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Lucio Anneo Seneca - Opere filosofiche

latino



Lucio Anneo Seneca

È forse il personaggio più enigmatico dell'intera letteratura latina. Come può aver scritto opere di straordinaria suggestione morale e anche l'Apokolokyntòsis.

D'altro canto Seneca rimarrà un punto di riferimento per generazioni di pensatori e di tutte le persone che affronteranno in parte gli stessi suoi problemi. Del resto, tutte le voci in polemica con le brutali condizioni degli sc 858g69i hiavi hanno trovato la sintesi nella sua esplicita formulazione che "tutti gli uomini sono uguali" e che è contro natura fare qualsiasi discriminazione di ceto sociale o di razza.

Seneca sarebbe stato un ipocrita e un filosofo in malafede, che "predicava bene e razzolava male". In un opera di Seneca si dice che "il saggio compie le stesse cattive azioni dei criminali, ma con diversa intenzione e ben diverso animo

Egli si era accorto che esercitare il potere seguendo le norme morali era impossibile. In ogni caso è doveroso dire che i suoi Dialogi e le Epistulae morales ad Lucilium hanno costituito un notevole arricchimento spirituale per l'intera umanità.

Seneca non segue il metodo dei filosofi nella trattazione dei singoli argomenti; cerca di evitare discorsi astratti e usa esempi di vita quotidiana o reali. Il suo linguaggio secco, asciutto, sintetico, privo di enfasi, troppo "terra terra" e spezzettato. Le frasi sono per lo più brevi, ma piene di significato

La saggezza di Seneca è un bene che può essere goduto da tutti sia per la semplicità e sia per la suggestione dello stile.

Denis Diderot verso il termine della sua vita, nel suo Saggio sui regni di Claudio e Nerone e sugli scritti di Seneca scrive: "Ah, se avessi letto prima le opere di Seneca..!"

Opere filosofiche 



Molte opere filosofiche di Seneca  sono state raccolte, dopo la sua morte, in 12 libri di Dialogi su questioni etiche e filosofiche: scritti morali, confidenze e dichiarazioni dello scrittore al personaggio a cui ogni scritto è dedicato. Le singole opere costituiscono vere e proprie trattazioni autonome di problemi particolari di etica.

De providentia ( 62 d.C.?): vi si espone la tesi (opposta a quella epicurea), che tende a giustificare la constatazione di una sorte che sembra spesso premiare i malvagi e punire gli onesti: ma è solo la volontà divina che vuole mettere alla prova (exercitationes) i buoni ed attestarne la virtù. Il sapiens stoico realizza la sua natura razionale nel riconoscere il posto che il logos gli ha assegnato nell'ordine cosmico, accettandolo serenamente.

De vita beata (58 d.C.?): esamina il problema della ricchezza e dei piaceri (nei quali non si trova l'essenza della felicità), ma se è vero che il saggio sa vivere secondo natura, saggezza e ricchezza non sono necessariamente antitetiche; l'importante non è non possedere ricchezze, ma non farsi possedere da esse. Seneca dice "Non sono saggio e mai lo sarò", ma mi accontento di essere un PROFICES (uno che un po' alla volta si avvicina alla saggezza).

iL SeGReTo DeLLa FeLiCiTà

L'aspirazione alla felicità è l'obbiettivo naturale (cupiditas naturalis) di ciascun individuo; ma spesso una ricerca affannosa, incoraggiata da una falsa supposizione che ciò che desidera la maggioranza debba risultare preferibile, si rivela controproducente. Guai a seguire le cose di una felicità presunta che si fonda su beni materiali (status symbol), su apparenze di benessere, su sicurezze materiali: animi bonum animus inventi (trovi l'animo il bene dell'animo) è questa l'esortazione senecana, il segreto della vera felicità.

De costantia sapientis, Seneca espone la tesi che il sapiente non può essere colpito da alcuna offesa e da alcun oltraggio poiché le sue qualità morali lo rendono invulnerabile. Seneca tratteggia i caratteri fondamentali del sapiens stoico. Ci sono molte metafore in questo brano, tratte in gran parte dal mondo della natura.

124 Epistulae morales ad Lucilium(20 libri, composte negli ultimi anni di vita): S. vi riassume la sua filosofia e la sua esperienza, la sua saggezza e il suo dolore ( summa del suo credo filosofico ): vi sono insomma esposti i caratteri della filosofia stoica. L'opera ci è giunta incompleta ma è la più famosa. Il carattere "dialogico", quei "tu" generico contribuiscono allo stile sempre spezzato, stimolante, ad abbattere diffidenza nei confronti del maestro. Seneca vuol far riflettere il lettore su temi e problemi che lo interessano da vicino. Seneca è rispettoso nei confronti di Epicureo, testimoniato dalla presenza di alcune massime in numerose epistole.

HuMaNiTaS e SoCieTà SCHiaViSTa

La schiavitù è un dato storico ineliminabile. Seneca discute dell'atteggiamento più idoneo da tenere nei confronti degli schiavi, cioè cordiale e quasi amichevole. Però i potenti preferiscono essere temuti piuttosto che rispettati.Il ricordo del rischio di un improvviso mutamento della propria condizione sociale contribuiscono alla riscoperta di un esteso concetto di "humanitas", che finisce per accomunare servi e padroni, "patroni et clientes".

SeNeCa SaLuTa iL Suo LuCiLio (Epistola 47)

Seneca scrive:

Ho sentito con molto piacere che tratti familiarmente i tuoi servi.

La sorte ha uguale potere su di noi come su di loro.

Rido di chi giudica disonorevole cenare in compagnia del proprio schiavo, chi lo fa è solo per un motivo di superbia.

Il padrone mangia oltre la capacità del suo stomaco e con grande avidità. Ma a quegli schiavi infelici non è permesso neppure muovere le labbra per parlare: ogni bisbiglio è represso col bastone.

Per interrompere il silenzio si sconta un caro prezzo: tutta la notte in piedi e a digiuno.


CoNSiDeRa oGNi GioRNo CoMe uNa ViTa iNTeRa

Seneca fornisce risposte ai dubbi e alle angoscie che affannano quotidianamente l'umanità: l'ansia per il futuro, l'angoscia esistenziale, la conseguente paura della morte.

Egli dice che bisogna considerare ogni giorno come un dono prezioso. La vita non va vissuta a ogni costo, deve essere sempre degna della propria "humanitas". Non si deve vedere alla morte come il più grande dei mali, ma un "magnum beneficium naturae ( è importante vivere bene, non vivere a lungo, spesso anzi chi vive bene vive a lungo)".


ePiSTuLa aD LuCiLiuM 89

In questa lettera Seneca dice che: la filosofia è amore e desiderio per la saggezza: tende là, dove la saggezza è arrivata. ("Philosophia sapientiae amor est et adfectatio: haec eo tendit quo illa pervenit").

De brevitate vitae: vi sono trattati i temi del tempo, della sua fugacità e dell'apparente brevità della vita.

De ira (41 d.C.?): una sorta di fenomenologia delle passioni umane.

De consolatione (posteriore al 37 d.C.).

De otio  ( 62 d.C. ?),

De tranquillitate animi (62 d.C.?).

De beneficiis: sulle  varie modalità degli atti di beneficenza.

De clementia, 3 libri dedicati a Nerone.

I 7 libri delle Naturales quaestiones, dedicati a Lucilio: trattati scientifici nei quali S. analizza i fenomeni atmosferici e celesti, dai temporali ai terremoti alle comete.

Le tragedie.

Le cothurnatae, cioè di argomento (mitologico) greco, sono 9 tragedie: Hercules furens, Troades, Phoenissae, Medea, Phaedra, Oedipus, Agamemnon, Thyestes, Hercules Oetus. Le opere senecane non sono adatte ad una rappresentazione, ma forse a una lettura o recitazione. Ci sono situazioni ripugnanti che dipingono i vizi e le loro conseguenze nei misfatti che gli uomini compiono quando abbandonano l'uso della ragione. L'unica figura che si riscatta è quella di Eracle (simbolo dell'umanità dolente).

eDiPo: La "PeSTe" Di TeBe

Edipo è predestinato a uccidere il padre e a sposare la madre e perciò viene allontanato da Tebe. Ritorna a Tebe risolvendo l'enigma della Sfinge e diviene cosi re di Tebe. Nelle battute iniziali viene descritto il nemico senza volto che assedia e distrugge la città: la peste. Edipo è incapace di comprendere le ragioni di questa sciagura in quanto è lui la soluzione vivente del mistero letale.

L' Apokolokýntosis o Ludus de morte Claudii, una satira menippea (componimento misto di parti in prosa e intermezzi poetici). Il componimento narra la morte di Claudio, che viene accolta in terra come una liberazione, mentre in cielo come un imbarazzo. I celesti hanno difficoltà a dialogare con il nuovo venuto. Il suo aspetto mostruoso consiglia di inviare in avanscoperta Ercole, il quale deve cercare di capire che razza di essere sia questo "quasi homo", con la testa ciondoloni, zoppicante e farfugliante, che bussa all'Olimpo. Nella comicità della scena è coinvolto Ercole stesso che vanta le sue fatiche. L'eroe starebbe per essere raggirato dall'imperatore, che aveva la mania di celebrare processi in ogni periodo dell'anno. Il destino riserverà all'imperatore di dover anch'egli subire un processo sommario e una sentenza burlesca. I celesti alla fine lo spediscono all'Inferno.  Seneca tratteggia del povero Claudio una caricatura grottesca e deformata. La sua crudezza contro l'odiato imperatore è dovuta all'esilio di otto anni nella desolata isola di Corsica. Si tratta, evidentemente, di una satira, che assume spesso toni solenni, aspetti coloriti e situazioni ironiche a scapito del poco amato imperatore Claudio, mentre con gioia viene salutato l'avvento al potere di Nerone. Apokolokýntosis è il titolo greco dell'opera e significherebbe "deificazione di una zucca", con evidente riferimento alle non elevate qualità intellettuali dell'imperatore Claudio.





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