poi l'elogio di Epicureo. Il poeta previene l'accusa k la filosofia epicurea sia empia,dimostrando,tramite il racconto del sacrificio di Efigenia,k non la filosofia ma la superstizione è stata causa d orrendi delitti. Illustra la fisica,la teoria degli atomi.

2 l'intervento dell'elemento di casualità,il clinamen e l'esaltazione della felicità del saggio.



3 inno in onore di Epicureo e la natura e della composizione dell'anima.

4 espone la teoria della conoscenza

5 nega l'esistenza di un piano provvidenziale k regge l'universo e in particolare la centralità dell'uomo sulla Terra.

6 sostiene k tutti i fenomeni naturali hanno un'origine fisica.

L'epicureismo di Lucrezio: la concezione filosofica è quella di Epicureo e alla base vi è l'atomismo,cioè la concezione di Democrito con alcune correzioni come la teoria del clinamen. Il loro obiettivo era di fornire un supporto fisico alla spiegazione razionale della natura,k potesse liberare l'uomo dalle apuree dalle superstizioni e garantirgli la felicità k s ottiene solo con l'assenza di dolore e di turbamento(atarassia).

Le fonti e i modelli: fondamentale fu la conoscenza degli scritti di Epicureo "sulla natura". Epistole "a Erodono,a Meneceo e a Pitocce",dalle "Massime capitali" e da alcune sentenze della raccolta "Gnomologium Vaticanum". Trasse la suggestione a cantare in poesia un argomento filosofico dai naturalisti come Empedocle e molti riferimenti agli stoici e a dalla diatriba k s riscontra nella tecnica del dialogo fittizio e in tonalità aggressive. Nell'uso di stilemi arcaici nel linguaggio e nella metrica,nella ricerca di artifici fono-simbolici,di colori intensi e di immaginia effetto,nell'elaborata struttura e nella grandiosità del poema grazie a Ennio. Con Catullo condivide la preferenza per la tecnica narrativo-descrittiva,la poetica fondata sul lepos e la concezione della poesia.

La poetica: trovò nel poema didascalico un testo poetico rivolto a insegnare. Introdotto nella poesia latina da Ennio,il poema didascalico ricevette la consacrazione letteraria con Lucrezio. Egli intendeva divulgare la filosofia epicurea. Egli scorgeva intorno a sé un'umanità cieca e dolente,vittima di paure k generavano una corsa folle verso la ricchezza e il potere. La scelta della poesia rispondeva all'esigenza di porgere in forma accattivante e piacevole contenuti liberatori aspri e inquietanti,k miravano a sciogliere dai nodi stretti delle superstizioni. Egli si rivolgeva a un pubblico scelto,a intenditori di poesia con stile elevato e ispirato.

La lingua e lo stile: la volontà di Lucrezio di perseguire il lepos,la grazia  vivace e suadente dello stile,non esclude l'uso di un patrimonio linguistico vario e composito. Il gusto per l'arcaismo,k accompagna un'espressione poetica di livello costantemente elevato; varianti morfologiche arcaiche. Sul piano lessicale rientrano nel gusto arcaico: numerosi termini di stampo enniano e le perifrasi. Rinunciò ai grecismi e li sostituisce con formazioni originali. Lucrezio si adegua allo stile elevato dell'epica,oltre k facendo uso di arcaismi,ricorrendo a espedienti retorici come l'allitterazione,l'anafora e il chiasmo.

Inno a Venere: ha iniziato con l'invocazione a una dea per varie motivazioni: oltre a seguire il clichè delle invocazioni premiali proprie dei poemi epici,il poeta può aver visto nella dea dell'amore un simbolo del principio vitale della natura o del piacere epicureo stesso. Il poeta pare considerare,con grande entusiasmo,Venere la dea di una nuova religione della natura.

Venere e il suo divino amante: passando dall'inno alla preghiera,il poeta chiede alla dea,di concedere eterna grazia al suo canto e di fare in modo k per mare e per terra tacciano le guerre. Solo quando Venere avrà ottenuto dal suo divino amante Marte la pace per i romani,Lucrezio potrà dedicarsi serenamente alla poesia e il destinatario Memmio potrà godere la lezione di sapienza offerta dal poema. Le ragioni della dedica a Memmio sono: convenzione letteraria k configura il poema didascalico come un rapporto continuo tra il poeta,k si rivolge costantemente al discepolo,e il dedicatario,k in cambio dell'insegnamento filosofico,concederà la sua dolce amicizia a Lucrezio. Ma la sua figura si indebolisce forse xkè la fortuna politica era venuto meno o xkè aveva deluso Lucrezio. Esso inotre è il simbolo d qll aristocrazia k aveva le capacità di capire la filosofia ma k tuttavia non incline a questa.

La forma degli atomi,il dolore della giovenca: gli atomi sono in numero infinito e se non c fosse qualche differenza,la madre non riuscirebbe a distinguere il proprio figlio da tutti gli altri animali della stessa specie:ma ciò non succede,come dimostra il fatto k la povera giovenca,cui è stato ucciso il vitello davanti ai templi degli dei,si aggira disperata tra i verdi pascoli alla ricerca del suo piccolo. Gli atomi hanno forme e caratteristiche diverse. Se infatti le forme degli atomi fossero infinite,dovrebbero essere infinito anche l'ordine delle loro grandezze,con la conseguenza k dovrebbero esistere anche atomi grandi fino al punto da essere visibili. Ma così non è perché noi non li vediamo. Lucrezio s astiene da una fredda esposizione dottrinale e preferisce esemplificare il suo messaggio affidandosi all'esperienza del mondo animale,vegetale e minerale. Ma dal brano emerge anche una vena polemica contro gli inutili sacrifici di innocue creature in nome di una forma distorta di religione,k non arretra d fronte al sacrificio del vitello né a qll umano nel caso della vergine Ifigenia.



Ifigenia,vittima della superstizione: per prevenire il sospetto k l'epicureismo sia una dottrina empia,Lucrezio s accinge a dimostrare k empia non è la lotta contro la superstizione,ma la religione tradizionale. Essa avvallò crudeli delitti come l'olocausto di Ifigenia,sacrificata ad Artemide per volontà del padre,Agamennone,allo scopo di permettere alla flotta una fausta navigazione alla volta di Troia. Lucrezio ripropone il mito in termini drammatici,attento soprattutto ai riflessi psicologici della vicenda. Nel suo racconto domina la compassione per la vittima,ma soprattutto l'orrore per un misfatto k colpisce la famiglia spezzando i legami d sangue,sovverte i principi della comunità,riempie d terrore gli astanti a partire dallo stesso Agamennone. Egli è accecato dalla superstizione ma è anche vittima di un malinteso senso del dovere:è qst un aspetto non secondario della critica corrosiva a cui Lucrezio sottopone i valori tradizionali. 

Nulla è la morte per noi: come non abbiamo avuto percezione degli avvenimenti passati alla nostra nascita,così,qnd saremo morti,con la separazione dell'anima dal corpo la nostra individualità non sussisterà più e pertanto non sarà soggetta a sensazione alcuna. Lucrezio sembra più pensoso,preoccupato d dimostrare qnt siano vani i timori della gente comune,come se avvertisse l'insufficienza di una dimostrazione logica e rigorosa,ma inadeguata a dissipare qll paure profonde e sotterranee k sono refrattarie alla terapia della ragione. La paura della morte dipende dalla persuasione k l'anima possa sopravvivere alla fine del corpo:egli s sforza d dimostrare k la morte è insensibilità perenne. Ma qst è insufficiente. Ma la scommessa della morale epicurea sta proprio nel cercare di arginare gli effetti devastanti k il pensiero della morte poteva avere su laico k, nella disgregazione degli atomi non poteva k piangere la perdita di tutto se stesso.

La peste di Atene: l'ampia descrizione della pesta di Atene è scandita in 2 parti:visuale sintomatica e psicologica. La prima illustra le origini e le manifestazioni della patologia,la seconda indaga gli effetti del male sulla morale pubblica e nella coscienza dei contemporanei. Nel descrivere il flagello k colpì la città di Atene nel 430 a.C. e causò la morte di Pericle,egli segue il modello dello storico greco Tucidide,personalizzando però il carattere distaccato della prosa tucididea con u forte incremento della ricerca espressiva e dei toni patetici. La descrizione lucreziana evita una precisa collocazione cronologica della peste:il quondam iniziale sembra proiettarla in una lontananza fantastica. L 'efficacia delle immagini di morte evocate non significano k il poeta abbia rinnegato l'ottimismo epicureo poiché vi è una spiegazione razionale per la peste come ogni alto fenomeno della natura.

Il tema della peste nella letteratura: nel I libro dell'Iliade d Omero vi è una pestilenza k miete vittime nel campo acheo: il morbo è stato inviato da Apollo per punire Agamennone,colpevole d non aver liberato la figlia del sacerdote Crise. Nell 'Edipo re di Sofocle la peste affligge la città d Tebe è conseguenza del crimine d Edipo,uccisore del padre Laio. Solo nello storico Tucidide le spiegazioni teologiche sono accantonate e in loro subentra la descrizione dei sintomi e della fenomenologia morbosa. Non è certo un caso k Lucrezio abbia preso a modello Tucidide: oltre alla ragione di volersi misurare con un predecessore,lo scrittore latino avanzava una professione di razionalismo,integrato nella nuova prospettiva epicurea. Il tema fu ripreso da Virgilio nella descrizione della peste del Norico(III libro delle Georgiche): protagonisti della sofferenza sono gli animali,mai l racconto si fa piu patetico. Solo con Paolo Diacono compare una precisa descrizione della patologia della peste bubbonica. Boccaccia inquadra il Decameron nel racconto della peste fiorentina del 1348,narrata secondo il modello d Lucrezio. Tale modello interagisce anche con le descrizioni della peste milanese del 1630 d cui s occuparono Ripamonti e Manzoni nella Storia della colonna infame e nei Promessi Sposi. Lo scrittore inglese Defoe nel suo Diario dell'anno della peste rievoca attraverso il diario di un testimone la peste d Londra del 1664. l'apice del livello letterario è raggiunto da Camus nella La peste:in esso la descrizione della città di Orano,in Algeria,assediata dalla peste è un'allegoria dell'occupazione nazista e piu i ngenerale della condizione umana soggetta alla negatività del male.








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