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Sofocle e l'Antigone, Isocrate, Menandro, Demostene

greco



Sofocle e l'Antigone:La vita di Sofocle accompagna la grandezza e il declino dell'Atene del V° secolo: egli fu partecipe delle potenza ateniese al suo massimo splendore e la democrazia istituita da Pericle. A Sofocle si attribuisce l'invenzione delll'eroe tragico;delle sette tragedie tutte(a parte una) portano i nomi degli eroi e delle eroine, investite ormai del privilegio se non  di dirigere, almeno di orientare e condurre l'azione drammatica. L'eroe tragico ha sembianze semi-divine,non è completamente uomo ( possiede qualità più che umane), né tuttavia dio (poiché rimane sempre subordinato alla volontà divina)., Nelle opere sofoclee vediamo com 525b19f e tutti gli eroi rispondono allo stesso modello di determinazione tenace, poiché mettono tutti il loro coraggio al servizio di un assoluto, al cospetto del quale, niente e  nessuno conta:Aiace,Edipo,Antigone. Tutti quest'eroi, immersi in un mondo di contraddizioni insanabili, fuori del comune, sono una stessa famiglia, segnati implacabilmente dal destino; tutti possiedono lo stesso coraggio e tentano disperatamente di lottare, prima di essere distrutti dalla volontà degli dei. Il suo contributo originale allo sviluppo della tragedia greca fu rappresentato dall'accentuazione dell'umanità dei personaggi, che avevano tutti in sé qualcosa di guasto, una tabe fisica e psichica. I personaggi sofoclei erano anche generosi e buoni, ma erano smisuratamente soli e portati alla tragedia dal male che avevano in sé. Ciò nonostante, non apparivano mai schiacciati del tutto dal fato, ma proprio nella vana lotta contro di esso, ricevevano una piena dimensione umana, portatrice di un destino di dannazione e, contemporaneamente, di gloria.Sofocle rappresenta gli uomini come dovrebbero essere: sono umani contraddistinti da una fibra eroica che nell'azione, nella difesa della loro fisis , nella resistenza ai limiti del tempo, li innalza per poco in una sfera divina. Tocca loro però subire il rovesciamento della condizione umana, il cui retaggio sono la morte, l'ignoranza del tempo, delle cause e delle conseguenze, a una serie di sofferenze e di pene che portano finalmente all'autodistruzione. Contemporaneo dell' apogeo ateniese,  e prima che la propria longevità eccezionale lo faccia assistere al suo declino, Sofocle testimonia, col suo teatro, le certezze che animano il cittadino ateniese, fiducioso di poter controllare ogni evento con la propria volontà. Approfondisce la sua riflessione morale quando esalta, nell' Antigone, la libertà della coscienza umana nei confronti di quella degli dèi.Sofocle, sebbene sia un onesto cittadino, ama gli animi ribelli,indomabili. Il tema della rivolta, della rivolta giusta che un essere appassionato e risoluto promuove contro la ragione di Stato, è al centro della sua opera: Antigone ad esempio, figlia  di Edipo, che infrange l'editto di Creonte  che proibisce di seppellire il fratello Polinice. In nome di una legge morale più alta di quella dello Stato, Antigone decide di dare una sepoltura al fratello; sfida l'ira di Creonte, che la condanna a morire murata viva. Il dramma si fonda quindi nello scontro fra due volontà e  due concezioni del mondo: quella di Antigone, fragile creatura ma allo stesso tempo fortissima moralmente, di rispettare le leggi non scritte della natura (phùsis) e quella di Creonte tesa a imporre la forza dello Stato e della legge (nomos) .Creonte si tiene alla ragione del diritto positivo,alla dura disposizione di legge. Egli è mosso da ragioni di Stato ed è legittimato dal fatto che non può dimostrarsi debole al cospetto dei suoi sudditi cedendo alle preghiere di Antigone. Entrambi quindi tentano di porre le divinità  dalla loro parte. Ciascuno dà ai suoi principî (diritto del ghenos  per Antigone che esige di compiere il rituale  funebre per garantire la coesione della famiglia, contro il diritto della polis attestato da Creonte che esige che le decisioni dell'autorità politica siano rispettate per garantire la coesione civica) un valore assoluto.Come sempre tutti hanno ragione, la propria ragione,  soggettivamente ed oggettivamente, e, come in questo caso, il diritto non riesce a cogliere due ordini morali entrambi legittimi.Dal punto di vista strutturale Antigone è un tragedia compatta, stringata, condotta in spazi drammaturgici coesi e ristrettissimi. Il dramma si svolge in brevi e concisi dialoghi di alto contenuto drammatico (agon) Ismene-Antigone, Antigone-Creonte, Creonte-Emone, Tiresia-Creonte inframezzati da interventi del coro (stasimon). Nessuna parola è superflua nel dramma di questo principe dei drammaturghi che è Sofocle.  Scienza del comportamento sociale sia pubblico che privato; virtuosità  retorica; sensibilità estetica e pensosa sapienza  (racchiusa in frasi dotate di una disperata poesia piena di senso ancora sotto il nostro cielo dopo il fluire di tanti  evi) fanno tutt'uno. Non c'è una sola parola  uscita dalla bocca degli eroi di Sofocle che non faccia vibrare qualche corda segreta della nostra anima. In Menandro non vi sono eroi, che si presentano sulla scena come protagonisti indiscussi che risolvono il razionale ordine, come in Aristofane, ma bensì sono uomini comuni, dettati non da grandi emozioni, ma dal pathos, che sconvolge la serenità, la quiete e la tranquillità d'animo,



Isocrate Si proponeva di insegnare una retorica utile alla vita politica, in grado di adattarsi alle circostanze e all'uditorio. Egli ritiene che l'oratoria rappresenti il giusto modo di esprimersi, permette un giusto modo di agire .Maestro riconosciuto dell'oratoria epidittica, Isocrate svolge un ruolo fondamentale nel passaggio dall'oratoria classica alla retorica ellenistica ed imperiale. Egli ritiene che l'oratoria rappresenti il giusto modo di esprimersi, permette un giusto modo di agire Infatti, eliminando lo sperimentalismo ridondante della sofistica, Isocrate porta la prosa attica ad una chiarezza ed una purezza rigorosa. Assertore di un ideale panellenico che sancisce la supremazia della cultura greca su quelle barbare, Isocrate è tra i primi ad introdurre il protagonismo nella letteratura classica, rivolgendosi a figure che vedeva come potenziali promotori di queste sue idee: in questo, il suo utopico ideale politico di una federalismo greco puntò poi su Filippo II. A questo progetto politico fa da contrappunto un'ingenua considerazione di se stesso come guida ideale, caratteristica di Isocrate.La sua oratoria è stilisticamente assai limitata, dato che il periodo è basato su un'elegante scansione ritmica e sulla costante tendenza ad evitare lo iato, due elementi fondamentali per l'atticismo. Infatti la disposizione delle parole in modo corretto saranno base delle teorizzazioni del più rigido atticismo.Tuttavia, questi meriti linguistici e stilistici di Isocrate non devono far dimenticare i suoi evidenti limiti: l'esasperata importanza della forma porta ad un netto impoverimento del contenuto, che è fondato su luoghi comuni e banalità, nonché su un moralismo superficiale e privo di sfumature. Importante tuttavia sarà la dimensione moralistica, in cui il giudizio politico ed obiettivo sull'azione di un personaggio è subordinato alla valutazione del suo operato etico, e l'esaltazione del passato, con una marcata propensione all'individualismo di tipo biografico.Erano convinti che l'educazione base era quella dell'etica sociale; Sfiducia nella democrazia ateniese sulla base degli esiti da essa conseguiti alla fine del V secolo a.C.; Spiccato interesse per la forma scritta e per lo stile; Programmavano di insegnare filosofia e proporre idee.Per quanto riguarda la vita interna della polis, Isocrate è a favore della democrazia, e non una qualsiasi, ma solo una democrazia ben costituita e retta con moderazione. Non è certo la democrazia vigente quella giusta. Il modello che lui propone risale ad un passato molto lontano, il suo pensiero va alla democrazia che istituì Solone:Libertà di parola;Uguaglianza di fronte alla legge;Il popolo affidava di buon grado gli uffici pubblici ai ricchi, perché non avendo necessità finanziarie, potevano disporre di tempo libero e prestare gratuitamente la loro opera;La scelta di chi doveva esercitarli, non essendoci pressioni politiche, ricadeva sui capaci e meritevoli.È da rilevare che il modello costituzionale politico di Isocrate risulta del tutto funzionale ai ceti ricchi e conservatori del tempo, e corrisponde ai loro programmi.Il ripristino dell'autorità dell'Areopago è uno strumento base del risanamento della degradazione della polis; tutti sanno però che l'Areopago è la roccaforte della conservazione, e ogni suo rafforzamento è rafforzamento delle classi elevate.Isocrate non fu insensibile alla nuova situazione storica che, vedeva ai margini della Grecia, impiantarsi varie forme di governo assoluto, e all'interno riaffiorare l'ideale monarchico come alternativa alla crisi della Polis. Il suo modello di uomo politico ideale non era il "filosofo" di Platone e neanche il "Re". Tuttavia la monarchia poteva diventare la forma migliore di Governo per alcuni popoli. In una serie di orazione precisò a quali condizioni il potere assoluto sarebbe potuto diventare la forma di governo ideale. E definiva anche i caratteri che sarebbero divenuti propri del monarca ellenistico. Tuttavia, secondo Isocrate, i Greci non erano fatti per la monarchia. La monarchia tutt'al più doveva costituire un incentivo per il loro risveglio, per la rivalsa della polis, dunque ora, per realizzare il suo sogno di concordia dei greci, si rivolgeva a Filippo II di Macedonia, col desiderio di affidare a lui il ruolo di guida.


Menandro:Nei 70 anni tra la morte di Aristofane e l'inizio della carriera di Menandro la commedia si trasforma profondamente con la fine della polis e del carattere pubblico della politica, oltre che con l'ascesa della borghesia, si passa dalla commedia pubblica a quella intima, per un pubblico di medio di gusti raffinati. Scompare dunque la volgarità e la satira politica, così come le parti corali e liriche, mentre la commedia si concentra soprattutto sui temi dell'amore e dello studio psicologico, introducendo personaggi fissi (tipi o caratteri) a rappresentare le varie fasce sociali. La commedia menandrea mette in scena caratteri monotoni e smorzati, in un clima realistico di passioni borghesi. Manca, però, pur in questo realismo, la satira politica e qualsiasi riferimento preciso al periodo, come anche la scomparsa del coro, che rende la commedia quasi astratta. Tuttavia, il poeta delinea molto bene la sfera amorosa, tramite il monologo, mutuato da Euripide (come il prologo informativo), in cui il personaggio esprime liberamente i suoi sentimenti. La filantropia (simile all'humanitas latina) è la principale caratteristica della commedia di Menandro; il concetto di filia non è nuovo nella letteratura greca (basti pensare al fortissimo legame di amicizia esistente tra Patroclo e Achille) e riguardava un forte sentimento di unione tra due persone che si riproponevano i medesimi obiettivi. In Menandro la filantropia diventa un cercare di capirsi con gli altri uomini, un sentimento di amicizia non circoscritto a due persone ma allargato a tutti gli uomini; la sua filantropia è rivolta a tutti gli uomini. Le commedie menandree ci presentano un uomo profondamente complesso psicologicamente, specchio della reale complessità esistente nel rapporto tra uomo e natura. Tutti gli strati sociali sono presenti nelle commedie di Menandro, con una particolare attenzione all'uomo borghese, il quale non può che comportarsi in modo morale conformemente ai canoni della cultura ellenistica. Questa è la tipica chiave di lettura di tutte le commedie di Menandro. In ogni situazione troviamo un atteggiamento di ironico rispetto verso gli altri, rispetto che spesso sottintende una velata condanna ma che è manifestazione del dovere di rientrare nei canoni ellenistici, che prevedevano un assoluto rispetto del modus vivendi altrui. Questo rispetto si traduce in ironia, un sorriso benevolo nei confronti dell'agire umano (anziché nel riso sguaiato di Aristofane, nelle cui commedie l'unico punto di contatto tra realtà e fantasia era rappresentato dalla politica), con una serenità che esclude la tristezza esacerbata e sfumando tutti i sentimenti anche nelle situazioni in cui la realtà spinge l'uomo alla tristezza. Lo scavo psicologico dei personaggi è dunque profondo ma non completo, poiché manca ogni sentimento troppo forte. Menandro nelle sue commedie introduce il concetto di Tuch, che limita la possibilità dell'uomo di cambiare la realtà, ma che non corrisponde ad una divinità, poiché non guida l'uomo secondo un andamento logico (nell'Ellenismo era possibile dare ogni possibile risposta sul divino). Questa limitatezza dell'agire umano si rispecchia nel fatto che le commedie contengono un susseguirsi di azioni che s incastrano tra loro, facendo sì che non tutto dipenda dall'uomo e consentendo allo stesso tempo lo scavo psicologico. Le commedie di Menandro finiscono tutte in maniera positiva, per due motivi la necessità di rispettare le regole della commedia e la fiducia estrema che Menandro ripone nella bontà umana dell'uomo. Il poeta sa, con fine accorgimento, mettere i personaggi in relazione fra loro, sì da far culminare la trama principale in una lotta dialettica sempre composta e, in genere, far derivare senza sforzo una situazione da un'altra. Un aspetto caratteristico dell'arte di Menandro consiste nella semplicità di mezzi con cui sono tratteggiate alcune descrizioni che riescono notevolmente drammatizzate. Al vigile senso menandreo della realtà si deve l'innovazione ottenuta con una sobrietà da vero classicista. L'intima farsa della poesia menandrea, inoltre, sta nel fatto che, pur muovendosi nella limitatezza di un ristretto mondo spirituale, è tutta tesa all''"approfondimento" degli interni moti del cuore ed alla rappresentazione delle più intime sfumature psicologiche.I mezzi scenici adoperati da Menandro furono più numerosi di quelli dei suoi predecessori. È naturale che la commedia di Menandro, essendo molto più seria, più profonda, nella psicologia, meno fantastica ed irreale di quella di Aristofane e della commedia di "mezzo", risente più facilmente dello spirito della tragedia che della commedia aristofanea. La tragedia e la commedia di Menandro avevano la medesima funzione sociale, volevano cioè educare. Si può anche dire che, con la decadenza del genere tragico, la commedia di Menandro ha sostituito in quella funzione proprio la tragedia. Ma questo avvicinamento allo spirito e alla funzione della tragedia è avvenuto in seguito alla dottrina etico-estetica del Peripato: è un ritorno più che un'evoluzione diretta. Non tanto perciò hanno importanza le somiglianze formali e di singoli concetti, quanto lo spirito nuovo da cui sono animati, per effetto dell'approfondimento filosofico, i personaggi di Menandro volti verso un elevamento per mezzo della virtù.



Demostene: Considerato, fin dall'antichità, maestro nell'oratoria politica, Demostene non presenta uno schema compositivo fisso, preferendo adattare l'espressione alla causa ed adottando uno stile basato sull'accumulo e sul pathos sublime che, certamente più libero del sorvegliato stile isocrateo, riflette le tensioni assembleari e lo fa apprezzare anche dai più rigidi attivisti.

Durante il corso della sua vita il famoso oratore mantenne un sentimento alquanto ostile nei confronti dei macedoni,in particolare di Filippo,considerato il vero pericolo dei Greci ed un morbo da estirpare al più presto. Demostene si prefigge di animare la classe politica del suo tempo affinché imbracciasse le armi in direzione della lotta macedone. doveva scuotere un corpo politico inerte all'azione, diviso e ancora perplesso circa la validità della lotta macedone. Così si rende fondamentale nella sua oratoria il ricordo delle gesta degli antichi,per mezzo di uno stile basato sul pathos sublime. Si esprime, quindi, attraverso iperboli, apostrofi, con toni arditi e concitati. Non presenta uno schema compositivo fisso, ma un implacabile lavoro di demolizione dell'avversario e una progressiva captatio benevolentiae. Nonostante fallì nel suo proposito, riuscì ad esprimere il significato più alto dell'indissolubilità dell'azione,del pensiero e della parola. Demostene è l'eroe della libertà, come Plutarco. La propria visione politica è rivolta alla passata autonomia delle polis, e alla fiducia nella grandezza di Atene. Esemplare è l'epitaffio a Cheronea, nel quale difese in termini etici la sconfitta, affermando la giusta necessità della lotta. Atene è stata distrutta dalla tuke, ma ha lottato con coraggio e dignità, sfidando gli oscuri esiti del destino e la precarietà della condizione umana, per la propria libertà.Demostene è ritenuto dalla tradizione il massimo oratore greco, chiuso nella sua cecità politica, anacronistico assertore del municipalismo, propugnatore della polis.






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