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Il romanzo dalla Grecia a Roma

latino



Il romanzo dalla Grecia a Roma

Il genere letterario del cosiddetto "romanzo" in epoca classica era piuttosto raro e non aveva nemmeno un nome preciso → l'origine del vocabolo è francese (roman) e risale al Medioevo, per indicare narrazioni avventurose con ambientazione feudale - cavalleresca. L'opera più famosa di tale genere narrativo nella letteratura greca è il "Dafni e Cloe" di Longo Sofista (II sec. d.C.).

La questione del genere romanzesco nella letteratura latina è ancora oggi aperta; tuttavia bisogna sottolineare come nel I secolo d.C. nella letteratura latina si percorrano vie nuove che portano a stravolgere i tradizionali generi letterari, in modo da far nascere nuove opere originalissime.

I due testi latini a noi pervenuti che possiamo considerare "romanzi" sono il satyricon di Petronio Arbitro e il Metamorphoseum libri XI ("le metamorfosi" o "l'asino d'oro") di Apuleio; oltre ad essi, è lecito citare un breve esempio di "romanzo satirico": il ludus de morte Claudii o apokolokyntosis ("divinizzazione di una zucca") di Seneca.

Petronio Arbitro

Quasi tutti i codici giunti fino ai nostri giorni attribuiscono la paternità del celebre romanzo latino in versi e in prosa intitolato "Satyricon" a Petronio Arbitro; alcuni infatti ritengono che tale opera fosse stata scritta nel II secolo d.C. i filologi e gli studiosi moderni concordano però nella quasi totalità che Petronio stesso sia vissuto nel I secolo d.c., e che proprio di lui Cornelio Tacito parli in un passo dei suoi "annales".



L'opera: Satyricon o Satiricon (libri)

Il romanzo, considerato una delle più grandi opere della letteratura latina, c'è pervenuto incompleto tanto che non si conosce con precisione l'intera trama. Si ignora anche il numero complessivo dei libri di quest'opera: il testo pervenutoci è stato diviso in 141 capitoli, senza distinzione di libri.

Il passo più famoso dell'opera è la cosiddetta "Coena Trimalchionis", contenuta nel 15° libro, scoperto nel 1654 in una biblioteca in Dalmazia.

Il Satyricon costituisce una parodia del romanzo greco classico, nel quale il sentimento amoroso era molto idealizzato → Petronio lo rappresenta con realismo, espresso solo al più basso livello erotico (sulla falsariga delle fabulae milesiae d'Aristide di Mileto, II-I sec. a.C.).

Il romanzo petroniano coincide con la satira menippea (ripresa da Marrone e Seneca), essendo un misto si versi e di prosa → Petronio influenzato anche dalla Fabula Atellana arcaica.

In più punti dell'opera è anche evidente una parodia del genere epico, sia di quello tradizionale, sia di quello antitradizionalista di Lucano.

Nelle vicende narrate è assente qualsiasi giudizio moralistico: lo scopo dell'autore è solo quello di divertire il lettore attraverso la comicità → gli eventi sono descritti con naturalezza e serenità. Rifiutando le censure tradizionaliste.

Nel personaggio d'Encolpio Petronio, arbiter elegantiae, ha ritratto gran parte di sé stesso → avversione per il cattivo gusto e per l'esibizionismo volgare.

La tecnica narrativa utilizzata è vicina al realismo, anche se Petronio inserisce interventi in prima persona per commentare le vicende.

Con il sarcasmo delle caricature Petronio evidenzia il suo disprezzo per la boria e l'ignoranza di quei potenti liberti arricchiti, di cui Trimalcione è l'incarnazione, per i quali la sola paura è quella della morte, la sola realtà che sfugge al potere della ricchezza. 

Questo romanzo è importante per molte ragioni.

È uno dei pochi romanzi dell'antichità classica a noi pervenuto. Per molti versi è un romanzo storico. Esso ha uno sfondo storico reale con personaggi di cui alcuni, mentre altri realmente esisti (per esempio Trimalcione). Trimalcione era per Petronio il simbolo del fare soldi senza avere particolari qualità, se non quella di essere liberto. La cena di Trimalcione viene considerata un romanzo nel romanzo. Questo tipo di banchetti erano esasperanti perché duravano giorni.

Questo è un simbolo di decadenza dell'impero romano, tuttavia questi banchetti erano molto in voga. Il messaggio che Petronio vuole dare è che c'è qualcosa che non va se ci si dedica ai banchetti dimenticando i valori tradizionali. Alla cena sono presenti prevalentemente liberti (Trimalcione stesso è un liberto): con ciò Petronio vuole dire che Roma è in mano ai liberti. Petronio conosceva bene questi banchetti perché li frequentava e li gradiva.

La vicenda

La storia è narrata in prima persona dal protagonista Encolpio, l'unico personaggio oltre a Gìtone che compare in tutti gli episodi. Encolpio attraversa una successione indiavolata di peripezie e il ritmo del racconto è variabile; talora scarno e riassuntivo, a volte (come nella cena in casa di Trimalcione) lentissimo e ricco di dettagli realistici. Encolpio, giovane di buona cultura, è perseguitato dal dio Priapo che gli ha tolto la virilità.

Egli visita parecchie città del meridione in compagnia del giovane amante omosessuale Gitone e dell'amico (e che a sua volta era stato suo amante, mentre attualmente gli è anche rivale per i favori di Gitone) Ascilto, incorrendo in varie avventure mariuolesche ed erotiche. Al terzetto, una volta allontanatosi Ascilto, si unisce Eumolpo, vecchio ribaldo ma poeta e critico, che in un episodio canta "La presa di Troia" e "La guerra civile", probabili parodie delle opere di Nerone e di Lucano. Quando il testo si interrompe, il protagonista è in una situazione di pericolo, creata dal tentativo di liberarsi da una minaccia incombente.

È impossibile immaginare il finale dell'opera, poiché nessuno degli episodi pervenuti lascia prevedere quello successivo o la conclusione della vicenda. Il bellum civile di Eumolpo contiene dei precisi riferimenti alla Pharsalia di Lucano: questi però morì solo un anno prima del Petronio tacitiano, lasciando l'opera incompiuta.

D'altra parte, è probabile che almeno la prima parte del poema fosse già in circolazione da tempo. Nessuno dei termini moderni usati per definire la narrativa di invenzione (novella, romanzo, ecc.) ha una tradizione classica e neppure dei reali corrispettivi nel mondo antico. Gli antichi applicavano alle opere narrative termini molto generici (historia, fabula), o designazioni particolari usate senza nessun rigore (Milesia). Per questa categoria di testi non ci sono trattazioni teoriche: non se ne occuparono rètori, filosofi e critici letterari; i titoli sono generici e non distinguono questo genere da altri tipi di narrativa.

Anche se è probabile che di narrativa si facesse un grande consumo, pochi letterati antichi si occupano direttamente del fenomeno; alcuni, presumibilmente, si vergognano di confessare queste frivole letture. I critici moderni definiscono "romanzi" un gruppo ristretto di opere antiche, che cadono in due tipologie molto differenti:

(a) due testi latini, reciprocamente indipendenti e poco simili tra loro: il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio.

(b) una serie di testi greci, databili fra il I secolo e il IV secolo. Di altre opere assimilabili restano frammenti papiracei o notizie mediate (riassunti, citazioni).

Al contrario dei romanzi latini, tali opere greche presentano una notevole omogeneità e permanenza di tratti distintivi. Soprattutto, la trama è quasi invariabile: si tratta delle traversie di una coppia di innamorati, che sono separati dalle avversità e, prima di riunirsi e coronare il loro amore, superano mille avventure e pericoli.

I personaggi

Encolpio è un giovane abbastanza colto, che ama la letteratura e le arti. È uno sfaccendato e in alcune situazione va contro alla legge. È omosessuale ed il ragazzo a cui tiene di più per soddisfare le sue voglie si chiama Gitone, di cui egli è molto geloso. È impotente. Spesso assume atteggiamenti immorali ed è il narratore e comprimario interno alla narrazione.



Ascilto è comprimario di Encolpio e Gitone nelle avventure narrate nel Satiricon. È molto rozzo e impulsivo, si abbandona facilmente alle tentazioni. Non è molto colto. Anche lui è omosessuale (all'occorrenza bisessuale).

Gitone è il sedicenne comprimario dei due sopra descritti. È un ragazzo carino, biondo, ricciuto e particolarmente effeminato. È un amante che si presta alle voglie di carattere sessuale sia di Encolpio che di Ascilto.

Trimalcione è un liberto che si è arricchito con il tempo. La sua umile origine è spesso tradita dalla sua scarsa cultura. Probabilmente questo personaggio è da identificare con la figura di Nerone.

Tuttavia sa in che modo concludere un affare, conosce bene la vita mondana e in diverse occasioni dimostra umanità verso i suoi schiavi.

Eumolpo è un ex-soldato, molto povero poiché ha scelto di dedicarsi alla poesia. Tuttavia neanche nel suo ambito sembra essere apprezzato; viene infatti preso spesso a sassate.

Nonostante ciò può essere definito un uomo multiforme, perché si sa adattare alle varie situazioni e riesce ad accettare il volto malevolo dell'esistenza.

I personaggi secondari

Quartilla sacerdotessa di Priapo.

Psiche serva di Quartilla.

Pannuchis vergine accompagnata da Quartilla.

Lica proprietario della nave su cui si imbarcano Encolpio, Gitone ed Eumolpo.

Trifena donna che sta per essere riportata in patria dall'esilio da Lica.

Mannicio oste della locanda.

Circe bella e ricca donna di Crotone.

Criside servitrice di Circe.

Proseleno vecchia che sevizia Encolpio.

Enotea vecchia sacerdotessa di Priapo.

Lo stile

La lingua utilizzata nel Satyricon è un caso originalissimo di pastiche linguistico, infatti, i registri riscontrati sono diversi: quello prevalente è il sermo familiaris, con inserti di sermo plebeius o vulgaris o rusticus (barbarismi, solecismi, cioè costrutti sintattici errati, della plebe, volgarismi linguistici). Alcuni di tali volgarismi linguistici sono costituiti da errori grammaticali, altri invece riproducono realisticamente il lessico colorito del popolo. Le strutture sintattiche stesse spesso risultano irregolari, essendo volutamente ricalcate sulla parlata plebea. In tutto il romanzo Petronio ricorre ad una tecnica di rappresentazione realistica → costante il distacco delle scritture dalla materia trattata → i suoi giudizi si esauriscono nelle impressioni descrittive, senza nessuna valutazione morale sugli episodi che racconta.

La satira

La satira è d'origine non-greca, e perciò il nome è latino. Quintiliano spesso si vanta della sua origine romana. Alcuni autori di satire sono: Ennio, Lucilio, Pacuvio, Varrone, Orazio e Giovenale. Quest'ultimo dice di Lucilio: "Scorre come un fiume fangoso"→ stile rozzo. Orazio è famoso per il limae labor.

Prima di Giovenale vi era Persio; nato in Etruria a Volterra da una famiglia equestre, scrive sei satire. Lo stile è molto originale, l'impasto linguistico inedito, ma c'è difficoltà nel leggerlo ed interpretarlo → ermetico. Persio, però, tende ad essere moraleggiantenon dà alcuna soluzione, ma è positivo (≠ da Giovenale).

Decimo Giulio Giovenale

Giovenale nasce ad Aquino (Lazio) da un padre liberto ma di condizioni economiche agiate. Visse tra il 55 e il 130 d.C. Sono poche e frammentarie le notizie sulla sua vita, molte delle quali sono ricavate dagli epigrammi di Marziale, di cui era un grande amico. Visse a Roma, inizialmente era insegnante di retorica e avvocato, ma poi si ridusse all'umiliante vita di cliens.

L'opera

Giovenale scrive 16 satire, divise in 5 libri, in esametri. Dalla sua opera si ricavano minuziose e vivaci descrizioni della società romana del suo tempo → la degradazione morale è descritta con moralistico sdegno. L'aristocrazia è priva d'ogni potere politico, i liberti erano sempre più ricchi e potenti, le famiglie nobili che una volta proteggevano gli artisti erano scomparse o cadute in miseria, i nuovi ricchi erano avari e rozzi e causavano indigenza di letterati. I disonesti si procuravano giardini, palazzi, mense e argenterie, mentre le persone oneste facevano la fame.



Temi principali delle 16 satire:

  1. Giovenale condanna le noiose declamazioni e le recitationes della sua epoca; poi descrive gli aspetti più immorali della vita romana: ex schiavi divenuti ricchissimi, la corruzione diventata dilagante, le donne di famiglia che si prostituiscono.
  2. Denuncia il vizio dell'ipocrisia e la diffusa omosessualità.
  3. Descrive Roma come invasa da un esercito di graeculi. Roma è ellenizzata, piena d'immigrati orientali (non solo greci) che erano persone tuttofare, un po' ruffiane e pronte a tutto pur di sbarcare il lunario.
  4. riunione del consiglio di corte di Domiziano, che deve deliberare come cucinare un pesce gigantesco.
  5. Descrizione dettagliata di una cena di un ricco patronus, che riserva ai clientes cibi scadenti e umiliazioni.
  6. E' la più lunga. Esempio di letteratura anti-femminista. La corruzione morale del sesso femminile è personificata in Messalina, la Meretrix Augusta. Si scaglia anche contro le donne saccenti e civettuole, le mogli rendono schiavi i mariti e quelle che li avvelenano per incamerarne l'eredità.
  7. Sdegno per la condizione dei poeti, retori, grammatici e avvocati e per gli spropositati ingaggi degli atleti sportivi.
  8. Il poeta sostiene che non conta la nobiltà di nascita, ma quella derivante dalle virtù e dalle doti personali.
  9. Critica nuovamente l'omosessualità.
  10. Denuncia le assurdità e le frivolezze di molte preghiere rivolte agli dèi. Non bisogna chiedere la bellezza o la gloria, bensì mens sana in corpore sano.
  11. Biasima il vizio della gola.
  12. Requisitoria contro i "cacciatori di testamenti" di professione.
  13. Attacca i truffatori.
  14. Argomento pedagogico: l'autore rimpiange il buon tempo antico, quando i padri davano ai figli nobili esempi di virtù.
  15. Riferisce un episodio di cannibalismo avvenuto in Egitto nel 127 d.C.
  16. Elogia i vantaggi della vita militare.

I feroci attacchi del poeta contro i vizi dell'epoca sono enfaticamente accentuati, ma la Roma che sembra ospitare la feccia dell'umanità era una città come tante altre. Il poeta, che talvolta dimostrava lo spirito di un "Catone inasprito" è un convinto tradizionalista, che rimpiange costantemente il perduto mos maiorum.

Le sue satire sono documenti fondamentali per ricostruire la società della Roma imperiale.

Alcuni de costumi corrotti o degenerati della capitale: filosofi che giustificavano ogni vizio come virtù, disonesti in ogni attività lavorativa, clientes umiliati e ridotti ad una vita servile; donne perfide e corrotte, soldati rozzi e prepotenti.

Come Marziale, ci svela che un disturbo comune a quasi tutti i romani era l'insonnia, causa prima di tutti i mali. Solo chi possedeva grandi ricchezze e viveva in ville isolate in periferia poteva comprarsi il sonno a caro prezzo. L'atteggiamento vero di Giovenale è in ogni caso quello di un irrevocabile disprezzo.

Lo stile

Il tono è solenne e spesso enfatico; il lessico si rivela in registri molto diversi, passando dalla magniloquienzia retorica al gergo plebeo e osceno. L'opera è per lo più dissacrante e moralisticamente predicatoria, i versi sono violenti e indignati, lo stile realistico e vigoroso.

Publio (o Caio) Cornelio Tacito

Tacito è il più grande storico dell'età imperiale. Nasce tra il 55 e il 57 d.C. a Terni, in Umbria (città natale dell'imperatore Claudio Tacito) o nella Gallia Cisalpina (dove era molto diffuso il cognome Tacito). Le notizie sulla sua vita ci sono date dalle sue opere e dalle lettere all'amico Plinio il Giovane: studia grammatica e retorica a Roma, dove diventa anche oratore; tra il 77 e il 78 sposa la figlia del senatore Agricola (console nel 77). Nell'88 fu nominato pretore e quindicemvir sacris faciundis, ma in seguito un impegno politico o in Germania o in Gallia lo allontana da Roma fino al 93. Sotto Nerva fu nominato consul suffectus, sotto Traiano proconsole in Asia. Negli ultimi anni della sua vita scrive opere storiche, delle quali ce ne sono giunte la metà. Muore tra il 117 e il 120 ma le cause sono ancora oggi ignote.

Opera

Dialogus de oratoribus (dialogo sugli oratori)

Quest'opera probabilmente fu scritta nel 102, quando Fabio Giusto, a cui dedicava l'opera, era console. Tuttavia l'attribuzione è incerta per via di "alcune anomalie stilistiche": la prosa segue il modello ciceroniano, lontano dallo stile che Tacito usa nelle opere storiografiche, ma si potrebbe spiegare con il genere trattato → lingua classica che riflette quella dei quattro protagonisti che nell'anno 75 discutono della crisi dell'eloquenza (fine della libertas repubblicana, crisi dell'educazione, retorica troppo sofisticata, argomenti frivoli). L'opera ha subito influssi da Quintiliano, ammiratore di Cicerone e autore dell'opera perduta "de causis corruptae eloquentiae".

De vita Iulii Agricolae (biografia di Giulio Agricola, suocero di Tacito)



Scritta nel 98 d.C. è composta di 46 capitoli sulla vita del celebre generale e politico morto il 23 agosto 93. Il tono è elogiativo, dà molta importanza ai meriti e ridimensiona i difetti.

All'inizio c'è un elogio all'imperatore Nerva che ha saputo fondere principato e libertà. La storia d'Agricola: dopo il consolato del 77 fu inviato da Domiziano in Bretannia, al comando della 20° legione, diventò governatore dell'isola per sette anni. Ebbe molti successi militari, e quando stava per conquistare l'Irlanda, Domiziano lo richiama a Roma perché ne era geloso → si ritira a vita privata senza far trapelare l'astio verso l'imperatore, ma esso si intravede nella descrizione della morte.

La struttura è composita: biografia tradizionale, prosa politico - militare, excursus etnografici sui Britanni, prosa cronologico - annalista. Interessante è il discorso di Calgaco, un capo dei Britanni, in procinto di perdere nell'84: le "ragioni dei vinti", che evidenzia l'opinione di Tacito sull'imperialismo avido e ingiustificato della politica estera romana.

DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM O GERMANIA (origine e ragione dei germani)

Opera monografica,46 capitoli,98dc. Divisa in due parti:-27geografia del territorio,origine dei popoli, usi e costumi.28-46istituzioni delle singole tribù. Fonti svariate: appunti personali, prigionieri di guerra, autori come Cesare, Sallustio, Livio, Plinio il Vecchio.

"Crisi di Roma: decadenza, corruzione, intrighi politici, perdita dei valori. Popoli del nord: valorosi, fieri, indomiti,sanità morale che Roma ha perso,no astuzie o ambiguità, grande educazione militare-legame di stima coi capi, senso dell'onore-rispetto gerarchia, voto alla gloria militare e alla difesa del capo. Anche aspetti barbarici: crudeltà vino, risse, educazione attraverso il sangue= bellicosità, guerra tra tribù sono la fortuna di Roma, altrimenti incapace di opporre resistenza".

HISTORIAE (storia)

2capolavori,Historiae(69-96dc) e Annales(14-68dc) non giunti interamente. San Girolamo attesta che le opere formavano 30libri. Progetto originale arrivava al principato di Domiziano,di Nerva e del buon Traiano,poi modificato:partire dal 1gen69 e arrivare alla morte di Domiziano(96). Storie rimasteci arrivano alla ribellione dei Giudei e ai preparativi di Tito per assedio Gerusalemme(70), periodo breve ma denso di eventi. Fonti citate esplicitamente:Plinio il Vecchio, (bella Gerusalemme,20libri) Vipstano Messala (commentarii) e Cornelio Sisenna (Historiae). Probabili anche Fabio Rustico,Aruleno Rustico,Pluvio Rufo,Erennio Senecione e Cesare (Acta diurna populi romani e Acta Senatus). T. pensa che il principato sia un male, ma necessario per la pace sociale, evidenzia il contrasto tra assolutismo e libertà, sottolinea che solo un princeps moderato e illuminato può assicurare la pace. Emergono inoltre nell'opera la psicologia dei personaggi, nostalgia per la perduta res publica, pessimismo sul futuro di Roma, tagliente sarcasmo (su Galba:a parere di tutti degno del principato, purchè non fosse diventato imperatore)


ANNALES o AB EXCESSU DIVI AUGUSTI (dalla morte del divo Augusto)

Richiama forse Ab Urbe condita (Livio) doveva,come promesso, proseguire le Historiae (impero Nerva e Traiano), invece decise di descrivere il periodo dell'impero di Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone; è cmq un seguito ideale delle historiae,sviluppa con arte la ricerca delle cause della crisi della macchina statale romana. Possediamo i primi4libri,poche pag di V e VI edella seconda metà dal XI al XVI. I monaci amanuensi medioevali purtroppo trascurarono l'opera di questo storico avverso ai cristiani, che aveva definito la nuova religione una exitiabilis superstitio (rovinosa superstizione). Tanti citati:Plinio il Vecchio, Agrippina, Fabio Rustico e Pluvio Rufo. Fonti probabili:Servilio Coniano e Aufidio Basso (Libri belli germanici e Historiae).

Tacito storiografico

Ideale storiografico=obbiettività storica "chi come me ha dichiarato una incorrotta lealtà deve parlare di ognuno senza adulazione e senza odio" Historiae scrivere "sine ira et studio" Annales.

Concezione storica degli antichi morale.letteraria di Opus oratorium maxime (opera soprattutto di eloquenza). Quindi con intenti moralistici, molto lontana dalla nostra storiografia scientifica (veridicità, sistematicità, vaglio delle fonti, rapporto di causalità). T. manifesta apertamente il suo intento morale. Sceglie sempre la fonte più affidabile, ma non è mai totalmente obiettivo (per lui la storia è lotta fra bene e male, assiste disperato al tramonto di mores e viri antichi). Il suo regime ideale sarebbe la sintesi di democrazia aristocrazia e monarchia, ma avrebbe i giorni contati= l'impero è stata un'amara necessità.

Rimpiange i suoi predecessori (Sallustio e Livio) che hanno potuto raccontare la grande Roma Repubblicana. Nell'impero invece= immoralità,ipocrisia,delazione,vigliaccheria. Gli imperatori dopo Augusto:despota ipocrita Tiberio,Caligola pazzo, Claudio debole, Nerone folle perverso e feroce, Domiziano tiranno. Ricordiamo che tali giudizi morali e politici ci sono giunti da storici appartenenti al ceto degli intellettuali e quindi legato ad aristocrazia e senatori=cautela nel giudicare verità oggettiva, inevitabile tendenziosità dovuta al difficile e conflittuale rapporto tra intellettuali e principe/aristocratici e potere imperiale. Unica eccezione di rilievo è l'opera di Velleio Patercolo, elogiativa nei confronti di Tiberio. T. con visione pessimistica, con nostalgia di un passato glorioso e idealizzato, rappresenta il doloroso inarrestabile tramonto della potenza di Roma.


Tacito artista

Grande tensione drammatica, si parla di "storiografia tragica" per le forti suggestioni che T. suscita con le sue analisi psicologiche e con le sue rappresentazione impressionistiche di orrori e perversioni di una società malata. Quadri a tinte forti in poche battute: Tiberio "genio del male"; vicenda Agrippina Maggiore (temendo di essere avvelenata a un banchetto non mangia nulla) scena di Giunilla (figlia di Seiano, dopo la morte del padre condotta in carcere col fratello chiede cosa ha fatto prima di essere strangolata) infamia delle nozze di Messalina, prostituta imperiale, moglie di Claudio al momento lontano, con Caio Silio, console designato,Nerone contempla la bellezza del cadavere della madre Agrippina che ha fatto uccidere (lei aveva risposto al Caldei, che avevano previsto tutto, "occidat,dum imperet!" mi uccida pure, purchè regni!) T. disprezza il male e il vizio, critica sarcasticamente il vulgus (stolti pronti all'adulazione e al tradimento), narra con ironia le esperienze stravaganti come il teatrale suicidio di Petronio.


Lo stile

Modello stilistico fu Sallustio (tecnica espressiva della Brevitas, Sallustiana velocitas, definizione di Quintiliano). Influsso di Sallustio o Seneca evidente nelle prime monografie (Agricola e Germania) poi acquista un'originalissima personalità espressiva: lingua dominata dall'inconcinnitas (asimmetria), della variatio (mutamento inatteso della struttura), presenta audace concisione ottenuta con continue ellissi, participi e ablativi assoluti. A volte prosa oscura a causa di brachilogie, omissioni, frequenti cambi di soggetto e modi e tempi verbali. Tecnica espressiva impressionistica, ricca di pathos e suggestiva, presenta lessico vivace, duttile e colorito, non priva di termini poetici e vocaboli rari e arcaici. Numerose figure retoriche (anastrofe, endiadi, chiasmo, allitterazione, anafora). Negli ultimi libri degli Annales secondo alcuni studiosi T. diventerebbe meno sallustiano e più ciceroniano, avvicinandosi ai modelli classici.








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